Gabriele D'Annunzio e la teoria del superuomo

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Testo

Nietzsche non fu l'estensore d'un vangelo della violenza, ma intese porre le condizioni di sviluppo d'una civiltà e di un'idea dell'uomo radicalmente rinnovate. Nietzsche è uno scrittore asistematico ed estremamente originale, la cui produzione si staglia solitaria nel panorama della storia della filosofia moderna e contemporanea.
Rimane costante nell’opera di Nietzsche un’ambiguità di fondo, un’ambiguità socio-politica che ha dato adito a contrastanti strumentalizzazioni politiche. Il filosofo, infatti, non specifica mai espressamente chi debba essere il soggetto della volontà di potenza. Il superuomo è stato identificato da molti critici in un’umanità vivente in modo libero e creativo ma, molti altri lo hanno limitato ad un’élite che esercita la sua volontà di potenza non solo nei riguardi della caoticità del mondo, ma anche verso il prossimo.
L’ultima fase del pensiero dannunziano deriva dall’influenza delle opere del filosofo Nietzsche, anche se, molto spesso, il poeta banalizza e forza entro un proprio sistema di concezioni le idee del filosofo. Egli dà molto rilievo al rifiuto del conformismo borghese e dei principi egualitari, al rifiuto dell’etica della pietà, dell’altruismo, all’esaltazione dello spirito "dionisiaco", alla vitalità piena e libera dai limiti imposti dalla morale tradizionale, all’esaltazione dello spirito della lotta e dell’affermazione di sé. Rispetto al pensiero originale di Nietzsche queste idee assumono una più accentuata coloritura aristocratica e reazionaria. Le opere dell’ultima fase di D’Annunzio sono tutte una denuncia dei limiti della realtà borghese del nuovo stato unitario, del trionfo dei principi democratici ed egualitari, del parlamentarismo e dello spirito affaristico e speculativo che contamina il senso della bellezza e il gusto dell’azione eroica.
D’Annunzio arriva, quindi, solo a vagheggiare l’affermazione di una nuova aristocrazia che si elevi al di sopra della massa comune attraverso il culto del bello e la vita attiva ed eroica. Per D’Annunzio devono esister alcune élite che hanno il diritto di affermare se stesse, in sprezzo delle leggi del bene e del male, e queste élite, al di sopra della masse, devono spingere per una nuova politica dello Stato italiano, una politica di dominio sul mondo, verso nuovi destini imperiali, come quelli dell’antica Roma. La figura dannunziana del superuomo è, comunque, uno sviluppo di quella precedente dell’esteta, un inglobamento che le conferisce una funzione diversa, nuova. Il culto della bellezza è essenziale per l’elevazione della stirpe, ma lo sterile estetismo, ormai critica insufficiente, si trasforma nello strumento di una volontà di dominio sulla realtà. D’Annunzio non si limita più a vagheggiare la bellezza in una dimensione ideale, ma si impegna per imporre, attraverso il culto della bellezza, il dominio di un’élite violenta e raffinata sulla realtà borghese meschina e vile. D’Annunzio applica, in un modo tutto personale, le idee di Nietzsche alla situazione politica italiana. Nel parlare del dominio di una élite che deve guidare le masse vuole farci comprendere che, con tale teoria, l’esteta tende a trasformarsi in un eroe ossia l’artista si attribuisce il compito essenziale di guidare l’umanità alla più piena e vigorosa espressione di sé e nello stesso tempo alla scoperta delle proprietà più profonde della realtà.

