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Testo
L’intellettuale, nel produrre le proprie opere, fa uso di un codice lingua e di precisi codici letterari, che permettono di comprendere la mentalità e il livello culturale in cui produce. L’allievo tracci quindi intorno a questo nodo tematico il percorso che va dal XV al XVIII secolo
L’Umanesimo è la cultura della civiltà rinascimentale.
La parola Umanesimo implica la coscienza di una differenza tra humanae litterae e divinae litterae, cioè fra la scrittura dedicata al mondo umano-naturale e la scrittura consacrata a quello divino. Tale distinzione mancava nel Medioevo, in cui ogni tipo di scrittura veniva considerato sotto la prospettiva religiosa.
Infatti nel XIV secolo si registrò una grande fioritura della letteratura religiosa, tutta ispirata alla volontà di educare il popolo ai precetti del cattolicesimo e perciò di tono estremamente popolare.
Comunque, nel ‘400 umanista ( XV secolo ) si sentì proprio il bisogno di ricollegarsi all’insegnamento dei classici greci e latini. Infatti con la parola Rinascenza si intendeva sia marcare una distanza rispetto all’ ”età di mezzo” e sia indicare la nascita di una nuova epoca dopo i “secoli bui” del Medioevo.
Molti letterati del ‘400, infatti, espressero un certo “disprezzo” per i letterati del Trecento che avevano scritto in volgare. Ci fu chi ammise la superiorità del volgare sul latino e chi, riconobbe la grandezza della lingua latina.
La letteratura religiosa, continuò comunque, attraverso i sermoni e soprattutto con le laudi vantando anche il contributo di scrittori laici come Lorenzo de’ Medici.
Il secolo del Rinascimento fu un secolo molto ricco, sul piano della produzione letteraria e artistica.
Anche in questo secolo venne affrontato il tema della “questione della lingua”.
Il primo a porsi il problema di dare all’Italia un’unica lingua letteraria era stato Dante Alighieri, che aveva dedicato alle “questione” parte del “Convivio” e l’intero trattato “De vulgari eloquentia”.
Egli individuò in Italia ben 14 dialetti, nessuno dei quali però, a parere suo, poteva considerarsi degno di divenire lingua nazionale.
Nel ‘500 il problema fu ripreso e dibattuto da molti letterati. Si evidenziarono principalmente tre tendenze:
quella di coloro che sostenevano che la lingua italiana dovesse essere modellata sugli esempi dei letterati toscani del ‘300, in particolare del Petrarca e del Boccaccia;
quella di chi proponeva di istituire l’italiano sulla base dei dialetti, riprendendo così in parte la teoria dantesca;
quella di coloro che sostenevano la supremazia della lingua fiorentina, l’unica degna di diventare lingua letteraria nazionale, a condizione che venisse utilizzata com’era nell’uso delle persone colte e non come quella utilizzata dagli scrittori del Trecento. Quest’ultima teoria, venne assunta da Niccolò Machiavelli.
Comunque, fra le tre, la proposta che ebbe maggior successo, fu la prima, il cui maggior sostenitore fu Pietro Bembo. Questa tendenza venne accentuata e sostenuta dall’Accademia della Crusca.
Il volgare quindi, si istituzionalizzò come “nazionale” e, grazie a Bembo e alla sua opera, “Prose della volgar lingua”, vennero definite le regole della prima vera grammatica della lingua italiana. La cultura del ‘500 fu una cultura fondamentalmente laica che ebbe nelle corti i suoi principali centri di produzione.
La situazione, comunque, non fu così fiorente anche nel ‘600. Questo perché, in seguito al Trattato di Caveau-Cambrésis, tutti gli stati italiani furono costretti a subire il dominio della Spagna. In più, le guerre, la peste e le ricorrenti carestie, non aiutarono di certo a migliorare la situazione.
Dall’altra parte, la società italiana fu soggetta all’affermazione della Controriforma cattolica, cosa che determinò il rigido controllo della Chiesa su tutta la vita intellettuale e letteraria italiana. Inoltre, sempre in questo secolo, con Galilei, si pongono le basi della scienza moderna sperimentale;
Nello stesso tempo, il pubblico che si presenta agli intellettuali del tempo, è un pubblico nuovo, molto più vasto e meno raffinato di quello delle corti rinascimentali.
