Simbolismo Francese: appunti sul Decadentismo

Materie:Appunti
Categoria:Italiano

Voto:

1 (2)
Download:1362
Data:05.05.2005
Numero di pagine:19
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
simbolismo-francese-appunti-decadentismo_1.zip (Dimensione: 24.97 Kb)
trucheck.it_simbolismo-francese:-appunti-sul-decadentismo.doc     101 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

LA LIRICA EUROPEA TRA 800 e 900
In questo periodo storico il poeta si sente estraneo al mondo che lo circonda e reagisce o isolandosi o protestando contro i limiti del progresso, dei quali avverte i limiti e gli inganni. Egli vive in un esasperato individualismo e celebrando l'arte come valore assoluto.
IL SIMBOLISMO FRANCESE
Il conflitto dell'artista con la società è avvertita in maniera più radicale e insolubile nei cosiddetti poeti maledetti ed è appunto Charles Baudelaire a imporre, con la pubblicazione della raccolta “I fiori del male” una significativa svolta del gusto e della poetica.
Rispetto agli ideali romantici egli accentua il carattere conflittuale del rapporto tra il poeta e la società, della quale non accetta i limiti e i condizionamenti.
I poeti maledetti, sono personaggi della vita sregolata, spesso dediti all'alcol e alla droga. Anche dal punto di vista letterario i poeti maledetti si ponevano in netto contrasto con il pubblico, non solo attaccando le norme e le opinioni comuni, ma anche rendendo difficile e oscuro il linguaggio poetico.
Baudelaire è infatti anche il maestro del simbolismo. Oltre che da Baudelaire, la poesia simbolista è rappresentata anche Paul Verlaine, Stéphan Mallarmé e Arthur Rimbaud.
Quest'ultimo sviluppò una teoria per cui il poeta deve farsi veggente, attraverso un lungo, immenso e ragionato sregolarsi di tutti i sensi per poter esplorare l'ignoto e cogliere l'assoluto.
Sotto la realtà apparente si nasconde un’altra realtà, più profonda e misteriosa, a cui si può giungere solo per mezzo della poesia.
La nuova generazione di poeti manifesta la propria sfiducia nella scienza che non è capace di penetrare nelle oscure profondità dell'animo umano, né di spiegare i desideri dell'inconscio, i sogni, il bisogno dell'uomo di esplorare l'ignoto e di entrare in comunione con l’infinito.
Per questo non è certo tramite la ragione che il poeta può penetrare queste realtà profonde, ma mediante l'intuizione.
La arte, che si fonda sull’intuizione, è lo strumento che può esplorare e rendere accessibile ciò che è ignoto e irrazionale.
I simbolisti elaborarono un linguaggio nuovo, non più logico, ma analogico, che permetteva di portare alla luce le corrispondenze e i misteriosi legami esistenti tra le cose più diverse; la parola deve evocare la realtà profonda nascosta dietro le apparenze e comunicare le molteplici emozioni che il poeta avverte come simultanee. Ricorsero quindi spesso a figure retoriche come la metafora, l'analogia è la sinestesia.
I simbolisti accentuavano l'aspetto musicale del linguaggio, privilegiando il suono rispetto al significato delle parole, che in tal modo diventano simboli. Secondo Baudelaire la natura è una foresta di simboli, fatta di corrispondenze tra profumi, colori e suoni, che solo il poeta riesce a decifrare e a ricomporre in un'unica realtà.
Mallarmé sentì il privilegio di essere un poeta e di avere accesso ai significati remoti e misteriosi di simboli e delle corrispondenze tra le cose. I temi essenziali della sua poesia sono l'anelito all'elevazione e all'evasione dalla vita reale, un'angoscia profonda, l'aspirazione a cogliere al di là delle cose, la loro essenza intangibile.
Il poeta ricerca la parola pura, spogliata da ogni eco realistica, liberata dalla sintassi logica, la parola fatta musica e magia evocativa. Per questo si può considerare precursore della poesia dei giorni nostri.
La poesia di Verlaine è caratterizzata dal gusto del vago e del malinconico, dell'inquietudine e del contrasto tra il bene e il male. Vi sentiamo l'emozione soggettiva e il potere simbolico del linguaggio che diviene sempre più evocativo e musicale, privo di ogni retorica, con versi brevi e fluidi, nei quali è costante l’impegno di rendere le sensazioni materiali e trasparenti.
