Materie: | Tema |
Categoria: | Italiano |
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Numero di pagine: | 3 |
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Testo
I miti di un recente passato non servono a dare certezze. Anzi. L’inevitabile
confronto crea non già un equilibrato antagonismo, ma una repentina rinuncia.
Questo in sintesi è la fotografia della gioventù italiana. Una immagine in
bianco e nero con parti alquanto sfocate. Se appena giriamo il collo a non più
di cinquant’anni fa vediamo un’Italia che superata la fase post bellica e
quella della ricostruzione si lancia in una corsa verso il benessere: da una
parte quello economico, dall’altra quello sociale con un fiorire di movimenti
sia dentro che fuori il sistema. Un passaggio cruciale è sicuramente il ’68. Un
periodo dove i giovani contestano e propongono. Un periodo di fervore politico,
culturale ed economico. La vita andava vissuta anche per possibilità. Questa
premessa è necessaria per poter capire meglio il quadro che, invece, ci
troviamo oggi di fronte. Quella gioventù ha ora in mano le sorti del paese e i
loro figli vivono le contraddizioni irrisolte di quegli anni che sono rimasti
nell’incoscio. Se prima si doveva lottare per raggiungere un qualsiasi
traguardo, quei giovani, ora padri non danno la stessa opportunità ai loro
figli e preferiscono regalare quello che a suo tempo era costato fatica: la
paghetta, il motorino, l’auto, ect. Una vita nel complesso agiata che ritarda
la crescita e abbassa alquanto i valori morali. Ed è così che si perdono i
valori tradizionali e si costruiscono nuovi idoli: il sesso facile, la droga,
l’alcol,i soldi. Totem da adulare. Una situazione che trova alimento nel
crescente consumismo che porta ad una ulteriore differenziazione delle fasce
sociali, creando fratture nel sistema e una nuova generazioni di poveri. Sono
17 milioni i giovani che sono alla ricerca di una propria identità. Rifuggono
da contatti interpersonali che vengono giudicati troppo complicati e dialogano
attraverso internet o gli sms creando situazioni di isolamento con relativa
mancanza di confronto e quindi scarsa crescita sociale. Ecco perché è sempre
più difficile che il dialogo all’interno di una coppia riesca ad avere basi
solide e sia duraturo. Non è un caso che i giovani rimangano sempre più a lungo
all’interno della famiglia d’origine. Non è un caso che anche affermati
professionisti rinuncino ad avere una propria casa per rimanere dai genitori.
Un cordone ombelicale che se tagliato per tempo rischia di far naufragare
qualsiasi rapporto tra i due sessi che abbia come fine la formazione di una
famiglia.
Non è certo solo questo. Il ritardo dell’uscita dal nucleo “primordiale” è anche
dovuto a fattori decisamente più materiale come la mancanza di lavoro e di una
casa. E su questo campo si può ritrovare quella ancestrale differenza che
divide il nord e il sud. Mentalità, ma non solo. Sembra che lo Stato abbia
difficoltà a mantenere unito queste due parti di un unico corpo. In questo
contesto sono ancora i giovani a subire i contraccolpi di una nuova “dittatura”
mediatica: quella dell’apparire ad oltranza. Difatti notiamo che ci sono regioni
particolarmente “attive” nel produrre nuovi personaggi televisivi, e, altre
quasi inesistenti. In questa “devolution” si salvano le realtà che in qualche
maniera sono riuscite a trasmettere valori morali e materiali solidi. E sono le
piccole comunità che servono da ancora di salvezza per frenare questa imperante
deriva verso l’omologazione per cui bisogna essere “trend”, avere oggetti
“must”, frequentare i “Vip”, andare nei locali “in” e via dicendo in una
impietosa dissolvenza dell’io. Colpa dei mass media, ma anche colpa di quei
genitori che hanno utilizzato la televisione come balia, che hanno affidato al
tubo catodico quella necessaria intimità e quel colloquio che facevano grandi
le famiglie: il nonno di ieri è oggi una tv al plasma. Magari ci interagisci,
ma intrattenerci un colloquio guardandosi negli occhi è estremamente
complicato. Almeno per ora.