I Bestiari medievali

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Testo

Pierre de Beauvais, autore del Bestiarie, uno dei più antichi bestiari francesi, nella breve introduzione, spiega il titolo della sua opera, dicendo: “Qui comincia il libro chiamato bestiario, così denominato perché parla delle nature delle bestie” e avverte: “tutte le creature che Dio creò sulla terra, le creò per l’uomo, e affinché l’uomo possa ricavarne esempi di religione e di fede”. Su queste stesse premesse, anche se non sempre dichiarate, si fonda la totalità dei testi, latini e volgari, facenti parte del genere medievale del bestiario.
Questi testi, benché spesso differenti tra di loro per struttura, stile, toni e contenuti, derivano tutti dal Physiologus greco, del quale essi sono versioni variamente modificate ed ampliate, sia nel numero e nel tipo di presenze animali, che nel carattere delle singole descrizioni. Per affrontare adeguatamente il tema dei bestiari medioevali è quindi opportuno analizzare il testo che da origine al genere.
Il Physiologus greco
D’autore anonimo, di data e d’origine incerta, ma presumibilmente composto ad Alessandria d’Egitto nel II o III secolo d.C. il Physiologus primitivo si compone di 48 (nella redazione più antica) o 49 capitoli relativi ad animali, pietre o piante, disposti senza un criterio preciso. In rari casi, tuttavia, si notano accostamenti basati sull’affinità delle “nature” descritte o su più generiche associazioni tematiche. Piante e pietre, pur non analizzate in sezioni indipendenti, appaiono, in qualche modo, radunate nella parte finale e comunque la loro scarsa presenza denota un interesse orientato particolarmente verso la componente zoologica. La struttura dei capitoli è costantemente bipartita: infatti, abbina sempre la descrizione di una o più proprietà o nature (ovvero qualità riconosciute come peculiari, o comportamenti sempre uguali, perché dettati dall’istinto) al rispettivo significato simbolico, solitamente mistico-teologico. Delle due parti, scientifica e allegorica, all’incirca equivalenti per estensione, è la seconda il vero centro d’interesse: lo dimostra il fatto che, la sequenza allegorica ha solitamente una lieve ma sicura preponderanza quantitativa e condiziona il contenuto di quella scientifica che viene frequentemente adattato secondo le sue esigenze. Quindi il celebre testo, realizzato a scopi didattici, è più un manuale di dottrina cristiana, che una sintesi di conoscenze scientifiche. Del resto, lo stesso termine fisiologo non va inteso come naturalista, esperto di scienze naturali, quanto piuttosto come interprete, critico della natura secondo i canoni della fede cristiana. Il testo del Physiologus ebbe, fin dalle origini e per ben undici secoli, una straordinaria diffusione, grazie anche alle numerose traduzioni effettuate a partire dal V secolo. Non stupisce quindi che la struttura dell’opera, dopo un così lungo cammino, si presenti spesso radicalmente diversa da quella iniziale. Le tre redazioni fondamenti del Physiologus greco (quella antica del II secolo, quella bizantina del V-VI secolo, e quella pseudo-basiliana del X-XI secolo) presentano linee di tendenza diverse e definite, che determineranno gli sviluppi differenziati dei bestiari latini del XII-XIII secolo. Ad esempio, già nel Physiologus bizantino si registra la tendenza a sostituire i simboli mistico-teologici con simboli etico-morali, basati sull’esempio fornito dalle proprietà degli animali e sulla conseguente esortazione ad emularne o meno il comportamento.
Nulla di preciso si può dire sull’originaria presenza d’illustrazioni, anche se appare plausibile la nascita simultanea di testo e disegno in un’opera che, come affermerà Richart de Fornival (Bestiarie d’amours XIII secolo) “tratta una materia che richiede immagini. Riguarda infatti la natura di bestie e di uccelli che si possono conoscere meglio per mezzo di immagini che di descrizioni”.
