La religione e la sua storia

Materie:Riassunto
Categoria:Italiano

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Testo

INTRODUZIONE
La scienza moderna non è soltanto un insieme di conoscenze e di capacità investigative in atto; non è nemmeno quest'insieme più un immenso gioco di tecniche che affermano il dominio sempre più vasto dell'uomo sulla natura. La scienza ormai è un materiale fondamentale e un elemento organico della civiltà, con la mediazione del quale partecipiamo direttamente o indirettamente a un determinato modo d'esistenza umana, modo che ben distinto se confrontato con le civiltà anteriori o esteriori allo sviluppo delle scienze, e per di più cosciente della propria differenza e superiorità. Oggi, ineluttabilmente, la scienza è il testimonio privilegiato della ragione umana, sicché i problemi che essa solleva raggiungono quasi immediatamente il problema dei rapporti tra l'immanenza razionale e la trascendenza rivelata. In definitiva la scienza, molto più che essere una questione relativa al sistema astratto del pensiero, pone una questione d'opzione concreta riguardo all'umano. Perciò sembra impossibile poterne ignorare il fatto e sommamente pericoloso misconoscerlo. Qui ricordiamo solo di passaggio che la società cristiana, dopo cinque secoli, ha dovuto registrare che si è dissolta quella forma d'unità spirituale umana, della quale nel Medioevo era stata l'efficace portatrice. Oggi le gravi parole ammonitrici del supremo magistero ci ricordano che lo scandalo dei nostri secoli è il fatto che la Chiesa ha perduto gli ambienti popolari e la classe operaia. Ora è evidente che la causa di questi fatti è per una notevole parte una certa insufficienza dell'atteggiamento cristiano nei confronti dell'universo della scienza moderna.
Per questo le presenti pagine, che espongono e giustificano la fede cattolica di fronte al fatto della scienza, cercheranno di superare il punto di vista d'un'apologetica unicamente preoccupata di confutare le principali obiezioni mosse contro la religione e, almeno indirettamente, cercheranno di compiere uno sforzo di comprensione positiva, l'unica che oggi sia chiarificatrice, quando sorgono difficoltà a opporre scienza e religione.
Senza questa precisazione d'insieme, qualsiasi risposta immediata a ogni difficoltà particolare sarà sempre poco persuasiva e inefficace, come un sistema di difese troppo fragili sotto la spinta d'un assalitore dotato d'una forza di grandezza diversa. Il vero metodo dell'apologetica cristiana deve ormai associare le risposte particolari (cui non si può certo rinunciare) a una visione molto larga e comprensiva dei problemi fondamentali. È assolutamente urgente fare intravedere, in un contesto nuovo, che è possibile un'armonia spirituale, analoga a quella per cui lottarono i grandi dottori cattolici e che la Chiesa negli atti del suo magistero non ha mai cessato di proclamare attuabile.
Lo sforzo per assumere quest'atteggiamento impone, in qualche misura, il piano degli sviluppi che seguiranno. Dedicheremo la prima parte a caratterizzare i rispettivi campi della scienza e della fede, a porre in rilievo le condizioni per un mutuo accordo, discutendo la posizione scientista e le sue obiezioni contro l'affermazione religiosa; la seconda parte s'occuperà più in particolare delle difficoltà che possono nascere dalle pretese della tecnica scientifica di reggere integralmente la vita dell'uomo, sulla quale però la religione non intenderà mai smettere d'esercitare il proprio influsso.
CAPITOLO I. - LA SCIENZA E LO SCIENTISMO DI FRONTE ALL'AFFERMAZIONE RELIGIOSA
Distinzione tra scienza e scientismo. - È proprio della scienza essere una ricerca umanamente autonoma della natura quale viene rivelata dall'esperienza, come pure è una caratteristica essere coestensiva alla condizione di materialità delle cose e, in certo modo, di cogliere sempre la realtà in quanto materiale. Pretendere che la scienza rinunci a ciò cui è obbligata, significherebbe esattamente chiederle di rinunciare ad essere scienza. Bisogna quindi mantenere ben distinta la legittimità di questa doppia condizione della conoscenza scientifica e guardarsi dal volerne ricusare le esigenze. Tuttavia non si deve confondere il metodo scientifico con lo scientismo: quello è un insieme di regole che guidano l'attività scientifica nella ricerca o nell'elaborazione; questo è sostanzialmente un'opzione d'ordine filosofico con tesi molto discutibili, anche quando sembrano giustificate dalle apparenze.
Le difficoltà del dialogo tra lo scienziato e il credente. - Le difficoltà che il razionalismo scientista presenta come irresistibili, sono certo molto naturali allo spirito umano, per il fatto stesso che esso pratica il pensiero scientifico. Molti stentano a dare loro una risposta esatta; invece il credente sente molto bene che tra il suo atteggiamento e il pensiero scientifico non c'è affatto l'opposizione di principio affermata dallo scientismo; sente essere possibile una sintesi, e alla occorrenza, vive effettivamente di essa. Ma per lui è molto difficile dire in che cosa consista tale sintesi e presentare il suo pensiero religioso in modo da non prestare il fianco a fondate obiezioni dell'incredulità scientista.
