Sicurezza in Bassa Tensione

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Testo

LA SICUREZZA ELETTRICA IN BASSA TENSIONE
1. Principi di sicurezza
Può essere definito sicuro ciò che è esente da pericoli. In altre parole, se si presuppone che una apparecchiatura elettrica possa essere pericolosa, sarà necessario, attraverso opportune contromisure, renderla sicura. Se si considera un insieme di N apparecchi funzionanti nelle medesime condizioni e si chiama g(t) l’insieme tra questi apparecchi che presentano un guasto dopo un certo tempo t, è possibile definire la grandezza P(t) come il pericolo che si verifichi questo guasto dopo un tempo t. Il pericolo che questo accada potrà essere espresso da un numero compreso tra 0 e 1 e rappresenta la probabilità che questo evento si verifichi in un tempo t prestabilito. La grandezza S(t) viene definita sicurezza rispetto al guasto.
1.1 Pericolo e sicurezza
Il pericolo può essere definito come la probabilità che si verifichi un evento sfavorevole da cui possa derivare grave danno. Se N è l' insieme di apparecchi funzionanti nelle medesime condizioni (tensione, temperatura, tempo, etc....) e g(t) l'insieme di apparecchi che dopo un tempo t presentano un certo guasto si ottiene:
P(t) = g(t) / N S(t) = 1 - P(t)
1.2 Tasso di guasto
Parlando di sicurezza e rischio di guasto di apparecchiature elettriche, possiamo introdurre una grandezza che definisce la bontà di una apparecchiatura in termini di affidabilità: il tasso di guasto. Il tasso di guasto viene definito come il rapporto tra gli oggetti guasti dopo un tempo t e il numero di quelli che non hanno presentato il guasto. Se si suppone il tasso di guasto costante nel tempo si può arrivare all’espressione seguente.
n(t) = N - g(t) S(t) = n(t) / N = e--t (1.1)
Dalla 1.1 si deduce che la sicurezza di un sistema o di una apparecchiatura decresce all’aumentare del tempo di esposizione al pericolo. La sicurezza tende a zero per un tempo t tendente all’infinito anche se lambda (m) ha un valore molto piccolo. Si dice che si ha “sicurezza zero” quando non si deve attendere un guasto per il verificarsi di una situazione sfavorevole per le persone (lambda tendente a infinito).
1.3 Definizione di rischio
Non sempre come conseguenza di un evento sfavorevole si ha un danno. Questo vuol dire che anche il danno ha una certa probabilità di verificarsi. Dall’espressione del rischio r(t) si può notare come esso dipenda dal prodotto kd. Ad un danno maggiore può quindi non corrispondere un rischio maggiore. Il prodotto kd viene chiamato “danno probabile”. Se k è la probabilità che si verifichi il danno in conseguenza di un guasto e d l' entità del danno si ottiene:
r(t) = P(t) kd (1.2)
1.4 Affidabilità della sicurezza di un sistema
La probabilità che un’apparecchiatura non presenti difetti o guasti durante un certo tempo prestabilito di funzionamento si dice affidabilità. Le parole affidabilità e sicurezza non vanno però confuse tra di loro in quanto non esprimono lo stesso concetto ; la prima si riferisce a tutti i guasti che possono pregiudicare il buon funzionamento dell’apparecchiatura, la seconda si riferisce solo a quelli che pregiudicano la sicurezza della stessa. Nella determinazione della sicurezza globale di un sistema si distinguono fondamentalmente due sistemi : sistemi “serie” e sistemi “parallelo”. Nel primo caso il tasso di guasto complessivo è pari alla somma dei singoli tassi di guasto per cui la sicurezza risultante è minore della sicurezza del componente meno sicuro. Nel secondo caso la sicurezza aumenta con il numero di componenti ed è maggiore della sicurezza del componente più sicuro.
1.5 Livello di sicurezza accettabile
Un danno può verificarsi per cause di natura sconosciuta o non prevedibili (cause di forza maggiore) oppure a causa di un rischio previsto e ritenuto accettabile o per il fallimento delle misure di protezione adottate (cause fortuite). Poiché non è tecnicamente ed economicamente possibile ridurre il rischio a zero occorre definire un “livello di sicurezza accettabile” (fig. 1.1).
Fig. 1.1 - Curva sicurezza-costo
Il compromesso tra economia e sicurezza ci fornisce il livello di sicurezza accettabile, tenendo però presente tutti i parametri che determinano il buon funzionamento di un impianto o di una apparecchiatura. La curva sicurezza-costo di figura presenta un asintoto orizzontale per il valore di S = 1 equivalente ad un costo infinito. Poiché tutte le misure che contribuiscono al miglioramento della sicurezza di un sistema comportano un costo è ovvio che si deve stabilire il massimo costo possibile e la minima sicurezza accettabile per poi poter adottare le necessarie misure di protezione. Normalmente si procede confrontando l’incremento di sicurezza per unità di costo e, dato un tipo di curva sicurezza-costo come quello di figura, quando l’incremento di sicurezza è irrilevante rispetto alle risorse investite si trova il punto voluto.
2. Elettrofisiologia
2.1 Variazioni di potenziale e attività biologica
Sono molto conosciuti gli esperimenti che Galvani fece alla fine del XVIII sulla contrazione del muscolo di una rana per l’applicazione di una differenza di potenziale elettrico. Da allora, la conoscenza dei fenomeni elettrici inerenti il corpo umano e degli effetti della corrente elettrica esterna introdotta su di essi, sono ampiamente studiati in una disciplina scientifica denominata elettrofisiologia. Le variazioni di potenziale prodotte dall’attività biologica, all’interno del corpo umano sono indicative del funzionamento normale o anormale di alcuni organi: cuore (elettrocardiogramma), cervello (elettroencefalogramma), muscoli (elettromiogramma), occhio (retinogramma).
2.2 Potenziale di riposo
Il corpo umano, in gran parte composto di una soluzione salina conduttrice, si può dire sia costituito da un insieme di atomi o gruppi di atomi che, quando perdono o acquistano elettroni, sono chiamati ioni (cationi, se hanno perso elettroni oppure anioni, se hanno acquistato elettroni); sono tali le cellule (Fig. 2.1) o il liquido interstiziale che le separa. Ioni K+, Na+, Cl+, ecc.., che si muovono verso zone di minor concentrazione e che sono soggetti al campo elettrico generato dall’insieme degli altri ioni. Poiché la cellula ha verso gli ioni un comportamento di tipo selettivo, gli ioni non si diffondono allo stesso modo dentro e fuori la cellula (ad esempio la cellula è molto permeabile allo ione potassio piuttosto che allo ione sodio). Lo ione K+ viene trasportato all’interno della cellula mentre lo ione Na+ viene espulso con la tipica azione di pompaggio biochimico a spese dell’organismo (pompa metabolica). La cellula viene quindi a possedere un potenziale negativo all’interno rispetto all’esterno (potenziale di riposo). Nei mammiferi le cellule del sistema nervoso centrale presentano un potenziale di riposo di 70 mV: una differenza di potenziale notevole se si considerano le piccole dimensioni della cellula.
