Francesco Petrarca

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Categoria:Italiano

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Testo

Vita
(1304-1374) Il padre ser Petracco, notaio e guelfo bianco, era amico di Dante ed esiliato. Da bambino Petrarca conobbe Dante.
Nella sua vita si ha una scissione tra latino e volgare. E’ uomo di cultura in latino, lingua impiegata anche per le riflessioni; ma dalla giovinezza alla morte scrive poesia lirica in volgare. Nel suo caso si tratta di bilinguismo e non diglossia (sovrapposizione di due lingue). Disse di impiegare il volgare per le nubiae (sciocchezze), ma non è che una dichiarazione retorica. Riteneva il latino più puro, lingua unica di tutti i dotti, veicolo culturale ed emblema della superiorità italiana. Il volgare toscano era invece la lingua della lirica amorosa, da orientare verso l’anima individuale e separata dalla quotidianità, espressione della medio-alta borghesia. La lingua indica la grandezza dell’autore. Dante era uno sperimentalista e trattò argomenti disparati, Petrarca adottò il sistema della riscrittura. Ha lasciato un’abbondante documentazione per i filologi. Non lasciò quasi mai un’opera incompleta, quindi è difficile attribuire le opere a determinati momenti della sua vita. Pertanto le sue opere si distinguono in gruppi per tema e non per ordine cronologico. Fu anche filologo e precursore dell’umanesimo. Attraverso la scrittura instaurava un rapporto profondo con autori del passato classico (Cicerone e Virgilio), adoperando l’imitatio seppur con soluzioni diverse; da questo scaturì il successivo dibattito all’interno dell’Umanesimo. Per Petrarca il poeta è come un’ape che succhia il nettare di fiori diversi e lo condensa nel miglior miele; così anticipa la poesia con il rampino del barocco Giovanbattista Mariceo. Da questo traggono spunto i deleteri petrarchisti che spostano il dibattito su forma e contenuto privilegiando la prima. Petrarca vagheggiava una società dotta di latino e opere classiche, era un intellettuale classista. Condusse una battaglia contro la barbarie dei suoi contemporanei. Per eliminare gli errori dei copisti, fu un filologo in contatto con gli intellettuali dell’epoca e compì viaggi in biblioteche religiose, dove scoprì testi sconosciuti o ritenuti persi. Modellò il suo epistolario su quello di Cicerone, da lui scoperto. Creò una biblioteca notevole per quei tempi (ca. 200 volumi). Curò anche l’aspetto materiale dei suoi libri perché sosteneva che ne rispecchiasse il proprietario, era diffidente verso la grafia gotica, nutriva un amore ossessivo e pignolo per i libri, paragonava l’unitarietà di un volume a quella dell’autore. I destinatari della sua opera erano una cerchia di amici. Fu un intellettuale cosmopolita che rifiutava la mentalità municipale precedente (v. Dante che era sempre agguerrito contro Firenze). Credeva nell’integrazione multirazziale dei dotti. Era un chierico, ed ebbe molti rapporti con la Chiesa. La religiosità istituzionale gli serviva per lo stipendio. Era irrequieto e incerto per la corruzione, la disgregazione e la violenza. Cercò la propria patria in Italia dove era nata la letteratura. Era portatore di un ideale di pace anche se diede sostegno ai regimi. Cercava il consenso del mondo che criticava in quanto barbaro. Però non servì i potenti: è pur sempre Petrarca! Fu più sincero con gli amici separati dalla bassezza, cui diede soprannomi classici, tra cui Boccaccio, salvo i litigi con questo a proposito di Dante.