Il Fisiologo latino e i suoi sviluppi
Delle traduzioni latine iniziate in epoca incerta, la più diffusa nell’occidente medioevale, è quella conosciuta come versio B dell’VIII secolo. È caratterizzata dalla eliminazione di una decina di articoli (come serpente, avvoltoio, cornacchia, rana, ecc.) e dall’aggiunta di informazioni naturalistiche tratte da testi “scientifici” dell’antichità. In questo sviluppo ebbe un’enorme importanza l’innesto di materiali tratti dalle Etymologiae di Isidoro di Siviglia (libro XII De animalibus), una delle enciclopedie più famose e autorevoli del Medioevo. Questo scrittore, vescovo di Siviglia, intorno al 600 d.C., promosse il risveglio della cultura e delle lettere nella Spagna, occupata dai Visigoti.
L’aggiunta dei materiali isidoriani a quelli tradizionali apre la strada, nelle varie rielaborazioni medievali, ad integrazioni sempre più cospicue del filone scientifico-enciclopedico rappresentato, oltre che da Isidoro, anche da Plinio il Vecchio, con la sua Naturalis Historia, raccolta enciclopedica in 37 volumi.
La stessa versio B non è che il primo risultato di rilievo della propensione all’ampliamento dei materiali, infatti nei manoscritti latini del XII-XIII secolo, il numero dei capitoli risulta più che raddoppiato, con cospicui inserimenti di notizie riprese da fonti enciclopediche e di articoli che descrivono nuove “nature”. Queste aggiunte vengono talvolta correlate da interpretazioni (generalmente moraleggianti e non più mistico-teologiche), ma sempre più spesso restano sfornite della sezione allegorica che tende quindi ad assottigliarsi sempre di più. Questa razionalizzazione comporta anche una suddivisione della materia in categorie precise e secondo un ordine determinato. Infatti, i bestiari latini del XII-XIII secolo distinguono gli animali in quadrupedi, uccelli, rettili e pesci, e non si occupano più di piante e pietre.
Il bestiario romanzo
Il primo adattamento in versi e in volgare del Physiologus latino si ha nel XII secolo in Inghilterra ad opera di Philippe de Thaun che si pone il lodevole obbiettivo di giovare agli “illetterati, ignari della lingua della scienza”. Il Bestiaire (titolo volgarizzato) presenta un’organizzazione tripartita dei materiali tradizionali, classificati, sulla base di un criterio scientifico-naturalistico, in bestie, uccelli, pietre, e ulteriormente ordinati in tre gruppi: simboli di Cristo, dell’uomo e del Demonio. Nel corso del XII secolo si diffondono molte nuove versioni in francese e italiano, alcune delle quali presentano una novità fondamentale per l’evoluzione del genere. Alcuni trovatori infatti, non considerano più le proprietà simboliche degli animali, ai quali attribuiscono invece caratteristiche dell’ambito erotico.
In questa direzione nasce il bestiario più originale di tutto il Medioevo, il Bestiarie d’amours di Richart de Fornival (Amiens, 1201-1259 ca.). In questa rielaborazione la differenza, rispetto alla tradizione, coinvolge contenuti e struttura. Richart, uomo di vasta cultura, raffinato poeta e letterato, sfrutta dei bestiari tradizionali solo le parti descrittive, reinterpretandole in chiave erotica, e trasforma così il bestiario mistico e teologico in bestiario d’amore. Abbandona inoltre la classica organizzazione in capitoli bipartiti; le caratteristiche degli animali vengono presentate in base alle necessità logiche del discorso, strutturato come racconto autobiografico di una passata avventura sentimentale e insieme come trattato che illustra i momenti della conquista amorosa. Il tema di base di tutto il suo ragionamento è comunque l’infelicità dell’innamorato per la sua condizione di amante non corrisposto.
Il Bestiarie d’amours rappresenta una vera e propria pietra miliare nell’evoluzione del genere e costituisce la fonte principale di parecchi tra i bestiari in volgare del XIII-XIV secolo. Tra i suoi più importanti discendenti possiamo includere alcuni che ne usano la sola parte zoologica, reinventando in vari modi quella interpretativa come il Libro della natura degli animali, conservato in due versioni, una toscana e una veneta, e tradotto in catalano. Con opere come questa si ritorna alla struttura tradizionale del Physiologus, riportando la proprietà degli animali all’ambito naturalistico e a quello interpretativo.