E questo ordinariamente perché tanto il credente quanto lo scientista tendono a misconoscere il modo con cui la verità religiosa e la credenza intervengono nello spirito e possono assimilare inconsciamente le affermazioni riguardanti Dio, l'anima o la rivelazione, alle affermazioni che la ricerca scientifica può giustificare. La tentazione di chi cerca di rendere ragionevole la sua fede è d'accontentarsi, in tale materia, di far appello a qualcosa che è nell'ordine dell'evidenza materiale; e allora l'incredulo, che obietta a nome della scienza, riesce facilmente a dimostrare che, quando s'invoca l'evidenza materiale, tocca alla scienza di entrare in azione e che la scienza è sufficiente, facendo credere che la fede possa sussistere solo in quanto il pensiero resta prescientifico o mescolato alle determinazioni affettive della soggettività, e che debba indietreggiare incessantemente e ineluttabilmente a mano a mano che il pensiero scientifico prende effettivamente possesso del suo campo. La preoccupazione d'evitare quest'inconveniente conduce troppo spesso a negare al pensiero scientifico le prerogative che, nel suo ordine, gli sono effettivamente proprie. Ma tale atteggiamento finisce di generare spiacevoli conseguenze, una delle quali è lo scandalo giustificato, che l'incredulo prova di fronte alla fede presentata in questo modo.
Conseguentemente oggi, con una scienza tanto vivamente cosciente della propria condizione e dei propri metodi, occorre uno sforzo notevole e costante per essere chiari e condurre la discussione senza impegnare la posizione religiosa su un terreno che non è il suo, e dove corre pericolo d'essere molto presto condotta in un vicolo cieco. L'attuale livello, dove ormai si pone l'apologetica, esige una solida dottrina sulla natura della conoscenza religiosa e dei suoi rapporti con la conoscenza scientifica.
Dall'evidenza materiale a quella riflessiva. - Sembra quindi necessario riconoscere chiaramente il duplice ordine dell'evidenza umana e la gerarchla esistente tra l'ordine dell'evidenza materiale proprio della scienza e l'ordine dell'evidenza riflessiva. Finché lo spirito non riconosce questa dualità, non si può trattare con chiarezza il problema dei rapporti tra scienza e religione: lo scientismo prende notevoli cantonate quando pretende di ridurre tutto il sistema della ragione allo sviluppo dell'evidenza materiale; ma capita pure spesso che i credenti e gli apologisti prendano abbagli complementari, lasciandosi andare a rappresentare in modo indebitamente materiale l'affermazione religiosa. La prima risposta d'insieme che si deve dare allo scientismo e alle sue difficoltà consiste quindi nel rilevare il fatto dell'evidenza riflessiva e nel farne riconoscere il vero stato nei confronti dell'evidenza che serve al pensiero scientifico. Dovremo pertanto precisare successivamente questi punti:
- C'è un'evidenza irriducibile a quella di cui si serve la scienza moderna, ed è essenzialmente legata all'attività riflessiva dello spirito.
- Tale evidenza ha un valore distinto di verità e di certezza, è autenticamente intellettuale, e il suo sviluppo è pure una funzione indispensabile della
ragione umana.
- Quest'evidenza per se stessa permette alcune affermazioni metafisiche, come quella dell'esistenza di Dio, e permette anche di comprendere l'eventuale intervento d'un principio trascendente a determinare il giudizio in un atto di credenza religiosa.
- Relativamente alla scienza, quest'evidenza lascia sempre intatto tutto il dispiegamento autonomo della ricerca scientifica, conforme alle condizioni
che la scienza riconosce a se stessa; proibisce soltanto di passare, se non vi sono altre ragioni, dal comportamento metodologico dello scienziato alla camuffata pretesa ontologica, qual è in realtà lo scientismo.
- Quindi la verità religiosa, in rapporto alla conoscenza scientifica, verrà tempre presentata come una verità d'ordine ulteriore; verità che riprende, illuminata da nuove fonti di giudizio, l'insieme delle verità umane, non esclusa la scienza. Abbiamo un esempio di quest'integrarsi della verità scientifica con
l'ordine del pensiero religioso, senza che quella subisca qualche attentato da questo, nell'affermazione della divina provvidenza. L'identico volto dell'universo, che la scienza scopre senza mai rinunciare alle leggi del suo sforzo, è anche il vero volto di questa realtà, i cui minimi tratti sono disposti provvidenzialmente da Dio. La scienza, anziché contraddire l'intuizione religiosa, può essere lo strumento d'una nuova espansione di essa.
Ora dobbiamo commentare brevemente ciascuno di questi punti.
1. L'attività riflessiva dello spirito e l'evidenza che ne risulta. - Lo scientismo avrebbe ragione se la confusa attualità della coscienza umana s'aprisse unicamente all'evidenza che viene dall'esperienza e che abbiamo chiamato evidenza materiale. Ma proprio mentre lo spirito umano si propone di perseguire metodicamente quest'evidenza e le sue conseguenze, acquistando cosi il comportamento dello spirito scientifico, si esplicita l'attività riflessiva, che è l'altra componente dell'attività spirituale. Correlativa all'attività riflessiva, si determina un'altra modalità dell'evidenza, della quale la scienza come tale non si deve preoccupare, ma che l'uomo non può non notare, modalità che abbiamo caratterizzato parlando di evidenza riflessiva. Infatti vi è quest'evidenza ogni volta che, oltre l'esperienza spontanea o acquisita mediante lo studio, lo spirito umano diviene cosciente della sua attività come tale, in quanto allora coglie. la realtà nella visuale di quest'attività divenuta cosciente a se stessa, prima di tutto nel suo fatto e poi nelle sue condizioni e leggi. L'ontologia, e anche la filosofia, è possibile solo in proporzione di quest'evidenza riflessiva.