Arthur Rimbaud durante la breve ma intensa vita, dedicò alla poesia quasi soltanto gli anni tra il 1871 e il 1875.
Rimbaud è convinto che il poeta deve essere un veggente che illumina l'ignoto e sa penetrare nel profondo delle cose per capirne i segreti e, come già aveva teorizzato Baudelaire, deve avere delle visioni; può arrivare a questo tramite il deragliamento dei sensi, quell'abbandono alle visioni che lo fa sentire del tutto libero. Anche la lingua deve essere rinnovata, deve saper esprimere profumi, suoni, colori in una suggestione evocativa, fuori della semantica; una lingua dell'anima per l'anima. Ma il poeta è solo e abbandonato a se stesso, in un vagare senza meta senza punti di riferimento, come si vide nel suo progetto “Il battello ebbro”, incompreso e maledetto dagli uomini comuni che non ne capiscono il profondo travaglio. Tuttavia, perseguitato dalla maledizione della solitudine, conoscitore profondo della libertà, non può adeguarsi alla vita comune e alle sue convinzioni e rimane appartato sentendosi poeta maledetto, ma anche sommo sapiente.
CHARLES BAUDELAIRE
La vita
Baudelaire nacque a Parigi nel 1821. Suo padre morì quando lui aveva solo 6 anni ed egli godette per un breve felicissimo periodo della tenerezza esclusiva della madre. Ma quando lei si risposò con un ufficiale in carriera egli si sentì tradito. Con la maggiore età, entrò in possesso della cospicua eredità paterna. Il patrigno per evitare di fargli sperperare tutto il denaro lo mise sotto la tutela di un notaio, dal quale riceveva un modesto stipendio mensile. Cominciò allora a lavorare come giornalista e critico d'arte e di musica. Nel 1848 partecipò alla Rivoluzione Parigina per spirito di contestazione e di rivolta. Si diede poi alla vita elegante e dispendiosa del dandy, vivendo in un lussuoso appartamento con l'attrice mulatta Jeanne Duval. Via via, incalzato dai debiti e dagli usurai, si immerse nella vita squallida e miserevole della metropoli e si diede all’alcol e alla droga. Al tempo stesso, però, avvertì un fortissimo senso di colpa e bisogno di riscattarsi. Nel 1857 pubblicò “I fiori del male”. Quest'opera venne condannata per oscenità e oltraggio alla morale e fu parzialmente censurata. Nel 1862 pubblicò l'altra raccolta di poesie intitolata “Spleen di Parigi”. Colpito da paralisi, morì nel 1867, assistito dalla madre.
Il simbolismo di Baudelaire
Profondamente critico nei confronti della società borghese industriale, cui contrappose uno stile di vita all'insegna della sregolatezza, Baudelaire non fu solo poeta, ma anche un grande critico e un geniale studioso di problemi estetici.
Egli contribuì all'elaborazione del concetto di poesia pura, libera da ogni preoccupazione di contenuto ed intenti civili o morali, nella quale la suggestione delle parole e dei simboli può essere oggetto di ispirazione, aprendo così la strada al simbolismo.
Fu il primo a definire la specificità della poesia, separandola da tutti gli altri campi con i quali fino ad allora si era confusa.
È considerato l'iniziatore della poesia moderna.
Come si può ricavare dalla sua principale raccolta poetica “I fiori del male” per i quali fu processato insieme all'editore con l'accusa di pubblicazione oscena,Baudelaire introdusse nel registro lirico il tema della grande metropoli moderna e le forme del quotidiano, del sordido, dell'abietto e del vizioso.
Precorritrice del simbolismo è anche la poetica delle corrispondenze più realizzata da Baudelaire nella lirica “Corrispondenze”, una riflessione sulla condizione dell'uomo nella natura e sulla funzione del poeta.
La natura vi era presentata come un tempio, luogo del sacro e del mistero, da cui emanano confuse parole che l'uomo può sentire ma non comprendere. L'uomo vive nella natura, è partecipe del suo mistero, avverte però che tra i profumi, i colori, i suoni esistono corrispondenze che si perdono lontano come echi.
