Riassunto dei capitoli I, II, III de Promessi sposi

Materie:Riassunto
Categoria:Italiano
Download:1677
Data:17.04.2007
Numero di pagine:9
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
scheda-dettagliata-riassunto-primi-tre-capitoli-promessi-sposi_1.zip (Dimensione: 11.1 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_riassunto-dei-capitoli-i,-ii,-iii-de-promessi-sposi.doc     39.5 Kb


Testo

Scheda di esposizione orale dei promessi sposi

Capitolo I
Contenuto: Il romanzo si apre con una bellissima descrizione dei luoghi in cui si ambientano le primi fasi della storia. L’autore offre una descrizione del lago, dei monti, del fiume Adda, della città di Lecco e dei paesini circostanti come se li vedesse dall’alto.
Al bel paesaggio si contrappone però la dura situazione delle regioni sottomesse alla dominazione dei soldati spagnoli, dei quali l’autore ci presenta, con la sua solita ironia, i soprusi nei confronti della popolazione.
La descrizione del paesaggio riprende, soffermando l’attenzione ad una delle tante stradicciole che corrono in quel lembo di terra in cui era solito passeggiare Don Abbondio leggendo il suo breviario.
Anche quella sera Don Abbondio procedeva tranquillamente. Descrivendo la passeggiata l’autore ci fornisce un primo ritratto psicologico del personaggio, deducibile dal suo modo di camminare, dagli avverbi che lo accompagnano (oziosamente, tranquillamente) e dal gesto di scansare con il piede i ciottoli che gli si parano davanti. Ad un certo punto, la passeggiata del curato si interrompe bruscamente;inizia qui l’episodio fondamentale che è all’inizio di tutta la storia. Don Abbondio, arrivato a un bivio della strada, incontra due bravi che intendono parlargli. L’autore si sofferma sull’aspetto e l’abbigliamento dei bravi e cita le moltissime “gride”, ovvero disposizioni legali, emanate dai diversi governanti di Milano nel corso degli anni, al fine di eliminare il fenomeno della clientela dei bravi al servizio dei vari signorotti locali, commentandone ironicamente l’assoluta inefficacia.
Don Abbondio comincia subito a cercare una via di fuga o un aiuto per evitare lo sgradevole incontro: si rende subito conto che non ha via di scampo e quindi decide di accelerare i tempi allungando il passo e correndo loro incontro come farebbe una qualunque persona così paurosa.
I due bravi gli sbarrano quindi la strada e gli intimano di non celebrare il matrimonio tra Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, e lo informano di essere stati mandati da Don Rodrigo, un potente signorotto del luogo. Spaventato al nome di Don Rodrigo, Don Abbondio si dichiara più volte disposto all’obbedienza e i due bravi se ne vanno, lasciandolo sconvolto.
L’episodio dà spazio all’autore per una digressione sul clima di violenza che caratterizza il Ducato di Milano sotto la dominazione spagnola: i deboli sono costretti a subire i soprusi dei potenti e non sono tutelati dalla Giustizia, che si limita a emanare gride su gride senza alcun effetto positivo.
All’interno di questo organizzazione sociale, si inserisce Don Abbondio, e ci viene dunque fornita la spiegazione della sua vocazione a parroco: egli è infatti un uomo poco aggressivo e pacifico, che non avrebbe potuto resistere in una società violenta come quella dei territori sotto la dominazione Spagnola(“…come un vaso di terracotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro…”). Da qui dunque la sua decisione di inserirsi in una classe agevolata e potente come quella del clero e di mantenere una totale neutralità o di schieramento con il più forte, come metodo di difesa dai pericoli del mondo esterno.
In seguito riprende la narrazione con l’esposizione dei pensieri e dei dubbi che affollano la mente di Don Abbondo che si interroga su come affrontare Renzo, sulle sue possibili reazioni, e su suo comportamento con i bravi.
Infine inveisce contro Don Rodrigo (non senza però aver dato prima la colpa ai “ragazzacci” che si mettono in capo di sposarsi “…per non saper che fare”, mettendo in difficoltà i galantuomini).
Don Abbondio giunge infine stravolto a casa, dove, dopo vari tentennamenti, si confida alla sua serva, Perpetua, una donna popolana decisa e un po’ pettegola. Perpetua gli consiglia di rivolgersi al vescovo di Milano, ma Don Abbondio, terrorizzato all’idea di ribellarsi a un potente, rifiuta il saggio consiglio e, infine, stremato, si ritira nella sua stanza.
Capitolo II
La notte di Don Abbondio trascorre angosciosa e agitata tra ricerche di scuse per non celebrare il matrimonio e incubi con bravi e agguati.Ttra il sonno e la veglia egli riesce a elaborare un piano per superare le prevedibili obiezioni di Renzo e ritardare così le nozze, rimandandolo di quindici giorni, poiché essendo tempo di quaresima il matrimonio non potrà essere celebrato.
La mattina seguente Renzo, vestito di gran gala e con un cappello piumato e il pugnale dal manico bello, si reca da Don Abbondio per prendere gli ultimi accordi per il matrimonio. L’Autore coglie quindi l’occasione per presentarci il personaggio e ripercorre brevemente la sua storia: il promesso sposo è un giovane di vent’anni, rimasto orfano di entrambi i genitori fin dall’adolescenza. La sua professione, quella di filatore di seta, e i continui risparmi, gli hanno dato una certa tranquillità economica.
Il curato, interrogato da Renzo, finge di non ricordarsi del matrimonio, poi, utilizzando termini latini per confondere il giovane, si scusa dicendo che sono sopravvenuti degli impedimenti che obbligano a ritardare le nozze.
Renzo, dopo qualche protesta, accondiscende allo spostamento, ma rimane insospettito dal comportamento del parroco.
Renzo esce dall’abitazione del parroco e incontra Perpetua e gli conferma i suoi sospetti: don Abbondio è stato minacciato da qualcuno.
Allora Renzo torna velocemente nel salotto di don Abbondio e dopo aver imprigionato il parroco nella stanza, il giovane, lo costringe a suon di minacce di dirgli la verità.
Al ritorno di Perpetua, don Abbondio l’accusa di aver infranto il giuramento del silenzio fatto durante il loro colloquio la sera prima. Dopo un acceso battibecco tra i due, il curato si mette a letto vinto dalla febbre.
Intanto Renzo si dirige nuovamente verso casa di Lucia. Nella sua mente passano desideri di vendetta, ma al pensiero della fidanzata egli abbandona ogni ipotesi violenta.
Dopo queste riflessioni, Renzo giunge nel cortile della casa di Lucia, e incarica una bambina, Bettina, di avvisare segretamente Lucia che la sta aspettando in cortile.
Lucia è acconciata e vestita per le nozze: i suoi capelli neri sono raccolti in trecce fissate con spilloni, indossa un corpetto di broccato con un gonna pieghettata di seta, e attorno al collo porta una vistosa collana. Il suo viso giovanile riflette una bellezza interiore che è evidenziata dall’attesa per le nozze.
La ragazza scende al piano terreno; Renzo la mette al corrente dell’accaduto, ed ella fa capire di essere già a conoscenza della passione di don Rodrigo per lei (Lucia: “…fino a questo segno !…”). Ai due si aggiunge poi Agnese, la madre di Lucia. Quindi Lucia sale a congedare le donne dicendo che il matrimonio è rimandato a causa di una malattia del parroco. Alcune di esse si recano alla canonica per chiedere conferma di quella malattia e Perpetua dice loro che don Abbondio ha un febbrone.

