Futurismo

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Testo

Futurismo
I primi anni del Novecento segnano, in ogni campo, il distacco dal passato, il balzo verso un avvenire più “tecnologico”. Il nuovo secolo si annuncia, infatti, come il secolo delle più grandi invenzioni della storia dell’umanità: la luce elettrica permette all’uomo di uscire per sempre fuori dal tunnel di una lunga notte che per millenni lo ha condizionato; l’automobile gli consente di provare emozioni, gusti, odori, sensazioni che nessuno prima ha mai sentito; la potenza devastatrice delle armi genera un’esaltata euforia; l’aeroplano sembra coronare l’antico sogno dell’uomo di dominare anche il cielo. Simbolismo e crepuscolarismo avevano già avvertito, anche se in sordina, la crisi del secolo romantico di fronte ad un mondo sempre più movimentato, a un’Europa sempre più aperta grazie al lungo periodo di pace e alle Esposizioni Universali che, oltre all’economia, favorivano lo scambio delle idee. Ma chi se ne rende conto, con chiara coscienza e programmatica provocazione, è Filippo Tommaso Marinetti, fondatore, teorico ed animatore del Futurismo. (Tutta l’avventura futurista inizia, infatti, con il “Manifesto” di Marinetti pubblicato a Parigi nel 1909, con la funzione di propagandare lo stile innovativo di questa vivace corrente artistica e letteraria d’avanguardia sviluppatasi in Italia nel primo decennio del ‘900.)
Se il Crepuscolarismo è una prima forma di avanguardia italiana e un primo timido tentativo, peraltro tutto letterario, di dare una risposta nuova alla tradizione, ripensando la funzione del poeta e del poetare, il Futurismo, invece è un più rivoluzionario movimento d'avanguardia che ha risonanza europea. Il Futurismo, infatti, vuole programmaticamente dare una risposta radicale al “passatismo” della tradizione, coinvolgendo la totalità degli aspetti della cultura e dell’arte: dalla letteratura, alla pittura, alla musica, allo spettacolo, ecc. Vuole porsi come modo di sentire e di vivere, sintonizzandosi con le espressioni tipiche della vita moderna nelle sue variabili più vistose: la tecnica, l'industria, la macchina, la velocità, la massa, la città, la pubblicità, ecc. Nel loro primo proclama, il “Manifesto” del 1909, i Futuristi scrivono: “Noi vogliamo cantare l'amore del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità. Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.”
È evidente il bisogno di vivere globalmente e totalmente, ma spesso acriticamente, la contemporaneità, con una carica dirompente e una furia iconoclasta verso il passato, il vecchio e il tradizionale, con un atteggiamento polemico e provocatorio che faranno del Futurismo il protagonista assoluto e scandalistico del dibattito culturale pubblico tra il 1909 e il 1913.
Il Futurismo nasce ufficialmente quando a Parigi, sulle colonne del “Figaro” del 20 febbraio del 1909, appare il “Manifesto del Futurismo”, a firma di Filippo Tommaso Marinetti.
La scelta della tribuna parigina per il lancio del movimento è azzeccata e si rivela subito una gran cassa di risonanza capace di interessare aree culturali molto lontane, dalla Francia alla Russia dove il Futurismo ebbe altro svolgimento e, a livello letterario, produsse le sue cose migliori.
Nel 1909 esce sul quotidiano parigino “Le Figaro” il primo “Manifesto del Futurismo” contenente i semi fondamentali di questa delirante e fruttuosa esperienza. Punti fondamentali e irrinunciabili della nuova corrente sono l’esaltazione della velocità (“un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bella della Vittoria di Samotracia”), la glorificazione della guerra “sola igiene del mondo”, la distruzione “dei musei, delle biblioteche, delle accademie d’ogni specie” per togliere di mezzo una cultura morta che si regge sul “passatismo”, la liberazione dell’Italia “dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologi, di ciceroni e d’antiquarii”. Nessuno ha mai osato dire tanto e così esplicitamente, soprattutto, perché la tribuna dalla quale Marinetti parla non è solo la “provincia” italiana, ma addirittura Parigi. D’altra parte, Marinetti è irriducibile e continua a tuonare provocatoriamente: la violenza e il paradosso estroso delle immagini si reggono su un’estrema pirotecnica del linguaggio, tratto molto spesso dalla nuova realtà industriale del secolo, e reso incalzante da una foga irruente del discorso continuamente arrembante, spiritato, talora profetico e visionario.
Al movimento, accompagnato da fenomeni del gusto e della moda, aderiscono ben presto scrittori e artisti di varia natura e provenienza culturale: i poeti Corrado Govoni e Aldo Palazzeschi, ad esempio, dopo aver attraversato l'esperienza crepuscolare.
Trascurando tutti gli altri innumerevoli campi in cui il Futurismo porta le sue regole della trasgressione e della novità, un ruolo particolarmente significativo svolge il Manifesto del Teatro di Varietà del 1913, ancora una volta firmato da Marinetti. La scelta è di nuovo dissacrante e provocatoria; dopo aver proclamato il proprio “schifo” per il teatro contemporaneo “minuzioso, lento, analitico e diluito, degno tutt’al più della lampada a petrolio”, Marinetti rivela i pregi del Varietà: “distrugge il Solenne, il Sacro, il Serio, il Sublime dell’Arte coll’A maiuscola”. La furia iconoclasta continua, la volontà di cambiare il mondo non si è ancora calmata. “Il Futurismo – scrive ancora Marinetti – vuole trasformare il Teatro di Varietà in teatro dello stupore, del record e della fisicofollia”.
Uno stato di volontaria allucinazione, dunque, che dà frutti buoni e meno buoni. Da un lato una frenetica attività, davvero una passione, che sconvolge l’Europa intera, approdando perfino nella lontana Russia (si pensi a Blok, Esenin, Majakovskij); dall’altro un entusiasmo talora un po’ epidermico per l’esaltazione della forza e della violenza che porta i futuristi, dietro il capofila Marinetti, a impegolarsi con l’esaltazione della guerra “sola igiene del mondo” e con l’avventura fascista che si presenta proprio con i caratteri roboanti così cari al movimento. Tuttavia bisogna osservare che vera e propria adesione politica al verbo mussoliniano si può forse attribuire solo a Marinetti, mentre la “corte futurista” badava probabilmente di più ad ottenere fama e commesse grazie all’illustre amicizia. Certamente un pizzico di opportunismo e qualche illusione da “grandeur” devono aver giocato un ruolo importante nella compiacente adesione al nuovo regime che, capace di ridare a Roma un impero, sembra promettere seriamente di consentire quella “Ricostruzione futurista dell’Universo” teorizzata nel 1915.