Quindi lo scientismo, pretendendo di trasferire in negazioni ontologiche le leggi d'un comportamento metodico della scienza, non è più un atteggiamento scientifico, ma un'opzione filosofica, la quale è possibile solo quando, in vista delle stesse negazioni, usa surrettiziamente e inconsciamente possibilità riflessive sulle quali bisogna ritornare, per spiegarsi chiaramente. Le spiegazioni scientiste sono un rifiuto di considerare il fatto riflessivo, che tuttavia lo spirito deve attualizzare e, in certo senso, sfruttare, almeno per formulare le sue negazioni. Conseguentemente la filosofia scientista finisce col negare l'ordine da cui riceve tuttavia il suo essere in quanto affermazione filosofica. È questa la sua contraddizione fondamentale. Quindi contro lo scientismo si impone anzitutto il compito di spezzare il prestigio di quest'incoerente negazione e di prendere coscienza del fatto che lo spirito umano riflessivo non può accontentarsi d'utilizzare, anche se rifiuta d'ammetterlo, il fatto della coscienza riflessiva. Basta questo semplice rilievo a imporre un pensiero filosofia) capace di giustificare le affermazioni costruttive dell'ontologia e le certezze, che cosi si possono avere, riguardo alla divina realtà.
2. Legittimità e certezza di quest'evidenza. - Lo spirito scientista tende a riservare esclusivamente alla conoscenza scientifica la qualifica di conoscenza speculativa e veramente oggettiva, e a vedere qualsiasi altra conoscenza inquinata da elementi che ne impediscono o ne falsano l'oggettività. Le affermazioni metafisiche riguardanti principi irriducibili a quelli attinti dalla scienza, vengono considerate come opzioni soggettive, che la ragione critica considera come basate in modo contingente sui temperamenti individuali, e quindi prive di valore autentico di verità e inconsistenti. Però anche questo è un modo di misconoscere l'evidenza riflessiva che, pur diversamente dall'evidenza materiale,s'impossessa intellettualmente della realtà ed è in grado di fondare un ordine di verità autenticamente speculative, poiché nella coscienza riflessiva lo spirito coglie realmente, distintamente e senza che vi si mescoli la confusione affettiva, la verità dell'atto conoscitivo e può metodicamente fare l'analisi delle condizioni dell'atto stesso, e in particolare può riconoscere la condizione ontologica dell'oggetto della conoscenza umana. 11 pensiero cosi costituito ha certamente una forma diversa da quella della conoscenza scientifica, che del resto suppone già sbozzata in antecedenza. Però questa forma è tutt'altro che esteriore all'ordine speculativo, essendo la vera chiave di volta e l'unica capace di specificare in ultima analisi la misura della certezza scientifica.
3. L'affermazione filosofica dell'esistenza di Dio e l'apertura all'eventualità d'una rivelazione. -L'affermazione filosofica dell'esistenza di Dio è il frutto conclusivo d'un processo intellettuale fondato sull'evidenza riflessiva, poiché la riflessione permette di riconoscere la reale condizione ontologica dell'oggetto della conoscenza umana, il quale non è soltanto bruta realtà materiale, ma è provvisto d'una certa intelligibilità perfino nella sua stessa esistenza. D'altra parte qui non si tratta affatto d'un postulato soggettivo, ma d'una condizione d'una realtà anteriore all'appello razionale provocato dal dato nello spirito umano: ciò che è non è soltanto esistenza immediata e bruta, ma realtà giustificata, anche se la giustificazione completa sfugge allo spirito che se n'è posta la questione. Lo spirito è dunque abilità a passare da ciò che è attinto dal pensiero riflessivo all'affermazione d'un principio ultimo di giustificazione della realtà. Quando nominiamo Dio, ci riferiamo a questo principio.
Questo processo di passaggio, attuato secondo i vari modi di considerare la realtà effettivamente conosciuta, dalla metafisica è chiamato dimostrazione dell'esistenza di Dio. Così il pensiero filosofico vede che la realtà mutevole è fondata sopra un'attualità immutabile e trascendente alla natura, che l'essere contingente ne richiama un altro per sé necessario, che la diversità delle cose imperfette dev'essere riunita sotto l'unità d'un essere primo e assolutamente perfetto, ecc.
Rimarrebbe da dimostrare più chiaramente che tale affermazione dell'esistenza di Dio è possibile solo se implica la trascendenza dell'essere divino, esclusa dalla soluzione panteista. In sostanza la cosa è legata all'irriducibilità di natura che vi è tra l'evidenza materiale e quella riflessiva, poiché questa, per principio, si riferisce a un ordine di realtà completamente diverso da quello che si può raggiungere attraverso l'evidenza materiale. Il panteismo, con la tendenza a identificare Dio e la natura del tutto cosmico, misconosce un'indicazione importante della coscienza riflessiva. Ma per tutto questo possiamo accontentarci d'indicare, direi, i perni e le tappe della discussione con lo scientismo, lasciando che ciascuno ricorra all'insegnamento usuale della teologia cattolica su ciò che noi abbiamo soltanto indicato.
