Fontamara

Materie:Scheda libro
Categoria:Italiano

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Testo

Roma, 20 aprile 2005

RELAZIONE
FONTAMARA

Questo libro racconta le vicende della popolazione di Fontamara, un piccolo e povero paese dell’Umbria.
Il narratore rappresenta l’intera popolazione, in quanto i contadini di Fontamara vivevano più o meno tutti nelle stesse condizioni sia economicamente sia culturalmente critiche.
Vengono narrati in prima persona tutti i soprusi subiti dalla massa contadina da parte dei ricchi che li raggiravano spesso e volentieri illudendoli con improbabili accordi. Gli abitanti di Fontamara però se ne rendevano conto sempre troppo tardi a causa della loro ignoranza.
A partire dal 1o giugno del 1929 nel paese avvengono strani cambiamenti che mettono in preoccupazione tutti gli abitanti. Una mattina al paese non arriva più l’elettricità. Sperando di rimediare a questa “fatalità” ogni contadino firma una misteriosa “carta bianca” che, con il passare delle pagine, si scoprirà essere l’autorizzazione a togliere l’acqua per l’irrigazione portandola ad irrigare i possedimenti dell’Impresario, un “galantuomo” che divenne sindaco del capoluogo. Egli era un imprenditore appoggiato dal “regime di Roma”. Capito l’inganno i fontamaresi si recano a casa dell’Impresario, dove tentano di convincerlo a ridare loro l’acqua, perché essa era un bene indispensabile per la loro sopravvivenza ottenendo solo altri inganni che li lasciano senz’acqua e portano alla riduzione del loro salario. Dai soprusi ottenuti con le parole, si passò poi ai soprusi fisici (violente incursioni). Allora uno di loro, Berardo Viola, l’uomo più forte e robusto, decide di reagire tentando di trovare maggior fortuna fuori dal paese. Durante il viaggio verso il capoluogo egli si rende conto che, al di fuori di Fontamara, sono cambiate molte cose. Quando ormai è evidente il fallimento di Berardo, egli viene a conoscenza della morte di Elvira, la sua amata che egli avrebbe dovuto sposare non appena tornato dal suo “viaggio in cerca di lavoro”. Allora Berardo si convince che per lui la vita non ha più senso. Durante uno dei suoi tanti spostamenti però avviene una svolta: incontra un partigiano che lo mette al corrente dell’avvento del fascismo e di molti altri cambiamenti avvenuti in Italia e sconosciuti da tutti i fontamaresi. L’incontro a Roma con l’Avvezzanese (il partigiano), gli apre gli occhi sulla realtà che tutti stanno vivendo.
I due vengono arrestati per un equivoco e nel periodo in cui sono costretti alla convivenza in cella, il contadino sviluppa una notevole maturazione politica. Questo suo nuovo impegno morale lo porta ad autoaccusarsi di essere il “Solito Sconosciuto”, ossia un sostenitore attivo della resistenza. Dopo questa falsa testimonianza egli viene torturato perché riveli i nomi dei suoi complici fino all’atroce e ingiusta morte. Venuti a conoscenza del fatto i fontamaresi fondano il “Che fare?”, un giornale in cui scrivono degli ingiusti soprusi subiti e della ingiusta morte del loro compaesano. La conclusione è tragica in quanto il regime decide di punire tutti i fontamaresi mandando una squadra della Milizia che fece strage di abitanti. Per fortuna però non tutti morirono, ma qualcuno (tra i quali anche i vari narratori) trovò la salvezza nella fuga verso la montagna.
Il lessico non troppo complesso è comprensibile a tutti. La morale di questo racconto è forte, e ci insegna che i deboli e gli ingenui vengono spesso sfruttati e annientati, anche se fa onore ai fontamaresi il tentativo di ribellione e di denuncia delle violenze subite.

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