Sta a lui decifrare mediante un'intuizione e l'immaginazione, l'universale analogia che i sensi e la razionalità non permettono di cogliere. Ma può raccontarlo solo ricorrendo a sua volta a un linguaggio simbolico, a una magia verbale. Se la natura è sacra e la realtà e simbolica, anche la poesia è sacra, perché rivela il linguaggio segreto dell'universo.
L’opera
“I fiori del male” e raccoglie più di 100 liriche, scritte a partire dagli anni 40 e via via pubblicate su riviste. Nella seconda edizione del 1861 il poeta aggiunse nuovi testi e divise l'opera in 6 sezioni:
1. noia e ideale
2. quadri parigini
3. il vino
4. i fiori del male
5. la rivolta
6. la morte
Costituiscono una specie di biografia ideale, un percorso esistenziale che va dalla consapevolezza della propria diversità rispetto al mondo esterno, alle varie esperienze nella vita degradata della metropoli, al desiderio di fuga nell'alcol, nei paradisi artificiali della droga, negli amori distruttivi; il poeta approda da qui nella ribellione contro Dio e al rifiuto totale del mondo attraverso la morte.
Il titolo allude, con la parola fiori, alla bellezza che solo l'arte sa realizzare; la parola male, al degrado e alla volgarità della società contemporanea. Nella corruzione del mondo contemporaneo solo l'arte è in grado di produrre la bellezza. Egli intuisce che al di là delle apparenze, c'è una realtà più profonda e autentica alla quale può giungere solo con la poesia. Per rivelare queste zone egli ricorre a un linguaggio nuovo e allusivo, capace di intravedere le misteriose corrispondenze e analogie che legano tra loro le cose più diverse. Allora le parole perdono valore convenzionale e vengono riscoperte nel loro significato allusivo e fonico. Diventano simboli che rimandano a un’altra realtà.
Corrispondenze
Appartiene a “Spleen et idèal”, la prima sezione de “I fiori del male” che contiene la chiave di lettura dell'intera ha opera.
Temi
• La natura come spazio sacro pieno di simboli del profondo significato
• la possibilità di individuare corrispondenze tra realtà percepite attraverso sensi diversi.
TESTO
PARAFRASI
È un tempio la Natura ove viventi
pilastri a volte confuse parole
mandano fuori; la attraversa l'uomo
tra foreste di simboli dagli occhi
familiari. I profumi e i colori
e i suoni si rispondono come echi
lunghi. che di lontano si confondono
in unità profonda e tenebrosa,
vasta come la notte ed il chiarore.
Esistono profumi freschi come
carni di bimbo, dolci come gli oboi,
e verdi come praterie; e degli altri
corrotti, ricchi e trionfanti, che hanno
l'espansione propria alle infinite
cose, come l'incenso, l'ambra, il muschio,
il benzoino, e cantano dei sensi
e dell'anima i lunghi rapimenti
La natura è tempio le cui colonne sono vive e parlano,
anche se in maniera confusa e non chiara
l'uomo passa attraverso luoghi densi di simboli
che l'osservano con sguardi familiari.
Le sensazioni olfattive, visive, auditive, sono in relazione tra loro
e si uniscono in un insieme profondo e oscuro.
Esso ha le caratteristiche opposte dell'oscurità e della luce.
Esistono alcuni profumi (sensazione olfattiva)
che hanno la freschezza della pelle dei bambini(sensazione tattile)
la dolcezza del suono dell'oboe (sensazione auditiva)
e il colore delle praterie (sensazione visiva)
e degli altri corrotti, ricchi trionfanti, che hanno un'espansione propria, come l’incenso,l’ambra,il muschio e il benzoino(resina orientale),
profumi che esprimono l'estasi dei sensi e dell'anima
IL DECADENTISMO
Il termine decadente fu inizialmente usato con significato spregiativo da parte della critica tardo ottocentesca in riferimento a una nuova generazione di poeti che si ponevano al di fuori della norma sia nella produzione artistica sia nella pratica di vita. Il termine fu poi utilizzato da quegli stessi poeti per indicare la propria diversità nei riguardi del presente e la propria estraneità nei riguardi della società.
A differenza degli scrittori i naturalisti, i decadenti non si riconoscevano nelle tendenze positivistiche, materialistiche e progressiste della società borghese.