L’umanesimo cristiano in Petrarca
L’Umanesimo fu un fenomeno successivo a Petrarca (1400), con il quale s’intende il periodo in cui l’uomo divenne fulcro della speculazione intellettuale; in letteratura questo indica la riscoperta dei classici, la filologia, che serve a ricreare la realtà di quei testi, a gettare un ponte tra l’età classica e l’Umanesimo.
Petrarca scrisse l’Epistolario dopo la scoperta delle lettere di Cicerone. In Petrarca c’è il rifiuto della scolastica e dell’aristotelismo, una grande costruzione ideologica. Aristotele fu strumentalizzato dalla Chiesa. Data la sua mania di categorizzare il sapere, Petrarca lo rifiuta e gli preferisce la filosofia morale che analizza i limiti dell’uomo e il male che lo colpisce. Petrarca era un uomo di fede, cui si accosta il culto per la classicità. E’ un’apparente contraddizione superata con la meditazione morale. Cicerone è per lui la sintesi della morale classica, Seneca con le riflessioni sulla coscienza umana lo avvicina allo stoicismo e alla ricerca della virtù. Non esiste uno strappo tra il messaggio classico e quello cristiano (come dottrina filosofica). Questo spiega anche il falso carteggio tra Seneca e San Paolo, vero creatore dottrinale del cristianesimo, tra le cui dottrine non esiste reale differenza. In Petrarca è importante il rapporto con il teologo Sant’Agostino (IV-V secolo d.C., morto durante l’assedio di Cartagine da parte dei Vandali, e vescovo di Ippona), che sistemò alcune problematiche della dottrina cristiana. Tra questa il problema della prescenza e della predestinazione (affrontato anche da Lutero). Uno degli aspetti del cristianesimo è che “Dio sa tutto”. Se sa tutto perché non elimina il male? La prescenza era intesa anche come volontà divina di controllare gli uomini. Sant’Agostino analizza la libertà del cristiano: non nega la prescenza, ma avendo Dio donato il libero arbitrio, non interviene direttamente perché negherebbe il libero arbitrio. E’ una teoria di derivazione platonica (v. mito della biga alata). Le due opere massime di Sant’Agostino sono De civitate dei e le Confessiones. Sant’Agostino crea un’idea di demonizzazione della sessualità, anche questa di derivazione platonica, precedentemente sconosciuta alla morale cristiana (atarassia, trattata anche da Lucrezio con l’epicureismo). Appare l’idea del celibato dei sacerdoti, in seguito contestata da Lutero. Petrarca è spinto ad un’idea di cristianesimo che analizza la coscienza sino ai limiti ed alle negatività dell’uomo. Nella letteratura italiana ci sono due poeti filosofi: Petrarca e Leopardi, che segnano inizio e fine di una tradizione letteraria. In entrambi il pensiero filosofico non è mai esplicitato, ma forte. Il Petrarca è forte il culto delle humanae litterae e della virtus. Si ha un umanesimo cristiano che parte dagli scrittori antichi e da Sant’Agostino, e risolve la religione con l’esercizio di una vita morale: Dio è la pace interiore, il fedele è libero dalla falsità e dalle illusioni della quotidianità e delle relazioni sociali. C’è un rifiuto della collettivizzazione dell’esperienza religiosa, particolare e rivolta solo a individui eletti, utile a sottrarsi allo sfascio degli eventi storici. Sa molto di ascetismo. Dante, invece, aveva risposto con una cieca obbedienza alla dottrina. Nel Secretum Petrarca sfrutta Sant’Agostino per rilevare le contraddizioni, ma non risponde se non con il fatto che l’uomo sia così, il massimo è garantire l’introspezione, ma non c’è l’abbandono del peccato. Riconosce l’ascetismo come miglior via verso Dio, ma lui non la intraprende.