Fig.2.1 - E' possibile misurare il potenziale che presenta la cellula, negativo all'interno rispetto all'esterno, tramite un millivoltmetro
La membrana cellulare separando cariche elettriche si comporta come un condensatore . La membrana non è perfettamente isolante ed è attraversata da un certo numero di ioni perciò, oltre ad un valore di capacità, presenterà anche una resistenza elettrica. Il modello elettrico semplificato delle cellule umane sarà perciò rappresentato da un condensatore C in parallelo con una resistenza R e da un generatore di tensione che rappresenta il potenziale di riposo determinato dalla diversa concentrazione di ioni nella cellula (Fig. 2.2).

Fig. 2.2 Schema elettrico equivalente di una cellula.
2.3 Potenziale d’azione
Se si applica ad una cellula eccitabile un impulso di corrente di polarità inversa a quella della cellula stessa, il potenziale da negativo diviene positivo per ritornare di nuovo al valore iniziale. Quando lo stimolo elettrico eccita la cellula, aumenta notevolmente la permeabilità della membrana agli ioni sodio che, entrando nel citoplasma della cellula, prima la depolarizzano, annullando la differenza di potenziale tra interno ed esterno, e poi ne causano l’inversione di polarità. L’ampiezza minima dell’impulso di corrente necessario ad eccitare la cellula e a determinarne l’inversione del potenziale decresce con l’aumentare della durata per tendere ad un valore costante secondo una curva simile ad un’iperbole equilatera denominata curva di eccitabilità . Uno stimolo elettrico riesce a eccitare la cellula soltanto se produce un flusso di corrente la cui intensità e durata sono superiori ad una soglia che prende il nome di reobase. Per stimoli di intensità superiore alla reobase, l'eccitazione avviene soltanto se la durata dello stimolo e l'intensità di corrente sono al di sopra della curva mostrata in figura 2.3. Questa curva rappresenta il limite per cui uno stimolo riesce a eccitare una cellula .
Fig. 2.3 - Curva di eccitabilità di una cellula
2.4 Soglia di percezione
I segnali elettrici connessi con l’attività biologica controllano il funzionamento dei vari organi e vengono trasmessi dai neuroni del sistema nervoso. Stimoli elettrici che superano la soglia di eccitabilità e che provengono dall’esterno possono risultare pericolosi e influire sulle funzioni vitali. La pericolosità di questi stimoli può variare a seconda dell’intensità e della natura della corrente, dalla durata del contatto, dalla costituzione fisica della persona colpita (massa corporea e stato di salute) e dalla frequenza. Correnti a maggior frequenza sono meglio sopportate in quanto la durata dell’impulso necessario ad eccitare la cellula, inversamente proporzionale alla frequenza, diminuisce all’aumentare della frequenza e quindi è necessario aumentare l’intensità dello stimolo per provocare la modificazione del potenziale di riposo della cellula. Inoltre la pericolosità della corrente elettrica diminuisce perché questa tende a passare attraverso la pelle. Il fenomeno descritto si chiama appunto “effetto pelle” poiché i danni provocati dal passaggio della corrente elettrica interessano solo la pelle e non gli organi vitali. Anche la corrente continua può essere pericolosa ma è necessaria un’intensità maggiore di quella alternata a 50 Hz a causa di un fenomeno che avviene nella cellula sottoposta ad uno stimolo continuo detto di accomodazione: in presenza di uno stimolo ininterrotto la cellula si adatta alla nuova situazione aumentando la sua soglia di eccitabilità. Il valore di corrente percepibile da una persona è un fatto individuale che dipende da diversi fattori: non è facile determinare i minimi valori di corrente che superano la soglia di percezione e quindi si ricorre a criteri statistici e a metodi sperimentali.
2.5 Effetti dell’elettricità sul corpo umano
Quando una corrente elettrica attraversa un corpo umano può produrre effetti pericolosi consistenti generalmente in alterazioni delle varie funzioni vitali, in lesioni al sistema nervoso, ai vasi sanguigni, all’apparato visivo e uditivo, all’epidermide ecc.. Alcuni tra questi effetti risultano essere particolarmente pericolosi.
2.5.1 Tetanizzazione
Si contraggono i muscoli interessati al passaggio della corrente, risulta difficile staccarsi dalla parte in tensione prolungando quindi il contatto e provocando effetti ancora più dannosi - Il valore più grande di corrente per cui una persona é ancora in grado di staccarsi della sorgente elettrica si chiama corrente di rilascio e mediamente é compreso tra i 10mA e i 15mA per una corrente di 50Hz. Da notare che correnti molto elevate non producono solitamente la tetanizzazione perché quando il corpo entra in contatto con esse, l’eccitazione muscolare é talmente elevata che i movimenti muscolari involontari generalmente staccano il soggetto della sorgente.
2.5.2 Arresto della respirazione
Una complicanza dovuta alla tetanizzazione è la paralisi dei centri nervosi che controllano la respirazione. Se la corrente elettrica attraversa i muscoli che controllano il movimento dei polmoni, la contrazione involontaria di questi muscoli altera il normale funzionamento del sistema respiratorio e il soggetto può morire soffocato o subire le conseguenze di traumi dovuti all’asfissia. In questi casi il fenomeno è reversibile solo se si provvede con prontezza, anche con l’ausilio della respirazione artificiale, al soccorso dell’infortunato per evitare danni al tessuto cerebrale.
2.5.3 Fibrillazione ventricolare
E’ l’effetto più pericoloso ed è dovuto alla sovrapposizione delle correnti provenienti dall’esterno con quelle fisiologiche che, generando delle contrazioni scoordinate, fanno perdere il giusto ritmo al cuore. Il cuore ha la funzione di pompare il sangue lungo le vene e le arterie del corpo. Per questo scopo, i muscoli del cuore, chiamati fibrille, si contraggono e si espandono ritmicamente a circa 60/100 volte al minuto (sistole e diastole). Questi movimenti sono coordinati da un vero e proprio generatore d’impulsi elettrici ; il nodo seno-atriale. Appositi tessuti conduttori si incaricano di propagare questi impulsi che, passando attraverso il nodo chiamato atrio-ventricolare, arrivano alle fibre muscolari del cuore. Quando gli impulsi elettrici arrivano alle fibrille, queste ultime producono le contrazioni dando luogo al battito cardiaco. Il cuore, proprio a causa della natura elettrica del suo funzionamento, è particolarmente sensibile a qualunque corrente elettrica che proviene dall’esterno, sia essa causata da uno shock elettrico o introdotta volontariamente come nel caso del pace-maker. La corrente generata dal pace-maker è semplicemente un supporto agli impulsi elettrici prodotti nel nodo seno-atriale e non produce anomalie nel normale funzionamento del cuore ma lo aiuta a correggere certe disfunzioni. Una corrente esterna che attraversa il cuore potrebbe in questo caso avere effetti molto gravi per l’infortunato perché potrebbero alterarsi la sincronizzazione è il coordinamento nei movimenti del cuore con la paralisi dell'operazione di pompaggio del sangue. Questa anomalia si chiama fibrillazione ed é particolarmente pericolosa nella zona ventricolare perché diventa un fenomeno non reversibile in quanto il fenomeno persiste anche se lo stimolo é cessato. Meno pericolosa, grazie alla sua natura reversibile, è invece la fibrillazione atriale. La fibrillazione ventricolare é reversibile entro i primi due o tre minuti soltanto se il cuore é sottoposto ad una scarica elettrica molto violenta. Solo così si possono evitare gravi danni al tessuto del cuore stesso, al cervello e nel peggiore dei casi la morte dell’infortunato. Per raggiungere lo scopo viene impiegato il defibrillatore, un'apparecchiatura medica che applica un impulso elettrico al torace dell'infortunato tramite due elettrodi. I fattori che possono rendere probabile l’innesco della fibrillazione ventricolare sono diversi. I più significativi sono:
• L’intensità della corrente che attraversa il corpo di cui una piccola parte passa attraverso il cuore e causa la fibrillazione. E’ molto difficile la determinazione di risultati affidabili poiché nonostante i numerosi studi che sono stati realizzati per valutare il minimo valore di corrente che può dare inizio a questo fenomeno, l’impossibilità di realizzare esperimenti diretti con l'uomo rendono molto difficoltosa una raccolta di dati sufficientemente attendibili.
