L'antiutopia orwellina: appunto sul Grande Fratello

Materie:Appunti
Categoria:Inglese

Voto:

1.5 (2)
Download:302
Data:04.07.2005
Numero di pagine:12
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
antiutopia-orwellina-appunto-grande-fratello_1.zip (Dimensione: 87.19 Kb)
trucheck.it_l-antiutopia-orwellina:-appunto-sul-grande-fratello.doc     118 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

Il Grande Fratello
Il Grande Fratello non è una persona reale, anche se è onnisciente, dotato di poteri illimitati, e continuamente spiante, egli si può vedere solo attraverso la tv. Anche se le sue effigi ci fissano dai poster che gridano: IL GRANDE FRATELLO TI STA GUARDANDO, nessuno ha mai visto il Grande Fratello in persona. Orwell si pensa avesse diverse cose in mente quando creò questo personaggio. Certamente stava pensando al leader russo Stalin, ma anche al nazista Hitler e al dittatore spagnolo Francisco Franco. Questa figura all'immagine di dio, un essere che vede e sa tutto, che dispone di ogni potere, ma che non si fa mai vedere. Il rapporto che ha con lui è un tipico rapporto di fede. Sulle prime Winston sarà addirittura tentato di idealizzare O'Brien, fino al declino quando si convincerà di amare il Grande Fratello, sintetizzato in questa espressione: "Aveva la sensazione che O'Brien era il suo protettore, che il dolore era qualcosa che veniva da fuori, da una qualche sorgente esterna, e che sarebbe stato O'Brien a salvarlo, appunto da esso." 1984 pag. 263 Infatti, come O'Brien per Winston può essere considerato il padre, il Grande Fratello è il suo Dio, la sua dimensione spirituale, il rapporto con un essere superiore. I riferimenti alla religione sono comunque costanti nelle utopie, formalizzati anche in una serie di riti. Ad esempio ne "Il Nuovo Mondo" di Huxley, in un passo viene usato un sacrilego e simbolico "segno della croce": "Qui il direttore tracciò un segno di T all'altezza del proprio stomaco e tutti gli studenti lo imitarono con la massima reverenza" pag. 22 Lo stesso Partito Interno, presenta le caratteristiche di un'ecclesia, o se si vuole di un'anti-Chiesa il cui prolungamento metafisico è costituito da un potere fermo nella autotelica contemplazione della propria onnipotenza, come afferma O'Brien in questi passi: "Il fine della tortura è la tortura. Il fine del potere è il potere. […] Noi siamo i sacerdoti del potere - disse- Iddio è il potere. […] Noi controlliamo la materia perché controlliamo lo spirito. La realtà sta dentro il cranio. Non c'è nulla che non possiamo fare. Invisibilità, levitazione… Non c'è nulla che noi non possiamo fare. Io potrei librarmi su di questo pavimento come una bolla di sapone, se lo volessi. Non lo voglio, perché il Partito non lo vuole. Le facciamo noi, le leggi di natura." pag. 276-277-278 1984.
Per i membri del partito interno, il grande fratello è un comandante, uno spauracchio che possono usare per spaventare le persone, e la loro autorizzazione per fare ciò che vogliono. Se qualcuno chiede, non hanno altro da fare che affermare di essere sotto gli ordini del grande fratello. Per i prolet, il grande fratello è soltanto una figura autoritaria lontana dalla loro realtà, per Winston l'odio che prova per il grande fratello è semplicemente il motore della sua ribellione, un'ispirazione. Gli elementi dell'ecclesia ci sono proprio tutti: le già citate caratteristiche di onniscenza del Grande Fratello, la fede che viene pretesa dai membri del partito, l'uso di questa figura, della cui esistenza nulla si può provare, da parte dei ministri del culto per tenere buone le masse, addirittura Goldstein, che ricalca l'immagine biblica dell'angelo caduto, del primo ribelle. Una struttura che rimanda alle favole; una distinzione apparentemente netta fra i ruoli: il protagonista e l'antagonista, il bene da una parte, il male dall'altra. Ma è una semplicità solo apparente: la sottigliezza dell'antiutopia sta proprio nel sovvertire, ad un certo punto, l'ordine delle cose, nel capolvolgere le verità. Ed è così che in realtà scopriamo che O'Brien non era l'uomo che Winston aveva immaginato all'inizio, ma che anche nei personaggi che sembrano in realtà buoni si nascondono le spie della psicopolizia. Se i buoni fossero buoni davvero, fino in fondo, univocamente, dipinti ad una tinta sola, l'antiutopia non avrebbe ragione di esistere; ed è proprio questa sua peculiarità, che trovo profondamente reale, ad affascinarmi.