Epistolario latino
Le lettere vennero scambiate con amici ed intellettuali dell’epoca, in queste Petrarca presenta la propria figura di intellettuale, ma non sono spontanee. I testi sono stati rivisti, raccolti per affidare ai posteri il proprio ritratto. Molte lettere non sono frutto di reali corrispondenze. Ne scrive a “Socrate” Ludovico Wan Kempen nel 1366, poi diffuse come Rerum familiarium libri o Familiares (24 libri), stampate per la prima volta nel 1492. L’ultimo libro comprende lettere fittizie a grandi scrittori antichi. Dovevano arrivare al 1361 (morte di Ludovico) ma superano tale data, 19 dure lettere politiche vennero escluse e raccolte a parte come Sine nomine. Una era diretta a Cola di Rienzo, molto ammirato da Petrarca. Altre epistole scartate vennero pubblicate come Variae postumae. Dopo il 1361 scrive le Seniles a Francesco Belli, pubblicate postume in 17 libri. Voleva chiudere con una lettera Posteritati degli anni ’60-’70, in cui presentare se stesso, ma rimase incompiuta al 1351. Nutrì diversi interessi. Nelle Familiares ci sono più fatti, narrazioni, luoghi e persone, sono più discorsive. Nelle Seniles si avvertono maggiore interiorità e lo scorrere degli anni (continuò a scriverle sino alla morte). Al centro ci sono sempre Petrarca e la sua visione della letteratura: colta meditazione e meditazione morale. Subì una forte influenza delle Epistulae morales ad Lucilium di Seneca. Esalta la poesia, il mondo classico, l’amicizia tra spiriti nobili; un altro tema è “mala tempora currunt”: perdita di tempo, filosofia, religione, sé, la precarietà dell’uomo. Uno dei testi più celeri è la Familiares V, a San Dionigi di Borgo. Con il fratello Gerardo compie una passeggiata su un monte, immagine simbolica dell’ascensione verso Dio attraverso molti ostacoli, vi è una riflessione morale suggerita dalle Confessiones di Sant’Agostino perché giunto in cima, si siede ed apre le Confessiones al passo “Eunt homines ad mirare [...] et eos relinquunt”.

Scritti latini in versi
Nella poesia in latino Petrarca vede lo strumento per la fama imperitura. In realtà non viene portata a compimento. Scrisse il poema epico in esametri Africa nel 1338-39 letto e dedicato a Roberto d’Angiò, rimasto incompiuto. Venne diffuso postumo dall’umanista Vergelio. Consta di 9 libri, nel progetto originale 12, su modello dell’Eneide elogia la repubblica di Roma e l’eroe Scipione l’Africano. Tra i pochi passi interessanti l’amore tra Sofonisme e Massimissa nel V libro, e le riflessioni sulla caducità della vita terrena. Non è mai scorrevole, ma noioso e non avvincente. E’ onnipresente il punto di vista di Petrarca, presentato come poeta moderno che fa risorgere l’età classica: Ennio vede in sogno Omero che lo conduce a vedere i poeti futuri tra cui Petrarca stesso, segue l’immagine della sua incoronazione in Campidoglio.
Bucolicum carmen, calco delle Bucoliche di Virgilio, consta di 12 egloghe. Le egloghe 9, 10 e 11 traggono spunto dalla morte di Laura. Traspone eventi a lui contemporanei in un mondo pastorale.
Le 66 Epistole metrice sono poesie in una corrispondenza, contano 3 libri mai sistemati definitivamente, e trattano la caducità della vita.
Sono vicini alla poesia biblica i 7 Psalmi penitentiales, preghiere in versi prosastici.
Le altre opere latine si dividono in tre gruppi: trattati storico-eruditi, morali e polemici. Conobbero grande diffusione nell’Umanesimo, e numerose traduzioni in volgare. Sono caratterizzate da sei punti:
- storia antica, da cui trarre exempla continua di virtù e gloria
- vita dell’intellettuale, un valore supremo, osservare e giudicare dall’alto

Trattati storico-eruditi
Sono opere storiche. Il De viris illustribus è caratterizzato dall’esaltazione degli dei e dei grandi uomini del passato (opere analoghe si hanno in Svetonio e Plutarco). Si tratta di 23 biografie da Romolo a Catone il censore, 12 da Adamo a Ercole oltre alla più estesa vita di Cesare. Nel progetto erano 36. C’è una contrapposizione tra eroismo e fortuna.
Il Rerum memorandarum libri è una raccolta di exempla tratti dall’antichità classica; rimasta incompiuta, avrebbero dovuto essere quattro libri, nel primo si hanno exempla di vita solitaria.
L’Itinerarium syriacum è una guida archeologica e geografica.