Simbologia degli animali
Antilope
L'antilope compare sia nel Fisiologo greco che in quello latino. In entrambi i testi si dice che l'antilope ha lunghe corna con cui può tagliare alberi anche alti e grandi, ma se si mette a giocare tra i rami dell'erica, vi si impiglia, allora lotta a lungo, ma non può liberarsi e grida a gran voce. Il cacciatore la sente, la raggiunge e l’uccide. Nella spiegazione che segue si dice che anche l'uomo, malgrado la forza delle due corna (Vecchio e Nuovo Testamento) si lascia impigliare nelle trame del vizio. Il Fisiologo latino accentua, nella parte terminale, i messaggi morali precisando che sono in particolare il vino e le donne che inducono ad allontanarsi da Dio.
Balena
Nel Fisiologo greco si dice che c'è un mostro nel mare detto balena: ha due nature. La prima natura lo configura come una creatura che quando è affamata apre la bocca dalla quale esce profumo d’aromi. La fragranza viene sentita dai pesci piccoli che accorrono a sciami nella sua bocca, ed essa li inghiotte. Così anche il Demonio e gli eretici, con la seduzione e l'inganno, che sembra essere un soave profumo, adescano i piccoli e coloro che non hanno il senno adulto. L’altra natura riguarda la sue enormi proporzioni, che la rendono simile a un'isola. Ignorandolo, i naviganti vi attraccano, come su un'isola, piantandovi le ancore e gli arpioni. Quindi accendono il fuoco per preparare del cibo: ma non appena la balena percepisce il calore, s'immerge negli abissi marini, trascinando con sé le navi. Anche l'uomo, che si tiene sospeso alla speranza del demonio, sarà trascinato nel fuoco eterno. Nel Bestiario d'amore è riportata la seconda natura della balena per concludere così: "Per questo io dico che ci si deve fidare meno di ciò che al mondo sembra più sicuro. Così accade alla maggior parte delle donne che si fanno un amico. Vi è chi dice di morire d'amore mentre non sente né male né dolore; uomini simili ingannano le donne sincere".
Castoro
Il castoro compare sia nel Fisiologo greco sia nel Bestiario latino che in quello d'amore. Identica nei tre testi è la descrizione del comportamento dell'animale: il castoro possiede testicoli che si ritengono essere dotati di poteri medicinali. Messo in fuga dai cacciatori che vogliono impadronirsene, quando si accorge di non avere più scampo e teme di essere ucciso, li addenta, se li stacca a morsi e li getta ai suoi inseguitori. Così ha salva la vita. Nel Fisiologo greco e nel Bestiario latino si conclude dicendo che il cacciatore è il demonio, e tutti quelli che vivono castamente, secondo l’ordine di Dio, devono "tagliare" ogni vizio e gettarlo in faccia al diavolo. Allora quello, confuso, se ne andrà.
Nel Bestiario d'amore si dice invece che se la donna è infastidita dalle preghiere del poeta, per liberarsi di tanta insistenza, come fa in altra situazione il castoro nei confronti dei cacciatori, dovrà concedergli parte del proprio corpo, e cioè il proprio cuore.
Cervo
Il cervo non compare nel Bestiario d'amore, mentre è presente sia nel Fisiologo greco, che nel Bestiario latino. Si dice che "il cervo anela alle fonti d'acqua, come l'anima anela a Dio": cervo e drago sono nemici; il drago sfugge al cervo e si nasconde nelle crepe del terreno, il cervo va a riempire le cavità del suo ventre d'acqua di fonte e la vomita nelle crepe del terreno, obbligando il drago ad uscire. Così lo schiaccia e lo uccide. Questa lotta è come quella tra Dio e il diavolo: anche il Signore ha ucciso il grande drago, il demonio, per mezzo delle acque celesti della sapienza: non può il drago sopportare l'acqua, né il demonio la parola celeste.
Donnola
Sia Fisiologo greco che Bestiario latino fanno riferimento alla natura della donnola, che concepisce attraverso la bocca e partorisce per le orecchie: così il cattivo cristiano si ciba del pane spirituale in Chiesa, poi, appena fuori, lo getta dalle orecchie.
Nel Bestiario d'amore si capovolgono le cose: si dice che la donnola concepisce attraverso l'orecchio e partorisce per la bocca. Allo stesso modo si comportano certe donne, le quali, quando hanno udito tante cortesi parole se ne disfanno attraverso la bocca con un rifiuto e passano piuttosto ad altri discorsi, come se temessero di essere catturate dalle parole lusinghiere dell'amante.
