Alle basi della convivenza civile e dell'esercizio del potere: giustizia, diritto, legalità

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Aprile 2007
ALLE BASI DELLA CONVIVENZA CIVILE E DELL’ESERCIZIO DEL POTERE:
GIUSTIZIA, DIRITTO, LEGALITÀ

Attualmente ogni persona è indirizzata e istruita sin dalla giovane età (attraverso la scuola e non solo) a mantenere un certo comportamento che deve permettere la convivenza civile. Con questo termine s’intende la libertà di ogni individuo di vivere nelle migliori condizioni senza danneggiare gli altri. Per riuscire a fare ciò sono state istituite diverse leggi che esprimono diritti e doveri di ogni cittadino.
Esprimere il concetto di diritto non è semplice, si possono solo fare affermazioni vaghe, supposizioni. Il diritto può essere quindi interpretato come un elemento che è naturalmente concesso all’uomo, un punto fondamentale nella sua vita che non deve essere violato se non si vuole creare squilibri nella società. Un altro elemento su cui riflettere è la concessione dei diritti. Sono concessi a tutti i diritti fondamentali dell’uomo, mentre altri,come ad esempio il diritto di voto, fa delle distinzioni (bisogna essere cittadino, maggiorenne, ecc…).
Nascono così diverse riflessioni sulla giusta ripartizione dei diritti. H. Sidgwick nel “I metodi dell’etica” del 1995 tratta proprio di questa problematica e dice che c’è una posizione ampliamente diffusa secondo cui per rendere giusta una società si devono concedere certi diritti naturali a tutti i membri della comunità e il diritto positivo deve come minimo incorporare e proteggere questi diritti, indipendentemente da quali altre regole esso possa poi contenere…ma non sono chiari quei principi da cui è possibile dedurli in modo sistematico.
Bobbio e Virali nel “Dialogo intorno alla Repubblica” del 2001 scrive: “…la funzione fondamentale del diritto è quello di stabilire le regole dell’uso della forza. Le regole dell’uso della forza vuol dire: chi deve esercitare l’uso della forza, come, quando e quanto”. E ancora J. Rawls afferma che “i diritti garantiti dalla giustizia non possono essere oggetto né di contrattazione politica, né di calcolo degli interessi sociali…”.
Nel parlare del diritto ci si imbatte nel concetto di giustizia. Cosa si intende per giustizia? La giustizia è determinazione di ciò che è giusto (Aristotele, Politica), ma come è possibile stabilire cosa è giusto o meno? Ed ecco che Hoffe tratta di questa problematica scrivendo in “Giustizia politica”: “chi richiede una definizione della giustizia cerca di solito un concetto normativo, ossia un criterio che sia utile a distinguere il giusto dall’ingiusto…Questo metodo di procedere…si trova però dinanzi una difficoltà: le opinioni su ciò che è giusto o ingiusto divergono ampiamente…”.
“La giustizia nega che la perdita della libertà per qualcuno possa essere giustificata da maggiori benefici goduti da altri…” da “Una teoria della giustizia” J. Rawls (1982).
Colui che esercita il potere deve quindi agire rispettando i diritti e la giustizia, che come si può a questo punto capire, vanno di pari passo e sono strettamente legati.
Ci sarà una convivenza civile fino a quando non vi sarà abuso di potere, fino a quando non verranno schiacciati i diritti dell’uomo.
Per il rispetto delle leggi (quindi dei diritti degli altri) non sempre è sufficiente l’invito a essere civili e si deve quindi ricorrere a delle punizioni. Queste devono essere adeguate al “crimine” commesso e devono provocare una riflessione che porti a capire ciò che è giusto o meno.
In una società realmente civile non dovrebbe essere necessario l’uso di punizioni, perché le persone dovrebbero completamente autocontrollarsi capendo che un’azione sbagliata non danneggerebbe solo gli altri, ma anche se stesso.

Esempio



  


  1. giorgio

    Una domanda relativa al tema sulla civile convivenza: chi le stabilisce le migliori condizioni, i tecnici, la divulgazione, e comunque tutto quello che in pratica ci viene dall'alto oppure il singolo? A mio parere le migliori condizioni sono principalmente una cosa soggettiva altrimenti si cade nel appiattimento culturale. E' certamente una questione di capacità di autonomia che deriva dalla educazione, principalmente quella trasmessa dalla famiglia, quindi una questione di libertà ben assimilata: la libertà "di" in armonia con la libertà "da", come si dice: che la propria liberta non prevarichi quella del prossimo.