All’ordine borghese, essi contrapponevano atteggiamenti irrazionalistici e misticheggianti; all'impegno sociale e politico dell'artista, i supremi valori dell'arte e della poesia fini a se stessi. I decadenti si rifacevano ad alcune esperienze romantiche e tardo romantiche per il valore che queste avevano attribuito al sogno, al surreale, al fantastico.
Con i romantici, inoltre, condividevano la percezione del contrasto tra il reale e l’ideale, tra il finito e l'infinito, da cui derivò l'oscillare tra la fuga dalla realtà, nelle forme dell'eroismo e del titanismo, e il ripiegamento su se stessi, complici i sentimenti della malinconia e dell'essere incompresi.
Gli eroi decadenti
Al vittimismo e alla malinconia romantici si avvicina il languore che caratterizza certi eroi decadenti, spesso pervasi da un senso di smarrimento e di rovina. Tipico eroe decadente è l’inetto, l'uomo senza volontà, afflitto da una malattia interiore che lo condanna o al suicidio o a rifugio nel sogno e nella fantasia.
Alla tendenza a considerare la malattia, la corruzione e la morte come condizioni di privilegio e di distinzione dalla massa, si contrappose uno sfrenato vitalismo. Ecco allora il super uomo, l'individuo votato a imprese eccezionali.
Nato per indicare un individuo abbigliato in modo stravagante, il termine inglese dandy assunse un significato nuovo: i dandies erano gli esponenti della cultura dell’apparenza, dell'estetismo decadente.
Tra i cultori di un dandismo estenuato figura il francese Joris-Karl Huysmans, il cui romanzo “A rebours” (a ritroso) è considerato la Bibbia del decadentismo.
L'opera si incentra sul giovane aristocratico Jean Floressas Des Esseintes, un dandy che, sopraffatto dalla noia e disgustato dalla mediocrità della vita comune, si ritira nella periferia di Parigi, in una casa che è lo specchio dei suoi gusti eccentrici e raffinati, dove tenta di attuare, senza riuscirvi a causa di una grave crisi nervosa, il progetto di una vita contro corrente, al di là della morale comune.
I principi della poetica del decadentismo
I principi della poetica decadente possono essere così riassunti:
• l'artista è un veggente, capace di evocare sensazioni e realtà segrete e di rivelare l'assoluto;
• la tecnica espressiva è quella della poesia pura, non contaminata da intenti etici e/o politici;
• il linguaggio non è di ordine logico né descrittivo, ma allusivo, ricco di metafore, di analogie, e di simboli;
• la parola si fa più preziosa, diventa pura e astratta, quindi oscura e comprensibile solo per il poeta che la usa, ed ha valore solo per la sua fonicità e la sua musicalità.
• la sintassi abbandona i nessi tradizionali e diventa imprecisa, talora vaga;
• la metrica tradizionale tende a disimpegnarsi per lasciare il posto al verso libero.
Il decadentismo in Italia
I maggiori esponenti del decadentismo in Italia furono Giovanni Pascoli, Gabriele D'Annunzio e Antonio Fogazzaro.
Giovanni Pascoli fu un poeta di formazione positivista, maturò tuttavia una forma di sfiducia nella scienza come strumento di conoscenza e di indagine. Gli aspetti decadenti della sua produzione si rintracciano in un'evasione dalla realtà che si concretizza nel rifugiarsi nel proprio intimo per dare ascolto ai moti dell'anima di fronte alle piccole cose (poetica del fanciullino) e, soprattutto, alla tendenza a caricare gli oggetti e le esperienze di significati simbolici, fortemente allusivi.
Attraverso l'utilizzo di un linguaggio ricco di suggestioni musicali e, anche esso, fortemente simbolico, Pascoli esprime una libera ricerca di immagini e di suoni usando le onomatopee, le assonanze, le consonanze, figure retoriche che richiamano un linguaggio elementare.
