Il Settecento

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Testo

IL SETTECENTO: SECOLO DELLA RAGIONE E DELLE RIVOLUZIONI
Periodizzazione:
dalla morte di re Luigi XIV (re Sole) 1714 alle prime vittorie italiane di Napoleone Bonaparte (1796)
Premessa generale
Illuminismo: movimento culturale che ha le sue radici filosofiche e politiche in Inghilterra e acquista il suo volto combattivo e militante in Francia. Di qua si diffonde negli altri stati europei, ponendo le basi per un radicale mutamento della cultura, del costume, della mentalità che giunge fino ai nostri giorni: filosofi di diversi paesi si sentono impegnati in una battaglia comune per la divulgazione della conoscenza e l’emancipazione intellettuale e politica dei popoli.
La diffusione dell’Illuminismo è agevolata dai generali progressi dell’economia, che aumentano la forza e l’influenza del ceto borghese, e dal periodo di pace che si apre nella seconda metà del secolo, dopo una serie di guerre tra le maggiori potenze europee, dovute a rivalità dinastiche e a conflitti di interesse in campo coloniale e commerciale. Tra il 1750 e il 1790, specialmente in Austria, in Prussia e in Russia, i sovrani si appoggiano agli intellettuali per elaborare e promuovere riforme nel campo dell’amministrazione, del diritto: è la fase del “dispotismo illuminato”, nella quale i principi razionali e le idee umanitarie della nuova filosofia sembrano andare d’accordo con la volontà dei sovrani di affermare la propria autorità assoluta contro i privilegi del ceto aristocratico e il potere della Chiesa.
Negli ultimi decenni del secolo la collaborazione tra i sovrani “illuminati” e gli intellettuali entra in crisi per l’impossibilità di perseguire gli obiettivi di modernizzazione e di emancipazione della società senza intaccare la sostanza stessa dell’assolutismo.
Caratteri salienti
1. E’ un secolo di profondo ed epocale rinnovamento della società europea e occidentale. E’ il secolo dell’Illuminismo e della ragione*, della Rivoluzione industriale e dei progressi tecnico-scientifici.
2. E’ l’epoca di massimo splendore per le grandi monarchie continentali e delle conquiste europea del nuovo mondo nella forma del colonialismo. E’ anche l’età delle grandi Rivoluzioni borghesi, americana (1776) e francese (1789), che pongono le basi dei nostri sistemi parlamentari liberaldemocratici e danno una definitiva spallata ai regimi dinastici.
3. Sul piano filosofico-culturale > si porta a compimento il disegno inaugurato per merito di figure come Galileo e sistematizzato da filosofi come Cartesio (1596-1650): la razionalità > vera guida nelle imprese umane, che fa luce su ogni aspetto dell’esperienza. Assume importanza la logica del vaglio critico e dell’esperimento (applicata già da Galileo nello studio della Fisica e dell’Astronomia) > analisi matematica della realtà fisica proposta anche dall’inglese Isaac Newton (1643-1727).
4. La logica del vaglio critico applicata a ogni campo del sapere: filosofia, medicina, storia, psicologia, diritto, politica, pedagogia, economia e perfino ai canoni artistici.
5. cultura dominante del secolo: rischiarare le tenebre con i lumi della ragione > occorre basarsi su dati conoscitivi certi e controllabili, per estirpare l’ignoranza e ogni tipo di falsità > occorre una critica serrata e severa delle tradizioni ereditate dal passato e un’attenta verifica, libera e razionale di ciò che affermano le autorità in ogni campo.
Ragione*: facoltà, secondo gli Illuministi, non riservata a pochi dotti e specialisti ma a tutti. Facoltà conoscitiva naturale presente in tutti gli uomini, dotti e ignoranti, nel bambino e nel selvaggio. > è il fondamento della concezione democratica ed egualitaria.
Compito della ragione > illuminare, con gradualità e soprattutto con l’educazione e la divulgazione.
Principali caratteristiche del quadro culturale del secolo
• L’Illuminismo affonda le sue radici in Inghilterra già alla fine del Seicento e ne è precursore il filosofo empirista inglese John Locke (1632-1704) > prime formulazioni del liberalismo politico e del Deismo in campo religioso.
• Dall’Inghilterra passa in Francia dove conosce un terreno assai favorevole per il suo sviluppo e la sua vera e propria affermazione e da dove si diffonde nel resto del continente.
• La cultura illuminista ha un carattere cosmopolita > la ragione è universale; condizioni politiche ed economiche che favoriscono gli scambi culturali.
• In campo filosofico e gnoseologico > dall’empirismo inglese si diffonde il Sensismo (vedi Condillac, 1715-1780).