Nato in Francia nel 1910 da genitori italiani, il Futurismo ebbe risonanza europea e costituì una nuova ventata rivoluzionaria che scosse l’ambiente dell’arte. Il clima in cui maturò l’avventura futurista era dominato da un rapido sviluppo sia della scienza che delle nuove tecnologie, sotto la pressione dei grandi interessi industriali e finanziari. La realtà del primo Novecento, infatti, appare caratterizzata dalla macchina, dalle masse operaie emergenti, dalla metropoli che si diffonde a “macchia d’olio”; e ancora, dall’automobile e dall’aereo, simboli di una velocità sempre più frenetica, dal telegrafo, dal telefono, dal cinema, simboli delle accelerate comunicazioni di massa.
E sono proprio i modelli di questa nuova realtà ad attirare l’attenzione e la simpatia dei futuristi: le macchine, i grandi complessi industriali, le città moderne, la velocità, il telegrafo, il telefono, il cinema ed, infine, l’automobile, nuovo mito nascente, ne sono alcuni esempi. Il Futurismo celebrò il mito della macchina e della velocità e la concezione della guerra come “sola igiene del mondo”.
È in questo quadro storico che l’intellettuale vive lo “shock della modernità”, cui cerca di reagire con risposte diversificate. Quale la risposta dei futuristi? Essi si fanno banditori e sacerdoti della nuova civiltà nel bene e nel male, esaltandone alcuni vistosi aspetti, quali la velocità, la simultaneità, l’automobile che è il nuovo fascinoso mito destinato a tanto avvenire. Compreso l’inarrestabile sviluppo della nuova realtà portata dalla macchina e l’impossibilità di esorcizzarla, i futuristi aprono la via all’esaltazione, spesso indiscriminata, della civiltà industriale e urbana.
Una volta accettata questa logica, i futuristi promuovono un violento attacco contro l’arretratezza delle strutture socio-economiche del paese, contro la mancanza di un profondo sviluppo tecnologico che, in quegli anni, tanto ancora differenzia il clima nazionale dal clima metropolitano europeo. Scatenano la loro violenza “travolgente e incendiaria”, i loro artifici provocatori contro tutto ciò che è di ostacolo a un nuovo progresso industriale e alla dimensione del moderno. Attaccano anche il vecchiume delle istituzioni culturali e letterarie, lo stagnante culto dell’arte, l’umanesimo antiproduttivo del poeta.
Il Futurismo, contro la cultura e l’arte tradizionale, propugnò una nuova estetica ed una nuova concezione di vita, fondate sul dinamismo come principio – base della moderna civiltà industriale. Marinetti aggredì gli schemi arcaici e vincolanti della cultura tradizionale con violenza ed asprezza e ne attuò una impetuosa corrosione.
I futuristi, quindi, rinnegarono il passato e guardarono alla realtà dell’era meccanica, nella quale tutto si muove, tutto corre. Nacque da ciò l’esigenza di dipingere l’oggetto in movimento, o meglio il movimento stesso degli oggetti nello spazio, creando composizioni in cui sono resi concreti dinamismo, velocità, suoni, odori, rumori; gli oggetti, in tal modo, venivano rappresentati con un procedimento molto simile a quello attuato dai cubisti che, sulla superficie piana della tela, scomponevano l’oggetto nei suoi volumi, in tutte le sue parti, visibili e nascoste, riducendolo quasi ad una sequenza di forme geometriche organizzate in una visione simultanea nel tempo e nello spazio. Si tratta di immagini che si deformano in un turbine di linee, forme e colori, dentro il quale lo spettatore si sente quasi trascinato. (Per rendere evidente questa esplosione di movimento e velocità i futuristi scomposero e costruirono le immagini con un procedimento molto simile a quello adottato dai Cubisti.)
Al di là di ogni pericolosa e ambigua esaltazione, resta comunque che oggi tutta la critica riconosce che il Futurismo italiano è stato il movimento d’avanguardia più innovativo del Novecento anche a livello europeo. Ripulito dalle incrostazioni di regime, esso viene così riconsegnato ad una dimensione artistica più propria, di sicuro più asettica e meno manichea, caratteristica di un processo di rivalutazione che, attraverso un pullulare di mega-mostre e convegni, sembra contraddistinguere questi iperattivi anni Ottanta.
(La rivoluzione formale) Marinetti, eccezionale protagonista-organizzatore-agitatore, fece seguire a quello dei 1909 altri manifesti: il “Manifesto tecnico della letteratura futurista” (11 maggio 1912) e “Distruzione della sintassi - Immaginazione senza fili - Parole in libertà” (11 maggio 1913).
Nel 1912 Marinetti pubblicò il “Manifesto tecnico della letteratura futurista”. Il suo scopo era essenzialmente quello di liberare la poesia dagli schemi e dai modelli arcaici e vincolanti della cultura tradizionale. Rinnegando il passato Marinetti intendeva rivolgere la poesia al futuro: di qui il nome del suo movimento, appunto il “Futurismo”.
Anche il linguaggio deve essere rivoluzionario se si vuole condurre fino in fondo il processo di definitiva rottura con la tradizione: la parola deve essere foneticamente, graficamente e sintatticamente liberata: “Bisogna distruggere la sintassi… si deve usare il verbo all’infinito… si deve abolire l’aggettivo… l’avverbio… anche la punteggiatura… ogni sostantivo deve avere il suo doppio… c’è bisogno di analogie sempre più vaste… non vi sono categorie d’immagini… distruggere nella letteratura l’io”. Questi i capisaldi del “Manifesto tecnico della letteratura futurista” del 1912, secondo i cui principi Marinetti scrive il poemetto parolibero “Zang Tumb Tumb”, l’“Assedio di Adrianopoli”, dove l’ardore e il fragore della battaglia, il crepitare della mitragliatrice, il sibilo delle pallottole, il rombo del cannone sono resi con invenzioni sia fonetiche che grafiche del tutto inedite.