• Ogni individuo reagisce in modo diverso al passaggio della corrente per cui la quantità di corrente necessaria ad innescare la fibrillazione può variare da caso a caso ; nonostante questo, il percorso seguito dalla corrente ha una grande influenza sulla probabilità d’innesco. Per questo motivo è stato definito un “fattore di percorso” che indica la pericolosità dei diversi percorsi seguiti dalla corrente considerando come riferimento il percorso mano sinistra-piedi.
Elettrofisologia (3)

Percorso
Fattore di percorso
Mani - Piedi
1
Mano sinistra - Piede sinistro
1
Mano sinistra - Piede destro
1
Mano sinistra - Entrambi i piedi
1
Mano sinistra - Mano destra
0,4
Mano sinistra - Dorso
0,7
Mano sinistra - Torace
1,5
Mano destra - Piede sinistro
0,8
Mano destra - Piede destro
0,8
Mano destra - Entrambi i piedi
0,8
Mano destra - Dorso
0,3
Mano destra - Torace
1,3
Glutei - Mani
0,7
Tab. 2.1 - Fattori di percorso
• Ogni individuo reagisce in modo diverso al passaggio della corrente per cui la quantità di corrente necessaria ad innescare la fibrillazione può variare da caso a caso ; nonostante questo, il percorso seguito dalla corrente ha una grande influenza sulla probabilità d’innesco. Per questo motivo è stato definito un “fattore di percorso” (tab 2.1) che indica la pericolosità dei diversi percorsi seguiti dalla corrente considerando come riferimento il percorso mano sinistra-piedi.
• Si ha un istante di tempo in cui il ciclo cardiaco normale é molto instabile per cui, se lo shock coincide con questo istante esiste un'elevatissima probabilità di innesco della fibrillazione. Questo periodo d'instabilità si chiama “periodo vulnerabile.
• La probabilità d’innesco della fibrillazione aumenta se l’infortunato é in contatto con la corrente esterna per una durata maggiore del ciclo cardiaco.
2.5.4 Ustioni
Sono prodotte dal calore che si sviluppa per effetto Joule dalla corrente elettrica che fluisce attraverso il corpo (per esempio, se attraverso la pelle si innesca un flusso di corrente la cui densità è di circa 60 milliampere al mm2, questa verrà carbonizzata in pochi secondi).
2.6 Limiti di pericolosità della corrente elettrica
I limiti convenzionali di pericolosità della corrente elettrica sia alternata che continua, in funzione del tempo per cui fluisce attraverso il corpo umano, sono stati riassunti in un grafico tempo-corrente (dati IEC).
Per correnti alternate (fig. 2.4) fino a:
- 0,5 mA (soglia di percezione) il passaggio di corrente non provoca nessuna reazione qualunque sia la durata;
- 10 mA (limite di rilascio - durata qualsiasi) non si hanno in genere effetti pericolosi;
- >10 mA non pericolosa se la durata del contatto è decrescente rispetto al valore di corrente.
Fig. 2.4 - Zone di pericolosità convenzionali IEC della corrente elettrica alternata sinusoidale a 50, 60 Hz .
Il piano tempo corrente e stato suddiviso in quattro zone:
Zona 1 - Retta “a” di equazione I=0,5 A in cui normalmente non si hanno effetti dannosi;
Zona 2 - Tra la retta “a” e la curva “b” di equazione I=10+10/t (mA), con asintoto verticale I=10 mA non si hanno normalmente effetti fisiopatologici pericolosi;
Zona 3 - Tra la curva “b” e la curva “c” (soglia di fibrillazione ventricolare) possono verificarsi effetti quasi sempre reversibili che possono divenire pericolosi se a causa del fenomeno della tetanizzazione, che impedisce il rilascio, ci si porta nella zona 4 ;
Zona 4 - La pericolosità aumenta allontanandosi dalla curva “c” . Si può innescare la fibrillazione con conseguente arresto cardiaco, arresto della respirazione e ustioni.
Per contatti con la corrente continua la curva di pericolosità è leggermente diversa da quella vista in precedenza (fig. 2.4) tempo-corrente dove le correnti diventano pericolose per valori leggermente superiori rispetto alle correnti in alternata (fig. 2.5) .

Fig. 2.5 - Zone di pericolosità convenzionali IEC della corrente elettrica continua
Elettrofisologia (4)
In figura 2.6 sono sintetizzate le conseguenze del passaggio della corrente elettrica nel corpo umano.
Fig. 2.6 - Conseguenze del passaggio della corrente elettrica alternata nel corpo umano
La pericolosità della corrente diminuisce all'aumentare della frequenza poichè ad alte frequenze la corrente tende a passare solo attraverso la pelle. Il fenomeno si chiama appunto effetto pelle e le lesioni provocate dal passaggio della corrente elettrica sono solo superficiali e non interessano organi vitali. Dalla figura 2.7 si può notare come le correnti a frequenza di 50 cicli al secondo si trovino nella fascia di frequenze più pericolose. In fig. 2.8 sono indicate la soglia di percezione e quella di dolore per scariche impulsive (considerando il valore della tensione di picco dell'impulso, sempre minore di 10 ms, e la quantità di carica trasferita).

Fig. 2.7 - Pericolosità della corrente elettrica al variare della frequenza
Fig. 2.8 - Pericolosità delle correnti impulsive (durata dell'impulso minore di 10 ms)
2.7 Resistenza elettrica del corpo umano
Dare dei valori precisi alla resistenza elettrica del corpo umano risulta piuttosto difficoltoso essendo questa influenzata da molte variabili: percorso della corrente, stato della pelle (presenza di calli, sudore, umidità, tagli, abrasioni ecc..), superficie di contatto, tensione di contatto (sperimentalmente si è visto che all’aumentare della tensione diminuisce la resistenza). Come tale è possibile valutarla solo statisticamente e quindi le norme CEI fanno riferimento a valori convenzionali riferiti ad un campione medio di popolazione. Nel caso che il contatto avvenisse tramite strati isolanti (guanti, calzari, pedane ecc.) alla Rc occorre ovviamente aggiungere la resistenza di tali materiali.
Fig. 2.9 Circuito equivalente del corpo umano tra due punti
Dal circuito equivalente di fig. 2.9 si può rilevare che Rs e Cs sono la resistenza e la capacità dei punti di contatto mentre Ri è la resistenza interna del corpo umano. Tali valori possono essere diversi a seconda dei casi e l’impedenza capacitiva è rilevante solo per frequenze superiori a 1000 Hz . A frequenza industriale l’impedenza Z si riduce alle sole resistenze del corpo umano. Si è visto che la corrente elettrica può risultare pericolosa a partire da valori di 10 mA. Ai fini pratici è più conveniente riferirsi ai valori di tensione che sono in grado di far circolare una particolare corrente piuttosto che a dei valori di corrente veri e propri. Vedremo più avanti come vengono determinati i valori di Rc e i valori di tensione considerati pericolosi.