• Diffusione delle idee > gli uomini scrivono opuscoli, giornali, pamphlet polemici, romanzi filosofici, in un linguaggio semplice e chiaro, che vuole essere capito da tutti.
• Due importanti novità: la stampa periodica e la diffusione del genere letterario del romanzo. > rapido sviluppo della cultura ad ampi strati della popolazione, i ceti medi > possibilità di sottrarsi all’ignoranza e di intervenire nel dibattito culturale.
• La divulgazione ha un compito educativo > le teorie non rimangono patrimonio degli specialisti, ma sono diffuse in opere che raggiungono un vasto pubblico > Parigi: centro di irradiazione. > Encyclopedie di Diderot e D’Alambert* (1751-1752- 1753-1759-1772 fino al 1780) > esempi di voci dall’Enciclopedia: Uomo, Tolleranza.*
• In campo politico >l’Illuminismo rifiuta l’assolutismo e la teocrazia > meglio lo Stato di diritto fondato sul contratto sociale (Rousseau) e sul riconoscimento dei diritti naturali di tutti gli uomini alla libertà e all’uguaglianza (Monsquieu, 1689-1755).
• In campo religioso > contro le istituzioni ecclesiastiche, ritenute causa di fanatismi e alleate del potere politico nel sostenere il dispotismo e l’oppressione. > si afferma il Deismo* (Voltaire)
Temi dell’Illuminismo
Il deismo: L’idea newtoniana dell’universo come un’immensa macchina mossa da leggi fisiche razionalmente dimostrabili e sperimentalmente verificabili aveva incrinato, anche al di là delle intenzioni di Newton, i presupposti tradizionali della fede e l’immagine stessa di Dio. Nei primi decenni del secolo si delinea tra gli intellettuali inglesi una tendenza ad affrontare i temi della riflessione religiosa sulla base della sola ragione: vengono messe in discussione tutte le verità rivelate – cristianesimo compreso – in nome di una religione naturale, “comune a tutti i savi”, irriducibile alle “innumerevoli sette religiose che si vedono per il mondo”. E’ la posizione deista, ripresa e divulgata da Voltaire (1694-1778), il più tipico rappresentante dello spirito ironico e spregiudicato dell’illuminismo francese, autore di saggi, romanzi, poesie e drammi che denunciano e ridicolizzano ogni forma di dogmatismo, fanatismo e pregiudizi. Principale bersaglio della sua satira è l’oscurantismo imposto dalle religioni positive e in particolare dalla Chiesa cattolica, “seta assurda, sanguinaria, sorretta da carnefici e circondata da roghi” a cui Voltaire contrappone una religiosità naturale “pura, ragionevole, universale (…) che esiste per tutti gli uomini e non per qualche provincia privilegiata”: per liberare l’umanità dai conflitti, dalle sofferenze, dalle persecuzioni che nascono dall’ignoranza e dalla superstizione, occorre che i sovrani cessino di essere “schiavi dei preti” per dedicarsi alla promozione della cultura e al benessere dei loro sudditi.
Sensismo e materialismo: i sostenitori della dottrina del sensismo riducono tutte le attività dello spirito alle sensazioni fisiche. Il caposcuola è Etienne de Condillac (1715-1780), che afferma che la memoria, l’attenzione, la volontà, il desiderio sono soltanto “sensazioni trasformate”. Si giunge a elaborare una visione rigorosamente materialistica della realtà: solo la materia esiste, l’uomo è una macchina mossa da leggi fisiche, il concetto di anima immortale e la stessa idea di Dio sono astrazioni assurde.
Una nuova concezione della morale: essa è una concezione laica, centrata sulla condizione terrena dell’uomo e finalizzata alla realizzazione della sua felicità in questo mondo, nelle concrete situazioni storiche e sociali in cui vive (Helvetius, 1758): “dunque la probità consiste, presso tutti i popoli e presso tutti i regimi, nella disposizione a compiere azioni utili alla propria nazione”.
La natura, l’educazione: gli illuministi contrappongono al dogmatismo delle religioni positive e alla repressività delle istituzioni sociali ciò che è originario, precedente allo sviluppo storico, comune a tutti gli uomini di ogni tempo e nazione. Si diffonde così una visione positiva della natura umana, considerata intrinsecamente “buona”, socievole e razionale. Mentre la concezione cristiana del peccato originale e lo stesso pessimismo laico di Hobbes giustificavano leggi e istituzioni politiche autoritarie, volte a controllare gli istinti aggressivi e antisociali considerati innati nell’uomo, l’ottimismo illuminista considera la libertà e l’autorealizzazione di ogni individuo come condizione necessaria della felicità collettiva. Un ruolo fondamentale è attribuito all’educazione, il cui scopo è di assecondare le inclinazioni naturali e l’istintivo desiderio di conoscenza insito in ogni essere umano. Il compito di formare uomini buoni e cittadini rispettosi della libertà e dei diritti altrui non può essere più affidato alla Chiesa, ma deve avere un acarattere laico e antidogmatico: si strada l’idea di un’istruzione sociale e pubblica, attuata dagli intellettuali illuminati, gestita dallo stato e offerta gratuitamente a tutti i cittadini.
