Elio Vittorini: il sogno novecentista

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Testo

5. Vittorini: il sogno novecentista
5.1 Introduzione
Vittorini restò sempre coerente ai suoi propositi innovatori: Per lo scrittore, il criterio di verità ha la priorità sull'estetica, egli non cerca nuove forme letterarie, bensì nuovi temi che, con la loro attualità trasformino la forma letteraria. Vittorini sostenne la necessità di far conoscere nuovi contenuti (industria, alienazione ecc.) e di organizzare la cultura, a questo scopo fonda la rivista "Il Politecnico".
Vittorini non seguiva la linea culturale voluta dal partito e per questo fu sgradito sia ai conservatori, sia ai comunisti. In effetti, lo scrittore oppose il proprio marxismo passionale ed idealistico a quello esclusivamente interessato al potere politico e deciso a strumentalizzare la cultura per i propri fini.
Il pensiero letterario di Vittorini è fortemente legato alla letteratura moderna, soprattutto americana: con Pavese curò la realizzazione della celebre antologia "Americana". Vittorini predica la morte della letteratura, rinnegando ogni ossequio al passato e volgendosi al futuro ed al progresso che divengono mito. Per Vittorini la letteratura deve essere calata nel presente. Vittorini si entusiasma per l'avventura, per le forze giovani che forgiano il proprio futuro, quindi trova il proprio ideale nell'America, priva di passato storico e fortemente conflittuale, la cui cultura è, soprattutto, contemporanea. Vittorini si perde, volontariamente, nella necessità morale e la vocazione cede al progetto letterario.
La rivista "Il Politecnico" propose, anche se in maniera approssimativa, molte novità: responsabilità etica, politica ed umana della letteratura nei confronti della società. I temi furono la realtà industriale, il meridionalismo, lo sperimentalismo dialettale, l'avanguardia.
5.2 Vita e opere
Elio Vittorini, scrittore italiano, è nato a Siracusa nel 1908. Manifestò la propria vocazione letteraria precocemente collaborando, fin dal 1927, a diverse riviste e, grazie all'amicizia con il già affermato Curzio Malaparte, anche al quotidiano «La Stampa». Più avanti, in un intervento del '29, intitolato "Scarico di coscienza" e pubblicato sull'"Italia letteraria", già delineava le proprie scelte culturali, difendendo i nuovi modelli novecenteschi, contro gran parte della tradizione letteraria italiana.
Un suo primo racconto fu pubblicato su «Solaria», e per le edizioni della rivista uscì, nel '31, una prima raccolta di brevi narrazioni, recante il titolo «Piccola borghesia»; nel '32 scrisse "Viaggio in Sardegna", pubblicato quattro anni dopo insieme a «Nei morlacchi» (ristampato nel 1952 col titolo «Sardegna come infanzia»). Così Vittorini diviene un "solariano" e - come racconta egli stesso in un suo scritto- «solariano negli ambienti letterari di allora, era parola che significava antifascista, europeista, universalista, antitradizionalista...». Vittorini comincia dunque ad essere considerato "uno scrittore tendenzialmente antifascista" (anche per il suo oggettivo impegno contro il regime). Nel 30, intanto, avviene la pubblicazione a puntate, sempre sulla rivista fiorentina, del suo primo romanzo, «Il garofano rosso» (1933-34), testo che provocò il sequestro del periodico per oscenità.
Intanto, Vittorini sviluppa il suo famoso amore per l'America e la sua produzione artistica. Anche se il suo rapporto con l'inglese non fu mai completo, nel senso che malgrado lo studio assiduo di questa lingua non riuscì mai a parlarla correttamente ma solo a leggerla, in quella lingua tradurrà decine di libri, che vanno dalla opere di Lawrence a Edgar Allan Poe, da Faulkner al Robinson Crusoe. Questa sua funzione di traduttore e di divulgatore della letteratura d'oltreoceano ha giocato un ruolo importantissimo per lo svecchiamento della cultura e della letteratura italiana, asfitticamente rivolta al proprio "particulare" anche e soprattutto a causa della politica soffocante del regime mussoliniano.