La poetica del D'Annunzio è divisa in diverse tappe:
• dalla tradizione carducciana all’estetismo decadente: nella raccolta giovanile “Primavere” il poeta usa le forme metriche barbare di Carducci, ma già si manifesta in essa una grande sensibilità per le forme fisiche della natura. Nelle successive raccolte solo più evidenti i caratteri decadenti: la languidezza sensuale, le sensazioni acri e violente, l'interesse per i temi del peccato e della lussuria, il gusto estetizzante di un'arte raffinatissima, influenzata sia dal simbolismo sia dal Preraffalelismo inglese;
• l'aspirazione alla bontà: nel “Poema paradisiaco” i motivi dominanti sono l'amore e un vagheggiato ritorno all'innocenza perduta.
• l'approdo all'ideologia superomistica: con “Le laudi del cielo, del mare, della terra, degli eroi”.

Una analogo sviluppo attraversa anche la sua produzione in prosa. Dopo un esordio nell'ambito della narrativa realista e verista D'Annunzio approdò al decadentismo con il romanzo “Il piacere”. Il protagonista, Andrea Sperelli, è infatti un esteta, un perfetto dandy. Ne “Il trionfo della morte” segna la fase di transizione verso i romanzi cosiddetti del superuomo: “Le vergini delle rocce” e “Il fuoco”. Quest'ultimo romanzo, ambientato nello scenario decadente di Venezia, ha come protagonista Stelio Effrena, la cui ambizione è quella di vivere esteticamente. In “Forse che si, forse che no” il superuomo indossa invece le vesti di un aviatore, Paolo Tarsis, un patito delle macchine e della velocità, morbosamente amato da due sorelle. Con “Il notturno”, diario di guerra scritto durante una lunga convalescenza in seguito a un incidente e in “Cento e cento pagine del libro segreto di Gabriele D'Annunzio tentato di morire”, scritto nel ritiro del Vittoriale, il superuomo D'Annunzio conclude le sue prove letterarie nel mito della morte, odiata ma nello stesso tempo invocata.
GABRIELE D’ANNUNZIO
Gli studi e l’estetismo decadente delle opere giovanili
Gabriele D'Annunzio nacque a Pescara nel 1863, da agiata famiglia. A 11 anni lasciò la terra natale per studiare nel prestigioso collegio Cicognini di Prato, dove rimase fino al 1881. Ancora adolescente, nel 1879, pubblicò un volume di versi, “Primo vere”, che gli procurò un'ammonizione dai professori per l'eccessiva libertà dei temi e di linguaggio. Per pubblicizzare l'opera, il poeta arrivò a diffondere sui giornali la notizia della propria morte, poi ne fece pubblicare la smentita, inviando alle redazioni anche copie del suo libro. Divenuto celebre e conseguita la licenza liceale, si trasferì a Roma, dove si iscrisse alla facoltà di lettere e filosofia. A Roma D'Annunzio fu accolto subito nell'ambito della società letteraria e nei salotti mondani, dove si distinse per i suoi articoli giornalistici e per le sue avventure galanti. Nel 1882 uscì la sua seconda raccolta poetica, “Canto Novo”, di gusto decisamente decadente. Nel 1883 pubblicò “Intermezzo di rime”, nel 1884 “Il libro delle vergini” che è una raccolta di 3 novelle, poi di nuovo opere in versi di gusto estetizzante, di cui il romanzo “Il piacere” del 1889 costituisce l'apoteosi sul versante narrativo.
La leva militare e il successo europeo
Tra il 1889 e il 1890, D'Annunzio fu chiamato a prestare servizio militare, in questo periodo si dedicò a nuovi esperimenti narrativi: di Tolstoj prese il tema della purezza e della bontà d'animo, di Dostoevskij lo scavo psicologico. Uscirono così i romanzi “Giovanni Episcopo” e “L’innocente”. Il comparativo di quest'ultimo in versi fu “Il poema paradisiaco” nel 1893.
Il mito del superuomo e l'impegno politico
Nel 1892, l'incontro con Nietzsche, fu l'avvio di una nuova vitalità poetica per D'Annunzio che applicò quelle teorie alla figura del poeta considerandolo al di sopra degli altri uomini, libero dalle loro regole. Nel 1898 il poeta si ritirò nella villa La Capponcina, presso Firenze, dove scrisse moltissimo e visse una vita dissipata e dispendiosa. Il mito del superuomo verrà trasfuso nei protagonisti di 3 suoi romanzi: “il Trionfo della morte”, “Le vergini delle rocce”e “Il fuoco”. Nel 1897 presentò la sua candidatura al Parlamento e venne eletto deputato nelle file dell'estrema destra. Tre anni dopo, si presentò alle elezioni nelle file della sinistra, ma senza successo.