Importante risulta l’operazione futurista nel liquidare i valori culturali della vecchia borghesia preindustriale, già avviata in tono minore dai crepuscolari, e nel prospettare, non senza ambiguità, un orizzonte di valori culturali e letterari aderenti alla nuova realtà industriale. Ma l'operazione più efficace, linguisticamente e letterariamente parlando, i futuristi la svolgono sul piano tecnico-formale. Mentre i crepuscolari prendono, più di quanto non danno, dalla lingua letteraria e dalla lingua parlata, l'esperienza futurista invece incide in maniera più efficace.
Possiamo così riassumere le nuove proposte linguistiche di Marinetti e dei futuristi: distruzione della sintassi, della punteggiatura, dell'aggettivo, in particolare dell'aggettivo qualificativo, dell’avverbio, della letteratura dell'io.
E ancora, i futuristi recuperano e utilizzano l'onomatopea, l'immaginazione senza fili, l'analogia, l'aggettivo semaforico, il verbo all'infinito, il verso libero, le parole in libertà, lo sperimentalismo grafico.
(Il Futurismo predilesse lo sperimentalismo delle onomatopee, ossia quei suoni che imitano la natura, delle immagini e delle parole in libertà.) Nei futuristi troviamo la volontà di rifiutare il passato e l’esigenza di rinnovare il linguaggio artistico per adeguarlo ai tempi nuovi. In letteratura, infatti, i futuristi proposero una rivoluzione formale basata, oltre che sulla distruzione della sintassi, della punteggiatura, dell’aggettivo, dell’avverbio, anche su una nuova disposizione delle parole “in libertà”, anticipando in tal modo il “Dadaismo”. Si tratta di un movimento artistico e letterario d’avanguardia, sorto a Zurigo nel 1916. Siamo nel periodo della prima guerra mondiale: le distruzioni, la morte, il dolore che il conflitto lascia dietro di sé e il crollo di ogni valore spirituale provocano in un gruppo di artisti, poeti e scrittori pacifisti per lo più profughi, provenienti da varie nazioni e di differenti ideologie, tutti impegnati in una intensa propaganda contro la guerra e rifugiatisi a Zurigo, un gesto di protesta violenta, di accusa e di rivolta contro la società ed i miti da essa costruiti come la cultura tradizionale e le convenzioni sociali. Nasce così il movimento Dada la cui parola, probabilmente presa dal linguaggio infantile, nella sua insignificanza, vuole significare il rifiuto radicale di quel gruppo per ogni atteggiamento razionalistico. Il movimento Dada fu dunque il violento disgusto di intellettuali ed artisti per l’assurdità e l’orrore della guerra; fu un preciso impegno anticonformista; fu la rivolta antiautoritaria che divenne nelle opere di quegli artisti violenza provocatoria; fu la rivolta contro una società impositiva ed alienante che tutto valutava in rapporto alla logica del profitto; fu un’intransigente negazione verso l’arte, al fine di costruirne una nuova, in radicale opposizione a quella tradizionale, o meglio una “anti–arte” che fosse contestatrice, provocatoria, ironica.
Dobbiamo riconoscere a Marinetti e ai futuristi la prospettiva di un nuovo uso del linguaggio poetico e non poetico, il sincero bisogno di rinnovamento formale, oltre che tematico, che veniva a saldarsi con le esigenze dei nuovi linguaggi tecnologici. Lo snellimento sintattico, la tecnica dell'analogia, le parole in libertà segnano uno dei momenti fondamentali nell'evoluzione della poetica moderna e influenzeranno l'evoluzione della lingua fino ai giorni nostri. D'altra parte, però, non possiamo neppure tacere i limiti di un'esperienza che spesso si risolve nei giochi di parole, in smania distruttrice, in puro sperimentalismo grafico. All'efficace azione distruttiva di certi schemi non si affiancò un'altrettanto efficace azione ricostruttrice di schemi diversi. Mancò a questi poeti la coscienza che la lingua, oltre che creazione, è anche costrizione, convenzione necessaria.

Il Futurismo e i rapporti con la politica
Il futurismo è stato un fenomeno europeo, tipicamente d'avanguardia, in quanto ha scardinato le fondamenta del romanticismo letterario e politico, l'impressionismo pittorico e il tardo neoclassicismo architettonico. E ha posto le fondamenta dello sperimentalismo letterario, della pittura astratta, della musica dodecafonica e del teatro dell'assurdo. Il futurismo è stato il tentativo artistico più significativo del Novecento di farla finita col passato culturale preborghese o non radicalmente borghese. La sua istanza infatti è quella di fondare una nuova coerenza tra la prassi borghese e un nuovo sentire individualistico, che traesse da quella stessa prassi le ragioni del proprio agire, le motivazioni del proprio essere. Per "prassi borghese" s'intende, in particolare, quella emersa con la seconda rivoluzione industriale di fine Ottocento, che ha reso irreversibile, grazie alla rivoluzione tecnico-scientifica e al crescente militarismo, il processo economico capitalistico su scala mondiale, trasformandolo in imperialismo.Il futurismo sfruttò i successi economici della seconda rivoluzione industriale e cercò di porre le basi culturali per ulteriori successi della borghesia industriale. In questo senso si può dire che il futurismo sia stato l'espressione di una borghesia ottimistica, fiduciosa in se stessa, nella propria carica emancipativa, nella propria idea di illimitato progresso in nome della scienza, della tecnica e soprattutto in nome di una forsennata industrializzazione e privatizzazione della proprietà e dei profitti.La storia tuttavia s'è preoccupata di dimostrare che il tanto decantato "progresso borghese" non era altro che una cornice barocca di un quadro a tinte fosche. Infatti, tra i successi della seconda metà dell'Ottocento e quelli degli anni '50 del XX secolo, il futurismo è incappato in due guerre mondiali (ivi incluso il crollo borsistico del '29) che l'hanno completamente sconvolto, facendolo uscire, senza tanti complimenti, dal paradiso delle proprie illusioni, tanto che ancora oggi la critica stenta a rivalutare un fenomeno artistico e culturale come questo, che pur ha dato molto alla cultura italiana ed europea.Il futurismo ha giocato un ruolo progressista nei suoi primi 10 anni, dal 1909 (anno di fondazione) al 1919, poiché sino alla I guerra mondiale si poteva pensare a una sorta di provocazione culturale