Gabriele D'Annunzio

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Testo

Nasce a Pescara nel 1863 e muore a Gardone Riviera nel 1938. Fu non solo poeta ma anche soldato nella prima guerra mondiale e seguì con passione la politica. Annunziò lo stato libero di Fiume. Quando si stabilì a Roma, conobbe gli ambienti eleganti della città e visse una vita ricca e piena di scandali e di fatti che gli diedero molta pubblicità come la sua relazione con la grande attrice Eleonora Duse. Fu a favore della guerra e partecipò alla "Beffa di Buccari" (una località vicino a Fiume), partecipò al volo su Trieste e quando finì la guerra fu nazionalista e organizzò la marcia su Fiume. Prese parte a quei movimenti che poi permisero la vittoria del Fascismo. Amò molto la bellezza e la grandezza sia nella vita che nell'arte. Appartiene al decadentismo per il suo estetismo (amore della bellezza; estetismo: movimento che si ebbe in Francia, dal monte Parnaso, dove abitavano le muse, per indicare una poesia pura, preziosa), uno dei suoi aspetti principali che rappresenta il Parnassianesimo e nasce dall'odio della realtà quotidiana; infatti estetismo, sia nella vita che nell'arte, vuole dire ricerca di eleganza e di raffinatezza; senza pensieri di moralità, ma con l'estetismo D'Annunzio cerca pure di innalzare la sua istintiva sensualità nell'amore, nel piacere, nel bello.
In lui abbiamo il desiderio di vivere e di godere tutte le sensazioni, il mito del "superuomo", la confusione fra arte e vita. Dunque l'arte di D'Annunzio si basa soprattutto sulla sua sensualità che si ha quando il poeta sente con gioia e voluttà i profumi, i colori, i suoni e con la sua immaginazione rendeva tutto più bello, per questo D'Annunzio non seguì nessuna regola d'arte. Per D'Annunzio la parola era tutto. Il principio della giovinezza e della primavera. Le sue opere principali sono: Primo Vere, Cantonovo, Poema paradisiaco e Laudi del cielo della terra e degli eroi. In Primo Vere D'Annunzio ricorda il Carducci delle Odi Barbare, però in D'Annunzio vi è una grande sensualità. Le principali opere narrative sono: -Novelle della Pescara e i romanzi, Il piacere, L'Innocente-. La sua principale tragedia è "La figlia di Iorio". Fra le opere piene di ricordi e malinconie abbiamo "Il Notturno". L'opera lirica più importante sono le "Laudi" che comprendono libri di poesia di cui il più importante è "Alcyone" dal nome di una musa in cui D'Annunzio vede nella natura una divinità e canta il suo -Panismo- (dal Dio Pan, dio dei boschi), il suo sentirsi tutt'uno con la natura, fra cui ricordiamo la poesia "La pioggia nel Pineto". Questo libro si può considerare decadente perchè si vede la nuova poetica della musicalità. Mentre molte opere di D'Annunzio sono piene di falsità, Aleyone è un libro pieno di musica, sensazioni e paesaggi: vi è solo la bellezza della poesia, vi è solo la bellezza del canto dell'estate. A proposito di ciò bisogna ricordare che è stata una poesia solare, poichè amava la natura nei momenti più luminosi in cui la musica è data dallo scroscìo della pioggia e la poesia canta il diventare naturale del poeta nella sua campagna; in questa poesia il paesaggio è musicale.
In D'Annunzio abbiamo già parlato del mito di "superuomo", infatti molti personaggi dei suoi romanzi (Il Piacere) rappresentano la sua forte volontà, il suo spirito attivo, aristocratico superiore. Questo concetto del -superuomo- non lo prese del tutto da Nietzche (filosofo tedesco) ma, D'Annunzio, trovò in questo scrittore tedesco un maggiore chiarimento ai sentimenti di potenza, di voluttà e di bellezza che già esistevano in lui. Questo impulso di godere la vita lo troviamo nelle Laudi della vita, in cui si invitano gli uomini a godere la vita e si loda Ulisse, che rappresenta l'uomo moderno, sicuro di sè, superuomo che sfida il destino. Il D'Annunzio ha pure presentimenti malinconici dolci, e una lingua più modesta nel Notturno che ci fa pensare ai Crepuscolari. Anche se abbiamo parlato di tanti atteggiamenti in D'Annunzio il motivo principale delle sue opere e della sua vita è una sensibilità molto raffinata che cerca di cogliere impressioni, attimi fuggenti, che non riesce a rappresentare i fatti umani ma il loro svolgersi.