D'altra parte il processo intellettuale, possibile attraverso l'evidenza riflessiva, sfocia nell'affermazione dell'esistenza di Dio, in modo da permettere di comprendere l'eventuale intervento d'una rivelazione. L'evidenza riflessiva nella coscienza umana è connessa con uno stato dello spirito che ragiona sull'universo e su ciò che vi si vede. Ora la metafisica è lungi dal permettere un'esauriente risposta alle varie incertezze sollevate dalla ragione inquirente sull'universo. Lo spirito umano può affermare l'esistenza di Dio, ma non ne scopre affatto la natura intima, e tanto meno riesce a chiarire il mistero del destino di questo mondo, né il mistero del proprio destino in seno a questo mondo. A questo riguardo il- pensiero umano potrà costruire diverse ipotesi, ma è sua caratteristica l'incapacità di determinarsi razionalmente sulla verità di qualcuna di queste ipotesi e, in modo generale, gli resta sempre l'incertezza riguardo alle questioni di quest'ordine. Perciò l'evidenza riflessiva non è affatto esauriente, poiché in certi campi lascia l'uomo necessariamente sospeso, non già perché sia impossibile o impensabile una determinazione, ma unicamente perché nella presente condizione è inaccessibile al pensiero strettamente filosofia).
Né si creda die le conclusioni categoricamente negative alle quali ordinariamente in questo campo s'adattano i filosofi che si dicono razionalisti, razionalmente si trovino meglio delle conclusioni affermative, poiché dal punto di vista strettamente filosofia) le conclusioni negative non sono più solide delle altre. L'indeterminazione e l'aspettativa sono qui la sorte propria dello spirito umano, e proprio questo fatto apre la porta perché la rivelazione possa, quando lo voglia, entrare in scena per iniziarci ad un nuovo settore di realtà. E questo è anche ciò che giustifica il fatto della rivelazione, perché l'uomo ha bisogno d'essere fissato sul suo destino essenziale e nell'incertezza in cui è lasciato dalle risorse naturali, ha bisogno di ricevere da D'io la diiarezza che lo integra al fine divino dell'universo. Ed ecco ritrovata, senza difficoltà, la giustificazione che San Tommaso e la teologia cattolica danno al fatto d'una rivelazione venuta da Dio.
4. Evidenza riflessiva, rivelazione e autonomia scientifica. - L'indispensabile autonomia scientifica è forse l'argomento più profondo di cui si serve il razionalismo scientista contro il fatto religioso. La scienza è e non può essere che esercizio autonomo dell'evidenza umana, poiché non c'è scienza se non si parte da ciò che è realmente manifesto, se non ci si attiene rigorosamente ad esso e se non lo si elabora con metodi che sono a stretta disposizione dello spirito proprio dell'uomo. L'esperienza, quale va intesa in virtù di questo programma generale, e le operazioni, che permettono il formarsi del sapere, danno vita a un sistema nel centro del quale, per principio, la trascendenza non si trova esplicitamente manifestata; perciò la scienza si può diportare come se non esistesse il " soprannaturale "; lo spirito umano infatti deve giungere a definire l'ordine " naturale " come l'equivalente di ciò che esso può effettivamente cogliere nelle cose.
Nulla di tutto questo è materialmente contestabile, quando si tratta solo d'enunciare le condizioni stesse della conoscenza scientifica. La scienza, quale oggi la concepisce il sapere positivo, non può cogliere il " soprannaturale n e giungere al fatto trascendente. Ma questo non significa die ci sia motivo di concludere che non esiste nessuna trascendenza e che il soprannaturale è impossibile, semplicemente perché la trascendenza divina e il soprannaturale si pongono sopra un altro piano. È veramente proprio del pensiero, guidato da una certa riflessione, riprendere tutto l'insieme della materialità della conoscenza in una comprensione ulteriore dell'universo e dell'esistenza. La scienza può elaborare la materialità della conoscenza con tutto il rigore e l'autonomia che vuole (ed è desiderabile che lo faccia il più possibile), ma non s'impone meno il problema di riprendere quest'acquisto seguendo le prospettive del pensiero riflessivo. Ora i principi di tale ripresa possono essere non solo filosofici, ma anche specificamente religiosi, nella misura in cui, fondandosi sopra un'autorità divina, determinano ciò che è lasciato nell'incertezza dell'evidenza riflessiva umana. La realtà religiosa, quando parte da principi autentici e ben intesi, anziché essere incompatibile e indifferente alla scienza, è normalmente destinata ad accettare la scienza e ad assumerla in quella visione dell'universo che la fede deve costruirsi, senza mutilare minimamente il sapere materiale e il sistema delle sue possibilità intrinseche.