Il primo romanzo in cui si inizia a delineare la figura del superuomo è il Trionfo della morte, dove non è ancora proposta compiutamente la nuova figura mitica, ma c’è la ricerca ansiosa e frustrata di nuove soluzioni. Il romanzo ha una debole struttura narrativa ed è articolato in sei parti ("libri"). E' incentrato sul rapporto contraddittorio ed ambiguo di Giorgio Aurispa con l'amante Ippolita Sanzio, ma su questo tema di fondo si innestano e si sovrappongono altri motivi e argomenti: il ritorno del protagonista alla sua casa natale in Abruzzo è il pretesto per ampie descrizioni (nella seconda, terza e quarta parte) del paesaggio e del lavoro delle genti d'Abruzzo. Egli, appunto, è un nobile di origine abruzzese ed è vittima di sottili turbamenti psicologici. La “malattia” di Giorgio si riassume nel contrasto tra una forte volontà di vita, sostenuta da altissime doti intellettuali, e il fascino che su di egli esercitano la passività e la morte. Giorgio cerca di trovare l'equilibrio tra la ricerca del superuomo ed il misticismo, e aspira a realizzare una vita nuova (è il titolo del quarto libro). Per questo vive il rapporto con l'amante come limitazione, come ostacolo: per il suo fascino irresistibile, Ippolita Sanzio è sentita come la "nemica", primigenia forza della natura che rende schiavo il maschio.
Solo con la morte Giorgio si libererà da tale condizione: per questo si uccide con Ippolita, che stringe a sé, precipitandosi da uno scoglio. Giorgio Aurispa, il protagonista, l’eroe, è ancora un esteta simile ad Andrea Sperelli, nonostante egli possegga delle qualità in più; Ippolita, la donna fatale consuma le sue forze e gli impedisce di attingere a pieno all’ideale superumano cui aspira, portandolo alla morte. In Giorgio troviamo un atteggiamento ambiguo, misto di rancore ed amore, verso la sua donna; questo carattere contraddittorio, che è poi comune a molti personaggi dannunziani. Anche la scelta di suicidarsi gettandosi da una rupe nel mare è simbolo di uomo che non è riuscito a perseguire i suoi scopi e ha consegnato il suo corpo e quello di Ippolita al mare, come metafora, simbolo dell’infinito, dell’ignoto e della vita. D’Annunzio mira proprio a porre in evidenza un tema, quello del “fallimento dell’intellettuale”, anche se, nella dedica al Michetti (uomo di origine abruzzese, diplomato all’Accademia di Belle Arti a Napoli e divenuto un famoso pittore) mette in luce la profonda distanza tra la vicenda dell’autore e quella del personaggio.

Sulla figura del superuomo si incentra anche Le Vergini delle Rocce (2° romanzo). Questo romanzo può essere, appunto, considerato come il Manifesto del superuomo.
Il nucleo drammatico del romanzo, fondato sull'aspirazione di Claudio Cantelmo a generare un figlio in cui si distillassero le mirifiche qualità di una illustre progenie e che sarebbe dovuto diventare il futuro re di Roma, appare del tutto gratuito e incapace di sostenere una dinamica narrativa di lungo respiro. In altre parole egli sogna di generare il “re di Roma”, destinato a un’imprecisata restaurazione, e immagina di scegliere fra 3 sorelle, eredi di una nobile casata borbonica, la sposa che compie con lui opera. Il rifiuto della prima sorella di nome Anatolia (donna forte, regale) porta il protagonista a scegliere la seconda sorella di nome Violante, “malata” di una vita dissoluta, quest’ultima presenta le medesime caratteristiche della donna fatale ossia voluttuosa, sensuale, aggressiva. Cantelmo rimanendo attratto da questa donna non riuscirà a portare a compimento il suo progetto di dar vita all’erede latino per eccellenza.

Il protagonista del romanzo Il Fuoco (3° romanzo) è Stelio Effrena (Stelio → stella; Effrena → senza freni). Il suo progetto consisteva nel dar vita ad un opera nella quale fossero racchiuse tutte le arti. Stelio detto l’ “immaginifico” rappresenta l’incarnazione più ambiziosa dell’estetismo dannunziano: è un superuomo sicuro di sé e della propria capacità di passare attraverso tutte le esperienze, di dominare la realtà e l’artificio, di vivere l’arte come conquista, espressione di vitalità e giovinezza. Nella realizzazione della sua opera, l’impedimento è causato da una donna di nome Foscarina (trasparente immagine di Eleonora Duse), votata a “servire” l’arte di lui, ma minacciata nel suo amore da un cupo senso tragico, da un’incontentabile irrequietezza e da molteplici segni che annunciano il prossimo sfiorire della sua giovinezza. Questo romanzo, infine, si conclude con il fallimento del progetto di Effrena. ( il Fuoco doveva far parte di un'altra trilogia chiamata ciclo del Melograno).