Questa sensibilità è del tutto sensuale perchè il D'Annunzio coglie gli aspetti del mondo con i sensi e riesce a scomporre questi aspetti in tanti piccoli momenti, godendoli uno ad uno. La sensualità è vera poesia quando è gioia vera o dolcezza malinconica, come in -Alcyone-. Le caratteristiche della lingua di D'Annunzio sono la musicalità e una forma elegante le quali dimostrano che D'Annunzio è contro il realismo, poichè il suo stile è lo stile del "superuomo", che vuole provare sentimenti nuovi diversi e superiori a quelli che provano gli altri. A proposito della critica, il Russo ha detto che D'Annunzio è un nostro poeta europeizzante, cioè conobbe i più nuovi movimenti europei come il Naturalismo, il Parnassianesimo, il Simbolismo, che mise nei suoi versi e fece conoscere agli italiani. Perciò aiutò la nostra letteratura ad essere meno tradizionalista. La critica moderna, come Binni, lo vede un grande decadente e il Russo dice che la parte migliore della poesia di D'Annunzio è la sua unione con la natura.
LA POETICA DELL’IMAGINIFICO E L’ESTETISMO
Molteplici sono i generi letterari presenti nell’opera dannunziana:poesia lirica, poesia epica,romanzo, novelle, teatro, scritti di critica, cronaca giornalistica e prosa d’arte; ciò potrebbe dare l’impressione di dispersività, ma in realtà nell’attività letteraria di D’Annunzio vi è uno spiccato sperimentalismo.
Egli ha la capacità di impadronirsi di tutti i generi letterari , di assimilare autori e opere del passato; ad esempio nelle Laudi , D’Annunzio si rifà nel verso della letteratura francescana trecentesca, rimanendo pur sempre lontano dalla religiosità. Inoltre, è nota l’abitudine di appropriarsi di pagine altrui; “furti”, che più volte gli vennero polemicamente addebitati, ma al quale lui non rispose mai. Tali plagi, vanno intesi come espressione di un poeta che vuole essere il dominatore della parola.
D’Annunzio ha coltivato molteplici interessi. Nei confronti della letteratura contemporanea, egli fu pronto a far proprie le tendenze più recenti, infatti, manipolando dei testi francesi, finì con il costruire una specie di monumentale enciclopedia del decadentismo europeo, la cui espressione significativa resta il romanzo Il piacere. Grande importanza ebbe la divulgazione in Italia della filosofia nietzscheana ed il motivo del superuomo. D’Annunzio si rivela il letterato italiano più attento alla modernità, inoltre è , assieme a Pirandello, il primo scrittore italiano a intuire le grandi possibilità espressive del cinema ed a lavorare per la nascente industria cinematografica. D’Annunzio più volte riesce a rinnovare la sua immagine di fronte all’opinione pubblica, come pure a rigenerare la propria creatività in forme nuove. Una prima svolta si ebbe nel 1911, quando, dietro la spinta di un bisogno economico, cominciò a pubblicare sul Corriere della sera una seria di scritti autobiografici con il titolo di “Faville del maglio”, che nascevano dalla rielaborazione di opere precedenti o dalle annotazioni dei suoi taccuini.
Una seconda svolta, si ebbe durante la guerra; D’Annunzio si buttò con energia nella campagna a favore dell’intervento , poi in prima persona nel conflitto. Proprio qui nascono gli infiammati discorsi raccolti sotto il titolo “Per la più grande Italia”, in cui D’Annunzio sperimenta un nuovo linguaggio oratorio e fatto di appello diretto alle masse. Una costante di tutta l’opera dannunziana è la sua obbedienza all’estetismo decadente.
Per D’Annunzio, come per Wilde o Huysmans, estetismo è aspirazione a un’esistenza d’eccezione , al vivere inimitabile, a fare della propria vita un’opera d’arte. L’esteta di D’Annunzio è incarnato in Andrea Sperelli, il protagonista del romanzo “Il piacere”, che a differenza di Des Esseintes di Huysmans non è caratterizzato da un’esistenza trasgressiva rispetto alla società del suo tempo. Ma estetismo è anche culto della sensazione, culto del corporeo e dell’istintivo, in senso irrazionale e anticristiano; D’Annunzio fa della sensazione l’unico centro di conoscenza della realtà, degradando il sentimento che rappresentava il desiderio di assoluto per i romantici. Il culto delle sensazioni tende a collocare la vita dell’uomo dentro la vita della natura.