Capitolo III
Il capitolo si apre con il racconto di Lucia ad Agnese e a Renzo dei suoi involontari incontri con don Rodrigo (questi, infatti, aveva avvicinato Lucia lungo la strada e aveva scommesso con un altro nobile che la ragazza sarebbe stata sua)
Lucia rivela poi di aver narrato l’accaduto a fra Cristoforo. Renzo e Agnese sono amareggiati dal fatto che Lucia non si sia confidata con loro. Al sentire gli episodi descritti da Lucia, Renzo viene colto da un nuovo attacco d’ira e da propositi di vendetta, ma Lucia riesce a placare le sue nuove ire.
Agnese consiglia poi al giovane di recarsi a Lecco, da un avvocato soprannominato Azzeccagarbugli e gli consegna quattro capponi da portare in dono al dottore. Renzo si mette dunque in cammino verso Lecco. Lungo la strada, agitato e incollerito, dà continui strattoni ai capponi che ha in mano: le povere bestie, pur accomunate da un triste destino, si beccano tra loro.
Giunto alla casa dell’Azzecca-garbugli e consegnati i capponi a una serva, Renzo viene fatto accomodare nello studio: uno stanzone disordinato, polveroso e un po’ decadente in cui spiccano, alle pareti, i ritratti degli imperatori romani, simbolo del potere assoluto. Il dottore lo accoglie indossando una toga consunta che lo fa apparire decrepito quanto i mobili della stanza. Azzeccagarbugli scambia Renzo per un bravo e, per intimorirlo, legge confusamente una grida che annuncia pene severissime per chi impedisce un matrimonio. Ha qui inizio il tragicomico equivoco tra Renzo e l’Azzecca-garbugli che, credendo che il giovane si sia camuffato tagliandosi il ciuffo che contraddistingue i bravi, si complimenta con lui per la sua astuzia. Renzo nega di essere un bravo, ma l’avvocato non gli crede e lo invita a fidarsi di lui, prospettando poi una linea di difesa. Scoperto l’equivoco, Azzeccagarbugli si infuria e rifiuta di aiutarlo; lo caccia riconsegnandogli quattro capponi.ancora una volta la giustizia stava dalla parte dei potenti: Renzo era colpevole di essere vittima nei confronti di un potente come Don Rodrigo.
Intanto Lucia e Agnese si consultano nuovamente tra loro e decidono di chiedere aiuto anche a fra Cristoforo. In quel momento giunge fra Galdino, un umile frate laico, in cerca di noci per il convento di Pescarenico, lo stesso dove vive il padre Cristoforo.
A questo punto Manzoni si sofferma don una digressione sulla carestia che lo porta a raccontare tramite fra Galdino un aneddoto riguardante un miracolo avvenuto in Romagna. Lucia dona a fra Galdino una gran quantità di noci affinché egli, non dovendo continuare l’elemosina, possa recarsi subito al convento ed esaudire la sua richiesta di inviare presso di loro fra Cristoforo.
Renzo fa quindi ritorno alla casa di Lucia e racconta il pessimo risultato del suo colloquio con Azzeccagarbugli. Tra Renzo e Agnese si accende una piccola discussione, subito placata da Lucia, circa la validità del consiglio di rivolgersi all’avvocato. Dopo alcuni sfoghi di Renzo ed altrettanti inviti alla calma da parte delle donne, il giovane torna a casa propria.