D’Annunzio ritorna alla forma del romanzo scrivendo Forse che sì forse che no. Qui presenta un nuovo strumento di affermazione superomistica inedito e in linea con i tempi: l’aereo. Il protagonista Paolo Tarsis realizza la sua volontà eroica tramite le sue imprese di volo. Egli è senza dubbio la reincarnazione dei vari superuomini presenti ne IlTtrionfo della Morte o nelle Vergini delle rocce, ma a differenza di questi, non appartiene ad una nobile casata ma è un borghese estraneo agli influssi decadenti e dedito all'azione; affiancata a questo superuomo troviamo Isabella Inghirami, la prima figura femminile capace di contendere il primato all'egotismo (concetto di eccessiva importanza concessa a sé stessi ed alle proprie esperienze di vita) del superuomo di turno. Tra i due personaggi c'è un rapporto di amore-passione che talvolta arriva fino alle degenerazioni dell'incesto e del masochismo. Questo romanzo rappresenta la piena adesione del D'Annunzio alla contemporaneità: è possibile infatti ritrovare personaggi che si muovono tra aeroplani, automobili, telefoni. Vi si ritrova un amore, quindi, per la macchina e la velocità. In Italia, nel frattempo, sotto la pressione di molti e potenti interessi l’onda dell’interventismo stava montando, e il D’Annunzio poteva essere l’uomo dell’ora, l’araldo dello sdegno nazionale.
Anche Paolo si trova in difficoltà per causa di una donna. Egli, allora, decide di compiere un’impresa impossibile sia come prova a se stesso e a agli altri della sua forza e probabilmente anche come tentativo di ricercare la morte. Nonostante l’impresa sia ardua egli riesce a superarla e quindi questo rappresenta l’unico romanzo ad avere esito positivo.

Il romanzo Il Piacere racconta la vicenda umana di un giovane intellettuale, Andrea Sperelli.
Ricco, aristocratico, intenditore di cose d'arte ed egli stesso poeta ed incisore, Andrea giunge a Roma nell'ottobre 1884.
A Roma è arrivato, attratto dal fascino della grande tradizione barocca della città là, una sera di Novembre, a una cena, conosce la contessa Elena Muti, una giovane vedova.
I due in breve si innamorano e vivono un'intensa relazione che dura fino al marzo 1885, quando Elena inaspettatamente, annuncia ad Andrea la sua intenzione di porre fine alla relazione e, senza un motivo apparente lo lascia e parte da Roma.
Il giovane reagisce al brutto colpo ricevuto, dandosi ad una vita depravata, passando di donna in donna, alla ricerca di un particolare che rievocasse Elena in ognuna di esse.
Nel maggio, cercando di sedurre Donna Ippolita Albonico entra in conflitto con Giannetto Rutolo, che lo sfida a duello e lo ferisce gravemente.
Durante la convalescenza nella villa della cugina Francesca D'Ateleta, Andrea conosce Maria Ferres, in vacanza con la figlioletta Delfina e, affascinato dalla bellezza spirituale della donna ben presto se ne innamora.
Anche Maria ricambia l'amore di Andrea, ma tutti i suoi tentativi di resistergli risultano inutili.
Alla fine di ottobre Maria lascia la villa e poco dopo parte anche Andrea.
Di ritorno a Roma, il giovane si lascia riprendere dalla corruzione dell'ambiente e si abbandona ancora una volta ai piaceri della vita mondana.
Sempre a Roma, il 30 dicembre, Andrea rincontra Elena, tornata dall'Inghilterra e ormai sposata con un nobile inglese che non ama ma che è molto ricco.
Egli vorrebbe riprendere la relazione con la donna, che non ha mai smesso d'amare, ma ella lo respinge.
Andrea si propone di riconquistare la donna, ma nel frattempo giunge a Roma anche Maria, ed egli sentendosi attratto da ambedue decide di farle sue entrambe.
Elena non cede, quindi Andrea decide di dedicarsi soltanto a Maria, con la quale riesce finalmente ad instaurare un'intensa relazione.
L'uomo, però, non riesce a dimenticare Elena e alla fine, proprio quando Maria avrebbe più bisogno di Andrea, perché il marito è stato coinvolto in uno scandalo, egli in un momento di smarrimento, distrutto dal fatto che Elena avesse un nuovo amante, la chiama con il nome dell'altra.
Maria, sconvolta, scappa via senza dire una parola e lo lascia per sempre.

