Canne al vento - deledda

Materie:Scheda libro
Categoria:Italiano

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Testo

Mariani 5BR Relazione Libro
Canne Al Vento - Deledda
L’autrice Grazia Deledda nacque a Nuoro del 1876, studiò da autodidatta pur provenendo da una famiglia benestante. Proprio a causa della breve educazione regolare e della giovanile propensione per la letteratura d’appendice (Sue, Dumas, Invernizio), durante tutta la precoce e fortunata carriera, Grazia Deledda ebbe non pochi diffamatori, che la giudicarono rozza e illetterata. L'unica eccezione di rilievo fu Luigi Capuana. Anche l’attribuzione nel 1926 del Nobel per la letteratura, non contribuì a dissolvere i dubbi e l’ostilità di una parte della critica. Sin da giovane pubblicò una sua novella e in seguito passò a collaborare per una rivista femminile. Il suo primo romanzo Fior di Sardegna uscì nel 1892, seguito da Anime oneste del 1895. Nel 1900 si sposò e si stabilì a Roma dove scrisse: Elias Portolu, il suo capolavoro, Cenere, L’edera, Canne al vento e Marianna Sicra. Nel 1926 ricevette il nobel per la letteratura e morì il 15 agosto 1936.
Il romanzo canne al vento è ambientato in Sardegna e tutta la storia ruota intorno a Efix una contadino servo aggrappato con amore ad un poderetto che possedevano le sue padrone: le dame Pintor; tre sorelle nobili con pochi mezzi.
Una sera Elfix si sentì chiamare da un ragazzo che abitava accanto alle dame Pintor. Il ragazzo gli disse che, le dame, avevano ricevuto una lettera e volevano parlargli. Appena andò a dormire pensò alla famiglia delle dame, una famiglia particolare dove una sorella scomparì all’improvviso e di lei non si seppe più nulla. Il giorno dopo Elfix partì lasciando come guardia del podere il ragazzetto.
Arrivato dalle dame Pintor lo accolsero e attesero che ci fossero tutte e tre le dame dopodiché aprirono la lettera che proveniva dal nipote Giacinto, figlio della sorella fuggita, Donna Lia. Il nipote comunicava che sarebbe arrivato a trovarle nei giorni che seguivano, le tre dame decisero di accoglierlo e Elfix stesso decise di prendersi la briga di tenere la situazione sotto controllo. Decise quindi di andare da Kallina l’usuraia perché le sue padrone non avevano soldi per pagargli i servizi e gli vennero prestate 5 lire d’argento che spese per acquistare un berretto per fare bella impressione con Don Giacinto. Nel frattempo incontrò un parente ricco delle sue padrone che gli consigliò di lasciare il giovane Giacinto dov’era se non volevano guai ma Elfix lo lasciò perdere.
Le dame con il passare dei giorni aspettavano l’arrivo di Giacinto e, arrivò un giorno in cui Donna Noemi era sola in casa. Sentì bussare al portone con una voce sconosciuta e immaginò immediatamente chi potesse essere e accolse a braccia aperte il nipote. Apparì pallido e vestito di verde accanto alla sua bicicletta con cui era arrivato fin li. Dopo essersi stabilito e rinfrescato raccontò del suo viaggio e chiese informazioni sulla città Nuoro dove avrebbe trovato sicuramente lavoro tramite delle conoscenze. Non appena uscì la donna mandò a cercare Elfix. Dopo cena due giovani serve del Rettore andarono a ballare e ad un tratto videro in lontananza un uomo su un cavallo con a fianco uno straniero con la propria bicicletta; erano Giacinto ed Efix che conduceva il nipote dalle zie. Il giorno successivo Elfix tornò al poderetto lasciando il cavallo in paese. Tre giorni dopo si avviò verso il paese con le provviste per le sue padrone e vide che le tre dame parlavano con l’usuraia Kallina. Ascoltò quel di cui parlavano per poi andarsene al belvedere e tornare solamente dopo tre giorni. Al suo rientro trovò il paese in festa che si animò sempre più con canti, balli, grida, lodi sacre, fuochi, musica.. Giacinto aveva speso più di trecento lire e offerto da bere e da mangiare a tutti esprimendo intenzione di sposare una giovane (Grixenda) di cui era innamorato perso. Nei tempi di carestia la gente si arrangiava come poteva. La nonna di Grixenda un giorno andò da Elfix per sentire un po’ le intenzioni che aveva Giacinto nei confronti della nipote e rimase stupita e compiaciuta del fatto che Giacinto ha espresso l’intenzione di sposarla.
Elfix era però preoccupato per la vita che stava conducendo il giovane, sulla strada delle spese e pochi guadagni. Una sera lo vide arrivare al poderetto e si accasciò al suolo ammalato di febbre malarica. Delirante e ammalato affermava di voler lavorare per riuscire a sposare la sua amata e a risollevare i debiti delle zie, raccontando a Elfix la storia di come era arrivato fino al paese con le sue disavventure. Il giorno successivo Elfix si svegliò e non trovando più Giacinto si preoccupò e, nel cercarlo, scoprì che giocava e perdeva. All’alba di una mattina recandosi a casa delle padrone trovò una grande agitazione. Venne accusato di non aver mantenuto la propria parola riguardo a Giacinto e al suo comportamento; non intervenendo in nessun modo per frenarlo ma Elfix giustamente si difese perché non ne sapeva nulla. Una sera una donna di nome Potatoi bussò al portone delle dame raccontando della nipote Grixenda che si era ridotta malissimo per Giacinto che non si faceva più sentire, pregandola appunto di parlargli e risolvere la questione se sposarla o lasciarla definitivamente. Dopo poco tempo sentì di nuovo bussare e ricevette una cambiale firmata da Ester e rimase stupita fino all’arrivo delle sorelle. Il nipote quindi aveva falsificato la firma di Ester. Don Predu che preoccupato era accorso a vedere cosa succedeva si accorse che donna Ruth era seduta immobile sulla sedia da quando aveva appreso la notizia e constatò che era morta. Dopo la sua morte Elfix attendeva il ritorno di Giacinto ma non si faceva vedere così partì alla sua ricerca.
Giacinto per paura era rimasto dove si trovava, a Oliena e, lì fu trovato da Elfix. Il giovane lo accusava di essere un’assassino e Elfix forse perché ormai vecchio e stufo gli diede corda e gli rispose. Sì, era un assassino, ma aveva ucciso il padre delle dame per disgrazia e per proteggere sua madre che voleva fuggire. Giacinto se ne andò e Elfix tornò al paese e, con le dame visse nella speranza che il nipote tornasse per riparare ai danni che aveva fatto per poi andarsene per sempre.

Il libro è stato interessante da leggere ma non altrettanto divertente o piacevole. In certi punti anche un po’ lungo e pesante spesso monotono e con dettagli anche spesso trascurabili. L’autrice per tutto il romanzo resta oggettiva e il romanzo è descrittivo, di facile comprensione e, contiene alcuni termini dialettali. Quel che credo l’autrice voglia far trasparire è la fedeltà e tutti i servizi che può offrire un servo al proprio padrone in qualsiasi modo, in questo caso anche arrivando ad uccidere una persona.

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