Il teatro e l'incontro con Eleonora Duse
Contemporanea all'esperienza politica fu la sua attività teatrale tra i 1897 e 1915. Gran parte della sua produzione drammatica fu ispirata alla relazione passionale e artistica con Eleonora Duse, famosa attrice dell'epoca che durò per una decina di anni. Dei drammi Dannunziani ricordiamo “La città morta”, “La Gioconda”, “Francesca da Rimini”, “La figlia di Iorio”, “La nave”. Alcuni di essi sono dominati dal culto del superuomo o ispirati a tematiche voluttuose e sensuali, ma non mancano neppure motivi di propaganda politica del tipo imperialista. Sempre alla divina Eleonora dedicò 3 libri in versi: “Maya”, “Elettra” e “Alcione”, poi raccolti nel volume “Laudi del cielo, del mare, della terra, degli eroi”.
Il periodo francese
Nel decennio precedente allo scoppio della prima guerra mondiale D'Annunzio visse all'insegna della mondanità e del lusso più sfrenati, dando voce, sul piano politico, al malcontento di una generazione insoddisfatta della democrazia liberale e che andava progressivamente avvicinandosi all'irrazionalismo nazionalistico. Nel 1910 pubblicò “Forse che si, forse che no”, poi si trasferì in Francia per sfuggire ai suoi numerosi creditori e qui rimase fino allo scoppio della guerra. Scrisse il dramma “Le Martyre de Saint Sebastien” e per la prosa “La contemplazione della morte” e “Faville del maglio”. Queste prose rivelano temi autobiografici e di memoria, e l'esplorazione dell'ignoto nonché una strategia narrativa basata sui frammenti, che aprì la via a una prosa contemporanea.
Le imprese belliche
Acceso interventista, D'Annunzio tornò in Italia nel 1915 e, nonostante i suoi 50 anni di età, volle arruolarsi, prendendo parte a molte azioni di guerra che gli fruttarono decorazioni e onori. Nel 1916 ebbe un incidente di volo che gli provocò una lesione permanente dell'occhio destro. Durante la convalescenza scrisse il “Notturno”. Nel 1920, a guerra finita, progettò e condusse una impresa emblematica, la conquista della città di Fiume ceduta alla Dalmazia in seguito alle trattative di fine guerra. D'Annunzio con l'aiuto di alcuni suoi legionari riuscì a occupare la città, fintanto che il governo italiano non lo costrinse ad abbandonarla per non venir meno agli accordi internazionali.
Il ritiro al Vittoriale
Deluso dagli ultimi avvenimenti, D'Annunzio si ritirò nella sua villa a Gardone, dove rimase fino alla morte nel 1938 in una sorta di reclusione forzata voluta oltre che dallo stesso scrittore anche da Mussolini. Nel 1935 pubblicò “Le cento e cento pagine del libro segreto di Gabriele D'Annunzio tentato di morire”.
IL ROMANZO DECADENTE
Il realismo e il naturalismo si ispiravano a una ricerca di scientificità nel romanzo. Il decadentismo invece era formato da buona parte degli artisti che rifiutavano questa poetica nel nome dell'arte per l'arte, cioè dell'autonomia dell'artista. Dal punto di vista culturale, 3 furono le personalità e le teorie che in modo diretto o indiretto furono un punto di riferimento per questa vasta quanto variegata corrente Friedrich Nietzche, Sigmund Freud ed Henri Bergson,.
La critica al positivismo (Nietzche)
Sul finire del secolo si affermarono orientamenti di pensiero caratterizzati da componenti irrazionalistiche, che mettevano in discussione le conclusioni ottimistiche del pensiero positivista circa l'orientamento naturale dell'uomo e della società al miglioramento. Una forma di razionalismo è il nichilismo di Nietzche. Nichilistiche sono definite quelle dottrine che negano la consistenza di qualsiasi valore e l'esistenza di qualsiasi verità. Nietzche fu uno dei più grandi contestatori del suo tempo, oltre che un acuto profeta delle tragedie che stavano per abbattersi sull'Europa e sul mondo. Non c'è stato aspetto della vita e del costume contemporaneo che la sua opera non abbia affrontato allo scopo di distruggere le vecchie credenze e di svelarne le comode illusioni e le mistificazioni.
