Arte romanica nell'italia settentrionale-lombardia

Materie:Altro
Categoria:Arte

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Testo

Romanico Lombardo
Architettura lombarda
Il romanico lombardo si sviluppa, come suggerisce la parola stessa in Lombardia, e si afferma non solo nelle città ma anche nei paesi e nelle campagne. Ne troviamo esempi sin dal IX-X secolo, nell’abside di Sant’Ambrogio ed in San Vincenzo del Prato, a Milano, e in San Pietro, ad Agliate. L’arte romanica si afferma precocemente in questa regione a causa degli intensi scambi commerciale e culturali con l’Europa settentrionale.
Caratteristiche essenziali di quest’arte, frutto anche della lotta delle città lombarde contro l’imperatore, sono la tendenza a spezzare la compattezza delle superfici murarie, a creare spazi interni più complessi e articolati e a evidenziare gli elementi strutturali dell’architettura attraverso l’uso delle coperture a volta e di una sapiente ricerca di equilibrio spaziale.
Emblema del romanico lombardo è la basilica di sant’Ambrogio a Milano, la quale forse meglio delle altre, esprime il significato dell’arte comunale. L’edificio sorge nel luogo di una precedente basilica fondata da Sant’Ambrogio nel IV secolo a.C. . La pianta è composta da tre navate absidate senza transetto, con quadriportico antistante. Il quadriportico, ha perduto la sua funzione iniziale, ovvero quella di accogliere i fedeli non battezzati, e per questo le sue dimensioni vengono diminuite notevolmente. Ne resta solo l’esonartece, elemento intermedio fra interno ed esterno. L’atrio assume un ruolo nuovo: è il luogo scoperto dove si radunano i cittadini per discutere i loro problemi, come una piazza ma più intima e raccolta. Tutte le membrature del portico sono evidenti: le arcate, le cornici, i pilastri, le sottili lesene. La facciata della chiesa è a capanna, larga e bassa, tipicamente lombarda, espressione di una cultura che non tende a slanciarsi verso l’alto ma mostra un evidente attaccamento alla terra. All’interno l’edificio si può dividere in tre zone: le navate e i matronei, per i fedeli, la cripta, per le reliquie dei santi, il coro, sopra la cripta, ove i monaci cantano. L’interno della basilica ha misure pari a quelle del quadriportico. C’è, infatti una perfetta corrispondenza fra esterno ed interno. Il rapporto di larghezza fra la navata maggiore e quelle minori, da 2 a 1, ci riporta alla tradizione, anche se la concezione è completamente diversa da quella dei primi secoli cristiani, perché qui tutto è umano e concreto. Tra gli elementi di maggiore distacco dall’edificio precedente rileviamo la volta a crociera in pietra e cotto, anziché la copertura lignea. Tutti gli elementi che vennero modificati esprimono la sintesi dell’arte romanico lombarda: solidità, razionalità, equilibrio. Ne è esempio l’uso i costoloni, che rispetto alla crociera romanica, rendono più evidente la loro funzione portante. Anche l’illuminazione è funzionale a tutta la concezione della basilica ambrosiana, infatti la luce percorre l’edificio longitudinalmente e lascia in ombra la fascia posteriore delle sporgenze, che sono le forze strutturali. Altro importante ruolo è quello della campata che è un organismo autosufficiente, misurabile e quindi comprensibile dalla ragione umana.
Altro esempio dell’architettura romanico lombarda è San Michele a Pavia, che presenta le stesse peculiarità della basilica di Sant’Ambrogio ma che si mostra più snella e mossa. La caratteristica saliente di questa chiesa è sicuramente la facciata monofastigiata, in pietra color ocra, tripartita verticalmente da alti pilastrini in corrispondenza con la divisione interna delle navate. Le loggette presentano archetti pensili che animano le superfici delle facciate e circondano, all’esterno, l’intero edificio. Il gioco chiaroscurale, che domina tutta l’architettura, è dato dalla presenza di portali profondi, dal loggiato che segue l’inclinazione dei tetti e dalle fasce di rilievi raffigurati. La chiesa, al suo interno, è suddivisa in tre navate e presenta un importante elemento innovativo, ovvero il presbiterio, rialzato per la presenza di un’alta cripta e preceduto da un transetto sormontato da una cupola ottogonale. I materiali usati sono, soprattutto, la pietra arenaria, caratterizzata da una particolare morbidezza e dal colore dorato ma facilmente deperibile, ed il cotto.
Sono numerose le decorazioni scultoree (ispirati perlopiù ai bestiari medievali) e la loro caratteristica principale è quella di avere funzione simbolica: esse sono specchio di verità universali o di insegnamenti spirituali e morali. Tra le maggiori raffigurazioni ricordiamo: San Michele Arcangelo sul portale maggiore e una sirena a due code, che rappresenta la contrapposizione tra fertilità (e quindi vita) e morte. All’interno della chiesa è presente un mosaico pavimentale, nel presbiterio, ove oltre alla rappresentazione del Re anno e dei mesi è presente un labirinto, indice della difficoltà del percorso che conduce a Dio.