rigeneratrice, nei cui confronti la curiosità, l'interesse per la novità potevano anche starci.Il futurismo poteva avere una sua ragion d'essere entro il processo emancipativo borghese, forse storicamente necessario, se messo a confronto con la vetusta cultura cattolica, con la statica e immobile cultura idealistica e romantica, legate a un passato rurale incapace di riformarsi, incapace di rinunciare, nei livelli dirigenziali, ai privilegi parafeudali.Non a caso nella sua fase critica di tipo anti-istituzionale, anti-accademica, anti-passatista, il futurismo riuscì a trovare degli alleati anche nelle forze di sinistra, persino nella Russia bolscevica.Ma dopo la I guerra mondiale il futurismo poteva ancora rivendicare l'ingenua fede nel progresso ad oltranza? Non è forse stata proprio la guerra, "sola igiene del mondo", a smascherare i futuristi per quello che erano, e cioè degli irresponsabili avventurieri?In tal senso si può forse sostenere che il futurismo avesse già in sé, a prescindere dal disastro delle guerre mondiali, tutte le condizioni della propria ingloriosa fine. Il fatto di volere un progresso a tutti i costi, che violasse qualunque condizionamento passato, che si ponesse esplicitamente al servizio di un'unica classe sociale: la borghesia più radicale, più insofferente, meno disposta ad accettare le crisi sociali, inevitabilmente poneva tale movimento al di fuori della storia. In nome di una concezione falsata di progresso, il futurismo è rimasto cieco nei confronti degli orrori del nazi-fascismo. E ciò non tanto perché si voleva far primeggiare l'istinto primordiale, l'immediatezza dei sensi sulla ragione e sul compromesso, quanto perché, sin dall'inizio, si voleva dare alla propria svolta una caratterizzazione ideologica ben marcata: la volontà di potenza della cultura borghese su quella rurale e operaia, che poi si traduceva, a livello internazionale, nel primato della razza bianca su tutte le altre, e nel contesto familiare, nel primato dell'uomo sulla donna (quando, nel 1912, le donne futuriste redigono il loro Manifesto, il modello che perseguono è quello della donna lussuriosa, particolarmente caro al maschio futurista, che in nome della critica ai prototipi dannunziani e fogazzariani, arrivò ad elogiare la prostituzione, lo stupro delle africane e a invocare il divorzio come mera libertà maschile). Marinetti voleva una rivoluzione politica seguendo un'ispirazione artistico-letteraria, senza saper nulla di economia e di rapporti tra classi \sociali, senza conoscere le esigenze della tattica e della strategia politica, in cui invece il suo conterraneo Lenin era maestro. Egli esprime da un lato la carica creativa ed innovativa dello spirito artistico italiano, e dall'altro la limitatezza delle concezioni politiche borghesi, viziate, al fondo, da aspirazioni di dominio sociale e culturale.In quanto artista e critico d'arte, Marinetti fu senza dubbio un grande innovatore: cosa che gli fu riconosciuta anche da Gramsci e da Lunaciarsky. Ma come politico ebbe posizioni sempre molto discutibili: non solo perché s'illuse sull'effettiva carica rivoluzionaria del fascismo, ma anche perché accettò di convivere pacificamente con la faccia reazionaria dello stesso fascismo.Marinetti entrò in conflitto con Mussolini quando questi, dopo la sconfitta nelle elezioni del 1919, iniziò a cercare intese col Vaticano, con gli agrari e coi monarchici. E si riappacificò col duce nel '29, quando -lui che era stato antiaccademico per definizione- accettò la dirigenza dell'Accademia d'Italia, e proprio mentre il duce aveva già scelto, come poeta vate del Fascio, quel D'Annunzio tanto odiato dai futuristi.Nella sua esasperata creatività à tous prix, Marinetti si arruolò volontario durante l'invasione d'Etiopia e poi nella campagna di Russia, a 60 anni suonati, forse nella speranza di finire "martire", eroe della patria, come durante la I guerra mondiale Boccioni e Sant'Elia.Scrisse opere dichiaratamente fasciste, come Il poema africano della divisione "28 Ottobre" (1936, Canto uomini e macchine della guerra mussoliniana (1942) e Quarto d'ora di poesia della X Mas, ove canta le lodi della più infame delle Brigate Nere. Gli ultimi anni della sua vita li passò nella Repubblica di Salò, a Bellagio.Già si è detto che con questo non si vuole misconoscere il valore artistico di questo movimento culturale e neppure la grande capacità che Marinetti aveva di utilizzare i mass-media, la pubblicità ecc. Purtroppo i nessi tra futurismo e fascismo hanno portato la critica italiana, imbevuta di cattolicesimo e di spiritualismo neo-hegeliano, ma anche di un gramscismo manierato, a fare grossolane esemplificazioni, impedendo a se stessa di valorizzare quanto di meglio, sul piano artistico-culturale, aveva prodotto il futurismo. Si pensi solo al design, alle moderne espressioni artistiche come architettura, pittura, teatro, danza, decorazione, fino alla pubblicità e alla moda.
Il Manifesto Futurista
1- Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.
2- Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
3- La letteratura esaltò, fino ad oggi, l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno.
4- Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un’automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo...un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bella della Vittoria di Samotracia.
5- Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
6- Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali.
7- Non v’è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.
8- Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente.
9- Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore del liberatori, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
10- Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria.
11- Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le marce multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che fiutano l’orizzonte, e le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta. E’ dall’Italia che noi lanciamo pel mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il FUTURISMO perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologi, di ciceroni e d’antiquari. Già per troppo tempo l’Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri.