Qualcuno ci osserva?
[sfera rapporto con Dio]
Scandaglia i presupposti della mia ipotesi la psicologia delle comunicazioni, che nasce inizialmente in campo filosofico come riflessione sul linguaggio e sui nuovi mezzi di comunicazioni nel momento in cui si sta sviluppando la nascita e la diffusione dei giornali. L'ideale premessa a questa tematica la vorrei racchiudere in una citazione di un articolo apparso su Internet, intitolato "se il grande fratello mi osserva". Esso analizza la fobia (*2) sempre più comune nel mondo moderno, che qualche sovrastruttura al di fuori del nostro potere possa controllarci, e di qui la sensazione di "sentirsi in gabbia". "Mi sto rendendo sempre più conto di come ci si è lasciati andare delegando all'autorità - o meglio ad un'autorità ben precisa - il compito di manovrarci e di controllarci. Lungi da avere le tecniche ed i mezzi del potere fascista, in cui la punizione era violenta e corporale, ed in cui la morte fisica segnava la fine di ogni discorso, quella che si presenta oggi utilizza metodologie più raffinate e "familiari". Se da piccoli ci avevano insegnato la differenza tra il bene ed il male, senza mai però darci una linea mediana in cui poter sostare a riflettere, ed offrendoci una serie di gabbie socialmente riconosciute, in cui primeggiava innanzitutto il senso di colpa, la punizione meritata (masochisticamente cercata, e frutto di una cultura cattolica basata sulla punizione più che sul perdono, troppo faticoso da accettare), da adulti abbiamo continuato a seguire rigidamente questi binari. La paura sta comunque alla base di tutto, ed è sulla paura che conta l'istituzione, per evitare che si abbia un qualche pensiero libero e "rivoluzionario". Questo clima terroristico non è apparentemente spaventoso, perché ci offre tutto quello di cui abbiamo bisogno, ed in cambio vuole semplicemente la nostra libertà." (Luca Vasta) Altra metafora convincente proviene da Giovanni Sinatti, che la chiama sindrome del pesce rosso: "Immaginatevi pesce, piccolo e rosso dentro un acquario. Il luogo è bello, ben ossigenato e ricco di piante, lumache, cibo, ed altri piccoli pesci come voi; tanti: un mondo di piccoli pesci. Fuori, oltre la parete traslucida, si muovono forme strane e indistinte; a volte una grande sfera bianca, un occhio, prende forma; vi muovete e l'occhio vi segue. Provate a rinchiudervi nella vostra tana, finalmente al sicuro da sguardi indiscreti, ma in alto, nascosta dietro un sipario di alghe, un bzzzzz, la piccolissima lente di una telecamera che si muove, vi cerca, vi trova... e vi segue. La curiosità e la preoccupazione sono forti, tanto da farvi fare un salto verso la superficie, ma la vostra forza è insufficiente a superare l'orlo dell'acquario; occorre poi stare molto attenti: l'aria è veleno, non è quindi il caso di starsene là fuori." L'uomo moderno ha paura del Grande Fratello, proprio come Winston; io ho voluto cercare di capire il perché, se questo "controllo" esiste davvero, o se invece possiamo dirci solo soggiogati da una sorta di paranoia di massa. Ho constatato che sempre più spesso compaiono su autorevoli testate articoli riguardanti questa fobia. La tematica di attualità mi ha fatto porre diversi interrogativi come questi: il grande fratello è solo una metafora o esiste davvero? Perché i giornali hanno usato così spesso questo termine negli ultimi mesi? Possiamo essere del tutto certi che nessuno ci controlli? E allargando il campo: come sono trasmesse le informazioni nella società? Quanto potere possono avere i mass media? E in particolare che potere avevano quando le informazioni si diffondevano tramite la propaganda? Dobbiamo a questo punto distinguere due complesse, ma diverse tematiche: il controllo delle informazioni e la trasmissione delle informazioni.
