Disfatta dei Romani a Canne (III, 116)

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Testo

DISFATTA DEI ROMANI A CANNE
In questo momento, sopraggiunto da crudeli colpi, anche Lucio Emilio morì in battaglia, un uomo che aveva compiuto quant'altri mai tutto il suo dovere verso la patria, nel resto della vita e nel momento finale. I Romani nello stesso momento, finché combatterono dirigendosi da ogni lato contro quelli che li avevano circondati, si opponevano; ma poiché ininterrottamente morivano quelli intorno a loro ed erano rinchiusi in breve spazio, alla fine precipitarono sul posto tutti e fra essi Marco e Gneo, i consoli dell'anno scorso, comportatisi da uomini audaci e mostratisi dignitosi di Roma durante quella guerra. Mentre avveniva lo scontro e la strage di questi, i Numidi, inseguendo gli uomini a cavallo in fuga, ne ammazzarono la maggior parte e scaraventarono gli altri da cavallo. Solo pochi trovarono salvezza a Venosa e fra questi ci fu anche il generale dei Romani Gaio Terenzio, uomo di animo spregevole, che era stato di danno alla patria col suo potere.

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