La cucina Futurista
La cucina futurista è un tipo di cucina sviluppata all'inizio del Novecento che si legava alle idee del futurismo.Ultima delle «grandi battaglie artistiche e politiche spesso consacrate col sangue» di Marinetti & C., tale cucina, considerata come la lotta contro l'«alimento amidaceo» (cioè la pastasciutta), colpevole di ingenerare negli assuefatti consumatori «fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo», prende le mosse da una cena al ristorante milanese «Penna d'oca» (15 novembre 1930). Al termine, Marinetti preannuncia il Manifesto della cucina futurista, che sarà pubblicato su «Comoedia» il 20 gennaio 1931.Precursore della cucina futurista è però il cuoco francese Jules Maincave, che nel 1914 aderisce al futurismo. Annoiato dai «metodi tradizionali delle mescolanze», a suo dire «monotoni sino alla stupidità», Maincave si ripropone di «avvicinare elementi oggi separati da prevenzioni senza serio fondamento»: filetto di montone e salsa di gamberi, noce di vitello e assenzio, banana e groviera, aringa e gelatina di fragola.Oltre all'eliminazione della pastasciutta, il Manifesto - di pugno di Marinetti - predica l'abolizione della forchetta e del coltello, dei condimenti tradizionali, del peso e del volume degli alimenti e della politica a tavola; auspica la creazione di «bocconi simultaneisti e cangianti», invita i chimici ad inventare nuovi sapori e incoraggia l'accostamento ai piatti di musiche, poesie e profumi.Al lancio del Manifesto segue una folta serie di conferenze e banchetti futuristi in Italia e in Francia, l'inaugurazione della taverna «Santopalato» e finalmente, nel 1932, la pubblicazione del libro La cucina futurista di Marinetti e Fillìa.Balza agli occhi, insieme con il patente gusto goliardico, la sostanza letteraria, libresca e perfino antiquaria (nel recupero, per esempio, del gusto dolce-salato come nel carneplastico) dell'offensiva gastronomica futurista. Spensierato e caotico guazzabuglio di timide e spesso pleonastiche variazioni su ricette del tutto tradizionali, di innovazioni più di forma che di sostanza, di suggestioni esotiche e di vere e proprie freddure, la cucina futurista si riscatta quando propone piatti programmaticamente incommestibili, assemblati con la tecnica dadaista del «cadavere squisito».I futuristi si impegnarono anche a italianizzare alcuni termini di origine straniera, il cocktail divenne così la polibibita (che si poteva ordinare al quisibeve e non al bar); analogamente, il sandwich prese il nome di traidue, il dessert di peralzarsi e il picnic di pranzoalsole,
Partito politico futurista
Già prima della Grande guerra i futuristi erano intervenuti nel dibattito del tempo con tre manifesti politici: il primo in occasione delle elezioni generali del 1909, il secondo nel 1911, in favore della guerra di Libia; il terzo nel 1917. Solo nel primo dopoguerra, tuttavia, è possibile parlare di un vero e proprio partito 'organizzato', con un leader (Marinetti, naturalmente) e soprattutto un organo di stampa: il giornale Roma futurista, co-diretto da Marinetti, Emilio Settimelli e Mario Carli: quest'ultimo è il tramite tra i futuristi e gli Arditi, che stanno a loro volta organizzandosi in una formazione politica e paramilitare. Il 23 marzo 1919 i rappresentanti dei "Fasci politici futuristi" e dell'Associazione degli Arditi partecipano, su invito di Benito Mussolini, all'adunata di Piazza San Sepolcro a Milano. In quell'occasione, in pratica, il Partito Futurista confluisce nei Fasci di combattimento, pur mantenendo una sua fisionomia propria. Dopo la sconfitta elettorale dei Fasci, nel novembre 1919, Marinetti perde gusto alla politica, e si adopera per trasformare Roma futurista in un giornale culturale, chiudendo "il monotono e abbruttente rubinetto di articoli politici". In realtà i futuristi non si sentono più a loro agio in un movimento fascista che sta diventando l'interprete dei possidenti agrari, riposizionandosi all'estrema destra. Il 28 maggio 1920, al secondo congresso dei Fasci, Marinetti polemizza vivamente con questa evoluzione ("Noi veniamo verso il Carso. Ma non andremo verso la Reazione!"), portando dalla sua parte, a suo dire, un terzo dell'assemblea. Il giorno dopo Marinetti (e altri rappresentanti futuristi) si dimettono dai fasci. Tre le motivazioni: il fascismo ha rinunciato alla pregiudiziale antimonarchica, all'anticlericalismo, e non ha mostrato solidarietà per "gli scioperi giusti". Marinetti si riaccosterà al fascismo qualche anno più tardi, in seguito alla marcia su Roma. Oggi gli storici hanno rivalutato l'importanza dell'attività politica dei futuristi, che pur essendo una piccola élite ebbero un'importanza notevole nella primissima fase del movimento fascista. È significativo che i futuristi fossero tra gli organizzatori e animatori di uno dei primi episodi di squadrismo fascista in senso lato (l'incendio della redazione milanese dell'Avanti, il 15 aprile del 1919). Il futurismo, in Italia, era nato come reazione al culto per l'antichità e la tradizione. Anche in politica, l'obiettivo critico dei futuristi era rappresentato dalle istituzioni più tradizionali: la Monarchia e la Chiesa. Ma i futuristi si opponevano con uguale forza anche ai rivoluzionari socialisti o anarchici, rei di non aver voluto la guerra, "sola igiene del mondo". A questo punto l'alleanza con le organizzazioni di reduci (come gli Arditi) e con gli ex esponenti del "socialismo interventista" come Mussolini era quasi obbligata. Se in seguito l'alleanza si ruppe, fu soprattutto per il trasformismo di quest'ultimo. Le idee e le proposte politiche dei futuristi, espresse dalle pagine di Roma futurista, sono raccolte da Marinetti nel volume Democrazia futurista (1919). In queste pagine lo scrittore oscilla tra utopie e proposte più concrete. Alcuni esempi:
• Abolizione del matrimonio e della famiglia: i figli dovrebbero essere allevati dallo Stato, coi fondi ottenuti da una "tassa di filiatico" (un imposta sul libero amore).
• Decentramento burocratico. Abolizione dell'anzianità nelle carriere statali.
• Abolizione del diritto di successione.
• "Governo tecnico senza parlamento, senza senato e con un Eccitatorio" (=un "consiglio dei giovani", formato da una decina di cittadini sotto i 30 anni, eletti con suffragio universale diretto).
• Azionariato sociale.
• Riforma fondiaria (In questo campo Marinetti si rifà alle idee di Henry George).
• Denaro ai combattenti.
• Raccolta di fondi mediante la vendita del patrimonio artistico.
• Abolizione della leva militare, istituzione di un esercito "leggero" di volontari.