La tematica del controllo delle comunicazioni private salta agli onori della cronaca nel 1999 quando si iniziò a parlare diffusamente del caso "Echelon". Stralci di articoli recitavano più o meno così: "Secondo la BBC, il governo australiano ha ammesso l'esistenza di un network mondiale di spionaggio in grado di controllare ogni telefonata, fax ed e-mail." Oppure: "LONDRA, 3 NOVEMBRE - Il grande Fratello esiste ed è già tra noi: ascolta le nostre telefonate e legge i nostri e-mail. L'immagine di un sistema di spionaggio e di controllo totale che può ascoltare ogni singola telefonata, fax o e-mail in ogni parte del mondo può sembrare una cosa fantascientifica ma esiste già. Il potere del network - nome in codice Echelon - è incredibile. Ogni chiamata telefonica internazionale, fax, e-mail o trasmissione radio può essere ascoltata da potenti computer capaci di riconoscimento vocale. Vengono schedati in una lunga lista con parole chiavi o modelli di messaggi, tutti in cerca di evidenza di crimini internazionali, come il terrorismo." (il resto del carlino 3 nov.1999) Ciò che i giornali rivelano in febbraio sembra però più una spy story a trama fantapolitica che un serio problema di equilibri internazionali. Comincia "Il Mondo", con un dossier che descrive nei dettagli il sistema di spionaggio e le basi segrete. L'articolo sul "network di intercettazione globale", che viene immediatamente ripreso dalla stampa internazionale, cita proprio il rapporto del Parlamento europeo. Ed "Echelon" inizia a diventare un nome familiare (la repubblica 20 marzo 1999). Il caso sembrò chiuso da un articolo de "la Repubblica" datato 26 giugno 1999 come cito:
"Il secondo rapporto Echelon, è stato commissionato, come già il primo sempre dallo Stoa, lo "Scientific and Technical Option Assessment office" del Parlamento europeo, ma affidato questa volta al giornalista investigativo inglese Duncan Campbell. Il documento ha il titolo "Valutazione delle tecnologie di controllo politico" e porta due firme: quella dello Stoa, struttura ufficiale del Parlamento europeo per le problematiche tecnico-scientifiche, e quella dall'inglese Steve Wright della Omega Foundation, organizzazione di Manchester impegnata sul fronte delle libertà civili che ha materialmente redatto il rapporto. Che viene presentato al Parlamento europeo nel gennaio 1998. Da quel momento, in tutto il mondo, i giornali cominciano a parlare di Echelon. Secondo Campbell, grazie alle intercettazioni di Echelon, il dipartimento del Commercio Usa ha passato molte informazioni alle aziende americane, che così hanno potuto battere i concorrenti di oltreoceano. Nel 1995, ad esempio, "tutti i fax e le telefonate tra il consorzio europeo Airbus e le aerolinee saudite furono utilizzati per far vincere un bando di gara da sei miliardi di dollari alla Boeing e McDonnell Douglas" (La Repubblica 26 giugno 1999). La vicenda che tutti i giornali gridarono alle orecchie di tutto il mondo come un'ipotetica concretizzazione dello spauracchio orwelliano si risolse come affermava la Repubblica in niente di più che un'ipotesi fantapolitica, anche se non bisogna ovviamente dimenticare che i sistemi di controllo esistono, come sottolinea un passo del rapporto STOA: "Le nuove tecnologie di sorveglianza sono usate per tracciare le attività di dissidenti, attivisti dei diritti umani, giornalisti, leader