Il terreno come conduttore elettrico (1)
3. Il terreno come conduttore elettrico
3.1 La resistenza di terra
Se a due elettrodi (dispersori) conficcati nel terreno viene applicata una d.d.p. il terreno svolge la funzione di conduttore elettrico. Ogni porzione elementare del terreno offre una resistenza tanto più piccola quanto più è lontana dal dispersore (per la verifica si è usato un dispersore emisferico di raggio “r0“ perché ad una certa distanza, qualunque sia la forma del dispersore, le linee equipotenziali diventano emisferiche). Si dice resistenza di terra Rt la somma delle resistenze elettriche elementari di queste porzioni di terreno. Ad una certa distanza dal dispersore la sezione diventa così grande che la resistenza è pressoché nulla mentre nelle immediate vicinanze le sezioni attraverso le quali fluisce la corrente si rimpiccioliscono e la resistenza aumenta. Per quanto detto sopra si definisce equivalente emisferico di un dispersore qualsiasi il dispersore di forma emisferica avente la stessa resistenza.
Fig. 3.1 - Andamento del potenziale nel terreno per dispersione con elettrodo emisferico.
3.2 I potenziali del terreno
Nel circuito (bipolo) equivalente alla Rt un polo è rappresentato dal dispersore, l’altro da un punto all’infinito a potenziale zero (punto sufficientemente lontano dal dispersore tale da poter essere considerato a potenziale zero).
Fig. 3.2 - a) Punto all’infinito a potenziale zero. b) Resistenza di terra di un dispersore.
3.3 Dispersori in parallelo
Due elettrodi possono essere considerati in parallelo quando è zero il potenziale prodotto dall’uno sull’altro. In teoria i dispersori non sono mai in parallelo (solo all’infinito l’influenza reciproca è nulla) anche se in pratica è sufficiente che siano distanti circa d>10r0 per poter essere considerati in parallelo (r0=raggio dell’equivalente emisferico del dispersore).
3.4 Resistenza verso terra di una persona
I piedi possono essere assimilati a due piastre circolari di raggio rp . Per comodità assumiamo la piastra di raggio rp=1/10 m per cui la resistenza di terra di ciascun piede vale:
(3.1)
(( = resistività del terreno in m)
Potendoli considerare come due dispersori in parallelo la resistenza di terra del “dispersore piedi” Rtc di una persona vale circa 2 . Se si indica con Rc la resistenza del corpo umano, Rc+Rtc rappresenta la resistenza della persona e del terreno fino ad un punto preso all’infinito. A questa, se la persona si trova in locale chiuso, andrebbe aggiunta la resistenza del pavimento.
3.5 Tensione di contatto (UC) di passo (UP)
Le tensioni di passo e di contatto sono due grandezze fondamentali per la sicurezza. Si riferiscono infatti ai rischi di fenomeni di elettrocuzione e rappresentano le tensioni alle quali possono essere accidentalmente sottoposti gli esseri umani. La tensione di contatto è la differenza di potenziale alla quale può essere soggetto il corpo umano in contatto con parti simultaneamente accessibili, escluse le parti attive, durante il cedimento dell’isolamento (fig. 3.3 ).
Fig. 3.3 - Tensione di contatto - Significato e circuito equivalente
Il circuito equivalente consente di risalire con facilità alla tensione UC. Ricordando che la corrente che attraversa il corpo umano è una piccala frazione della corrente di guasto Ig con sufficiente approssimazione si ottiene:
(3.2)
La tensione di passo è la differenza di potenziale che può risultare applicata tra i piedi di una persona alla distanza di un passo (convenzionalmente un metro) durante il cedimento dell’isolamento (fig. 3.4).

Fig. 3.4 - Tensione di passo - Significato e circuito equivalente
Con riferimento allo schema equivalente si può calcolare la UPcon la formula:
(3.3)
Dagli schemi equivalenti si può rilevare l’importanza che può assumere il valore delle resistenze R2 ( legate alla resistenza dello strato superficiale del terreno) che potrebbe essere, per ottenere un resistività più alta, realizzato con materiali appositi (ghiaia, bitume, ardesia, ecc..).
Il terreno come conduttore elettrico (2)
3.6 Tensione totale e tensione di contatto
La carcassa di un apparecchio messa a terra (collegata ad un dispersore) che disperde la corrente di guasto Ig assume una tensione:
(3.4)
Ut = tensione totale di terra
Una persona che toccasse tale carcassa durante un guasto d’isolamento è soggetta ad una tensione Uc (tensione di contatto) che può essere minore o al limite uguale alla Ut. La situazione più pericolosa si ha se il contatto avviene lontano dal dispersore in un punto del terreno in cui il potenziale è prossimo allo zero. Se ad esempio il punto di contatto avvenisse tramite una conduttura idrica la resistenza di contatto verso terra della persona Rtc sarebbe molto piccola aumentando la tensione di contatto Uc fino a farla coincidere in modo sensibile alla tensione totale di terra Ut. La tensione, preesistente al contatto, che si stabilisce tra la carcassa e il posto che potrebbe essere occupato dalla persona, si chiama tensione di contatto a vuoto Uc0 che può essere usata, in favore della sicurezza, al posto della Uc. La tensione di contatto dipende essenzialmente dalla Rc del corpo umano. Se al limite la Rc fosse infinita, attraverso il corpo umano non passerebbe alcuna corrente pur avendo applicata la Uc0 e la sicurezza sarebbe la più elevata possibile. Purtroppo la Rc non solo non è infinita ma pure di difficile valutazione e quindi si è dovuto raggiungere un compromesso assumendo dei valori di Rc convenzionali (valori non superati dal 5% della popolazione), in condizioni asciutte con area degli elettrodi di 80cm2. La resistenza del corpo umano dipende da diversi fattori ma soprattutto dal percorso della corrente, dalle condizioni ambientali, dalla superficie di contatto degli elettrodi con la pelle e dalla tensione. Normalmente la corrente fluisce in un percorso mani-mani o mani-piedi mentre se è elevata la probabilità che il percorso della corrente sia diverso si configura il “luogo conduttore ristretto” per il quale occorre prendere particolari misure di sicurezza. Il percorso mano-mano è meno pericoloso del percorso mani-piedi (la Rc è minore e la probabilità di innescare la fibrillazione cardiaca è minore rispetto al percorso verticale) tuttavia nel percorso verticale la Rc ha in serie la resistenza verso terra della persona Rtc che è a favore della sicurezza, tanto che per valori di Rtc elevati diventa più pericoloso in certi casi il percorso trasversale mano-mano. Da queste considerazioni per tracciare la curva di sicurezza ci si è prudenzialmente riferiti al percorso mani-piedi di una persona che afferra un apparecchio elettrico con le due mani e con i due piedi appoggiati al suolo. Sono stati esaminati diversi tipi di pavimenti a secco e a umido ed è stato assunto un valore di Rtc di 1000 (largamente cautelativo) per i luoghi ordinari e di 200 in condizioni particolari (all’aperto, in mancanza del pavimento, la Rtc equivale a circa due volte la resistività del terreno, identificata come la resistenza di una piastra metallica appoggiata sul terreno di area equivalente a quella dei piedi, e quindi è prudenziale per resistività del terreno superiori a 100 em ) trascurando, a favore della sicurezza, la resistenza delle calzature. Nella tabella 3.5.1 sono riportati i valori di resistenza in funzione della tensione nel percorso mani-piedi (CEI 1335 P, art.5) dalla quale si ricava per ogni valore di tensione la corrente che fluisce attraverso la resistenza Rc+Rtc . Il valore di corrente così calcolato va riportato sulla curva di sicurezza tempo corrente dalla quale è facile ricavare il tempo per cui può essere tollerato quel valore di tensione. Questi valori sono raccolti nella tabella 3.1 e vengono utilizzati per tracciare la curva di sicurezza tensione/tempo (la Rc ha lo stesso valore sia in condizioni ordinarie che in condizioni particolari in quanto non è influenzata in modo significativo dalle condizioni ambientali).