Trattati morali
Il De vita solitaria si interroga sull’Umanesimo e la quotidianità sociale, consta di due libri. Petrarca è solo a Valchiusa, e contrappone l’otium al caos cittadino per i beni materiali. “Infelix abitatum vulgum” in una realtà casuale perde se stesso, schiavo della varietas (precarietà), contrapposta alla certezza della volontà individuale. Lo studio, invece, si realizza nella vita agreste. Nel I libro si ha la contrapposizione tra città e campagna, nel II exempla solitaria tratti dal monachesimo e dai classici. Nella città vige il trionfo delle “rerum imagines”.
Il De otio religioso è dedicato al fratello Gherardo, monaco. Assume connotati religiosi e ascetici, e prospetta un ideale di vita monastica per un ripiegamento su se stessi. Non è mai convincente perché Petrarca lo predica restandone fuori.
Il De remediis utriusque fortunae consta di dialoghi in due libri. Sono 122 dialoghi tra ragione, gaudio e speranza; 131 tra ragione, dolore, timore. C’è un’esaltazione della virtù contrapposta alla fortuna, un tema che tornerà in Machiavelli e Guicciardini. La fortuna può aiutare mna solo la virtù con la ragione può dare valori certi contro la casualità del mondo; si ricollega allo stoicismo.

Secretum
E’un diario interiore in forma di dialogo, in tre libri. A Petrarca appare la Verità che stimola alla riflessione; poi Agostino, con cui intraprende un dialogo alla presenza della muta Verità. Francesco e Agostino sono le due facce di Petrarca: le sue certezze e contraddizioni. Mette in discussione se stesso, i propri limiti. L’opera non ha soluzione, nel suo corso Agostino attacca sempre Francesco per gli aspetti negativi: il materialismo, i vizi (prende spunto dai sette peccati capitali, però è reo solo di alcuni di questi). La luxuria come attaccamento alle cose terrene, l’accidia come fastidio e noia per ogni attività. Nel III libro c’è la confutazione del troppo amore per Laura, e della poesia come ricerca di gloria. Vengono discusse anche le certezze religiose: Francesco ha trascurato l’amore di Dio per amore di una creatura di Dio. Un tema già di Guinizzelli (Al cor gentil rempaira sempre amore). Petrarca sottolinea la spiritualità del rapporto con Laura, che gli garantirà il paradiso. Non ci soluzioni perché il poeta dichiara impossibile ogni rimedio alle sue manchevolezze, e perché c’è una forte dicotomia. Agostino rappresenta la fede, la fiducia in sé, le certezze ideologiche; Francesco il materialismo, le contraddizioni, la ricerca di gloria. Può solo promettere di approfondire la ricerca interiore e l’analisi intellettuale. Preannuncia il Canzoniere quando scrive: “cercherò di mettere insieme gli sparsi frammenti della mia anima (rerum vulgarium fragmenta”. E’ più vicino a Platone che ad Aristotele. Il dialogo platonico procede per introspezione. Non c’è nulla di bello da proporre, ma è più umano e più sincero.