LA CULTURA IN ITALIA (primo Settecento)
Nei primi decenni del secolo non si instaurano ancora rapporti diretti con le punte più avanzate del contemporaneo pensiero inglese e francese. Gli innovatori si mantengono generalmente all’interno dell’ortodossia cattolica e non osano mettere in discussione i fondamenti dell’autorità dei sovrani; ma la diffusione delle idee di Cartesio e di Newoton apre le prime brecce nella mentalità controriformistica e nell’artistotelismo dominante. Si polemizza contro la “sconvenienza” e il “malgusto” del barocco in nome di un’arte basata sulla “pulitezza di stile”, sulla moderazione e sulla “verità degli affetti”, che parli al lettore con semplicità e chiarezza e lo educhi a un modo di vita decoroso e attivo. Si diffonde un bisogno di rigore e di competenza che si traduce nell’affinamento degli studi giuridici, storiografici e filologici, nel gusto dell’erudizione e della ricostruzione minuziosa di interi periodi del passato. Si fa strada in alcuni intellettuali l’esigenza di una cultura “utile” e impegnata, che non abbia scopi edonistici e astrattamente speculativi ma consenta di guardare ai problemi dl presente con occhi più attenti e critici.
A. Ludovico Muratori (Modena, 1672-1750) > opere storiografiche: Antiquitates italicae medii aevi, 1743: nuova concezione del lavoro intellettuale, basata sulla serietà, sullo scrupoloso e paziente controllo delle fonti, nel tentativo di conciliare, sulle orme di Galileo, una ferma religiosità col rigore della ricerca scientifica.
Giambattista Vico (Napoli, 1668-1744) > bersagli polemici sono il cartesianesimo e lo scientismo di derivazione galileiana, accusati di ricondurre tutta la realtà alle regole della geometria e della matematica, mortificando “le facoltà dell’animo che gli provengono dal corpo, e sopra tutte quella d’immaginare che oggi si detesta come madre di tutti gli errori umani”. Secondo Vico si può conoscere solo ciò che si è prodotto: dunque la matematica ha una sua validità in quanto astratta costruzione dell’intelligenza umana, ma non può presumere di spiegare il funzionamento della natura, che è noto soltanto a Dio che l’ha creata. L’uomo invece può conoscere la storia, perché, essendo stata fatta da uomini, procede secondo ritmi e sviluppi che sono propri “della nostra medesima mente umana”; per ricostruirli occorre uno studio storico ed etimologico del linguaggio, nel quale si sono depositate le testimonianze dei miti, dei riti, delle istituzioni che hanno scandito le vicende collettive dell’umanità.
Scienza nuova > la vita del genere umano, analogamente a quella di ogni individuo, attraversa tre diversi stadi – età divina, eroica, umana – dominati rispettivamente dai sensi, dalla fantasia e dalla ragione. Dapprima gli uomini sono “stupidi, insensati ed orribili bestioni” che “sentono senz’avvertire”; poi “avvertiscono con animo perturbato e commosso” e si risveglia in essi la capacità di immaginare, da cui scaturiscono il mito e la poesia; infine, giunti all’età adulta della civiltà caratterizzata dalla scienza e dalla filosofia, “riflettono con mente pura”. Ma questa terza fase contiene in sé i germi della decadenza, che ripiomberanno l’umanità in un a”nuova barbarie”, sia pure diversa da quella originaria, e il ciclo riprenderà, in una serie continua di “corsi” e “ricorsi”.
Secondo Vico infatti le creazioni mitiche e poetiche tipiche della fase giovanile dell’umanità, caratterizzata da “robusta ignoranza”, “corpolentissima fantasia”, “meravigliosa sublimità”, sono forme specifiche di conoscenza, che hanno un loro valore in sé: “una metafisica, non ragionata ed astratta qual è questa or degli addottrinati, ma sentita e immaginata”, che non si può analizzare con gli strumenti puramente razionali utilizzati dalla “boria dei dotti”. Si delinea così un’idea dell’arte del tutto isolata nella cultura del tempo. L’affermazione del valore autonomo della poesia, la rivendicazione dei diritti della fantasia e delle passioni, l’esaltazione degli artisti “primitivi” (Omero e Dante), sono in contrasto con il clima di ragionevolezza e di moderazione dominante.