Quindi la verità religiosa ha e deve avere per principio, il rispetto totale del sistema umano della scienza e, molto lungi dall'essere contraddetta dallo sforzo della ricerca autonoma, ha l'obbligo d'ammettere tale ricerca e anche di provocarla, per giungere, attraverso di essa, a radicarsi più completamente nell'universo umano. Una credenza può andare contro la scienza solo quando lotta contro di essa sul terreno dell'evidenza materiale. Ora la sostanza della verità religiosa non si pone affatto su tale terreno, ma su quello delle certezze verso cui l'evidenza riflessiva apre lo spirito umano. Del resto la teologia cattolica è la prima a considerare inaccettabile qualsiasi proposizione di verità cosiddetta religiosa contraria alle evidenze naturali dello spirito. Quindi una credenza sviluppata nel disprezzo della scienza, fino a contraddirne espressamente le conclusioni, è necessariamente priva di fondamento e di verità.
Reciprocamente a questo principio, la scienza deve avere il rispetto totale per la credenza religiosa. La pretesa scientista che con il suo spirito mutila la totalità dell'essere è inaccettabile. La scienza in tutte le cose è capace di conoscere ciò che le permette l'evidenza materiale umana, ma per natura rimane incompetente ogni volta che il discernimento del fatto suppone che lo spirito si volga all'evidenza riflessiva. Perciò è ingiustificato il passaggio dal metodo scientifico alle conclusioni pronunciate dal razionalismo scientista: ciò che coglie la scienza non è tutta la realtà. Quello che la scienza coglie è certamente reale, ma c'è anche un'altra realtà che bisogna giudicare secondo principi diversi da quelli adoperati dalla scienza. Il razionalismo scientifico misconosce questo fatto perché trasforma il metodo della conoscenza scientifica, cioè le regole die guidano questa conoscenza, in un'ontologia, cioè in affermazioni ca-tegoriche, che pretendono di circoscrivere in modo assoluto la realtà delle cose, cioè ridurre la realtà a ciò che è sperìmentabile. Oppostamente a quest'errore, il vero atteggiamento dello spirito esige che s'unisca il rispetto totale della riflessione per la conoscenza scientifica con una totale disponibilità di questa conoscenza ai giudizi che permettono ulteriormente la riflessione alla credenza religiosa fondata.
Ciò significa che bisogna comprendere rottamente l'autonomia della scienza. In realtà sarebbe necessario distinguere l'autonomia di metodo, die è innegabilmente un'autonomia ma su un piano in certo modo ancora astratto, e l'autonomia esistenziale, che sarebbe quella d'un soggetto che si' attua pienamente da sé nella realtà effettiva e concreta. La scienza umana non possiede quest'autonomia esistenziale. La scienza si vede dipendente da un oggetto che le da un'evidenza, ma essa non riesce affatto, nemmeno nell'ordine matematico, a completare da sola il sistema totale di quest'evidenza, tanto che lo stato perfetto della sintesi scientifica resta necessariamente un ideale inattuabile. La scienza non può nemmeno dare l'autonomia esistenziale all'essere umano, che in realtà viene determinato dalla realtà scientifica solo in parte e, per quanto sia vasto il sistema scientifico effettivo, l'uomo ha in se stesso la vocazione a un sistema più ampio di perfezionamento nell'esistenza. Ora molte difficoltà derivano dal fatto che si confondono troppo frettolosamente le due moralità d'autonomia, metodologica ed esistenziale, e il razionalismo è, per cosi dire, tutto quanto fondato sulla loro identificazione.
5. Verità religiosa e integrazione della verità scientifica. - Perciò la conoscenza scientifica non dispensa lo spirito da uno sforzo ulteriore di pensiero e di giudizio, sforzo che, sfortunatamente, viene troppo spesso inteso come se dovesse svolgersi sullo stesso piano dello sforzo della scienza e dovesse cogliere gli oggetti nello stesso modo di quest'ultima. Speriamo che quanto abbiamo detto faccia meglio vedere la profonda differenza d'ordine che separa l'affermazione scientifica dal giudizio filosofia" o religioso. Il giudizio religioso non ha affatto come oggetto la determinazione d'una verità materiale delle cose accessibili all'esperienza umana; esso intende fissare lo spirito umano sopra realtà che hanno soltanto l'effetto d'inserire queste verità materiali, quali si trovano essere, in un significato dell'universo, dell'essere umano, del suo destino... ecc, che trascende la scienza. Vi è qui un .comportamento simile a quello del giudizio filosofia".
Facendo questo, la verità scientifica non è né maltrattata né violentata, ma è semplicemente ripresa in una visuale di verità più profonda, perché è chiamata a sostenere, altrettanto bene e, in linea di principio, anche meglio delle conoscenze ingenue, le determinazioni di questa visuale. Il pensiero dell'uomo, per essere visione religiosa dell'universo, non ha affatto bisogno di restare nello stadio d'un pensiero anteriore al risveglio della curiosità scientifica e allo sviluppo della ricerca motivata da questa curiosità. Anzi, la conoscenza scientifica, perfetta espansione della facoltà umana di accedere alle cose, è disposta a questa ripresa armoniosa nel ritmo d'uno sforzo che associa riflessione e credenza per rispondere alle questioni d'insieme che l'universo propone all'uomo.