Tensione di contatto
Valori di Rc che non sono superati dal 5% della popolazione
(percorso mani - piedi)
25 V
50 V
75 V
100 V
125 V
220 V
700 V
1000 V
val. asintotico
875 8
725 7
625 6
600 6
562 5
500 5
375 3
350 3
325 3
Tab. 3.1. - Valori della resistenza Rc al variare della tensione
Tensione di contatto
Condizioni ordinarie
Condizioni particolari
Rc+Rtc
I
t
Rc+Rtc
I
t
25 V
50 V
75 V
90 V
110 V
150 V
230 V
280 V
500 V
------
1725 111625 1
1600 1 1535
1475 1
1375 1
1370 1
1360 1
------ 29 mA
46 mA 56 mA 72 mA 102 mA 167 mA 204 mA 368 mA
------
5 s
0,60 s 0,45 s 0,36 s 0,27 s 0,17 s 0,12 s
0,04 s
1075 1
925 9
825 8
780 77
730 7
660 6
575 5
570 5
------
23 mA 54 mA 91 mA 115 mA 151 mA 227 mA 400 mA 491 mA ------
5 s
0,47 s
0,30 s
0,25 s
0,18 s
0,10 s
0,03 s
0,02 s
------
Tab. 3.2. - Curve di sicurezza tensione - tempo
3.7 La curva di sicurezza
Per la sicurezza, più che ai limiti di corrente pericolosa, ci si riferisce ai limiti di tensione pericolosa.
Fig. 3.5 - Curve di sicurezza tensione-tempo in condizioni ambientali particolari e ordinarie
Ovviamente sia la corrente che la tensione sono legati dalla legge di Ohm: Rc e Uc oppure, a favore della sicurezza, Rc + Rtc e UC0. Poiché i valori di Rc variano a seconda del percorso della corrente nel corpo umano per semplificare l’individuazione delle tensioni pericolose si sono stabiliti in modo convenzionale valori prudenziali di Rc e di Rtc tali da ottenere i valori massimi delle tensioni di contatto a vuoto sopportabili dal corpo umano in funzione del tempo. Si è in questo modo costruita una “curva di sicurezza “ dei limiti tensione-tempo in condizioni normali e in condizioni particolari. La tensione corrispondente al tempo 5s è denominata tensione di contatto limite UL. Questo è il limite superiore delle tensioni che possono permanere su una massa per un tempo indefinito senza pericolo per le persone. In condizioni normali si considera UL=50V mentre in condizioni particolari UL=25V (Ad esempio ambienti bagnati, strutture adibite ad uso zootecnico, ecc..).
Tensione di contatto (c.a.)
Tensione di contatto (c.c.)
Tempo di sopportabilità
di 1000V C.a. e 1500V C.c. ad ogni valore nominale di tensione si abbina anche un valore di tensione riferito all’isolamento rispetto al quale devono essere dimensionate le apparecchiature (La tensione d’isolamento Vi deve essere circa uguale a Vn+ 10%Vn - tab. 5.2.1).
Tensione concatenata
(KV)
Tensione massima di riferimento per l’isolamento (KV)
3
6
10
15
20
30
66
132
220
380
3,6
7,2
12
17,5
24
36
72,5
145
245
420
Tab. 5.1 - Tensioni nominali e relative tensioni di riferimento per l'isolamento per sistemi con tensione nominale superiore a 1000 V in c.a. e 1550 V in c.c.
5.2 Classificazione dei sistemi elettrici in relazione alla messa a terra
I sistemi elettrici sono classificati in base allo stato del neutro e delle masse rispetto alla terra. Vengono indicati con due lettere:
1a lettera = T Il neutro è collegato a terra
1a lettera = I Il neutro non è collegato a terra oppure è collegato a terra tramite un’impedenza
2a lettera = T Masse collegate a terra
2a lettera = N Masse collegate al neutro del sistema
Fondamentalmente esistono tre tipi di sistemi elettrici di distribuzione:
1) Sistema TT, terra del neutro in cabina e terra delle masse collegate all’impianto di terra dell’utente mediante il conduttore di protezione (PE). Il conduttore di neutro è considerato attivo a tutti gli effetti (può assumere tensioni pericolose ad esempio a causa di cadute di tensione su di esso) come tale deve essere sezionabile e quindi gli interruttori devono aprire su tutti i poli. Il conduttore PE invece non deve mai essere sezionato.
Fig. 5.1 - Sistema TT. Il neutro è collegato direttamente a terra mentre le masse sono collegate ad un impianto di terra locale indipendente da quello del neutro.
2) Sistema TN, neutro a terra con le masse collegate direttamente al neutro (TN-C - il neutro, fungendo anche da conduttore di protezione, non deve essere sezionabile e deve avere sezione rispondente alle normative sugli impianti di terra) oppure tramite il conduttore di protezione (TN-S - le norme richiedono il sezionamento del neutro solo nei circuiti a due conduttori fase-neutro aventi a monte un dispositivo di interruzione unipolare come ad esempio un fusibile. Comunque il sezionamento del neutro non è vietato negli altri casi).
Fig. 5.2 - Sistema TN. Il neutro è collegato direttamente a terra. Le masse sono collegate al conduttore di neutro direttamente (TN-C) o tramite un conduttore di protezione (TN-S). Se il conduttore di neutro funge anche da conduttore di protezione prende il nome di PEN.
3) Sistema IT, il neutro è isolato o collegato a terra tramite impedenza mentre le masse sono collegate ad una terra locale (il neutro deve essere sempre sezionabile). Il principale vantaggio di questo sistema è la continuità del servizio perché al primo guasto a terra la corrente che si richiude attraverso le capacità parassite dei conduttori verso terra è molto piccola e quindi non necessita di essere interrotta. Questo è un sistema utilizzato per impianti con particolari esigenze di continuità di esercizio purché vi sia un collegamento ad un unico impianto di terra delle parti metalliche da proteggere, la tensione sulle masse non superi i 25V nel caso di primo guasto a terra, il tempo di intervento del dispositivo di protezione non superi i 5s quando si verifica il secondo guasto a terra e vi sia un dispositivo di controllo continuo dell’isolamento delle parti attive verso terra.