Quindi i generi letterari più significativi del tempo, furono sicuramente la Letteratura scientifica, il cui massimo esponente è Galileo Galilei, e grazie a cui si è avuta la creazione del metodo induttivo-sperimentale, poi abbiamo la Commedia dell’arte, che è un genere di spettacolo teatrale che non riguarda la letteratura, perché non si fonda su un’opera scritta. Essa si fonda invece su un “canovaccio” che indica le linee di svolgimento dell’azione scenica dei personaggi con i loro peculiari caratteri, lasciando agli interpreti la libertà di improvvisare il dialogo e le battute, di volta in volta a seconda del pubblico che hanno di fronte.
Naturalmente gli attori si specializzavano in ruoli particolari ed ognuno, col tempo, finiva col conoscere una serie di battute già utilizzate altre volte e di cui si serviva all’occorrenza.
Il fatto che ogni attore si specializzasse in un certo tipo di personaggio, portò alla creazione delle “maschere”.
Altri generi letterari importanti per il tempo, furono il Melodramma, detto anche dramma musicale, in cui si cercava di riprodurre delle tragedie come quelle greche, accompagnate però dalla musica, e infine abbiamo il Romanzo, che nasce e si diffonde nel ‘600.
Esso rappresenta un genere proteiforme, che si distacca molto dalla tradizione classica e dalla produzione rinascimentale, caratterizzate entrambe da opere più complesse.
Quindi in un momento storico così depresso politicamente, socialmente ed economicamente, anche l’arte venne segnata da un periodo di decadimento. Le arti figurative e la poesia del Seicento furono giudicati successivamente in modo dispregiativo, tanto da vedersi affibbiati il termine di “barocco”.
La data conclusiva del barocco, coincide con la data della fondazione dell’Accademia dell’Arcadia, che venne istituita a Roma nel 1690 con il compito di restaurare il buon gusto nella poesia italiana, dopo la vergogna del barocco, rifacendosi alla semplicità ed all’eleganza dei classici antichi, senza però trascurare l’esempio dei poeti italiani, come il Petrarca.
Nel XVIII secolo, si diffuse poi in Europa l’Illuminismo. Nel giudizio degli illuministi il mondo era caratterizzato da un’infinità di pregiudizi e superstizioni. Perciò il filosofo dell’età dei lumi fu un’intellettuale consapevole della sua responsabilità sociale e dei suoi doveri verso l’umanità.
Collocandosi storicamente fra le due rivoluzioni, quella inglese e quella francese, l’Illuminismo voleva instaurare un regno della ragione dal quale fossero aboliti i privilegi nobiliari ed ecclesiastici, elevando a ideali la ragione, la libertà e l’uguaglianza.
Tutta la cultura europea risentì beneficamente dell’influenza dell’Illuminismo, che segnò un nuovo orientamento culturale specialmente in Itali e in Germania.
I due centri più vitali dell’Illuminismo italiano furono Milano e Napoli.
Sempre nel Settecento, ci fu un’altra importante riforma, ad opera di Carlo Goldoni: la riforma della commedia.
Il Goldoni si prefisse di restituire alla letteratura italiana la commedia, sottraendola agli arbitrii delle compagnie teatrali che praticavano esclusivamente la “commedia dell’arte”, non scritta ma improvvisata dagli attori.
Oltre che essere scaduta nella volgarità, questa privava il teatro italiano della commedia d’autore, cosa che non avveniva nel resto d’Europa.
Nella sua opera riformatrice egli incontrò non poche resistenze sia da parte delle compagnie teatrali che da parte dello stesso pubblico. Procedette perciò per gradi componendo prima il “Momolo cortesan”, di cui scrisse per intero la sola parte del protagonista e lasciò le altre parti alla improvvisazione degli attori, poi scrisse “La donna di garbo”, di cui scrisse l’intero testo.
Da allora compose sempre e soltanto commedie interamente scritte, sforzandosi di conservare in esse la vivacità, la spigliatezza, l’arguzia tipiche della commedia dell’arte.