Elefante
L'elefante è considerato emblema di castità e di temperanza. E' un simbolo molto positivo, è considerato saggio e anche particolarmente casto. Si racconta che l'elefantessa partorisca il suo piccolo nell'acqua di una palude, mentre il maschio la protegge dal drago malefico. La figura dell'elefante è quindi anche un simbolo del battesimo. L'elefante è raffigurato come nemico del serpente o drago, che rappresenta il male. Nel Bestiario d'amore la storia è simile, ma il male, cioè il drago, rappresenta chi svela i segreti d'amore che gli sono stati confidati.
Fenice
La fenice, che non compare nel Bestiario d'amore, è presente sia nel Fisiologo greco che nel Bestiario latino. Si dice che la fenice vive oltre cinquecento anni e quando sente sul suo corpo i segni dell’invecchiamento, raccolti dei rami odorosi, si profuma le ali con diversi aromi (come il nostro Salvatore, che scendendo dal cielo, riempì le sue ali dei dolcissimi odori del Nuovo e dell’Antico Testamento), costruisce un rogo e, volta verso il sole, con grande battito d'ali, origina un incendio, per risorgere poi dalle sue ceneri. Così è l'uomo, che muore nel corpo per rivivere nell'anima oltre la morte.
Leone
Il leone è citato sia nel Fisiologo greco sia in quello latino che nel Bestiario d'amore. Nei due primi testi si dice che il leone ha tre nature: 1.) Quando cammina vagando, se si accorge di essere seguito dai cacciatori, copre con la coda le sue impronte. Così Cristo facendosi uomo ha nascosto la propria divinità. 2.) Quando dorme, i suoi occhi vegliano. Così il Signore dormì nel sonno della morte sulla croce e nel sepolcro, ma la sua natura divina vegliava. 3.) Quando partorisce, si dice che il cucciolo nasca morto e che, dopo tre giorni e tre notti, venga svegliato dal ruggito del padre. Così Cristo, morto da tre giorni, risorse per volere di Dio Padre. Nella prima citazione del Bestiario d'amore si dice che il leone assale l'uomo non appena questi lo guarda. L’amore assomiglia al leone e assale chi lo guarda. "Amore dunque cattura l'uomo ai primi incontri per mezzo degli occhi, e per questa via l'uomo perde il cervello".
Liocorno o unicorno
La figura dell'unicorno, rappresentato da un cavallo con un lungo corno in fronte, compare sia nel Fisiologo greco che in quello latino. È descritto come un animale piccolo ma ferocissimo: le piccole dimensioni sono simbolo di umiltà, mentre, la sua ferocia rappresenta l'invincibilità. La sola innocenza lo vince: infatti solo una vergine immacolata può ammansirlo. L’animale posa la testa sul grembo della fanciulla e si addormenta; così i cacciatori lo catturano e lo uccidono. Allegoricamente l'unicorno rappresenta Cristo Salvatore. "Così anche nostro Signore Gesù Cristo, come unicorno spirituale, scende nell'utero di una vergine, attraverso la sua carne ed è catturato dai Giudei". Nel Bestiario d'amore la simbologia riguarda l'ambito erotico: Amore, in veste di cacciatore, pone sul cammino del poeta una fanciulla che lo fa innamorare vincendolo con la sua dolcezza.
Esempi di testi tratti da due bestiari medioevali
Ho preso in considerazione due opere, particolarmente significative e originali, del periodo Basso Medievale, con l’intenzione di presentarne alcuni rappresentativi brani.