• Istituzione di "scuole di coraggio e patriottismo" (un'anticipazione dell'Opera nazionale Balilla).
• Chiusura delle carceri e abolizione dei carabinieri: ognuno deve saper farsi giustizia da sé.
Le avanguardie
Parlando di avanguardia ci si riferisce ad un movimento artistico e/o letterario che sorge dall'attività di un gruppo di persone alla ricerca di nuove forme espressive, spesso opposte alle forme estetiche tradizionali, e che spesso utilizzano il linguaggio per promuoverne il superamento.Il termine avanguardia deriva dal linguaggio militare e fu introdotto nell'arte agli inizi del XIX secolo; in Italia furono i futuristi ad imporlo. Filippo Tommaso Marinetti parla di avanguardie per definire militarmente le prime linee dell'arte, dell'architettura e della letteratura futuriste.Charles Baudelaire fu il primo ad applicare il termine avanguardia, tipico del linguaggio militare, per definire con ironia gli scrittori francesi di sinistra. Il termine, ancora oggi, si riferisce quindi a tutti i movimenti di opposizione e di sperimentazione di forme nuove sia nell'ambito letterario quanto in quello pittorico, musicale e artistico in genere. Nell'accezione odierna esso si riferisce soprattutto a quei movimenti, come la scapigliatura, il simbolismo, il decadentismo sorti dalla crisi del Romanticismo e più propriamente a quelli nati nel primo Novecento.È infatti nel primo decennio del Novecento che sorgono i veri movimenti tipici dell'avanguardia, come il fauvismo e il cubismo in Francia che vanta come rappresentanti Henri Matisse e Pablo Picasso, l'espressionismo e la dodecafonia in Germania e in Austria con Vasilij Kandinskij, Georg Trakl, il futurismo in Italia con Filippo Tommaso Marinetti e Umberto Boccioni, il futurismo in Russia con Vladimir Majakovskij, l'imaginismo in Gran Bretagna e negli Stati Uniti con Ezra Pound e nel primo dopoguerra con il dadaismo e il surrealismo. Il manifesto di questi movimenti consiste nella provocatoria distruzione delle tradizionali forme estetiche intese, come teorizzava Hegel, nella "morte dell'arte". Nel rifiutare l'arte borghese era infatti palese il rifiuto della società borghese e quindi una tendenza delle avanguardie verso le ideologie e i movimenti rivoluzionari.Tra le caratteristiche di tutte le avanguardie vi è quella di voler instaurare con il pubblico un rapporto arrogante ed aggressivo nell'intento di mettere in crisi, nella massa dei fruitori, la stabilità della cultura istituita. C'è da dire che tutte quelle attività promosse dalle neovanguardie che si realizzano nell'atto comunicativo tra autore e spettatore (come il grande sviluppo che impressero al teatro e al cinema, le recite pubbliche, gli spettacoli di poesia), tendono a conquistare proprio l'adesione di quel pubblico che si disprezza, creando così una contraddizione tipica di un'arte che non può negare la società.Nel secondo dopoguerra, pur in tempi differenti, si assiste alla rinascita di sperimentazioni di diversi linguaggi estetici. I nuovi gruppi di intellettuali si sentono chiamati a interpretare la società, ora in piena ricostruzione e sviluppo, e tra gli anni '50 e '60 intensificano la loro attività. A differenza delle precedenti avanguardie storiche, le nuove avanguardie abbandonano ogni atteggiamento di polemica spettacolare e sembrano piuttosto decise a conquistare gli spazi rubati e deteriorati dai mass media. La maggior parte delle esperienze delle nuove avanguardie si rifanno all'ideologia marxista, apportando in più temi antropologici e psicoanalitici.In Germania nasce il Gruppo 47, rappresentato da Guenther Grass e Heinrich Böll che esprimono l'ideale democratico di ricostruire la cultura del paese. In Francia nascono, all'interno della rivista "Tel quel", letterati che dichiarano di voler abbattere i codici culturali tradizionali a favore delle nuove teorie freudiane e delle teorie strutturaliste, come Roland Barthes, Philippe Sollers e Alain Robbe-Grillet. Non senza importanza è stato in questo periodo il contributo di tutti quei movimenti culturali degli Stati Uniti che con la pittura gestuale, il cinema underground, la pop-art e le performances teatrali, hanno gettato una ventata nuova colta da tutti i paesi.In Italia l'azione della neoavanguardia (o Nuova avanguardia) si colloca entro limiti temporali ben definiti. In quello che si può definire l'ultimo movimento letterario del Novecento si possono distinguere due periodi. Il primo periodo può essere datato partendo dal 1956, anno in cui fu fondata la rivista "Verri" e pubblicata l'opera di Edoardo Sanguineti Laborintus, fino al 1962, anno della pubblicazione di Umberto Eco Opera aperta e del quinto numero del "Menabò". Il secondo periodo inizia nel 1963 con il primo convegno di Palermo e si conclude con l'ultimo numero di "Quindici". Nei primi sette anni si assiste alla formazione e alla crescita della nuova avanguardia o neoavanguardia come alcuni preferiscono chiamarla, mentre negli altri sette anni si delimita il momento di maggior forza del Gruppo 63, al quale fa seguito la crisi e la fine dell'esperienza collettiva. Soprattutto il Gruppo 63 con Angelo Guglielmi, Alfredo Giuliani, R. Barilli, Umberto Eco e Alberto Arbasino ha cercato di modificare il rapporto tra linguaggio e letteratura decretando il primato del primo nella costruzione dei significati di un testo.Attualmente l'esperienza della avanguardie si può considerare compiuta e assistere così ad un ritorno della tradizione. Cosicché si può parlare, sul piano letterario ma non solo, di epoca post-moderna.