Digressione: interruzione del racconto per dare spiegazione su eventi o personaggi.

Tematiche
Manzoni nel I e II capitolo ha dedicato diverso spazio al contesto storico-geografico, cioè l’epoca e il luogo della vicenda: inizi ‘600, Lecco, dominio degli Spagnoli che commettevano violenze e soprusi sulla popolazione.
Si comportavano da dominatori e da oppressori sul popolo indifeso che subiva le loro violenze.
L’altro tema è le ingiustizia da parte dei potenti contro i deboli che non sono difesi neppure dalle leggi che vengono mal applicate.
Infine il tema religioso-morale; dal capitolo emerge la debolezza morale-spirituale di Don Abbondio che per il suo timore è obbligato a mettersi al servizio dei potenti e quindi non esegue la volontà di Dio, proteggendo i poveri, ma si sottomette ai potenti e non rispetta i doveri del proprio ministero.
Più in generale nei primi due capitoli ci vengono presentati i personaggi che andranno poi ad affrontare la vicenda.
Nel terzo capitolo, com’ era già stato affondato nei primi due capitoli, viene approfondito il tema della giustizia; cioè l’incapacità di applicare le leggi da parte delle istituzioni.
Infatti vengono accennate diverse gride formulate ampollosamente che, adattate ai potenti, servono solamente ad imbrogliare i deboli e a favorire i potenti, a favorire i giudici risolvendo sempre a loro favore le contese. Il tema della giustizia si personifica nell’avvocato Azzeccagarbugli.