Canzoniere
E’ una raccolta organica che segue una precisa struttura logica. Francisci Petrarcae laureati poetae rerum vulgarium fragmenta è il titolo, ma sarà noto come Canzoniere, o Rime, o ancora Rime sparse. Sono 366 componimenti, dei quali è programmatico il sonetto “Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono”.
Si compone di 317 sonetti, 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate e 4 madrigali, scritti lungo tutta la vita di Petrarca. L’ultima è “Vergine bella che di sol vestita”, una canzone scritta al termine dei suoi giorni. Vennero escluse le Rime extravaganti. Il lavoro di organizzazione dell’opera è documentato dal Vaticano latino 3196 e dal 3195. Il 36 riporta anche i Triumphi, il 95 la forma definitiva dei testi del Canzoniere, sui quali però l’autore sarebbe voluto tornare. Ci furono nove fasi di stesura del Canzoniere a partire da un nucleo giovanile di 23 componimenti, che risale al 1336; la seconda versione constava di 150 componimenti. Ci fu una grande diffusione postuma, la prima edizione a stampa è del 1470, una critica filologica curata da Pietro Bembo è del 1501, e celebra Petrarca quale modello assoluto per la poesia, Boccaccio per la prosa. Darà origine al fenomeno del petrarchismo. “Voi ch’ascoltate ...” allude a un pubblico ristretto.
Fino al 263simo componimento si trattano l’amore per Laura, la politica, e ci sono corrispondenze con amici. Le liriche dalla 264 alla 266 presentano una presa di coscienza della vanità delle illusioni amorose dovuta alla morte di Laura (1348). Non si tratta di una distinzione tra rime in vita e rime in morte di Laura, giacché anche nella prima parte si trovano rime successive alla morte della donna amata, e nella seconda alcune scritte durante la sua vita.
La raccolta non segue un movimento romanzesco perché non è una storia d’amore, ma una serie di situazioni spirituali di frammenti della sua anima che rimandano ad un’esperienza totale. I testi possono anche scontrarsi tra di loro, così le liriche si elevano ulteriormente. Il protagonista è l’Io di Petrarca, la sua interiorità. Si distinguono gruppi omogenei: l’amore per Laura, la spiritualità attraverso la solitudine, le liriche politiche e quelle religiose, la descrizione fisica di Laura, le comuni strutture linguistiche. Scompare ogni traccia di realismo e concretezza fisica, per quanto il poeta la descriva fisicamente, Laura diventa una figura simbolica. Il nome stesso Laura si associa al lauro (pianta dell’incoronazione del poeta), all’auro e all’aura. Nel 9, V Familiares a Giacomo Colonna, Petrarca ribadisce l’esistenza reale della donna. Egli parte da un innamoramento giovanile per una bella di Avignone per costruire la propria poesia, legandola a rimandi simbolici e cronologici tipici dello stilnovismo. La vita di Petrarca non cambia per via di Laura (come quella di Dante per Beatrice), che però diventa ragione di vita ed eterna immagine del desiderio irrealizzabile, grazie alla quale Petrarca conosce se stesso. Per Dante la morte di Beatrice è un punto di partenza per la sua spiritualizzazione assoluta, per Petrarca dopo la morte, Laura diventa garanzia di purezza (per esser rimasta casta), ma manca la donna nella sua fisicità, è questo un dolore più umano. Il poeta ha difficoltà perché non è mai in pace per via di Laura, nonostante l’astrazione simbolica, rimane sempre il connotato erotico, la passione terrena.
Il Canzoniere definisce tutte le caratteristiche della lirica volgare, poi modelli in tutta la cultura europea. Sono assenti o ridotti i dati psicologici stilnovisti perché è assente la speculazione filosofica. Il rapporto con la donna è contraddittorio, brucia e gela l’amante, allieta e fa soffrire. C’è un gioco di antitesi. Il poeta è portato a troncare le relazioni sociali, permane l’attaccamento a Laura nonostante la consapevolezza della sua caducità. La lingua di Petrarca si forma per sfoltimento (per arricchimento in Dante), il registro è monolinguistico, metricamente è quasi perfetta. Vuole arrivare ad un toscano ideale basato sulla ripetizione di formule perfette. Poi la lingua diventerà semplice esercizio tecnico nei petrarchisti, privi di contenuto. Nella lingua cerca –come nella filosofia- un valore unico e assoluto contro il contraddittorio caos del mondo. La lingua mantiene qualcosa di agitato, tracce del conflitto tra vario e molteplice, che affanna il poeta che vorrebbe superare il mondo materiale, da cui però è sedotto.
1) 60 componimenti della fase iniziale e più tardi del ’47-’50, con influssi provenzali e stilnovisti, metafore, miti, citazioni classiche. Difficoltà sintattiche. Attenzione al paesaggio “Solo et pensoso”
2) 61-129 Sonetto di incontro con Laura, “benedetto sia il giorno, il mese e l’anno”, negli altri l’immagine e l’amore della donna, esalta il primo incanto per farlo sopravvivere al tempo. 3 sonetti agli occhi. “Erano i capei a l’aura sparsi”, in 126 Chiare fresche dolci acque immagini naturali, 129 di pensier, di monte, 128 ai signori d’Italia.
3) 130-247 2 sonetti di lode e celebrazione. Si trova in un labirinto.
4) 248-266 presentimento della perdita di Laura e sua castità. Sono vicini al Secretum, contro i beni terreni.
5) 267-349 iniziano gli scritti in morte, ultimo soggiorno a Valchiusa. Pentimento, aspirazione alla salvezza. Ossessione di ricreare ciò che la morte di Laura ha distrutto: un percorso di redenzione. Castitò garanzia di purezza. Sofferenza di Petrarca e ascesa verso Dio, conciliazione tra amore terreno e spirituale.
6) 350-366 Analisi interiore e ricerca della pace assoluta. 350 Laura consolatrice. 366 cancella tutti i dissidi, invoca Maria, figura suprema della donna che salva l’uomo, cui si appella per il Paradiso.