Nello stesso tempo, parallelamente all'analogo lavoro che stava svolgendo Cesare Pavese nella stessa direzione, l'introduzione di moduli narrativi estranei alla nostra tradizione e l'irrompere dello stile di vita americano attraverso i romanzi, produrrà il mito appunto dell'America, vista come una civiltà avanzata e culturalmente progredita, pur con tutte le sue contraddizioni; laddove il panorama italiano risultava ancora rurale e ancorato a vecchie e superate tradizioni.
Sulla scia di queste convinzioni e di queste influenze culturali, negli anni 1938-40 scrisse il suo romanzo più importante «Conversazione in Sicilia», al centro del quale pose il tema del "mondo offeso" dalle dittature e quello delle responsabilità individuali dell'uomo di cultura. Quei temi furono poi ripresi nel romanzo «Uomini e no» (1945), nel quale Vittorini rielaborò la propria esperienza di combattente nella Resistenza.
Durante la guerra, infatti, svolse attività clandestina per il partito comunista. Nell'estate del '43 Vittorini era stato arrestato, ma rimase nel carcere milanese di San Vittore fino a settembre. Tornato libero, si occupò della stampa clandestina, prese parte ad alcune azioni della Resistenza e partecipò alla fondazione del Fronte della Gioventù, lavorando a stretto contatto con Eugenio Curiel. Recatosi nel febbraio del '44 a Firenze per organizzare uno sciopero generale, rischiò la cattura da parte della polizia fascista; in seguito si ritirò per un periodo in montagna, dove, tra la primavera e l'autunno, scrisse appunto "Uomini e no". Nel '45 diresse per alcuni mesi «L'Unità» di Milano e fondò per l'editore Einaudi la rivista «Il Politecnico», periodico impegnato a dar vita ad una cultura capace di fondere tra loro cultura scientifica e cultura umanistica e potesse essere strumento di trasformazione e di miglioramento della condizione dell'uomo, non solo quindi forma di "consolazione"dei suoi mali. L'apertura culturale della rivista evidenziò le posizioni assunte da Vittorini in merito alla necessità di una ricerca intellettuale autonoma dalla politica, che suscitarono numerose polemiche. Nel '47 esce «Il Sempione strizza l'occhio al Frejus», mentre nel '49 escono "Le donne di Messina" (apparso poi, in una nuova veste, nel '64) e la traduzione americana di «Conversazione in Sicilia», con prefazione di Hemingway. Nel '50 riprende la sua collaborazione a «La Stampa». In seguito Vittorini si avvicinerà a posizioni di liberalismo di sinistra ma, eletto nel '60 consigliere comunale di Milano nelle liste del Psi, si dimetterà subito dall'incarico.
La sua attività editoriale rimane comunque saldamente in testa alle sue preferenza, tanto che inaugura, per Einaudi, la collana "I gettoni", importantissima per il suo ruolo di scoperta dei nuovi narratori più interessanti della nuova generazione. Nel 1957 pubblicò «Diario in pubblico», che raccoglieva i suoi interventi militanti, politico-culturali; nel '59 fondò e diresse, insieme a I. Calvino, «II Menabò», importante per l'avvio del dibattito sullo sperimentalismo letterario degli anni Sessanta. Passato a dirigere collane editoriali per la Mondadori, continuò a scrivere, negli ultimi anni della sua vita, un romanzo che doveva rompere un lungo silenzio creativo ma che non vedrà mai la luce lui vivente.
Nel '63 si ammala gravemente e viene sottoposto a un primo intervento chirurgico. Malgrado la malattia, fittissima rimane la sua attività editoriale, avendo assunto nel frattempo la direzione della collana di Mondadori «Nuovi scrittori stranieri», e quella di Einaudi «Nuovo Politecnico». Il 12 febbraio 1966 muore nella sua casa milanese di via Gorizia. Postumo escono il volume critico «Le due tensioni» (1967), una raccolta di brevi saggi e il suddetto romanzo incompiuto scritto negli anni cinquanta, «Le città del mondo» (1969).
5.3 Il mito americano
Vittorini può essere considerato la guida del mito americano per quanto riguarda la Sicilia, così come Pavese lo è per il Piemonte.
