Ottocento

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Testo

L’Ottocento è caratterizzato da una serie di avvenimenti storici che mutano profondamente l’assetto dell’Europa e di conseguenza anche della società.
Napoleone Bonaparte, divenuto nel 1805 re d’Italia, impone il proprio potere sconvolgendo gli antichi equilibri e promuovendo riforme in campo economico, sociale e culturale: elimina i residui del feudalesimo, introduce un’amministrazione moderna e consente lo sviluppo di un ceto intellettuale e politico italiano che impara ad apprezzare i vantaggi di uno stato unitario sempre meno subordinato agli interessi della Francia.
L’Ottocento è anche il secolo dello sviluppo della scienza e della tecnica: la rivoluzione industriale, che si diffonde nell’Europa occidentale, negli Stati Uniti e in Giappone, assieme alla nuova economia liberista mutano l’assetto della società.
In tutta l’Europa si assiste ad un forte incremento demografico e la nascita della ferrovia produce una rivoluzione dei mezzi di trasporto.
Le grandi potenze europee dominano il mondo e se lo spartiscono: questo grandioso fenomeno è chiamato colonialismo o imperialismo. In questo secolo vengono esaltati i valori dello spirito, della storia e nasce il concetto di nazione; questo fa sì che nel 1848 si verifichino i moti liberali mentre Marx e Engels pubblicano il Manifesto del partito comunista.
Tra il 1848 e il 1861 in Italia vengono combattute le guerre d’indipendenza contro l’Austria e Garibaldi porta a termine l’impresa dei Mille.
Il 17 Marzo 1861 viene proclamato il Regno d’Italia con capitale Torino e vengono affrontate le questioni organizzative, sociali ed economiche del nuovo stato tra cui l’arretratezza economica e sociale (analfabetismo), i disagi del Mezzogiorno e la questione linguistica.
L’Ottocento si caratterizza per lo sviluppo di un grande movimento culturale, artistico e letterario: il Romanticismo; nacque in Germania in opposizione alla cultura illuministica francese: l’Illuminismo sosteneva che tutti gli aspetti della vita umana devono essere illuminati dalla luce della ragione, che ogni uomo è cittadino del mondo, che tutte le religioni si equivalgono.
Il Romanticismo valorizzava invece il sentimento e la fantasia, esaltava il concetto di nazione e di patria e considerava il Cristianesimo la radice della cultura europea.
L’Illuminismo inoltre considerava il Medioevo un’epoca negativa di ignoranza e di superstizione mentre il Romanticismo guardava con nostalgia e ammirazione all’età medioevale.
Dal punto di vista letterario, il Romanticismo si opponeva al Classicismo: quest’ultimo considerava la classicità greco-romana come l’epoca di maggior splendore nella storia dell’umanità e riteneva che l’arte dovesse imitare quella antica, che il linguaggio della poesia dovesse essere raffinato ed elegante e riservato alle persone colte.
Il Romanticismo invece affermava che l’arte dovesse affrontare i temi del presente e rappresentare la vita mentre la letteratura si dovesse rivolgere a un pubblico più vasto, fosse cioè più popolare.
In Italia le idee romantiche si diffusero a Milano accendendo un dibattito culturale tra “classici”, legati alla poesia tradizionale e ai vecchi regimi assolutistici e “romantici” sostenitori di un’arte popolare e patrioti impegnati nel Risorgimento nazionale.

L’Ottocento fu il secolo della svolta della lingua italiana: la lingua francese si impone come lingua preferita dagli uomini di cultura e dalle classi sociali più elevate; nei primi decenni si intensifica la polemica tra puristi, che vorrebbero un ritorno ai modelli linguistici del Trecento e del Cinquecento, e gli antipuristi che considerano la lingua un elemento in continua evoluzione.
Nel 1840-1842 Alessandro Manzoni pubblica la seconda edizione de I promessi sposi, rompe definitivamente con la lingua della tradizione letteraria e adegua la prosa del suo romanzo alla lingua parlata a Firenze dalle persone colte: è la prima volta che la lingua scritta si avvicina alla lingua parlata.
Quando nel 1861 fu proclamato il Regno d’Italia ci si accorge che, pur esistendo una lingua scritta comune, gli Italiani non parlavano e non comprendevano la stessa lingua dal Piemonte alla Sicilia; inoltre l’intensificarsi degli rende necessario poter comunicare usando una lingua comune: l’ italiano nazionale.
Verso la fine del secolo la lingua italiana acquista una certa stabilità grammaticale e ortografica e comincia ad interessarsi ai principali problemi sociali.
I dialetti comunque continuano ad essere gli strumenti fondamentali della comunicazione quotidiana a causa dell’elevato indice di analfabetismo.