Il Bestiarie d’amours di Richart de Fornival
Richart de Fornival, nato ad Amiens, il 10 ottobre 1801, figlio di un medico e fratello del vescovo d’Amiens, fu un uomo di notevole cultura. Compose numerose opere sia in latino che in volgare, sia in versi che in prosa, rivelando numerosi interessi scientifici, filosofici e letterari. Il Bestiaire d’amours, scritto intorno al 1250, si compone di un prologo di 57 esempi animali, e un breve epilogo. Nella storia dei bestiari costituisce un momento di profonda innovazione. Il primo elemento di novità consiste nell’abbinare agli animali del bestiario interpretazioni e analogie che non appartengono più all’ambito teologico o morale, ma a quello erotico. Utilizza il linguaggio poetico delle canzoni cortesi così come hanno fatto i trovatori provenzali. Il secondo elemento di novità consiste nella struttura di questo bestiario, che si presenta come un racconto autobiografico di un amore infelice. L’autore che interpreta la parte dell’innamorato respinto si rivolge, in modo discorsivo alla donna amata, ricordando i momenti le situazioni e le emozioni della loro storia, secondo le consuetudini trobadoriche. Scompare la tradizionale struttura in capitoli bipartiti (descrizione-interpretazione) e ogni animale può ritornare in punti diversi del testo, con una o un’altra delle sue caratteristiche, secondo quanto richiede il vario argomentare dell’autore. Il terzo elemento di novità consiste nell’inserimento di numerosi animali ignoti ai bestiari classici. Il Bestiaire d’amours è in prosa con uno stile letterario molto elegante. Ebbe un enorme successo, lo dimostrano i numerosi manoscritti rimasti (23 in tutto), le traduzioni in varie lingue, i rifacimenti in versi (uno dello stesso Richart) e le imitazioni. Traduzioni di alcuni brani (traduzione italiana di F. Zambon):
Scimmia calzata
…come l’uomo nasce nudo e poi si veste quando è diventato grande, così è nudo d’amore e scoperto appena fa la conoscenza di una donna, tanto che ha il coraggio di svelarle tutti i propri sentimenti. Ma dopo, quando ama, è così imbarazzato che non sa come venirne fuori e si dissimula completamente, tanto che non osa rivelare nulla dei suoi pensieri, ma teme continuamente di essere biasimato; e si trova in trappola, come la scimmia calzata. La natura della scimmia, infatti, è di voler imitare tutto ciò che vede fare. Sicché i cacciatori avveduti, che vogliono catturarla con l’astuzia, individuano un luogo in cui la scimmia li possa vedere. Quindi si mettono e si tolgono le scarpe davanti ad essa, poi si allontanano di là lasciando un paio di scarpe della misura giusta per la scimmia, e vanno a nascondersi da qualche parte. Allora arriva la scimmia e vuole fare la stessa cosa: prende le scarpe e per sua sventura le calza. Ma prima che possa togliersele, balza fuori il cacciatore e si lancia su di essa. La scimmia calzata non può fuggire, né salire e arrampicarsi su un albero, e viene catturata. Quest’esempio conferma che si deve paragonare l’uomo nudo a colui che non ama e quello vestito a colui che ama…
Unicorno
…infatti l’uomo come è già stato detto, ha cinque sensi: vista, udito, odorato, gusto e tatto. E fui catturato anche per mezzo dell’odorato, come l’unicorno che si addormenta al dolce profumo della verginità di una damigella. Questa è la sua natura: non esiste alcun animale così pericoloso da catturare, e in mezzo alla fronte ha un corno al quale nessuna armatura può resistere, tanto che nessuno ha il coraggio di attaccarlo e di avvicinarglisi tranne una fanciulla vergine. Perché quando ne riconosce una al fiuto, si inginocchia davanti a lei e si inchina con umiltà e dolcezza come volesse mettersi al suo servizio. Sicché i cacciatori avveduti che conoscono la sua natura mettono una vergine sul suo passaggio, e l’unicorno si addormenta nel suo grembo; allora, quando è addormentato, giungono i cacciatori che non avevano il coraggio di attaccarlo da sveglio e lo uccidono. Nella stessa maniera Amore si è vendicato di me…
Drago ed Elefante
…Il drago infatti non morde nessuno, ma avvelena leccando con la lingua. E così fanno taluni: con la stessa leggerezza con la quale vi hanno sentito parlare, parlano ad altri di voi. Chi volesse proteggersi da questo drago dovrebbe agire come l’elefante. Giacché la natura dell’elefante è di non temere alcun animale a eccezione del drago. Ma fra questi due animali vi è un odio naturale, tanto che quando la femmina dell’elefante deve partorire va a farlo nelle acque dell’Eufrate, un fiume dell’India, perché il drago ha una natura così ardente che non si può sopportare l’acqua; e se potesse raggiungere i piccoli, li leccherebbe e li avvelenerebbe. Anche il maschio, per paura del drago, fa la guardia fuori dell’acqua sulla riva. Io dico che chi si comportasse in questo modo non avrebbe motivo di temere il drago…
Il Libro della natura degli animali (bestiario toscano)
In Italia si hanno diversi esempi di testi poetici simili a quello di Richart de Fornival ma, si trovano anche interessanti lavori di tipo teologico o morale come il Libro della natura degli animali. Questo componimento è di autore anonimo e appartiene al genere dei bestiari moralizzati. Composto probabilmente alla fine del Duecento e conservato in duplice veste linguistica, toscana e veneta, include tre sezioni. La prima comprende un prologo e cinquanta descrizioni di animali, ciascuna seguita da una dettagliata interpretazione morale, secondo lo scema bipartito tipico del bestiario classico. La seconda è costituita da un gruppo di favole con animali come protagonisti. La terza è un misto di favole e capitoli descrittivi moralizzati. Brani originali dal bestiario toscano:
De la natura de la vipra dragone
Uno dragone è lo quale ha nome vipra, che non ce sono di nessuno tempo più che dui, ed hanno una meravigliosa natura: che quando lo maschio vole ingenerare, sì vae e mette lo capo in bocca a la femena, e quella li taglia la testa colli denti e lassalo quine morto. E dello sangue che ingiotte sì ingenera dui figlioli, uno maschio e una femena. E quando elli vieno a nascere, sì fanno crepare la loro matre e escino fuore, e cussì more lo maschio e la femena malamente tutto tempo, e in cotale mainera nasceno.