Vittorini infatti ordina, commenta e in parte traduce una serie di racconti di scrittori americani in una antologia intitolata «Americana», pubblicata dall'editore Bompiani, con il quale aveva instaurato uno stretto rapporto epistolare e che influenzò anche alcune scelte di brani. Ma la pubblicazione del libro incontra non poche difficoltà; infatti il regime fascista impone in un primo tempo la sua censura e ne consente la pubblicazione solo a patto che vengano eliminate tutte le note dell'autore e la prefazione di Vittorini sia sostituita da una introduzione di Cecchi, più vicino al regime fascista. Cecchi fa parte della generazione precedente a quella dei giovani Pavese e Vittorini; questi scrittori, pur essendosi interessati alla letteratura americana, la considerano semplicemente una derivazione di quella inglese, "una sorta di figlio degenere".
Le opinioni di Cecchi vengono però considerate eccessivamente negative: infatti l' immagine che Cecchi propone di questo paese è quella di un'America materialistica e priva di ideali, in antitesi quindi al pensiero di Vittorini che vede l'America come un modello da seguire per la sua spontaneità. La letteratura americana, infatti, è istintiva, non ancora fossilizzata; non si basa su una tradizione accademica ed è libera da ogni influsso scolastico.
Quello che attira di più di questi scrittori americani è la loro formazione di autodidatti; infatti molti di loro sono passati attraverso occupazioni diversissime, creandosi da soli e spesso in maniera molto disordinata un bagaglio culturale completamente diverso da quello tradizionale di tanti autori europei. Vittorini contribuirà a diffondere in Italia la moderna letteratura anglosassone e a creare così il mito dell'America: il mito di una civiltà moderna progredita, industriale e cittadina in contrapposizione a quell'italiana, arcaica arretrata rurale e provinciale.
Un’altra opera in cui emerge il tema dell’America, che rappresenta il mito del paese felice è «Conversazione in Sicilia». Il testo racconta la storia di un giovane che ritorna in Sicilia in preda "ai furori interiori",vale a dire a sentimenti di indignazione per come si indirizza la sorte dell’Europa e nella sua Isola attraverso il colloquio con la madre arriva ad una presa di coscienza di quello che deve essere il suo impegno.
Il romanzo affronta diverse tematiche; in esso sono contenuti i temi dell’angoscia personale, della povertà e dei nuovi doveri da compiere, nonché la perdita della speranza, la crisi esistenziale dell’uomo e i suoi astratti furori. Il linguaggio è essenziale, tendente all'oggettività, simbolico non solo nelle figurazioni, ma anche nei sentimenti e nelle ideologie. La Sicilia di Vittorini non è quella dei vinti di Verga, poiché i suoi poveri si sentono vicini alla realtà esistenziale originaria. Vittorini precisa che il romanzo, pur essendo frutto dell'ideologia comunista, è legato all'indagine psicologica, più che alla razionalità politica: emerge pertanto nell’ opera la discussione politica sui rimedi da usare per combattere l’offesa, e il conseguente dovere dello scrittore di rivelare la verità sulla storia e sulla sofferenza degli offesi. Evidente in «Conversazione in Sicilia» è la presenza della poetica della memoria e il lirismo del ricordo, che introduce Vittorini in un “nuovo realismo”, un “nuovo” che significa reazione al frammentismo, ma non passivo ritorno al verismo. Il modello di riferimento del neorealismo è quello verista verghiano, di cui si riprende l’impegno a ritrarre oggettivamente la realtà umana e sociale contemporanea e a cui si attribuisce una volontà di denuncia, in Verga solo implicita.
Copertina della seconda edizione dell'antologia Americana. Raccolta di narratori, pubblicata da Bompiani nel 1942 a cura di Elio Vittorini e con un'introduzione di Emilio Cecchi (la prima edizione, apparsa l'anno precedente con note critiche di Vittorini, era stata sequestrata dalla censura fascista). Testimonianza fondamentale del mito americano coltivato durante il fascismo soprattutto da Vittorini e Cesare Pavese, l'antologia offriva per la prima volta in italiano i testi dei maggiori autori statunitensi, dalle origini all'età contemporanea. Esercitò un'enorme influenza su un'intera generazione di scrittori.
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Esempio



  


  1. Salvatore Paolino

    relazione su mito e storia in Elio Vittorini