• UGO FOSCOLO (1778-1827)
• GIACOMO LEOPARDI (1798-1837)
• ALESSANDRO MANZONI (1785-1873)
• GIOSUÈ CARDUCCI (1835-1907)
• GIOVANNI VERGA (1840-1922)

Niccolò Ugo Foscolo nacque nel 1778 a Zante, isoletta dello Ionio di fronte alla Grecia allora possedimento veneziano; il padre era un medico di modeste condizioni, la madre, che era di origine greca, condizionò il suo legame con la civiltà classica. Alla morte del padre, a causa delle difficoltà economiche si trasferì dagli zii e nel 1793 raggiunse la madre a Venezia. Cominciò a frequentare circoli, teatri, biblioteche e a diciott’anni il salotto della nobildonna Isabella Teotochi Albrizzi di cui divenne l’amante.
Si dichiarò rivoluzionario, ammiratore di Robespierre e quando nel 1797 Napoleone scese in Italia Foscolo fuggì a Bologna, si arruolò volontario tra i cacciatori a cavallo e pubblicò l’ode “A Bonaparte liberatore”. Tornò per breve tempo a Venezia ma quando la città venne ceduta all’Austria, Foscolo deluso si trasferì a Milano dove conobbe i poeti Parini e Monti.
Nel 1815 Napoleone venne sconfitto, a Milano tornarono gli Austriaci e Foscolo rifiutò di collaborare con il nuovo governo e preferì andare in esilio, prima in Svizzera e poi a Londra dove morì in miseria nel 1827.

Il romanzo epistolare Ultime lettere di Jacopo Ortis, i Sonetti, le Odi e il poemetto Dei Sepolcri.

Questa poesia è un sonetto composto da due quartine e due terzine, ha uno schema metrico del tipo ABAB ABAB CDC DCD (rima alternata) ogni verso è un endecasillabo; è tratto dalla raccolta delle Poesie.
La sera giunge gradita al poeta perché è l’immagine della morte sia quando è accompagnata festosamente dalle nubi estive e dai venticelli di una giornata serena sia quando porta sopra tutto il mondo dal cielo nevoso invernale le tenebre inquietanti e durature.
La sera scende sempre da lui desiderata perché occupa il profondo del suo cuore. Lo fa fantasticare sulla morte e intanto scorre il tempo malvagio in cui sta vivendo e con lui vanno via le preoccupazioni con le quali si consuma e consuma anche la sua vita.
Guardando la quiete serena della sera dorme lo spirito ribelle e combattivo che lo tiene in agitazione.
La morte viene quindi vista come un sereno abbandono al Nulla eterno (Materialismo) che pone fine alle terribili angosce della vita ed è attesa dal poeta con consolazione.

Questo sonetto è composto da due quartine e due terzine secondo lo schema metrico ABAB ABAB CDC DCD (rima alternata) ed è tratto dalla raccolta delle Poesie.
Il poeta si rivolge al fratello Giovanni e dice che se non sarà sempre esule di popolo in popolo, un giorno pregherà sulla sua tomba rimpiangendo la sua giovinezza troncata; la madre, vivendo i suoi ultimi anni, invoca sui resti estinti del fratello la presenza del poeta che è sconfortato per non poterlo fare perché condannato all’esilio.
Foscolo rivolge il pensiero alla sua patria, prova l’avversità degli dei e del destino e invoca la pace trovata dal fratello, cioè la morte.
Solo questa speranza di morte gli resta e apostrofa il popolo straniero presso il quale immagina di morire, di restituire alla madre le sue ossa perché possa stringerle al petto.
Questo sonetto è un’amara riflessione sul dolore, sull’esilio e sulla morte.

Giacomo Leopardi nacque a Recanati nelle Marche nel 1798; fino a quattordici anni studiò sotto la guida di precettori privati, poi da autodidatta. Questo periodo di studio dissennato lo fece ammalare agli occhi e divenire gobbo; iniziò a scrivere i primi versi e a vent’anni lasciò Recanati per trasferirsi a Roma presso gli zii.
Deluso e sempre più malato tornò a casa e nel 1825, ottenuto uno stipendio mensile da una casa editrice poté organizzarsi una vita autonoma e passò quindi alcuni anni tra Firenze, Bologna e Pisa. Tra il 1828 e il 1830 tornò a Recanati dove compose le sue più belle poesie; sempre più cagionevole di salute, i medici gli consigliarono un clima più caldo ed egli accettò l’invito di un amico, Antonio Ranieri e si trasferì a Napoli dove morì nel 1837, cieco e ridotto all’immobilità.