Filippo Tommaso Marinetti
Emilio Angelo Carlo Marinetti (in altri documenti risulta "Filippo Achille Emilio") trascorre i primi anni di vita ad Alessandria d'Egitto, dove il padre (Enrico M.) e la madre (Amalia Grolli) convivono more uxorio. L'amore per la letteratura emerge sin dagli anni del collegio: a 17 anni fonda la sua prima rivista scolastica, Papyrus; i gesuiti lo minacciano di espulsione per aver introdotto a scuola gli scandalosi romanzi di Émile Zola. È inviato così dalla famiglia a diplomarsi a Parigi, dove ottiene il Baccalaureato nel 1893. Si iscrive alla facoltà di legge di Pavia, insieme al fratello maggiore Leone.La morte di quest'ultimo, appena ventunenne, è il primo vero trauma della vita di Marinetti, che dopo aver conseguito la laurea (1899), decide di abbandonare la giurisprudenza e assecondare la sua vocazione letteraria. Da questo momento non cesserà di sperimentare incessamente in ogni campo della letteratura (poesia, narrativa, teatro, parole in libertà), firmandosi sempre "Filippo Tommaso Marinetti". Nel 1902 ha un altro grave lutto famigliare: muore la madre, Amalia Grolli, che da sempre lo aveva incoraggiato a praticare la poesia.Le sue prime poesie in lingua francese, pubblicate su riviste poetiche milanesi e parigine, vengono notate soprattutto in Francia, da poeti come Catulle Mendès e Gustave Kahn. In questo periodo Marinetti compone perlopiù versi liberi di stampo simbolista o liberty, che risentono dell'influenza di Stéphane Mallarmé e soprattutto di Gabriele D'Annunzio.Il suo rapporto con D'Annunzio è sin dall'inizio ambivalente: nella scena parigina i due poeti italiani sono visti come rivali, ma il successo di D'Annunzio oscura quello del più giovane collega, che spesso anzi è consultato come fonte di prima mano di aneddoti sul "Vate": diversi di questi aneddoti sono raccolti in due volumi, D'Annunzio intime e Les Dieux s'en vont, D'Annunzio reste. La produzione di Marinetti si distingue da quella dannunziana per il particolare gusto per l'orrido e il grottesco.Tra il 1905 e il 1909 dirige (in un primo momento in collaborazione con Sem Benelli e Vitaliano Ponti) la rivista milanese Poesia, di cui è fondatore e principale finanziatore. All'inizio si tratta di una rivista eclettica, che ha il merito di proporre in Italia alcuni autori simbolisti (soprattutto francesi e belgi) ancora sconosciuti. Solo nel 1909 essa diventa il primo organo ufficiale di un nuovo movimento poetico: il Futurismo. Amante della velocità, nel 1908 Marinetti è ripescato in un fossato fuori Milano in seguito a un banale incidente: per evitare due ciclisti era uscito di strada con la sua automobile. L'episodio viene trasfigurato nel Manifesto del futurismo, composto nel 1908 e pubblicato nel febbraio dell'anno successivo sulla prima pagina del più prestigioso quotidiano francese, Le Figaro (pare che Marinetti sia riuscito a farlo pubblicare grazie all'interessamento di un vecchio amico egiziano del padre, azionista del quotidiano).Il Marinetti che viene estratto dal fossato è un uomo nuovo, deciso a liberarsi degli orpelli decadentisti e liberty, e che detta ai suoi compagni un programma fortemente rivoluzionario: occorre chiudere i ponti col passato, "distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie", e cantare "le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa"; "glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore del liberatori, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna".Il Manifesto viene letto e dibattuto in tutta Europa, ma le prime opere 'futuriste' di Marinetti non hanno la stessa fortuna. In aprile la prima del dramma satirico Le roi Bombance (Re Baldoria), composto nel 1905, viene sonoramente fischiata dal pubblico... e da Marinetti stesso, che introduce così un altro degli elementi essenziali del Futurismo: la "voluttà d'essere fischiati". (L'autore tuttavia affronterà a duello un recensore troppo severo).Anche il dramma La donna è mobile (Poupées électriques), rappresentato a Torino non aveva ottenuto molto successo. Oggi lo si ricorda in una versione successiva, col titolo Elettricità sessuale, soprattutto per l'apparizione in scena di automi umanoidi, dieci anni prima che il romanziere ceco Karel Čapek inventasse la parola "robot". Nel 1910 il suo primo romanzo, Mafarka il futurista viene assolto dall'accusa di oltraggio al pudore. Ma in quello stesso anno Marinetti trova alleati inattesi: tre giovani pittori (Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo) decidono di aderire al Movimento. Insieme a loro (e a poeti come Aldo Palazzeschi) Marinetti lancia le serate futuriste: spettacoli teatrali in cui i futuristi declamano i loro manifesti davanti a una folla che spesso accorre per il solo piacere di colpirli con ortaggi vari. Ma l'happening più riuscito del periodo è il lancio del Manifesto Contro Venezia passatista dal Campanile della San Marco: nel volantino Marinetti propone di "colmare i piccoli canali puzzolenti con le macerie dei vecchi palazzi crollanti e lebbrosi" per "preparare la nascita di una Venezia industriale e militare che possa dominare il mare Adriatico, gran lago Italiano".Nel 1911 scoppia la Guerra Italo-Turca, e Marinetti, bellicista convinto, non si tira indietro: parte per la Libia come corrispondente di un quotidiano francese. Pubblicherà i suoi reportages in forma di elzeviri nel volumetto La battaglia di Tripoli. Nel frattempo lavora a un romanzo in versi violentemente anticattolico e antiaustriaco: Le monoplan du Pape (L'aeroplano del Papa, 1912) e cura un'antologia dei poeti futuristi. Ma in realtà i suoi sforzi di rinnovamento del linguaggio poetico lo lasciano ancora insoddisfatto, tanto che nella prefazione all'antologia lancia una nuova rivoluzione: è tempo di farla finita con la sintassi tradizionale, per passare alle Parole in libertà.Le parole in libertà sono una tecnica poetica espressiva del tutto nuova, in cui è distrutta la sintassi, abolita la punteggiatura e si ricorre anche ad artifici verbo-visivi. Diversi colleghi che avevano aderito al futurismo restano disorientati dalla nuova proposta di Marinetti: è il caso di Aldo Palazzeschi e di Corrado Govoni, che di lì a poco abbandoneranno il movimento. Questi grandi talenti vengono