I PERSONAGGI PRINCIPALI

Andrea Sperelli: E' il protagonista principale della storia, attorno al quale ruota tutta la vicenda narrata nel romanzo. Da piccolo ha vissuto la separazione dei genitori, con la madre che ha preferito seguire l'amante piuttosto che occuparsi di lui. È cresciuto con il padre, che ne ha incoraggiato l'amore per l'arte e l'estetica, ma anche la propensione agli amori facili e alle avventure galanti. Così, diventato un giovane bello e ricercato, passa da una storia all'altra, per divertimento, senza nessun rimorso. Il suo cinismo nei confronti delle donne che frequenta è tale da fargli pensare minuziosamente e freddamente alle parole da dire, anche durante un incontro: per lui la seduzione e la conquista sono solo strategie per ottenere ciò che vuole da una donna. Quando però incontra Elena, al primo sentimento di volerla fare sua subentra qualcosa di nuovo, che gli farà perdere la testa sul serio; incontro dopo incontro, rimane incantato dalla bellezza di Elena, dal suo modo di fare, fino ad innamorarsene.
Il distacco fra i due è doloroso per Andrea, che riprende le sue antiche abitudini di seduttore per gioco e noia, con ancor maggiore cinismo. L'ultimo episodio di questa sua vita romana è un duello con un suo rivale, nel quale rimane gravemente ferito ed in pericolo di vita. Nella lunga convalescenza, trascorsa al di fuori dell'alta società romana, Andrea ha modo di riflettere sull'amore e sulla sua vita, in qualche modo capisce che ha commesso degli errori e sembra deciso a cambiare, quando incontra un'altra donna che gli pare ancora meglio di Elena, ed ancora più degna di essere amata: Maria. Le sue attenzioni verso di lei sono però del tutto diverse dal suo solito modo di fare: è molto più rispettoso, anche perché vede la donna come un esempio di purezza e spiritualità. Quando però la rivede, a Roma, ritorna a comportarsi come prima: questo a causa dell'amarezza che sente per Elena, che ha visto con il marito.
Andrea riesce a convincere Maria a concedersi a lui, ma mentre lo fa gli torna sempre di più alla mente Elena, che diventa un'ossessione; è veramente divorato dalla gelosia verso quel marito, che considera indegno di Elena, e si dimostra subito un personaggio ripugnante per i suoi pensieri. Alla fine, accade fatalmente che Andrea, dopo essersi recato a trovare Elena e consorte, chiami Maria con il nome della donna che è sempre nei suoi pensieri, e distrugge la loro storia. Il romanzo si chiude lasciando Andrea solo nei suoi pensieri.

Elena Muti: E' una giovane vedova, molto bella e nota nell'alta società romana. Ricambia l'amore per Andrea, e per tutta la durata della loro breve storia è molto coinvolta. Poi inspiegabilmente decide di partire, lasciando Andrea sconsolato e soffrendo anche lei stessa. Quando ritorna a Roma, si è già risposata con un ricco Lord inglese, che chiaramente non ama. Dapprima illude Andrea con una visita e mezze parole che lasciano capire quanto in realtà lei lo ami e non abbia mai smesso di farlo, e soffra quanto lui; poi inizia a comportarsi cinicamente: lo evita, lo tratta male, quasi con disprezzo, addirittura ha un relazione con un conoscente di lui, e soprattutto non vuole avere più nulla a che fare con lui in qualità di amante. Questo suo comportamento crudele la renderà un'ossessione di Andrea, che in lei vede tutto quanto possa esistere di meglio al mondo, e desidera averla di nuovo tutta per sé.