Questi dragoni significano e mostrano a lodare lo nostro criatore e la potensia, ché indele meravigliose cose si manifesta la grande potensia del nostro criatore. Iesù Cristo disse a li discipuli suoi, quando elli dimandòno d'uno ch'era nato cieco, e dissenoli: "Magistro, per che cagione nacque questo cussì? Che peccato avea elli fatto unde elli debbia avere questa pena?" Elli disse: "In costui si manifesta la gloria e la potensia de Dio".
E in altra mainera sì podemo assimigliare lo dragone maschio al corpo del buono omo, e la femina draga sì potemo assimigilare all'anima del bono omo: ché l'anima e lo corpo tramburo fanno uno omo, e partendo l'uno dell'altro non è mai omo, e tuto tempo che stanno insierne sì hanno contensione, ché 'l corpo vele compiere tutte le sue voluntade e 1'anima fare quello ch'ella vada indello regno di Cielo: ché quando lo corpo non fa la voluntade dell'anima, sì 'l mette l'anima e conduce in aflissione ed in morte e in ispargimento di sangue, sì come divenne dei santi martiri e di quelli che hanno afflitto lo corpo per l'amore di Cristo e per la salute della loro anima. E quando lo corpo pate pena, sì pate pena l'anima, ché l'uno non può patire pena senza l'altro: sì che quando l'anima ha patito pena, sì ne nasceno altre due, cioè anima e corpo; che quando vene lo die del Giodicio, a ciascuna anima buona sì è renduto uno corpo glorificato che fie lucente per sette fiate lo sole. Or in questa maniera rinasce dell'anima e del corpo del buono omo gentile anima e gentile corpo.
De la natura del castore
Lo castoro si è una bestia che ane uno menbro lo quale è di grande virtude, ciò sò li colioni suoi. E quando questo castoro è cacciato dal cacciatore, e li cani sopragiungeno, sì cognosce per che cagione è cacciato, sì ssi dae de grappo a questo menbro co li denti e stappasseli e giectali in terra. E quando lo cacciatore vede quello per ch’elli lo caccia, sì li piglia e lassalo andare. Questo castore sì c’insegna in che modo noi ne dovemo sapere guardare dal dimonio, lo quale va cacciando lo dì e la nocte, e quando è lo modo da difendercene. Questo è lo modo: che si ‘l dimonio no caccia e tenta di superbia, strappacella colli denti de humiltade, che meglio non puoi scampare da lui. E s’elli ti tenta di luxuria, e tu la taglia con castitade. E s’elli ti tenta d’odio, e tu lo taglia con amore…
De la natura de la fenice
La fenice si è uno ucello con una cresta presso al collo, e con penne porporigne, e la coda sua si à colore di cera e di roze; et vive da .cccc. anni in fine .md.; e quando viene lo tempo ch’ella è cussì invechiato, e elli va et raiuna legname che sia bene secco e di calda natura, e fanne una capanella là dove lo sole à grande potenzia di caldo, e sta dentro da questa capanella e batte l’ale, sì che, cussì faciendo, questo lengname apprende e ela si arde; e della cenere che escie di lui si nasce uno vermicello lo quale diventa possa fenice, e vive tanto tempo quanto vixe quelli und’elli scite, e poi se arde como fece l’altro. Cussì de nessuno tempo non è se non uno. Questa fenice che in tale modo nasscie e more sì ci mostra che la potenzia de Dio è tanta che, cossì como divene di questo ucello che muore sì fortemente e nasce similemente e sì miravigliosamente, cossì potrebbe avere facto che tutti li omini e le femene di questo mondo nascierebbeno e morrebbeno per altro modo che non fanno.