Triumphi
Dopo il Canzoniere, un opera in volgare più definita. Incarna tutta la cultura del P. storica, religiosa, morale. In terza rima (come la Commedia), è del 56-74. Incompiuta. Ebbe fortuna nel ‘400, prima a stampa nel 1470. Stessa strada della Commedia: amore per Laura punto di riferimento per osservare la cultura dell’uomo. Annulare caos e uomo e mandarlo direttamente da Dio. Enciclopedismo medievale, Agostino, classicismo, umanesimo. Segue una “amorosa visione” di Boccaccio. Addormentato in Valchiusa, visioni simboliche, e romanzesche. Statica. Cicli pittorici ‘300-‘400 simbolici. Momenti migliori in cui riconsidera il significato dell’amore per Laura.
Amore, 4 canti, su un carro infuocato, amanti celebri, attratto da una giovinetta. Arriva a Cipro di Venere, schiavo d’amore, conflitti di amore nel suo animo
Pudicizia, 1 canto. Vince la castità di Laura.
Morte, di L. un colloquio in sogno, ma beatitudine, molto amaro.
Fama, trae l’uom del sepolcro e in vita ‘l serba, 3 canti. Personaggi illustri, in due canti uomini di azione e in uno gli intellettuali.
Tempo, un canto, cancella il ricordo.
Eternità, un canto nel ’74, annulla i turbamenti della storia, sconfigge la molteplicità. L. nella resurrezione anima e corpo uniti nella gloria celeste. Ultima confutazione dell’amore, ancora terreno.

Petrarca è uno dei modelli insuperabili della letteratura italiana, per forma e stile, ma anche per la concezione della cultura e la figura dell’intellettuale. Ha saputo raggiungere un’utenza più vasta che non avrebbe avuto se fosse stata destinata ad una persona precisa. Gravità (serietà intellettuale) e piacevolezza (capacità di dilettare) per Bembo. Continua opposizione tra tentativo di migliorarsi e ciò che agita l’opera, legato allo stesso modo di vedere la realtà di P. più che alla sua poesia. Una filosofia asistematica analogamente a Leopardi: i conflitti sono per la figura di Laura e il desiderio di arrivare a un modus vivendi ideale cui si contrappone tutto ciò che è materiale. La poesia ripropone ma non risolve il conflitto. Cerca qualcosa di assoluto nell’amore per Laura ma quando crede di aver fissato questo principio, essendo amore carnale sfugge all’eternità. C’è l’esaltazione di tutto ciò che è terreno ma sa che questo è destinato a sparire; cerca qualcosa di eterno. Il tentativo di arrivare ai valori assoluti partendo da ciò che assoluto non è. Rifiuto della attualità e del suo caos frammentario, ma Laura lo tiene con i piedi per terra, perché lei così idealizzata è pure terrena. Ultimo esponente del medioevo? O primo moderno? Sbagliato solo umanesimo cristiano, a anche nuovo mondo laico. Sintesi di nuove e vecchie istanze. Atteggiamenti umanistici e tardo-gotici, pone la fuga da una realtà che non gli piace ma cui non riesce a sottrarsi. Continua incapacità di porre l’essenza reale della sua poesia posta in un mondo senza tempo da parte del lettore. Mai stabile, continua trasformazione.

Esempio



  


  1. alessandra

    il classicismo petrarchesco