A questo riguardo la migliore apologetica sarà non quella dei discorsi, ma quella dei fatti; Una visione cristiana dell'universo, capace d'assumere i dati e lo spirito stesso della scienza, risponderà certamente meglio alle classiche difficoltà del razionalismo scientista, che non molte discussioni contro le obiezioni e molte pagine di polemica. L'edificazione d'una tale visione cristiana dell'universo, che in definitiva riprenderebbe l'ambizione delle somme medioevali, può sembrare perfettamente possibile, e forse persino facile, poiché molti pregiudizi scientisti stanno affievolendosi, quasi minati internamente da una duplice crisi. Da una parte le scienze han ripreso l'analisi dei loro fondamenti, e si sono accorte in modo preciso che non è possibile stabilirli con la facilità prima immaginata; d'altra parte, con il problema delle loro risonanze pratiche sul piano dell'esistenza umana, esse hanno toccato realtà per le quali pare imporsi sempre più il ricorso a facoltà di giudizio superiori a quella proveniente dalla scienza e dalla tecnica. Ecco quanto si può già opporre allo scientismo; ma gioverebbe ancora di più servirsi di queste possibiltà aperte per dare una formula positiva alla sintesi d'un'informazione scientifica e d'un giudizio religioso sull'universo. Qui occorre almeno sottolineare con forza il principio della legittimità di questa sintesi, a quelle condizioni che abbiamo definito con quanto abbiamo detto.
CAPITOLO II. - SCIENZA E RELIGIONE DI FRONTE ALL'AVVENIRE DELL'UOMO
L'uomo s'incarica di se stesso. - Le scienze, e soprattutto quelle riguardanti l'uomo, rischiano veramente di sollevare contro le credenze e la pratica religiosa una forma d'obiezione quasi inedita nel passato, e che dobbiamo considerare sempre più da vicino. Infatti la scienza moderna, nel suo stesso principio, è non solo sforzo di conoscere disinteressatamente, ma volontà di trasformare tecnicamente la natura, proporzionatamente alle possibilità aperte attraverso la scienza. Le scienze riguardanti l'uomo sono ormai talmente progredite da poter cogliere le prime istanze d'un'azione generale sulla natura umana. Un progresso parallelo della biologia umana, della psicologia, della conoscenza dei determinismi sociali, delle tecniche di previsione statistica permette di concepire sempre più chiaramente gl'indizi d'un nuovo modo, con cui l'uomo può prendere in mano il proprio destino. Lo scienziato ritiene possibile che non sia lontano il giorno in cui toccherà all'uomo assumersi la responsabilità della propria evoluzione come specie vivente, e di far sorgere un nuovo stato d'esistenza umana in una nuova organizzazione della terra.
In tutto ciò ha indubbiamente molta parte il mito. Ma stupisce vedere fino a che punto idee di questo genere (dalla teoria del superuomo nietzschiano alle divinazioni scientifiche di certi romanzi d'anticipazione) stimolino lo spirito moderno. Pur essendo confusi e pur cercando se stessi attraverso sogni veramente inefficaci, questi pensieri hanno qualcosa di simile a quelli che agitarono il mondo del Rinascimento, quand'erano in gestazione la scienza e lo spirito che apparvero col secolo XVII. Un'importante complesso spirituale dell'umanità è forse in via di formazione sotto i nostri occhi.
Conseguenze d'ordine religioso. - Ora non è impossibile che si possa rinnovare considerevolmente l'obiezione che le religioni asserviscono l'uomo. Al quadro dell'umanità tenuta sotto tutela dalla morale e dalle osservanze religiose, s'oppone l'immagine d'un'umanità sempre più emancipata per opera della scienza, e capace di prendere in proprio favore iniziative impreviste, guidata solo dal principio d'una decisione autonoma. Il sistema di regole di vita della tradizione cristiana o della morale cattolica corre quindi pericolo di apparire soltanto come un'insieme di regole superate e indegne della situazione presente, divenute come otri vecchi incapaci di contenere il vino d'un'esistenza trasformata. Il contrasto non è certamente divenuto generale, ma si possono fin d'ora diagnosticare due punti, dove già si comincia a formularlo.
a) La trasmissione della vita. - II primo punto è quello della morale riguardo alla trasmissione della vita umana, sulla quale la Chiesa cattolica si mostra sempre molto stretta con esigenze che, del resto, hanno ragioni molto complesse: il senso acuto della purezza e della possibile decadenza della spiritualità nello scatenarsi disordinato della sessualità e, forse ancora di più, l'atteggiamento rispettoso verso il mistero della vocazione divina insita nell'esistenza umana. Ma oggi la scienza mette l'uomo sempre più in grado di compiere un'azione d'insieme sui fenomeni biologici della sua riproduzione, dove le possibilità si rivelano astrazion fatta da ogni esigenza morale. Si tratta, oggi, non solo di vari interventi nel corso della gravidanza, ma si agisce sullo stesso processo di fecondazione, con azioni che forse preludono a un estendersi assai più considerevole dei poteri dell'uomo sulla biologia umana.