Fig. 5.3 - Sistema IT
Misure di protezione contro i contatti diretti (1)
6. Misure di protezione contro i contatti diretti
6.1 Protezione totale
• Isolamento
Le misure di protezione totali consistono nell’isolamento delle parti attive e nell’uso di involucri o barriere. Le parti attive devono essere ricoperte completamente da uno strato di isolante avente spessore adeguato alla tensione nominale verso terra del sistema elettrico ed essere resistenti agli sforzi meccanici, elettrici, termici e alle alterazioni chimiche cui può essere sottoposto durante il funzionamento. Se si considera per esempio un cavo elettrico, per renderlo resistente alle normali sollecitazioni meccaniche occorre adottare un’appropriata modalità di posa (Cavo armato o concentrico, tubi protettivi, passerelle, cunicoli, interrati ad almeno 0,5 m, segnalati e protetti con mattoni, tegole ecc..). Vernici, lacche, smalti e prodotti simili non sono considerati idonei a garantire una adeguata protezione contro i contatti diretti.
• Involucri e barriere
L’involucro garantisce la protezione dai contatti diretti quando esistono parti attive (ad es. morsetti elettrici) che devono essere accessibili e quindi non possono essere completamente isolate. La barriera è un elemento che impedisce il contatto diretto nella direzione normale di accesso. Questi sistemi di protezione assicurano un certo grado di protezione contro la penetrazione di solidi e di liquidi. Le barriere e gli involucri devono essere saldamente fissati, rimovibili solo con attrezzi, apribili da personale addestrato oppure solo se l’accesso alle parti attive è possibile dopo avere aperto il dispositivo di sezionamento con interblocco meccanico o elettrico. In ogni caso il personale addestrato deve di regola sezionare il circuito prima di operare su parti attive o nelle loro vicinanze. In alcuni casi di comprovata necessità e solo con l’approvazione del diretto superiore e dopo aver preso le necessarie misure di sicurezza, è ammesso lavorare su parti in tensione non superiore a 1000 V. L’interruttore differenziale con corrente nominale d’intervento non superiore a 30mA è riconosciuto come protezione addizionale (non è riconosciuto come unico mezzo di protezione) contro i contatti diretti in caso di insuccesso delle altre misure di protezione o di incuria da parte degli utenti.
6.2 Gradi di protezione
Per identificare il grado di protezione, convenzionalmente in sede IEC si è adottato un codice composto dalle lettere IP seguite da due cifre ed eventualmente da un terza lettera addizionale (tab. 6.1.1- a e 6.1.1 - b: la prima cifra indica il grado di protezione contro i corpi estranei e contro i contatti diretti, la seconda contro la penetrazione di liquidi mentre la lettera addizionale (deve essere usata solo se la protezione contro l’accesso è superiore a quella definita con la prima cifra caratteristica) ha lo scopo di designare il livello di inaccessibilità dell’involucro alle dita o alla mano, oppure ad oggetti impugnati da una persona. Deve essere assicurato almeno il grado di protezione IPXXB ( si possono avere aperture più grandi per permettere la sostituzione di parti, come ad esempio alcuni porta lampade e fusibili, purché in accordo con le relative norme) e il grado di protezione IPXXD per le superfici orizzontali delle barriere o degli involucri che sono a portata di mano (a portata di mano sono da intendere le pari conduttrici poste nel volume che si estende attorno al piano di calpestio, normalmente occupato o percorso da persone, delimitato dalla superficie che una persona può raggiungere con la mano estendendo completamente il braccio senza l’uso di mezzi ausiliari). Nelle tabelle in figura sono riassunti i gradi di protezione contro i corpi estranei e contro i liquidi stabiliti dalle Norme.

Grado di protezione contro corpi estranei
Disegno schematico della prova
Prova di validazione della protezione
1
Protetto contro corpi solidi di dimensioni superiori a 50mm e contro l’accesso a parti pericolose col dorso della mano. Una sfera di P50 mm non deve poter passare attraverso l’involucro e/o entrare in contatto con parti attive o in movimento.
2
Protetto contro corpi solidi di dimensioni superiori a 12 mm e contro l’accesso a parti pericolose con un dito. Il cosiddetto dito di prova non deve entrare in contatto con parti attive o in movimento. Inoltre una sfera di e12 mm non deve poter passare attraverso l’involucro.
3
Protetto contro corpi solidi di dimensioni superiori a 2,5mm e contro l’accesso a parti pericolose con un attrezzo (ad es. cacciavite). Un filo di P2.5 mm non deve poter passare attraverso l’involucro.
4
Protetto contro corpi solidi di dimensioni superiori a 1,0mm. Un filo di P1,0 mm non deve poter passare attraverso l’involucro.
5
Con l’apparecchiatura in una camera a polvere di talco in sospensione, si deve verificare che la quantità di polvere che entra nell’apparecchiatura stessa non superi un certo quantitativo.
6
Con l’apparecchiatura in una camera a polvere di talco in sospensione, si deve verificare che la quantità di polvere che entra nell’apparecchiatura stessa sia nulla.
Tab. 6.1-a - Grado di protezione contro corpi estranei
Grado di protezione contro i liquidi
Disegno schematico della prova
Prova di validazione della protezione
1
L’apparecchiatura deve essere protetta contro la caduta di gocce in verticale.
2
L’apparecchiatura deve essere protetta contro la caduta di gocce con una angolazione massima di 15 gradi.
3
L’apparecchiatura deve essere protetta contro la pioggia.
4
L’apparecchiatura deve essere protetta contro gli spruzzi.
5
L’apparecchiatura deve essere protetta contro i getti d’acqua.
6
L’apparecchiatura deve essere protetta contro le ondate.
7
L’apparecchiatura deve essere protetta contro l’immersione.
8

L’apparecchiatura deve essere protetta contro l’immersione a tempo indefinito e a profondità specificata.
Tabella 6.1-b - Grado di protezione contro i liquidi
Misure di protezione contro i contatti diretti (2)
6.3 Protezione parziale
Le misure di protezione parziale si ottengono mediante ostacoli e mediante allontanamento. Hanno il compito di proteggere dai contatti accidentali e di realizzare l’allontanamento di parti a tensione diversa simultaneamente accessibili (Le norme CEI 64/8 considerano parti simultaneamente accessibili quelle che si trovano a distanza inferiore a 2,5 m sia in verticale che in orizzontale e che quindi non possono convenzionalmente essere toccate contemporaneamente da una persona) ma non hanno efficacia verso i contatti intenzionali. Sono destinate solo alla protezione di personale addestrato e vengono applicate nelle officine elettriche. Non devono poter essere rimosse accidentalmente, ma la rimozione intenzionale deve poter avvenire senza chiave o attrezzo.