Maria Ferres: E' la moglie del ministro di Guatemala, e conosce Andrea durante il periodo di convalescenza del giovane nella villa della cugina di lui. È molto religiosa, e legata alla famiglia, in particolare alla figlia Delfina, che rappresenta per lei la gioia più grande. All'inizio non s'interessa più di tanto ad Andrea, presa com'è dall'amica e dalla figlioletta, ma più passano i giorni più si sente inspiegabilmente inquieta ed attratta dalle parole del ragazzo. Cerca di farsi forza anche quando lui le confessa di amarla, ma alla fine è costretta ad ammetterlo: prima a se stessa, poi a lui. Tuttavia non intende avere un'avventura con lui, per amore della figlia soprattutto, e poi per la sua avversità a commettere quello che sarebbe un peccato.
Maria è combattuta fra l'amore per il giovane, che la rende gelosa delle sue precedenti amanti e paurosa del suo passato, e questo suo senso della purezza e dell'onore: non ha mai tradito il marito, e non vorrebbe cadere in tentazione. Inoltre scopre che anche l'amica è innamorata di Andrea, e non sa più che posizione prendere. La donna non vede l'ora che il marito Manuel ritorni dai suoi affari, e la conduca a casa di sua madre, a Siena, dove spera di poter dimenticare Andrea. Evidentemente questo soggiorno non produce l'effetto sperato, perché quando ricompare, questa volta proprio a Roma, e rivede Andrea, tutto è come prima. Questa volta supera se stessa, accettando di avere una relazione con lui.
Nella società romana, però, non si sente a suo agio: i fantasmi delle sue precedenti amanti le fanno temere che lui sia stato più felice un tempo che ora con lei, e in un certo senso ha la premonizione che metteranno fine alla loro storia.
Inoltre, ha un nuovo dispiacere: il marito viene scoperto a barare durante una partita al circolo, si solleva uno scandalo che lo fa scappare, e lascia sulle sue spalle il peso della vergogna e l'umiliazione di dover vendere tutto quello che ha per soddisfare i creditori. Durante l'ultimo loro incontro, prima della partenza di Maria per Siena, Andrea la chiama "Elena". Dopo questo episodio diventa gelida, e se ne va senza dire una parola, avendo avuto la triste prova che i suoi dubbi erano fondati.

Struttura del romanzo: Nel Piacere, D'Annunzio affida il compito di raccontare gran parte della vicenda ad un narratore esterno, in terza persona singolare. Egli è un narratore onnisciente, sa tutto quello che è successo e che succederà, interviene ad integrare il punto di vista dei personaggi, spiega e puntualizza gli avvenimenti e si lascia andare addirittura ad anticipazioni e premonizioni.
La narrazione prevale sui dialoghi che in tutto il romanzo sono abbastanza pochi, l'autore si abbandona a lunghe e minuziose descrizioni degli ambienti e degli stati d'animo dei personaggi.
Il tutto è fatto utilizzando un registro decisamente aulico e molto elaborato. Il lessico è prezioso e ricercato e si adatta perfettamente all'ambiente aristocratico in cui si svolgono i fatti.
D'Annunzio predilige le forme arcaiche dei termini (imagine, romore, conscienza) e tronca molto spesso le parole (lor, volgevan, rendevan, riduzion, espansion).
Inoltre l'autore fa un costante utilizzo di riferimenti ad opere letterarie ed artistiche che danno un tono più elevato al romanzo e non mancano dei vocaboli in latino, francese ed inglese.
Infine va ricordato l'uso della tecnica del flashback, con la quale D'Annunzio apre il romanzo e che più avanti impiega per rivitalizzare una narrazione piuttosto statica e per coinvolgere maggiormente il lettore nella ricostruzione degli avvenimenti stimolandone la memoria.

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