D'altra parte siamo di fronte non solo a iniziative limitate a casi individuali, ma a possibilità d'insieme capaci di dominare perfino i fenomeni sociali. L'uòmo di scienza, al quale si svelano questi poteri, rifiuta quasi istintivamente di riconoscere valida una legislazione morale fissata ancor prima che questi poteri fossero diventati fatti umani, e quindi rimprovera la religione di paralizzare con decisioni, aprioristiche in queste materie, la libera conquista del vero equilibrio dell'agire umano. L'agire scientifico sembra conoscere l'unica regola di tentare tutto il possibile. Ora la morale cattolica da spesso l'impressione di voler ritenere questo possibile contrario alla legge divina dell'esistenza umana.
b) La condotta delle masse. - II secondo punto riguarda la condotta delle masse. Oggi sembra di assistere a un processo che impregna l'esistenza con registri sempre più complessi di causalità umana e il mondo, in questo senso, assume densità e compattezza finora sconosciute. Ora all'origine della maggior parte, se non di tutti, questi registri di causalità, si trova uno sviluppo tecnico nato dai progressi della conoscenza scientifica. Ne segue che l'uomo, in linea di principio, ha la possibilità di concentrare sempre più metodicamente le leve d'azione sulla propria collettività e di tentare, con l'ausilio dei capi politici, esperienze sempre più possenti per riformare il proprio essere. Anche qui l'uomo dì scienza pensa istintivamente che il tentare il possibile è la vera legge dell'azione, e che tutte le barriere d'una morale prestabilita devono necessariamente cedere quando appaiono aperti nuovi campi alla tecnica. Cosi, nello spirito dello scienziato, un'etica del compimento del possibile tende a sostituire l'etica proposta dall'insegnamento religioso.
Certo i primi e tragici esempi di questa nuova etica, apparsi recentemente nel mondo, benché ancora troppo tinti di romanticismo e di passione per rivelarsi quali erano effettivamente, hanno provocato l'orrore dell'uomo civile. Ma non bisogna credere che tutto sia cosi risolto, perché il moto delle idee non ha cambiato orientamento. La reazione umana alle crisi bestiali degli anni che abbiamo vissuto, e che forse dovremo ancor vivere, ne prepara soltanto una certa sublimazione. Nietzsche aveva veduto l'etica della volontà di potenza al livello della potenza passionale, ma s'avvicina il tempo in cui essa deve salire al livello della potenza razionale e scientifica. Nietzsche aveva prima di tutto sognato il superuomo individuale; lo sviluppo della scienza sveglia sempre più nell'uomo l'ideale della sovraumanità collettiva. Ma anche trasferito in questo modo, non sembra affatto che lo spirito cristiano possa accettare un'etica della volontà di potenza come regola dell'esistenza collettiva dell'umanità. In una parola diciamo che la scienza conosce effettivamente la cosa umana; ma agli occhi della religione cristiana, sia per ragioni umane, sia per motivi divini, è impossibile die l'uomo faccia il proprio bene decidendosi a trattare se stesso interamente come una cosa, né sul piano individuale, né sul piano collettivo. Quindi il conflitto cova finché lo spirito scientifico non sia convenientemente illuminato sul modo di servirsi dei suoi poteri in materia umana.
Come si rischia di fare l'opzione. - La pretesa che ha talvolta lo scienziato di predire e anche d'incaricarsi dell'avvenire dell'uomo appare dunque inaccettabile alla credenza religiosa. Ma questo non significa che l'estensione della scienza e lo sviluppo umano del complesso delle tecniche non abbiano un'immensa importanza per l'avvenire, come appare almeno confusamente a ogni spirito che partecipa della vita moderna del mondo. Proprio di qui viene la forza, che rischia d'essere sempre più terribile, dell'obiezione lanciata contro la regola religiosa dell'esistenza da coloro che parteggiano per la trasformazione scientifica della vita a tutti i livelli umani. Come s'è già detto, nel momento in cui l'opzione diventa alternativa, c'è molto da temere che si prendano le decisioni favorevoli al mondo della scienza e sfavorevoli a quello della credenza.
Le condizioni della sintesi futura. - In fondo ogni problema d'apologetica è dominato da un sottinteso problema teologico, e dalla chiara soluzione del problema teologico si può determinare come l'apologetica debba esporre sia le idee e sia i metodi relativi che usa onde presentare le idee stesse. Qui il problema teologico è ancora imperfettamente formulato, perché ha un'essenza assai nuova, e la soluzione non pare chiaramente acquisita. In modo molto generale, per la religione cristiana si tratta di sapere come la morale da essa insegnata, con le regole che vengono formulate tenendo conto d'un certo stato della cultura umana, possa trovare l'equilibrio in funzione dei nuovi stati di questa cultura.
Il fatto importante del periodo attuale è precisamente la comparsa di poteri generali e materiali per trasformare la condizione umana. Una morale che, per evitare le questioni, interdicesse anticipatamente l'uso di questi poteri, sarebbe praticamente e inevitabilmente scartata dal moto effettivo dell'esistenza. Così a mezzo del secolo XVIII non avrebbe servito a nulla voler impedire la possibile industrializzazione in nome degli squilibri sociali e delle miserie umane che essa avrebbe comportato, nel caso che squilibri e miserie allora fossero stati previsti. Cosi è, fatte le debite proporzioni, per le trasformazioni ancor più profonde che s'annunciano fin d'ora. Del resto una simile morale sarebbe lontanissima dal soddisfare l'esigenza di regolazione ragionevole, come si definisce la morale autentica.