6.4 Classificazione dei componenti e degli apparecchi elettrici
In relazione al sistema di protezione adottato contro i contatti indiretti i componenti elettrici si suddividono nelle seguenti Classi :
• Componenti di Classe 0 - sono dotati soltanto di isolamento principale e l’involucro metallico è sprovvisto di morsetto per il collegamento di messa a terra. Devono essere allacciati solo a sistemi di Categoria 0 o a sistemi di categoria I isolati da terra (separazione elettrica) o installati in locali isolanti e non possono essere installati negli impianti per edifici civili o similari;
• Componenti di classe I - sono provvisti di isolamento principale e gli involucri sono muniti di morsetto per la messa a terra. Sono utilizzabili in tutti i sistemi (TN,TT,IT) di categoria 0 e I ;
• Componenti di Classe II - sono provvisti di isolamento supplementare e sono privi di morsetto di messa a terra. La messa a terra non è necessaria (potrebbe addirittura essere controproducente per la sicurezza) in quanto gli eventuali involucri metallici esterni sono separati dalle parti attive interne da un isolamento doppio o rinforzato. Vengono impiegati, solo nei sistemi elettrici di I categoria, in alternativa a quelli di classe I quando non sia possibile attuare il collegamento a terra delle masse o quando si ritenga poco sicuro tale collegamento;
• Componenti di classe III - le parti in tensione possono essere scoperte poiché la protezione contro i contatti indiretti è assicurata dal tipo di alimentazione a bassissima tensione di sicurezza. Non sono dotati di morsetto per la messa a terra.
In relazione al loro grado di mobilità gli apparecchi si classificano in :
• Apparecchio fisso - apparecchio ancorato o fissato ad un supporto o comunque fissato, anche in altro modo, in un posto preciso, oppure apparecchio che non può essere facilmente spostato;
• Apparecchio trasportabile - apparecchio che, pur potendo essere spostato con facilità, non viene normalmente spostato durante il suo funzionamento ordinario ;
• Apparecchio mobile - apparecchio trasportabile che deve essere spostato manualmente da chi lo utilizza mentre è collegato al circuito di alimentazione ;
• Apparecchio portatile - apparecchio mobile destinato ad essere sorretto dalla mano di chi lo utilizza durante il suo impiego normale, nel quale il motore, se esiste, è parte integrante.
6.5 Protezioni passive
Metodi per rendere impossibile il manifestarsi di tensioni di contatto pericolose:
• Impiego di apparecchi con isolamento doppio o rinforzato - Apparecchi di classe II (Non hanno masse, sono provvisti di isolamento speciale, sono privi del morsetto di terra e sono adatti per proteggere piccoli apparecchi portatili o per apparecchi fissi da installare in impianti senza impianto di terra) ;
• Protezione per isolamento elettrico - Apparecchi di classe III. Si realizza mediante l’impiego di opportuni trasformatori di isolamento o alimentando i circuiti con sorgenti autonome di energia aventi caratteristiche d’isolamento uguali a quelle indicate dalle norme per i trasformatori d’isolamento (CEI 96-2) (Le parti in tensione possono essere scoperte. Non è presente il morsetto di terra) ;
• Locali isolanti con l’impiego di apparecchi di classe 0 (Provvisti solo di isolamento principale necessario per assicurare il normale funzionamento. L’involucro metallico non possiede il morsetto di terra. E’ vietata l’installazione negli impianti in edifici civili e similari). Tale protezione consiste nel realizzare locali in cui il pavimento e le pareti presentino una resistenza verso terra di 50000 per tensioni fino a 500V e 100000 per tensioni superiori a 500V. Non possono essere utilizzati negli edifici civili, non possono essere installate prese a spina e il conduttore di protezione PE. I locali devono essere mantenuti costantemente sotto controllo da personale specializzato onde evitare che vengano introdotte masse estranee o che vengano collegate a terra le apparecchiature. Gli ingressi devono essere costruiti in modo tale che l’accesso ai locali delle perone avvenga senza che le stesse siano sottoposte a potenziali pericolosi; per questo scopo si possono usare pedane o scarpe isolanti. Tutte le masse estranee entranti nel locale devono essere interrotte con una o più giunzioni isolanti tali da impedire l’introduzione di potenziali pericolosi nel locale isolato. Gli apparecchi e gli elementi fissi devono avere tra di loro una distanza minima di due metri se a portata di mano e di 1,25 metri se non a portata di mano ;
• Locali resi equipotenziali e non connessi a terra.
6.6 Protezioni attive
Le misure di protezione indicate nel paragrafo precedente sono finalizzate ad evitare il contatto diretto. Può tuttavia avvenire un contatto diretto a causa del cedimento della protezione passiva o più semplicemente per imprudenza da parte dell’utente. Per proteggere le persona da tale eventualità può essere impiegato, come metodo addizionale, il sistema di interruzione automatica che non esime, però, dall’applicazione delle misure di protezione fin qui descritte. Non essendo la corrente che attraversa il corpo umano in grado di far intervenire i dispositivi di massima corrente, l’unico dispositivo in grado di aprire il circuito in casi del genere è l’interruttore ad alta sensibilità (Idn non superiore a 30 mA).
6.7 L’interruttore differenziale come protezione addizionale contro i contatti diretti
La corrente Idn di 30 mA dell’interruttore differenziale ad alta sensibilità, non corrisponde esattamente a quella che il corpo umano può sopportare per un tempo imprecisato, ma è frutto di un compromesso tra le esigenze di sicurezza per le persone e la continuità di servizio dell’impianto. L’interruttore differenziale non limita il valore della corrente ma solamente il tempo in cui questa corrente permane e la sicurezza della persona è assicurata solo se, per ogni valore di corrente, il circuito viene aperto in un tempo compatibile con la protezione del corpo umano. In caso di contatto diretto l’interruttore differenziale da 30mA, a parità di corrente, interviene in un tempo inferiore rispetto a quello ammesso per la protezione contro i contatti indiretti. Occorre però sottolineare che nei contatti indiretti si ha un vantaggio : normalmente la persona, nel momento in cui si verifica il guasto, non è a contatto con la massa e la corrente si chiude a terra tramite il conduttore di protezione determinando l’intervento dell’interruttore differenziale, senza che la persona sia percorsa da nessuna corrente. Questo non può accadere nei contatti diretti in quanto il dispositivo differenziale è attivato dalla stessa corrente che attraversa la persona, il che non ci permette di escludere che nell’infortunato non possano insorgere fenomeni di fibrillazione ventricolare. Oltre ai limiti fin’ ora descritti la protezione differenziale contro i contatti diretti presenta le seguenti limitazioni (l’argomento verrà ripreso in un successivo capitolo):
• Contatto fra due parti attive del sistema - se la persona è isolata da terra il dispositivo differenziale sicuramente non interviene mentre se la persona non è isolata da terra il differenziale può anche intervenire. Se il contatto non è simultaneo, ma prima viene toccata la fase, il dispositivo può intervenire se la corrente verso terra è maggiore di Idn e se il tempo di contatto sulla sola fase permane per il tempo minimo di non funzionamento del dispositivo. Un caso particolare si ha quando il neutro presenta un guasto a terra a valle dell’interruttore differenziale. Se il neutro è a potenziale prossimo a zero il guasto può permanere per un tempo non definito. Il contatto simultaneo da parte di una persona di una fase e della massa è riconducibile ad un guasto bipolare e il dispositivo differenziale non interviene. Il sistema di distribuzione potrebbe non essere perfettamente equilibrato ed il neutro potrebbe assumere un potenziale diverso da zero dovuto alla corrente di squilibrio che lo percorre. L’interruttore differenziale potrebbe intervenire, dipendendo questo dal valore del potenziale assunto dal conduttore di neutro e dal valore della resistenza di terra delle masse. E’ sufficiente una differenza di potenziale di 3V e una resistenza di terra di 100 d per far fluire verso terra la corrente di 30mA che è in grado di far intervenire l’interruttore differenziale ad alta sensibilità da 30mA (potrebbe essere un buon motivo per abbassare il noto valore della RT di 1666 da associare all’interruttore differenziale da 30mA).