Dall’estetismo dannunziano nasce il programma del poeta inteso come “supremo–artefice”, ovvero come colui che produce oggetti dell’arte, attraverso una lunga elaborazione tecnica, simile nel suo operare ad un fabbro. Ma per D’Annunzio, l’arte è il prodotto di una mente superiore; egli si definiva L’immaginifico, il creatore di immagini, attraverso suoni ricercati e parole preziose e rare. Ovviamente l’immaginifico, non è solo abile sul piano tecnico-formale, ma sa anche colpire l’immaginazione del lettore con la riproposizione aggiornata dei miti del passato, come se fossero degli incantesimi che offrono ai lettori emozioni incontenibili. Il poeta-artefice è quindi un poeta-mago e poeta-tributo; egli sa toccare le corde di pochi lettori scelti e piegare l’arte al dominio della folla.
Se l’idea del poeta-artefice sembra avvicinare D’Annunzio alla tradizione classica, egli però si distacca per l’indifferenza che mostra rispetto ai messaggi e ai contenuti, cui la poesia classica mirava in ultima istanza: l’unico messaggio è proprio l’assenza di messaggi, in quanto il fine dell’opera d’arte è d’imporre la propria bellezza, suscitando sensazioni nei lettori. L’opera non è significativa per le idee che trasmette, ma il suo significato è racchiuso nella forma.
In una società in via di industrializzazione dove la riduzione dell’analfabetismo e lo sviluppo dell’editoria esauriscono la figura tradizionale borghese dello scrittore e rendono possibile la lettura di massa, D’Annunzio, si propone come un intellettuale di nuovo stampo, che sa dare al pubblico borghese, desideroso di nobilitarsi intellettualmente, modelli neoaristocratici, personaggi d’eccezione, amori raffinati, ambienti falso-antichi: i lettori non possono che ammirare. Il “dannunzianesimo” diviene un fenomeno di costume. Se esteriormente il poeta sembra disprezzare la folla, egli sa ben inserirsi nella neonata industria culturale, scrivendo egli stesso per i giornali alla moda, pubblicando con editori più importanti, aprendosi alla nuova avventura del cinema. D’Annunzio, fa stampare tirature meno pregiate e di prezzo accessibile, così diffonde presso il pubblico medio un modello aristocratico.
LA POESIA DANNUNZIANA E ALCYONE
D’Annunzio esordisce , ancora sedicenne, con la raccolta di versi “Primo vero”. Il titolo, allude alla giovinezza del poeta. D’Annunzio,modella naturalismo e sensualità, tra istinto e letteratura, parole e fisicità. Questi tratti esplodono nel secondo libro, Canto novo: l’opera è la cronaca di una estate , ed è proprio nell’ambiente estivo mediterraneo, che la poesia dannunziana trova la vera ed unica ispirazione. I due giovani amanti del Canto novo vivono in simbiosi con la natura.
Nel “Poema paradisiaco”, D’Annunzio, vagheggia una liberazione dei sensi: l’opera nasce dal desiderio di rigenerazione a contatto con le cose dell’infanzia, la casa natia, la vecchia madre; il poeta vorrebbe ritrovare l’innocenza perduta.
Il capolavoro di D’Annunzio lirico è le “Laudi”. I primi tre libri (Maia, Elettra e Alcyone).Maia è un libro quasi interamente occupato dalla lunghissima lode alla vita che narra in versi brevi e in tappe un viaggio in Grecia.
Elettra contiene componimenti di diverso metro, che celebrano vari eroi, tra cui Verdi, Garibaldi, Hugo,Dante.
Alcyone è giudicato il capolavoro della produzione poetica dannunziana. Lo scrittore celebra la grande Estate; il superuomo dannunziano si lascia alle spalle l’eroismo civile e guerresco e si immerge totalmente nella natura.

IL NOTTURNO
Le schegge del Notturno risalgono al tempo dell’immobilità e del buio forzato seguito all’incidente aviatorio durante un volo di guerra, che causò la perdita di un occhio; le circostanze esigevano la rinuncia ai libri e ai vocabolari, che avevano costituito la fonte d’ispirazione dello scrittore.
Da questa condizione viene l’immagine dello scrittore che scrive sull’acqua, metafora della condizione stessa della letteratura contemporanea, costretta ad abbassarsi a pratica segreta, instabile, transitoria.
In realtà, il vero motivo conduttore del libro resta la scoperta di sé come corpo, della propria fisicità, costretta a letto “come in una bara”.
La guerra è il contenuto più sollecitato dal flusso dei ricordi e di apparizione che si affacciano nel buio, ma non c’è mai la scoperta del dolore universale e fraterno.

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