I personaggi
Don Abbondio: curato di un piccolo paese vicino Lecco, è uno dei personaggi di maggior spicco in questa vicenda, ma, non è ne nobile, ne ricco ne coraggioso: “non aveva certo un cuor di leone”, “era un vaso di terracotta tra altri di ferro”; il suo sistema di vita si basava su poche regole precise: scansare tutti i pericoli, schierarsi sempre dalla parte del più forte facendo però capire al debole che non era contro di lui, ma che no lo appoggiava solamente perché non era il più forte, rimanere sempre neutrale per evitare rischi, badare solo a sé stesso, non prendere mai posizione nei contrasti per evitare qualunque problema, non è certamente ispirato dalla morale cristiana della non violenza ma fare qualsiasi cosa purchè non corra rischi. Questa natura per niente coraggiosa emerge nell’incontro con i bravi, quando infatti cerca una via di fuga e rendendosi conto che l’unica maniera era affrontarli gli corre incontro e affretta i tempi così che la paura duri il meno possibile
Un fatto che sottolinea la paura dei potenti da parte del curato è che cede appena sente il nome di Don Rodrigo e si dichiara disposto ad ubbidire pur sapendo di andare incontro ad un guaio.
Nel dialogo con Perpetua emerge la stizza per essere stato messo in mezzo per cose a cui non è interessato, si lamenta del fatto che solo i galantuomini vengono maltrattati.
E’ un personaggio senz’altro, non si può condividerne il comportamento, ma si può certamente provare una forte pena per un uomo così debole che si trova a vivere in una in un mondo, in una società che lo schiacciano con la loro violenza.
Perpetua:serva di Don Abbondio, aveva superato i quaranta anni ed era nubile perché “come diceva lei non aveva voluto sposarsi e per come dicevano le amiche perché non aveva trovato nessuno cane disposto);. Il Personaggio di Perpetua è un personaggio straordinario, una donna schietta, popolana, pettegola e avventata. Ha quel buon senso, quel modo di fare deciso, quello spirito di iniziativa che mancano a Don Abbondio; conosce bene il suo padrone e sa da che parte prenderlo, è sincera e ubbidiente perchè affezionata al curato di cui compatisce la debolezza ma è anche capace di comandare e di dare consigli che nascono dal buon senso anche se nella sua premura entra un a punta di curiosità. La descrizione che ce ne dà il Manzoni è viva, velatamente ironica, e ne traspare una. Semplice ma forte, la strategia della curiosa Perpetua si basa sia sulla profonda conoscenza che ha dei comportamenti e degli argomenti che possono far leva su don Abbondio, sia su una dolce ma ferma insistenza.
Lucia:dalla descrizione emerge che è una ragazza nel pieno della giovinezza, è orfana del padre e vive con la madre Agnese in una casa modesta ma decorosa. Lavora in casa e nella filanda. Durante il racconto di Renzo manifesta terrore, smarrimento e angoscia. E’ una ragazza modesta e di semplice bellezza; il rossore che più volte compare sul suo volto è la distinzione della sua purezza. Le parole di Lucia sono poche, semplici ma esprimono fermezza e speranza.
Renzo: giovane di vent’anni, orfano fin dall’infanzia, è un umile operaio che però può ritenersi economicamente agiato che si innamora perdutamente per Lucia; è un giovane pacifico e “alieno dal sangue, schietto e nemico di ogni insidia ma impulsivo e pronto ad infiammarsi di fronte ad un torto. Renzo è un giovane ingenuo e immaturo, ancora troppo fiducioso nel mondo; comunque possiede prontezza di spirito, sa tener testa con la prontezza della verità ad un uomo più esperto di lui come Azzeccagarbugli.
I bravi: uomini al servizio di nobili o potenti per i quali eseguono ordini, anche se contro la legge. Sono riconoscibili dall’abbigliamento e da un ciuffo di capelli che fuoriesce da una retina che avvolge il resto della capigliatura.La digressione sulle gride serve a dimostrare che, nonostante le leggi, i bravi godevano dell’impunibilità, poiché protetti da nobili.

Esempio



  


  1. M ì R ì <3

    i riassiunti sono fatti molto bene sono esattemante le cose che ha spiegato la nostra professoressa grazie!