In “Così parlò Zarathustra” formulò il concetto di superuomo, cioè di un uomo nuovo, libero dai condizionamenti da parte di ogni idea di trascendenza e di legge imposta dall'alto. Il superuomo è quello che si impegna a realizzare totalmente se stesso, superando tutti gli ostacoli compresi quelli della morale. Altre sue opere importanti sono “Al di là del bene e del male” e “Genealogia della morale”.
Nietzche affermava che i valori assoluti in cui potersi unanimemente riconoscere erano morti, che non è dato conoscere la realtà ma solo l'apparenza, che l'essere umano è dominato da istinti e che, in conseguenza di questo, ogni morale, soprattutto quella cristiana, si basa su principi astratti e lontani dall'essenza umana.
Freud la nascita della psicanalisi
Freud affermava che una parte della nostra mente ci è sconosciuta e che questa parte, l'inconscio ci guida nelle nostre azioni in maniera altrettanto potente quanto la ragione.
Nel campo delle scienze umane furono decisive le ricerche condotte dal medico neurologo austriaco Sigmund Freud. Studiando le malattie mentali, questi scoprì la zona oscura, l'inconscio, capace di condizionare l'attività cosciente degli individui. Il termine inconscio indica appunto i processi psichici che rimangono sotto la soglia della coscienza e che non possono essere conosciuti con un semplice atto di volontà. La psicanalisi, di cui Freud è considerato il fondatore, tenta la cura dei disturbi mentali a partire proprio dall'analisi dell’inconscio. Freud scoprì l'importanza della sessualità nella vita psichica, teorizzò che già il bambino piccolo sviluppa un'intensa sessualità, in gran parte investita sul genitore del sesso opposto (complesso di Edipo per i maschi e complesso di Elettra per le femmine) e legata ad un forte sentimento di gelosia nei confronti del genitore dello stesso sesso. Da questa dinamica scaturisce un senso di colpa nei confronti del genitore dello stesso sesso e la paura della castrazione. Questa sessualità slegata dall'istinto di procreazione andò decisamente a mettere in discussione la morale comune.
Freud riconosce tre livelli della vita psichica dell'individuo:
L'Es corrisponde all'inconscio, a quella parte dell’io dove risiedono gli istinti, le pulsioni, ma anche le paure e i traumi che la coscienza non ha accettato e ha censurato. L’io è la coscienza della propria identità, fatta di ricordi e distinta dalle altre identità e dal mondo esterno; l’io mira a raggiungere un equilibrio con l'ambiente che lo circonda, esercitando una funzione di mediazione tra l'Es e il super io che invece è l’insieme delle norme morali e degli insegnamenti che fin dall'infanzia ci vengono impartiti. Il mancato equilibrio tra questi 3 livelli genera la nevrosi. Compito dell'analista è liberare l’individuo dalla nevrosi. Una via d'accesso all'inconscio era per Freud il sogno; di cui l'interpretazione dei sogni come metodo fondamentale della psicanalisi freudiana.
La sessualità generava anche l'isteria, un tipo di nevrosi molto grave che colpiva per lo più le giovani donne e che si manifestava con sintomi che potevano fare pensare a un grave danno neurologico; si trattava di paralisi degli arti, cecità, perdita della facoltà di parlare. Chi era ammalata di isteria parve trarre giovamento, spesso fino alla guarigione, dalle sedute di psicanalisi in cui il materiale psichico rimosso veniva portato alla luce. Il fatto che le malattie allora difficilmente diagnosticate trovassero la loro soluzione in un metodo così poco verificabile fece gridare lo scandalo. L'idea che le manifestazioni nevrotiche allora considerate malattie misteriose fossero in realtà malattie mentali curabili non con farmaci ma con un dialogo particolare tra medico e paziente doveva suonare, al rigido mondo accademico, come la trovata originale di un ciarlatano.
La nascita della psicanalisi mise in luce il dato che l'essere umano non è guidato solamente o prevalentemente dalla ragione, ma che è anche soggetto a forze istintuali profonde che agiscono in lui e intervengono in tutti gli ambiti della vita umana. La ragione non era più la forza trainante dell'uomo, ma solo una delle sue componenti e nemmeno la più importante.