- Il luoghi della produzione culturale in Italia: accademia, stampa periodica, corte e salotto
- I pamphlet
- L’Enciclopedia
- Defoe e il giornalismo
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BRANI
• I. Kant, Che cos’è l’illuminismo
• E. de Condillac, L’immagine della statua
• D. d’Holbach, L’uomo, essere puramente fisico
• Voltaire, Cristianesimo e religione naturale
• Pietro Verri, Il piacere estetico e i dolori innominati
• Vico, Alcune “Degnità”
• J.J. Winckelmann, Nobile semplicità e quieta grandezza
• E. Burke, Il sublime
• J.W. Goethe, L’artista
• P. Verri, Che cos’è questo “Caffè”
EMANUELE TESAURO, Il Cannocchiale aristotelico, 1654 (opera di retorica)
“Ed eccoci alfin pervenuti grado per grado al più alto colmo delle figure ingegnose, a paragon delle quali tutte le altre fin qui recitate perdono il pregio, essendo la metafora il più ingegnoso e acuto, il più pellegrino e mirabile, il più gioviale e giovevole, il più facondo e fecondo parto dell’umano intelletto. Ingegnosissimo veramente, però che, se l’ingegno consiste nel ligare insieme remote e separate nozioni degli propositi obietti, questo appunto è l’fficio della metafora, e non di alcun’altra figura: perciò che, traendo la mente, non men che la parola, da un genere all’altro, esprime un concetto per mezzo di un altro diverso, trovando in cose dissomiglianti la somiglianza. Onde conchiude il nostro autore (Arsitele, terzo libro della Poetica) che il fabricar metafore sia fatica di un perspicace e agilissimo ingegno. La metafora (…) penetra e investiga le più astruse nozioni per accoppiarle.
(…) Le parole che fuori dell’usato modo velocemente più cose ci rappresentano l’una dentro l’altra, necessariamente più ingegnose sono e dilettevoli ad udire.
“Vecchiezza”, dice egli, “non è parola urbana né ingegnosa, ma propria e superficiale: però che non ripresenta se non solo il proprio obietto, già conosciuto da noi. Ma se tu la chiami “stoppia”, urbanamente e ingegnosamente arai parlato: perciò che facestemi in un baleno apparir molti obietti con un sol motto”, cioè la vecchiezza caduca e la stoppia sfiorita e secca; e quella veder mi facesti dentro di questa per meraviglioso e nuovo commento del tuo sagacissimo ingegno. Or questa è la metafora, in cui tu vedi necessariamente adunate queste tre virtù: brevità, novità e chiarezza.”
Giovanni Getto: “Metaforismo e Metamorfismo”
“E’ una religione e una filosofia di crisi quella che sta alla base di questa cultura, in cui si scompone la sintesi rinascimentale e lascia ormai insoddisfatti l’ottimistica visione dell’uomo e della natura, l’armoniosa concezione del rapporto dello spirito e del mondo. Mentre il mondo dilata i suoi confini geografici e astronomici e la natura modifica i suoi principi biologici e meccanici, mentre ritorna ad essere una presenza preoccupante Dio, o severamente custodito nei sistemi teologici dell’ortodossia cattolica e protestante, l’uomo lotta per il possesso di questo mondo e di questo Dio raffinando la sua filologia, suscitando e perfezionando una tecnica per ogni settore del sapere, senza che sia concesso di ritornare alla facile soluzione medievale (…). La civiltà barocca…non ha una sua fede e una sua certezza. La sua unica fede è forse quella nella validità di una tecnica sempre più perfezionata. La sua unica certezza è nella coscienza dell’incertezza di tutte le cose, dell’instabilità del reale, delle ingannevoli parvenze, della relatività dei rapporti fra le cose. Nei documenti e nelle testimonianze del secolo…si possono…trovare risultati assai diversi, che vanno da un atteggiamento di stupore e di gioco sull’illusione delle parvenze ad un impegno assiduo di fissare le cose in schemi e leggi.
La metafora, nell’impego che ne fecero i barocchi…pare rispondere alla necessità espressiva di un modo di sentire e di manifestare le cose, come elemento di un gioco complesso di allusioni e di illusioni, in una visione della realtà in cui le cose sembrano perdere la loro statica e ben definita natura per essere rapite in una universale traslazione che scambia profili e significati. La metafora, prima che un fatto retorico, sembra essere una visione della vita, sicché per la civiltà barocca si potrebbe parlare di un “metaforismo” e di un”metamorfismo” universali come di essenziali modi di vedere la realtà e di esprimerla”.
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Esempio



  


  1. pietro verri

    cos'è questo "caffè"