D'altronde non pare affatto che la religione cristiana sia stata data all'uomo per dispensarlo dall'affrontare il rinnovamento delle circostanze umane: tutto lo sforzo moralizzatore della Chiesa, e specialmente quello di cui abbiamo un esempio nelle encicliche degli ultimi pontefici, attestano la preoccupazione sempre più viva di trovare le soluzioni per equilibrare i principi della legge religiosa con i dati presenti della vita. Si può dunque oggi porre legittimamente la questione di sapere come si debba tener conto di ciò che viene annunciato dal progresso delle scienze riguardo a quello che dovrà essere la futura integrazione morale e religiosa. Certo non sarà affatto l'eliminazione della legge religiosa, che finora ci è venuta attraverso la Chiesa cattolica, a dare la soluzione; sarà anzi una conquista più profonda delle virtualità umane da parte dello spirito di Cristo.
Compiti apologetici. - Se la soluzione d'un tale problema di teologia morale non ha nulla d'impossibile, non sembra però che finora si possa dire del tutto acquisita. Alcune decisioni particolari del magistero ecclesiastico in materia di deontologia medico-chirurgica fissano importantissimi punti di riferimento riguardo alla trasmissione della vita; però la materia delle azioni di massa che traversano l'umanità, è soggetta a maggiori incertezze, e pare che a questo riguardo si debba attendere una maturazione sia della coscienza umana come di quella religiosa. Di conseguenza l'apologista cristiano si deve accontentare di tenere posizioni ancora un po' provvisorie e indeterminate, accettando l'idea d'un lavoro d'opprofondimento teologico e, nello stesso tempo, preoccuparsi di conservare la chiarezza privilegiata che l'insegnamento cristiano apporta già in certe materie. Qui, come altrove, la prima tappa d'un'apologetica efficace sarà quella di dare all'uomo di scienza il senso di quest'associazione necessaria di quello che egli può dare col suo apporto, con quello che viene all'uomo da un'altra fonte di determinazione spirituale. Noi ritroviamo, trasferito nell'ordine della conoscenza morale, il problema fondamentale dell'integrazione della scienza nella sintesi effettiva della coscienza umana, sintesi sulla quale quanto abbiamo detto in questo capitolo ci permette di non insistere oltre.
Severi, Van Hagens. F. Selvaggi, Filosofia delle scienze, La Civiltà Cattolica, Roma 1953.
Scienza e religione. D. Dotarle, Humanisme scientifique et raison chrétienne, Desclée de Brouwer, Paris 1953. F. Selvaggi, Problemi della fisica moderna, La Scuola, Brescia
J953- La quarta parte dell'opera (pp. 139-161) tratta dei rapporti tra scienza e fede. B. Bavink, La fetenza naturale sulla via della religione, Einaudi, Torino 1944. V. Marcozzi,
E problema di Dio e le scienze, Morcelliana, Brescia 1949. Severi F., Scienza e religione ieri ed oggi, in Vita e Pensiero, 1953, pp. 517-526. Particolarmente importanti per l'autorità da cui promanano alcuni discorsi di Pio XII dei quali si può trovare una sillogens\V Appendice di questo volume. Il volume di B. Russel, Religione e scienza, La Nuova
Italia, Firenze 1951, è scritto con la retriva mentalità illuministica che vede nella religione una nemica della scienza.
Su alcune questioni particolari segnaliamo i 4 volumi : II cristianesimo e le scienze, Scienza e mistero, Scienza e uomo, Scienza e Civiltà, Ed. Studium Christi, Roma 1947-50, che sono raccolte di conferenze tenute da scienziati.

CONCLUSIONE
Questi pochi rilievi bastano almeno a far vedere che oggi il problema del confronto tra la scienza e la religione cattolica è ben altro che un problema solo intellettuale e speculativo: è anche un problema umano, il quale include un atteggiamento concreto e pratico dell'uomo riguardo alla propria esistenza. La religione cristiana che, fin dalle origini, pretese d'essere l'unica autentica guida della vita umana sulla terra, non può pensare di ritirarsi da questo campo, come non pensa di rinunciare a quei campi che più comunemente le vennero contestati negli ultimi secoli. Del resto qui l'apologista cristiano non dovrà per nulla cedere alla tentazione di timidità: la posizione dei principi della morale evangelica, nel seno della presente crisi umana, è forse più forte di quanto sia mai stata, per poco che si sappia apprezzare esattamente le realtà in gioco.
Fermiamo qui il confronto tra il sistema del pensiero scientifico con quello della credenza e della vita religiosa, dov'è indirettamente in gioco tutta una condizione moderna dell'intelligenza e della vita. Qui una delle maggiori difficoltà dell'apologetica è di non essere inferiore, se non alle idee pure, almeno a una completa densità umana di vita concreta e concretamente orientata nel senso di certe opzioni. Sembra che l'unico mezzo sia unire a una sufficiente partecipazione a quest'universo della scienza moderna, un saldissimo senso del rapporto fondamentale tra coscienza scientifica e coscienza religiosa: tutto dipende da questa chiarificazione, di cui abbiamo cercato di delineare i princìpi. L'apologetica sarà valida in quanto saprà mostrare come l'universo della scienza, senza rinunciare a se stesso, può entrare nel sistema d'un universo più alto, dominato dalle luci filosofiche e religiose della conoscenza del vero Dio e della rivelazione d'un Amore redentore.

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