A Como, troviamo un altro significativo esempio di architettura romanico lombarda, la basilica di Sant’Abbondio, che si trova sulle pendici del colle del Baradello e sorse sulla chiesa paleocristiana di San Carpoforo. Caratteristiche salienti dell’edificio sono le cinque slanciate navate e la presenza di due torri gemelle, all’esterno, che affiancano la zona absidale, secondo una soluzione comune in Germania. È frutto degli influssi dell’europa settentrionale anche il verticalismo dell’interno. Lo sviluppo verticale con la predominanza dei pieni, appena intaccati dai vuoti delle monofore e dal portale unico su cui si concentra la sobria decorazione scultorea, è anche una peculiarità della facciata. Essa è scandita verticalmente da quattro lesene piatte in cinque salienti digradanti e coronati in alto da caratteristici archetti romanici ciechi, in sottogronda. Nella parte alta del settore centrale sono presenti quattro paraste emicilindriche che poggiano su una cornice marcapiano e dove si aprono le due monofore maggiori. Il portale centinato, caratterizzato dalle cordonature interne, è realizzato con l’accostamento di marmi diversi e rocce cloritoscistiche e vanta la presenza di numerosi bassorilievi. Le tre fasce dell’arco sono scolpite in eleganti fregi. Le raffigurazioni dei fregi sono una serie di colombe entro cerchi nastriformi e una spirale intrecciata a fronde vegetali. L’arco a tutto sesto romano poggia su colonnine culminanti in due semicapitelli scolpiti a rilievo appiattito che recano due aquilotti angolari, posti frontalmente e con le ali spiegate, raffigurati insieme a una colomba e a una testa felina in pietra. Il Chiostro dell’Abbazia è addossato al fianco settentrionale della basilica mentre il fianco meridionale è visibile nella successione delle tre fasce corrispondenti alle navate interne, scandite da monofore e coronate in alto da una cornice di archetti, unico elemento decorativo dei paramenti murari, resi massicci dall’inserto di giganteschi blocchi granitici dai diversi toni di grigio.
Le ghiere delle monofore dell’ordine medio e superiore, realizzate con conci di pietra moltrasina alternati a tufo, creano effetti di bicromia così come le fughe orizzontali di archetti spiccano su fasce di cotto rosso.
Le due torri campanarie sono gemelle. Si presentano alte e massicce, di chiara ispirazione Ottoniana ma solo la meridionale è originale.
Gli specchi inferiori, che si trovano sui lati delle torri, hanno una doppia monofora e fascia di archetti mentre gli specchi superiori presentano un’elegante trifora con colonnine, fascia di archetti e un inserto a denti di sega che genera un raffinato cromatismo accentuato dall’alternanza del mattone rosso, del tufo e del sasso moltrasino.
Su un basamento sono alzati i fianchi esterni del coro e l’abside e si caratterizzano per la presenza di due ordini evidenziati da fascia marcapiano orizzontale a denti di sega. Il paramento murario è alleggerito da grandi monofore strombate ed è scandito da semicolonnine che rifrangono la luce e ne spezzano la continuità.
È presente una cornice di archetti pensili di coronamento, impreziosita nell’abside da una doppia ghiera e sovrastata da un motivo decorativo a fune, tra due fasce a denti di sega.
Il repertorio ornamentale delle monofore è in profonda continuità con la cultura Carolingia. Esse sono molto numerose e presentano colonnine e archi ricchissimi di variazioni e incorniciate da larghi fregi scolpiti con motivi geometrici (come il Nodo quadrato, allegoria dell’eternità), con simboli tratti dai Bestiari Medievali (cervi, leoni, lupi, aquile e colombe).
Esse sono sovrastate dalla grandiosa Deesis del catino absidale e si svolgono in riquadri dell’alta parete attraverso sei ordini, conclusi in basso dai busti di Apostoli ed Evangelisti e scanditi da straordinarie fasce ornamentali con figure di santi, profeti, personaggi biblici, Vescovi di Como, fantasiose immagini allegoriche ecc.
Il realismo del racconto, la concretezza fisica e la palpitante umanità dei personaggi rappresentati sono dovuti alla ben nota intenzione di Lambertenghi, vescovo di Como, di promuovere una rinascita religiosa.
I recenti restauri del ciclo absidale, con ripulitura e messa in salvaguardia degli affreschi, sono stati condotti e conclusi nel 2003 dalla Soprintendenza ai Beni Monumentali della Lombardia sotto la guida di A. Artioli.
La navata centrale è delimitata da alti pilastri cilindrici, costruiti in conci di calcare moltrasino con basamenti di serizzo e culminanti in capitelli cubici pure in marmo o serizzo. Sui pilastri sono impostati gli archi a tutto sesto da cui si alzano alte pareti affrescate e aperte in cinque monofore strombate per lato. Da queste aperture entra la luce che si scompone nei colori degli affreschi parietali realizzati fra XIII e XV sec. che dilatano cromaticamente gli spazi con motivi ornamentali e a tromp l’oeil: romanici quelli più alti, gotici trecenteschi quelli delle finte ghiere sopra gli archi. Il corridoio centrale ospita le sepolture con le lastre tombali dei Vescovi Comensi dopo il Cinquecento. Le navatelle laterali sono chiuse in testata dalle absidiole ed hanno altari moderni, disegnati come quello centrale in marmo di Musso nel 1933 da F. Reggiori.
Delle colonne monolitiche in marmo, serizzo, e una in marmo cipollino delimitano le navatelle. Hanno dei capitelli gotici cubici e in stile corinzio. La basilica appena analizzata è una delle massime opere di stile romanico comancino. Esso è nato dall’intreccio di motivi architettonici che rimandano ad aree geografiche diverse. A differenza di quelli del romanico lombardo, i maestri comancini usano la pietra locale (sasso di moltrasio). Essa è calcarea e di colore grigio-scuro ma col passar del tempo assume un colore grigio pallido che attenua gli effetti cromatici e imprime grande eleganza e austerità all’architettura.

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