La raccolta di poesie I Canti (A Silvia, Le ricordanze, Il canto notturno di un pastore errante dell’Asia, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, La ginestra o Il fiore del deserto).
La raccolta di dialoghi e racconti in prosa le Operette morali (Dialogo della Natura e di un islandese, Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggero).
La raccolta di pensieri e riflessioni varie lo Zibaldone.

Parafrasi
La giovane viene dalla campagna
al tramonto
con il suo fascio d’erba; e porta in mano
un mazzolino di rose e di viole,
con le quali, come è usanza,
ella si adornerà,
domani, domenica,il petto e i capelli.
Siede con le vicine di casa
sulla scala la vecchierella a filare
rivolta verso il tramonto
e si mette a raccontare
di quando la domenica
ella si ornava(era giovane)
e ancora sana e snella
era solita danzare la sera in mezzo
a quei giovani compagni della sua giovinezza.
L’aria sta già diventando scura,
il cielo torna sereno e torna il buio,
riaffiorano le ombre delle colline e delle case
sotto la bianca luce della luna.
Ora la campagna annuncia
La festa che sta arrivando;
e udendo quel suono
la gente si consola.
I fanciulli gridando
Sulla piazza in tanti, tutti assieme
Saltano qua e là
Fanno un piacevole rumore:
e intanto ritorna dal lavoro alla sua povera tavola
fischiettando,il contadino,
e tra sé e sé pensa al giorno di riposo.
A notte inoltrata quando si è spenta ogni lucerna,
e tutto tace,
si sente il martello picchiare e la sega
del falegname, che lavora
nella bottega chiusa al chiaro di una lucerna,
e si affretta e si impegna
a concludere il lavoro prima dell’alba.
Il sabato è il giorno più gradito fra i sette,
pieno di speranza e di gioia:
domani tristezza e noia
verranno portate dal tempo, e al proprio lavoro
ognuno rivolgerà il suo pensiero.
Ragazzo lieto, scherzoso,
questa età (l’adolescenza)
è come un giorno pieno di allegria,
piacevole e spensierato
che precede l’età adulta (la maturità).
Divertiti fanciullo mio, questo è un momento felice,
una stagione lieta.
Non voglio dirti altro (per non amareggiarti) ma non ti sia
Di peso che la vita adulta tardi a venire.

Alessandro Manzoni nacque a Milano il 15 Marzo 1785 da Giulia Beccaria, figlia di un nobile letterato e da Piero Manzoni, nobile di campagna. Quando i genitori si separarono Alessandro fu messo a balia e poi in collegio fino a sedici anni; nel 1801 andò a vivere con il padre a Milano dove si dedicò agli studi e a comporre i primi versi.
A vent’anni raggiunse la madre a Parigi e conobbe Enrichetta Blondel, una sedicenne di Ginevra che sposò nel 1808 e che lo aiutò a riconciliarsi con la Chiesa.
Nel 1821 Manzoni compone opere in versi, tragedie e inizia a stendere un romanzo, il Fermo e Lucia riscritto e pubblicato nel 1827 con il titolo I promessi sposi; grazie all’enorme successo del romanzo Manzoni divenne noto in tutta Italia.
Successivamente si dedicò a studi storici e linguistici e trascorse gli ultimi anni tra Milano e Brusuglio; nel 1833 rimase vedovo e si risposò nel 1837 con Teresa Borri.
Nel 1861 fu nominato senatore del Regno d’Italia e mori a Milano nel 1873.

Il capolavoro di Manzoni è il romanzo storico I promessi sposi; le opere in poesia più importanti sono: gli Inni Sacri (cinque liriche dedicate alle festività religiose), due odi patriottiche, Marzo 1821 e Il cinque maggio (sulla vita e la morte di Napoleone), due tragedie storiche Adelchi e Il conte di Carmagnola.

Manzoni è un autore importante perché ha saputo esaltare i più alti sentimenti patriottici e civili, si è impegnato nella ricerca di una lingua veramente nazionale e per questo è considerato il padre dell’italiano moderno. Nelle sue opere è evidente una profonda fede religiosa.