Bergson
Bergson infine, metteva in crisi un concetto universalmente accettato, cioè che il tempo sia un dato esclusivamente oggettivo e concepiva il mondo come animato da una forza evolutiva e vitale che è all'origine della grande varietà di tutto quello che esiste. Lo strumento che permette all'uomo di conoscere quest'energia creatrice non è la ragione, ma un'altra facoltà, l'intuizione.
L'aspetto del pensiero di Bergson che più ha influenzato la produzione artistica fu la sua distinzione tra il tempo della coscienza e il tempo delle scienze fisiche e matematiche. Il tempo della coscienza è il flusso della vita psichica, unico e organico. È errato raffigurare il tempo come una linea retta, dove passato, presente e futuro sono segmenti separati: il tempo è un flusso continuo di attimi nei quali il passato e il futuro coesistono nel presente, il primo nella memoria, il secondo nella proiezione.
Il romanzo di gusto estetizzante
Il romanzo di gusto estetizzante è quello che accoglie i valori dell'estetismo, una delle varie tendenze letterarie da ricondurre nell'ambito del decadentismo, il cui pensiero era caratterizzato:
• dal culto della bellezza;
• dal concetto dell'eccezionalità della figura e della vita dell'artista;
• dall'ideale della vita come opera d'arte, da cui derivò la figura dell'esteta o dandy.
Con il romanzo “A ritroso”, Huysmans rompe bruscamente col circolo dei naturalisti e fornisce una sorta di sintesi di guida delle nuove tendenze decadenti:
• Il disgusto per l'età moderna e per la volgarità che la connota;
• la ricerca di uno stile di vita aristocratico e raffinato;
• la sfiducia nella natura e, per contro, l'esaltazione dell'artificialità.
Il protagonista del romanzo, Jean Des Esseintes, è il prototipo dell'eroe decadente: un intellettuale in piena crisi spirituale, che non trova certezze nei valori su cui si regge il mondo in cui vive; asociale per scelta, si rifugia in un mondo di bellezza artistica che comunque non riesce a colmare il suo vuoto interiore.
Questa opera introduce nuove tecniche narrative:
• la scelta di concentrare l'attenzione su un solo personaggio;
• la riduzione dello spazio a luogo fortemente simbolico;
• il trattamento del tempo del racconto in modo non lineare, ma volto ad assecondare il corso delle attività mentali;
• il punto di vista sempre focalizzato all'interno del personaggio, con l'effetto di immergere il lettore direttamente nel mondo della sua psiche.
Nella Gran Bretagna governata dalla regina Vittoria, in un’epoca dominata dal puritanesimo e dal moralismo perbenista, il saggista e romanziere Walter Pater fu il maggiore esponente del movimento dell'arte per l'arte che esaltava il valore della bellezza artistica.
Oscar Wilde, narratore, poeta e drammaturgo, fece scandalo e fu perseguitato nel suo paese per il suo stile di vita fuori dei dettami della morale convenzionale e per la sua omosessualità.
L'opera più celebre di Wilde è il romanzo “Il ritratto di Dorian Gray” , una storia prevalentemente fantastica e simbolica, che si conclude con la sconfitta stessa del narcisismo del protagonista.
Dorian Gray è un esteta che dedica la sua vita alla ricerca esasperata di un livello superiore ed è, allo stesso tempo, una maschera dietro la quale si nascondono i problemi reali, le inquietudini e le riflessioni dell'autore.
In “Moirte a Venezia” di Thomas Mann,i temi della bellezza e dell'arte sono elaborati in senso diversamente decadente: l'approfondimento psicologico del personaggio principale, il suo essere in qualche modo vittima della bellezza del giovane Tazio, il suo cruccio per essere esponente di un'arte che può “celebrare la bellezza fisica, ma non può rappresentarla”, i suoi patetici tentativi di rendersi più giovanile si intrecciano sullo sfondo di una città contagiata dal colera, nel tema sottostante di una civiltà in declino, come in declino è l'anziano scrittore. In questo romanzo ci sono diversi tipi di interpretazione: dall'amore come desiderio di recuperare la giovinezza che non si possiede più, all'amore strettamente legato alla morte.
Pagina 1 di 2

Esempio