studenteschi, minoranze, leader sindacali e oppositori politici". Il rapporto Stoa, e con questo il Parlamento europeo, fin dalle prime battute mostra quindi un orientamento ideologico preciso e sottolinea, di Echelon, soprattutto l'aspetto di pericolo per le libertà civili e politiche. Insomma le testate giornalistiche hanno tentato di dare vita al grande fratello, ma evidentemente la vita dei singoli privati non interessa ancora a nessuna forza che pretenderebbe di controllarci, sembrerebbe, alla luce di questi dati, che il grande fratello non ci stia affatto guardando, forse al contrario sono gli uomini stessi a desiderare l'esistenza del Grande Fratello. Perché nonostante si sia detto che non esistono mezzi di controllo della vita dei cittadini incensurati, il nome del Grande Fratello continua ad essere nominato dai giornali quasi ogni giorno, anche a proposito delle famigerate web cam, una sorta di Grande Fratello domestico a cui sempre più numerose persone si sottomettono per rendere pubblico su internet qualche aspetto di sé e della propria vita. Fanno discutere i sempre più numerosi programmi televisivi che hanno come soggetto proprio la vita privata di comuni cittadini, messi sotto una lente di ingrandimento proprio con delle web cam. Sembrerebbe che la tendenza sia da un lato la fobia del venire spiati, dall'altro, al contrario, la smania di essere spiati perché l'occhio del Grande Fratello in qualche modo nobiliti aspetti di vita comune, che diversamente sarebbero banali gesti di vita quotidiana. Se nella realtà descritta in 1984 gli uomini temevano il Grande Fratello, nella realtà di oggi sembra che gli uomini pensino che dal momento che il Grande Fratello ( che potrebbe essere diventato gli occhi dei milioni di spettatori della comunità virtuale) ci sta guardando, la nostra vita, sottratta all' anonimità, acquisti importanza. Concludendo: nel bene o nel male, sembra che l'uomo del post-1984 non riesca a fare a meno di questa invenzione orwelliana, l' "uomo nero" per antonomasia.
Passiamo ora alla tematica della trasmissione delle informazioni; è la sociologia a studiare il fenomeno delle comunicazioni che ci interessa, quelle di massa. Caratteristiche delle comunicazioni di massa:
• È istituzionalizzata: l'azione culturale dei media risponde ad un complesso organico di norme che coordina individui e gruppi diversi, finalità sociali riconosciute ed ideologie a legittimarla e a sostenerla.
• È organizzata a diversi livelli: amministrativo, redazionale e tecnico.
• È inserita nel tessuto sociale, (la situazione è diversa nei regimi totalitari dove le masse sono in posizione di dipendenza);
• Si rivolge ad un pubblico vasto, eterogeneo, anonimo.
• Tratta conoscenze generiche a tutto campo, (nei regimi totalitari la comunicazione è prevalentemente strumentale);
• Media fra realtà ed esperienza diretta:
o Fa da filtro;
o Opera una selezione dei dati;
o Interpreta i dati;
o Li spinge in una direzione o in un'altra;
o Distorce le informazioni;
o Nasconde verità;
• È di dominio pubblico;
• È pervasiva: i mass media sono una presenza costante e con grande capacità di penetrazione e diffusione, per questo le persone difficilmente si sottraggono alla loro influenza (vedi teorie);
• È onnicomprensiva diffonde conoscenze di ogni tipo, di carattere pubblico, rivolgendosi a persone qualunque, pervadono in modo capillare la società.