Il capolavoro di Manzoni “I promessi sposi”pubblicato nel 1842 appartiene al genere del romanzo storico.
Manzoni lesse più volte e trovò ispirazione dal romanzo storico Ivanhoe del romanziere inglese Walter Scott.
La vicenda è ambientata in Lombardia alla fine del 1600, all’epoca della dominazione spagnola in Italia; protagonisti sono due giovani fidanzati, Renzo e Lucia, il cui matrimonio è ostacolato dal signorotto del paese in cui i due giovani vivono e lavorano, don Rodrigo, invaghitosi di Lucia.
Il romanzo inizia con l’incontro di don Abbondio,parroco di campagna incaricato di celebrare le nozze tra Renzo e Lucia, con i bravi di don Rodrigo che gli ingiungono di non celebrare il matrimonio.
Dopo un susseguirsi di vicende tra le quali un tentato matrimonio a sorpresa i due giovani fuggono; Lucia trova rifugio a Monza da Gertrude, figlia di un potente principe monacata per forza e Renzo deve raggiungere il convento dei cappuccini a Milano e rimane coinvolto nei tumulti della folla affamata dalla carestia. Renzo a Milano viene arrestato come capo della sommossa,fugge, passa il confine dell’Adda e approda in territorio bergamasco appartenente ala repubblica di Venezia.
Lucia intanto è vittima del capriccio di don Rodrigo che ricorre al potente Innominato per rapirla con la complicità di Gertrude e del suo amante Egidio.
Durante una drammatica notte Lucia pronuncia un voto di castità e si verifica la conversione del suo carceriere che si incontra con il cardinale Federigo Borromeo e quindi libera Lucia.
Dopo una serie di difficoltà e di avventure i due protagonisti si ricongiungono dopo aver superato la “prova” della peste che invece ha tolto dalla scena numerosi personaggi.
Il romanzo si conclude con il matrimonio celebrato da don Abbondio. La vicenda si articola su due piani narrativi,uno fantastico (storia di Renzo e Lucia)e uno reale e storico (la carestia, i tumulti a Milano, la peste).

Atteggiamenti e azioni che precedono l’incontro con i bravi: prima di vederli, quando li vede, quando va loro incontro.
Don Abbondio, curato di campagna, durante il cammino di ritorno verso casa, recitava tranquillamente le sue preghiere, leggeva il breviario, allontanava con un calcio le pietre che incontrava sul cammino con un atteggiamento assorto e rilassato, talvolta alzava lo sguardo verso il tramonto.
Giunto dove la strada faceva una svolta vide due loschi individui che ben conosceva e capì dai loro gesti che stavano aspettando proprio lui.
Proseguì mascherando l’imbarazzo e fingendo di leggere ma spingendolo sguardo in su per spiare i loro movimenti.
Quando vide che venivano verso di lui fu colto da mille pensieri, fece un rapido esame di coscienza se avesse peccato contro qualche potente ma non si ricordò di nulla; si aggiustò il collare con le dita volgendo la faccia a destra, a sinistra e indietro per rassicurarsi se ci fosse qualcuno nei dintorni ma non vide nessuno così affrettò il passo per ridurre il più possibile quei terribili momenti di attesa recitando un versetto a voce alta e sforzandosi di mostrare un’aria rilassata e un viso sorridente.
Azioni, parole pronunciate, atteggiamenti tono di voce:
- durante il colloquio
Don Abbondio durante il colloquio mantiene un atteggiamento rassegnato e sottomesso, cerca di giustificare con rigiri di parole il matrimonio dei due giovani scaricandosi di dosso la colpa;è talmente impaurito che talvolta balbetta, arriva ad elogiare con parole di apprezzamento i due manigoldi e, avendo udito il nome di don Rodrigo si inchina chiedendo consiglio e dichiarandosi disposto all’obbedienza.
- dopo il colloquio
Terminato il colloquio richiama i bravi per proseguire le trattative ma, non avendo risposta si avvia verso casa con aria assai preoccupata
Presentazione di don Abbondio
- don Abbondio non era nato con un cuor di leone (litote)…
- la peggior condizione era quella d’un animale senza artigli e senza zanne, e che pure non si sentisse inclinazione d’esser divorato…
- non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno…
- don Abbondio(vaso di terracotta) costretto a viaggiare in compagnia di vasi di ferro…-
- aveva assai ubbidito ai parenti che lo vollero prete…
- non aveva pensato agli obblighi e ai nobili fini del ministero al quale si dedicava …
- due ragioni per tale scelta:procacciarsi di che vivere con qualche agio, mettersi in una classe riverita e forte…
- era vissuto fino ad allora senza grandi problemi evitando tutti i contrasti, schierandosi sempre dalla parte del più forte anche se mai in prima linea.