rimpiazzati da altri nomi, meno celebri: a partire dal 1912 il futurismo conosce il momento di massimo proselitismo, anche grazie al sostegno (per la verità piuttosto effimero) della rivista fiorentina Lacerba diretta da Giovanni Papini e Ardengo Soffici. In questo periodo Marinetti compone Zang Tumb Tumb, reportage della guerra bulgaro-turca redatto in parole in libertà. Nel 1914 compie anche un importante viaggio a Mosca e a Pietroburgo, dove farà la conoscenza dei futuristi russi.Dopo l'attentato di Sarajevo, Marinetti non esita a schierarsi a favore dell'intervento contro l'Austria e la Germania: verrà arrestato per aver bruciato bandiere austriache in Piazza Duomo a Milano. Quando l'Italia entra in guerra, Marinetti si arruola volontario (prima in un battaglione di ciclisti, poi negli Alpini). Ferito all'inguine, detta in convalescenza un manualetto che otterrà un inatteso successo: Come si seducono le donne. Torna quindi sul fronte, e partecipa sia alla rotta di Caporetto che alla trionfale avanzata di Vittorio Veneto, al volante di un autoblindo (esperienza poi narrata nel romanzo L'Alcova d'acciaio).Terminata la guerra (con due medaglie al valore), Marinetti è convinto che sia giunto il momento di fare la rivoluzione. Deluso dalla "vittoria mutilata", partecipa per breve tempo all'impresa fiumana, ma è deluso da molti seguaci di D'Annunzio ed è invitato da quest'ultimo a lasciare la città.In questo stesso periodo fonda il Partito Politico Futurista, che nel proprio programma contempla lo "svaticanamento dell'Italia" e il passaggio dalla monarchia alla repubblica (oltre alla distribuzione di terre ai combattenti, la lotta all'analfabetismo e il suffragio universale). Da animatore dei primi incontri d'avanguardia, Marinetti si è trasformato in un provocatore di piazza: tra i gesti più eclatanti, l'assedio all'Avanti! condotto da un gruppo di arditi, futuristi e fascisti. Il 23 marzo 1919 Marinetti partecipa con Mussolini all'adunata di piazza San Sepolcro a Milano: da quel momento il Partito Politico Futurista confluisce nei Fasci di combattimento.Marinetti tuttavia tiene a ribadire l'originalità del futurismo rispetto al fascismo, ed è scontento della svolta reazionaria impressa da Mussolini dopo la sconfitta elettorale del novembre 1919 (in seguito alla quale i due vengono arrestati con l'accusa di detenzione illegale di armi da fuoco: Mussolini esce subito, Marinetti dopo una ventina di giorni). In questo periodo redige diversi manifesti politici, tra cui il pamphlet Al di là del Comunismo; nel maggio del 1920 interviene al secondo congresso dei Fasci, insistendo sulla necessità di "svaticanare l'Italia", abolire la Monarchia e "appoggiare gli scioperi giusti": ma ormai i fascisti stanno andando nella direzione opposta, e Marinetti decide di dimettersi. Il poeta inizia lentamente ma decisamente a divergere dal fascismo: se ne distaccherà prima della fine dell'anno per ritornare sui suoi passi quasi un lustro più tardi
Esaurita l'esperienza politica, Marinetti ritorna alla letteratura con alcune opere (Gli indomabili, Il tamburo di fuoco) meno sperimentali delle precedenti, ma che ottengono un discreto successo. A sostenerlo c'è la sua nuova compagna di vita, Benedetta Cappa, scrittrice e pittrice lei stessa. Durante una vacanza al mare, i due inventano una nuova forma d'arte tattile: il Tattilismo, concepito come un'evoluzione multi-sensoriale del Futurismo. Ma ancora una volta i colleghi futuristi restano interdetti. Anche a Parigi, Marinetti non è più accolto come la "caffeina d'Europa", portatrice di eccitanti novità: l'avanguardia che va per la maggiore è Dada, che si fa beffe dei futuristi-tattilisti e della loro pretesa di "moltiplicare la sensibilità umana".Deluso dall'accoglienza parigina, Marinetti si riaccosta al Fascismo e a Mussolini, che nel frattempo ha preso il potere. Il regime lo ripaga dedicandogli importanti onoranze nazionali (1924). Come ambasciatore del regime, Marinetti viaggia in Sudamerica e in Spagna. Nel 1929 lo stesso Mussolini vorrà Marinetti nell'Accademia d'Italia appena fondata. Il fondatore del futurismo è ormai diventato un difensore della letteratura e della lingua italiana contro l'"esterofilia" dilagante, con effetti surreali: come quando gli capita di pronunciare discorsi su Giacomo Leopardi "maestro d'ottimismo" o di decantare il futurismo di... Ludovico Ariosto.Nel frattempo il futurismo si è trasformato da movimento di rottura in scuola poetica, coi suoi congressi, le sue dispute, i suoi generi codificati (le parole in libertà e l'aeropoesia), ecc.. Ma le opere futuriste più interessanti del Ventennio restano quelle di Marinetti, che in opere come Il fascino dell'Egitto o il dramma Il suggeritore nudo, rivela la sua attenzione alle nuove poetiche italiane ed europee. La sua posizione di accademico gli consente comunque alcune timide prese di posizione critiche nei confronti del regime: nel 1938 escono, sulla rivista futurista Artecrazia, alcuni articoli (probabilmente dettati o ispirati da Marinetti) contro l'antisemitismo e le leggi razziali.Malgrado la non più giovane età, Marinetti non rinuncia al fascino della guerra. Del resto, in un'intervista del 1926 a Vitaliano Brancati aveva affermato che la guerra futura sarebbe stata combattuta dai vecchi, mentre i giovani sarebbero stati risparmiati per "la fecondazione della razza". Coerente coi suoi principi, Marinetti partecipa come volontario alla guerra di Etiopia (1936) e addirittura (a 66 anni!) alla spedizione dell'ARMIR in Russia. Le esperienze su questi fronti sono raccontate ne Il poema africano della Divisione "28 Ottobre" (1937) e nel romanzo postumo Originalità russa di masse distanze radiocuori.L'esperienza russa si rivela però fatale. Tornato in Italia, stanco e malato, Marinetti detta ancora diverse opere a carattere memoriale, tra cui La grande Milano tradizionale e futurista, e aderisce alla Repubblica Sociale Italiana, che per certi versi rappresenta un ritorno agli ideali fascisti repubblicani del 1919. Muore a Bellagio, sul Lago di Como, il 2 dicembre 1944, in seguito a una crisi cardiaca: aveva appena scritto la sua ultima pagina, il Quarto d'ora di poesia della X Mas.
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