Il bestiario: un genere che continua
La stesura di bestiari non termina col medioevo, perché ancora oggi ne abbiamo degli esempi. Certamente le finalità di questo genere, nelle opere dei nostri tempi, sono completamente cambiate, non ci si pongono più intenti teologici o moralizzanti, ma si da invece spazio all’umorismo o alla creazione di animali fantastici. Tra tanti ho scelto di presentare il Bestiario del famoso attore e regista statunitense Woody Allen. I suoi animali presentano caratteristiche mitologiche, ma sono comunque moderni, perché sembrano condividere le preoccupazioni, le ossessioni e le nevrosi dell’uomo contemporaneo. Ecco alcune descrizioni:
Il nurk
Il nurk è un uccello lungo cinque centimetri che sa parlare ma continua a far riferimento a se stesso in terza persona, per esempio, "E’ un gran bell'uccellino, no? "
La mitologia persiana sostiene che se un nurk appare sul davanzale al mattino un parente riceverà un'eredità o si romperà le gambe giocando a tombola.
Si dice che Zoroastro abbia ricevuto un nurk in regalo per il suo compleanno, anche se la cosa di cui aveva veramente bisogno era un paio di pantaloni grigi. Il nurk appare anche nella mitologia babilonese; là è molto sarcastico e continua a dire: "Dai, piantala".
Lo snoll volante
Una lucertola con quattrocento occhi, duecento per vedere da lontano e duecento per leggere. Secondo la leggenda, se un uomo guarda direttamente negli occhi lo snoll, perde immediatamente il diritto di guidare la macchina nel New jersey.
Anche il cimitero dello snoll è leggendario. La sua ubicazione è sconosciuta perfino agli snoll e se uno snoll cade morto deve rimanere dov'è finché non lo vengono a prendere.
Nella mitologia nordica, Loki tenta di trovare il cimitero degli snoll ma s'imbatte invece in una fanciulla del Reno che sta facendo il bagno e si prende il Piede dell'Atleta.
Il frean
Il frean è un mostro marino col corpo di un granchio e la testa di un ragioniere.
Si dice che i frean posseggano una bellissima voce e che facciano impazzire i marinai che li sentono, particolarmente quando cantano alla Drupi.
Uccidere un frean porta sfortuna: in una poesia di Sir Herbert Figg, un marinaio spara a un frean e la sua nave all'improvviso affonda durante una tempesta, obbligando l'equipaggio a sequestrare il capitano e buttare a mare la sua dentiera nella speranza di stare a galla.
Il grande roe
Il grande roe è una bestia mitologica con la testa di un leone e il corpo di un leone, non necessariamente dello stesso leone. Il roe ha fama di poter dormire per mille anni e poi svegliarsi di colpo in fiamme, specialmente se stava fumando quando si è addormentato.
Si dice che Ulisse abbia svegliato un roe che dormiva da seicento anni ma questo, assonnato e brontolante, lo implorò di poter rimanere a letto almeno per altri duecento anni.
L'apparizione di un roe è generalmente considerata di cattivo augurio e di solito precede una carestia o un invito a un cocktail-party.
Il weal
Il weal è un grande topo bianco con le parole "Polvere di stelle" stampate sulla pancia.
Il weal è unico tra i roditori in quanto lo si può prendere in braccio e suonare come una fisarmonica. Simile al weal è la lunetta, un piccolo scoiattolo che sa fischiare e conosce il sindaco di Detroit personalmente.
Bibliografia
- Bestiari medievali a cura di Luigina Morini, Einaudi editore.
- Illustrazioni tratte dal Bestiario ms Bodley, 764 (metà del XIII secolo).
- Vari siti internet.

Lavoro svolto da: Alessandra Gobbo III B
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