Le prime riflessioni che incontriamo nella storia sono di Nietzsche, che sottolinea la relatività dei fatti trasmessi dai mezzi di comunicazione, Ortega y Gasset, pone in luce come la massa travolga tutto ciò che è differente, singolare ed individuale e prende in esame la condizione acritica dell'uomo della cultura di massa. Secondo Cooley, invece, le nuove condizioni di comunicazione dovrebbero far emergere le diversità, ed infine Lippamnn ritiene che i mass media forniscano un ritratto semplificato e schematico della realtà. Si sono sviluppate diverse teorie sui mass media:
Bullet Theory: secondo questa teoria i media sono potenti strumenti di persuasione che agiscono quasi automaticamente su riceventi passivi e inerti. I messaggi sono come pallottole, quando un individuo è colpito o punto può opporre resistenza, ma le sue risposte cedono. Il contenuto gli viene inoculato, per cui risulta persuaso. Ciò riuscirebbe a spiegare come ad esempio la propaganda nazista riuscì a convincere un così largo numero di persone ad appoggiare un'ideologia che solo pochi anni prima sarebbe risultata insostenibile. Inoltre le persone in quel particolare periodo storico erano vulnerabili ed i mezzi di comunicazione nuovi, per cui non se ne aveva sufficiente esperienza. Le campagne di propaganda trovavano terreno fertile in gente impreparata e riuscivano facilmente nei loro intenti manipolatori. Orwell non fa altro, nel caso di 1984, di esasperare una situazione realmente avvenuta, mutandola in un vero e proprio mondo dove non esiste più la verità. L'adesione incondizionata all'ideologia del Partito della quasi totalità della popolazione, ci potrebbe fare pensare ad uno dei modi possibili se l'ascesa del nazismo e delle dittature in generale non si fosse fermata. Alla bullet theory fanno da sfondo la teoria della cultura di massa secondo la quale i mezzi di comunicazione agiscono sulle singole persone. I mass media non agiscono quindi su di una comunità in cui già circola l'informazione, ma su ciascuna persona presa singolarmente. Per gli autori della bullet theory questo è possibile proprio perché la cultura di massa rende anonimi e isolati, sradicati dal tessuto comunitario. Dal comportamentismo si trae l'idea che gli individui sono plasmati dall'ambiente e che i comportamenti sono dettati da gli stimoli esterni. I mass media, in quanto importante fonte di stimoli presente nell'ambiente, ovviamente condizionano la gente.
La scuola di Lazarsfeld: mette in discussione la bullet theory affermando che il destinatario del messaggio è un fruitore attivo dei media, integrato nell'ambiente sociale primario. Il ricevente quindi non è un bersaglio che se ne sta passivamente in attesa di essere colpito dal messaggio persuasivo, ma al contrario un consumatore attivo di media, che sceglie cosa leggere e cosa ascoltare alla radio o vedere alla tv. È chiaro però, che nel nostro contesto, alle trasmissioni radio o sui giornali l'unico punto di vista illustrato era quello che sosteneva l'ideologia dominante, e quindi il ricevente poteva fruire di un solo tipo di messaggio che appoggiata quel tipo di regime. Il loro lavoro consiste nello studio del consumo dei media. Lazarsfled e i suoi collaboratori elaborano la teoria degli effetti limitati i quali affermano che i mass media sono deboli, poiché rafforzerebbero convinzioni e posizioni gia presenti anche in maniera latente nelle persone. I meccanismi che spiegherebbero questo fenomeno sarebbero due: un primo momento in cui vi è l'esposizione selettiva, e un secondo momento di elaborazione dell'informazione attraverso gli scambi quotidiani. Importanza viene data anche agli opinion leader quelle persone cioè che facevano da intermediari nei riguardi delle stimolazioni provenienti dai media.
Teoria critica: si affaccia nell'immediato dopoguerra grazie alla scuola di Francoforte, sostiene che occorre prendere coscienza del fatto che i mass media rappresentano un'industria culturale volta ad asservire la gente, controllandola psicologicamente, tenendola in uno stato che scoraggia ogni forma di discussione e di opposizione. La teoria critica presenta certamente punti di contatto con la teoria della cultura di massa, perché le descrizioni di fruitori e prodotti sono molto simili. La visione qui però è tutt'altro che elitaria, poiché l'intento è quello di riscattare le masse. Diversa è anche la spiegazione storica delle origini della cultura di massa. Per i francofortesi la gente non è venuta a trovarsi nel caos culturale spontaneamente o per effetto di circostanze storiche come la dissoluzione dei valori, la perdita del sostegno della religione o lo sviluppo tecnologico.Il danno è stato espressamente prodotto dall'industria culturale. Per l'analisi degli effetti dei media la teoria critica ricorda la bullet theory. Tuttavia l'analisi psicologica di Horkheimer e Adorno, non parte dal presupposto che i media travasino i contenuti nelle teste della gente, ma va ad indagare lo stato in cui si viene a trovare il ricevente.La concezione della scuola di Francoforte affonda indubbiamente le sue radici nelle teorie del conflitto e ha rapporti col marxismo. La società è teatro di lotte, con una parte che domina e un'altra sottomessa. Molte realtà sociali giustificate ideologicamente facendo appello a una ragione o all'altra sono, in effetti, mezzi di dominio

Esempio