Abbigliamento, atteggiamento e azioni prima dell’incontro e durante l’incontro.
I bravi che aspettavano don Abbondio stavano l’uno a cavalcioni di un muretto, l’altro in piedi, appoggiato al muro con le braccia conserte sul petto.
L’abbigliamento era tipico della loro condizione: mercenari al servizio di qualche potente che li paga in cambio della loro protezione e dei loro servizi.
Avevano intorno alla testa una reticella verde ricadente su una spalla e dalla quale usciva un enorme ciuffo, due grandi baffi arricciati in punta, una cintura di cuoio lucida alla quale erano appese due pistole, un piccolo corno pieno di polvere da sparo al collo, un grosso coltellaccio che spuntava da un taschino dei goffi pantaloni, una grossa spada con il manico lavorato e la lamina d’ottone.
Avevano un atteggiamento duro, sicuro e risoluto che destava molto timore e con parole solenni e decise intimarono il povero curato di non celebrare le nozze tra Renzo e Lucia.
Azioni, parole pronunciate, atteggiamenti, tono di voce:
- durante l’incontro
I bravi vanno incontro e si rivolgono al curato con superiorità, con un atteggiamento minaccioso ed iracondo, usando un tono solenne e di comando pronunciando parole decise ed essenziali.
Inoltre uno dei due intima il curato di non celebrare le nozze, altrimenti avrebbe dovuto renderne conto a don Rodrigo.
- dopo l’incontro
Terminato l’incontro i bravi si allontanano con aria spavalda e soddisfatta di chi ha ottenuto ciò che desidera, cantando una canzonaccia non riferibile.

Appare immaginato sulla scena da don Abbondio ed evocato dai bravi, come?
I bravi in senso ironico riferiscono a don Abbondio i saluti del loro padrone, don Rodrigo; il povero curato appena sente pronunciare questo nome è atterrito dalla paura, capisce, se pur confusamente, il motivo di tante minacce conoscendo infatti molto bene quel signorotto e le sue malefatte.

Nella seconda metà dell’Ottocento, il grande sviluppo della scienza e della tecnica contribuì al diffondersi di una mentalità positivista che favorì la nascita di un’arte realistica che analizza la realtà e propone soluzioni; gli strumenti più adatti per questa analisi sono la prosa del racconto e del romanzo.
Questa nuova corrente letteraria si afferma inizialmente in Francia e prende il nome di Naturalismo; gli scrittori naturalisti, tra cui il più importante fu Emile Zola, descrivono ambienti urbani poveri e degradati con l’intento di denunciare i più gravi problemi sociali e proporne soluzioni. In Italia si parla invece di Verismo e i più grandi scrittori sono Luigi Capuana e Giovanni Verga: scopo della loro letteratura è raffigurare in modo artistico la realtà universale basata sulla dura lotta per la sopravvivenza.

Giovanni Verga nacque a Catania nel 1840 da una famiglia benestante di nobili origini. Quando nel 1860 Garibaldi arrivò in Sicilia lasciò gli studi universitari per dedicarsi al giornalismo e alla letteratura. Decise poi di stabilirsi dapprima a Firenze e dal 1872 al 1893 a Milano dove pubblicò alcuni romanzi di genere psicologico e sentimentale i cui protagonisti appartengono all’alta società.
Nel 1874 scrisse il primo racconto ambientato nel mondo popolare siciliano: Nedda; nel 1880 pubblicò la raccolta di novelle Vita dei campi, nel 1881 il romanzo I Malavoglia, nel 1883 le Novelle rusticane e nel 1888 il romanzo Mastro don Gesualdo. Morì a Catania nel 1922.

Le opere principali sono: le due raccolte di novelle Vita dei campi e Novelle rusticane; il romanzo I Malavoglia che racconta la storia di una famiglia di Acitrezza, i Toscano composta dal nonno (padron ‘Ntoni ), dal figlio Bastianazzo, dalla nuora Maruzza la Longa e dai loro figli. La storia, che si svolge dal 1863 al 1877-1878, racconta le vicende della famiglia dopo il naufragio e la morte di Bastianazzo. Il romanzo Mastro don Gesualdo narra la storia di un muratore che grazie alla sua intelligenza e alla sua volontà diventa ricco, sposa una fanciulla nobile, non viene accettato dall’alta società e muore infelice e abbandonato da tutti.

Nelle sue opere colpisce il contenuto e lo stile, ebbe il coraggio di individuare i sentimenti istintivi e primordiali: la passione amorosa, la gelosia, l’odio, l’avidità, l’egoismo; evidenziò, pur avendo una visione pessimistica della vita, i valori più positivi: l’attaccamento alla famiglia, la saggezza dovuta all’esperienza e all’umile laboriosità.

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Esempio