• Correnti di dispersione - la presenza di correnti di dispersione può diminuire la protezione offerta dall’interruttore differenziale. Come esempio consideriamo un sistema trifase in cui la risultante della somma delle correnti di dispersione su due fasi potrebbe non far intervenire l’interruttore differenziale. Siano la corrente Id1 e la corrente Id2 uguali a 20mA. La somma vettoriale risulta ancora uguale a 20mA senza che l’interruttore differenziale riesca ad intervenire. Il contatto con la terza fase di una persona che derivi una corrente di 30mA non provoca l’intervento del dispositivo. L’interruttore differenziale, infatti, rileva solo la risultante di 10 mA e quindi non apre il circuito.
• componenti continue verso terra - in presenza di componenti continue verso terra il dispositivo differenziale potrebbe non essere in grado di aprire il circuito. Per questo motivo occorre scegliere l’interruttore differenziale adatto al tipo di corrente di guasto verso terra. In commercio esistono tre tipi di interruttori differenziali denominati AC, A, B differenziale (per una descrizione più dettagliata si rimanda al fascicolo ‘Dispositivi di manovra e protezione’ ).
6.8 Protezione per limitazione della corrente
Alcune apparecchiature speciali (antenne televisive, recinzioni elettriche, apparecchi elettromedicali, interruttore di prossimità ecc..) hanno parti metalliche accessibili collegate a circuiti attivi tramite un’impedenza di valore elevato. Per garantire dal pericolo dell’elettrocuzione il costruttore deve fare in modo che la corrente che può attraversare il corpo di una persona durante il servizio ordinario non sia superiore a 1mA in corrente alternata o a 3mA in corrente continua. Le parti metalliche che non devono essere toccate durante il servizio ordinario devono presentare una tensione di contatto che non deve dar origine, attraverso il corpo della persona, a correnti non superiori a 3,5 mA in corrente alternata e a 10 mA in corrente continua.
6.9 Protezione per limitazione della carica elettrica
I condensatori devono essere protetti contro il contatto diretto quando viene superato un determinato valore di capacità per evitare che un’eventuale corrente di scarica, anche se impulsiva, possa provocare effetti pericolosi sulle persone. Per le parti che devono essere toccate il limite di carica elettrica stabilito dalle Norme è di 0,5tC mentre per le altre parti è di 50CC. I valori massimi di capacità in rapporto al valore efficace della tensione di carica del condensatore sono : 0,16CF a 230 V, 0,09 a 400V, 0,07FF a 500V, 0,03 F a 1000V. Al di fuori di questi valori è necessario dotare i condensatori di una resistenza di scarica in parallelo che riduca in meno di 5s la tensione ai loro capi ad un avlore inferiore a 60V c.c. oppure devono essere protetti contro il contatto accidentale con un grado di protezione minimo di IP2X.
Protezione attiva dai contatti indiretti in relazione al sistema di distribuzione (1)
7. Protezione attiva dai contatti indiretti in relazione al sistema di distribuzione
7.1 Sistemi TT
7.1.1 Circuito equivalente
La tensione di contatto a vuoto UC0 diventa uguale alla tensione totale UT se la persona, sufficientemente lontana dal dispersore, si trova ad un potenziale prossimo allo zero. Essendo questa la condizione più pericolosa che si può verificare, per studiare il problema si può assumere, a favore della sicurezza, la tensione UT.
Fig. 7.1 - a) Circuito di guasto a terra in un sistema TT b) Circuito elettrico equivalente c) Il circuito di guasto si comporta come un generatore di tensione Eeq, essendo Req trascurabile rispetto a Rc+Rtc.
La resistenza del conduttore di fase e le impedenze del trasformatore (dell’ordine della decina di ohm) sono trascurabili rispetto alle altre resistenze del circuito di guasto e, applicando il teorema di Thévenin-Norton (1) tra i punti A e T (fig. 7.1), si può ricondurre il circuito di guasto ad un generatore ideale di tensione di f.e.m. (Eeq) avente in serie la sola Req:
;
;
;
(7.1)
Sempre tra i punti A e T col generatore U0 cortocircuitato si ottiene:
(7.2)
La Req è trascurabile (dell’ordine degli Ohm) rispetto alla resistenza di carico Rc + Rtc (dell’ordine delle migliaia di Ohm) ed inoltre questa approssimazione è senz’altro a favore della sicurezza. Il contatto di una persona (Rc+Rtc) non modifica in modo sensibile la tensione preesistente. Per assicurare la sicurezza delle persone occorre contenere la tensione sulla massa entro il limite di sicurezza UL, dovrebbe perciò essere verificata la condizione:
(7.3)
da cui:
(7.4)
La resistenza Rn del neutro è in genere piuttosto bassa e in un sistema trifase 380/220 V con una UL uguale a 50V la Rt dovrebbe essere inferiore a circa 0,3 Ohm :
(1) - Data una rete comunque complessa, formata da generatori elettrici e da elementi passivi tutti lineari, ai fini della corrente che circola in un qualsiasi suo tronco (ad esempio Rc + Rtc ) o della tensione ai suoi capi (punti A e T), è sempre possibile, per il principio di Thévenin-Norton, schematizzare la restante rete, di cui il tronco considerato fa parte, con un solo generatore ideale di tensione, la cui forza elettro motrice indicheremo con Eeq(rappresenta la d.d.p. che esiste fra i punti della rete tra i quali vi è il tronco considerato, quando però questo è stato tolto dalla rete - tensione a vuoto tra i punti A e T) e la cui resistenza in serie con Req (rappresenta la resistenza vista entro la rete del tronco considerato quando tutti i generatori ideali di tensione sono stati cortocircuitati). In generale il calcolo diEeqe di Req viene eseguito applicando i principi di Kirchhoff.
7.1.1 Caratteristiche della protezione
Non essendo facile contenere la tensione sulla massa entro il limite di sicurezza UL, perché sarebbero necessari valori di Rt troppo bassi e non potrebbero essere facilmente controllate le eventuali variazioni che la resistenza di terra del neutro potrebbe subire col tempo (Il sistema TT è utilizzato prevalentemente come sistema di distribuzione pubblica e l’utente non conosce il valore della Rn. Si vogliono infatti distinguere i problemi della sicurezza dell’utente da quelli della rete di distribuzione pubblica in bassa tensione), per conseguire la sicurezza occorre ridurre il tempo di permanenza di tale tensione. Il circuito deve essere interrotto in un tempo tanto più breve quanto maggiore è la tensione sulle masse in modo da soddisfare la curva di sicurezza. Come già si è detto, nell’applicare la curva di sicurezza si può utilizzare la tensione totale Ut anziché la tensione di contatto a vuoto UC0 proteggendo in questo modo anche una persona in contatto con una massa e un punto all’infinito a potenziale zero (situazione più pericolosa). Gli interruttori automatici aprono il circuito secondo una curva caratteristica tempo-corrente. La corrente di guasto Ig può assumere qualsiasi valore dipendente dalla resistenza Rn, Rt ed Rg (resistenza del guasto sulla massa). Un guasto non franco a terra potrebbe diventare pericoloso se la Ig che circola non fosse in grado di aprire il circuito in un tempo ti inferiore al tempo ts corrispondente alla tensione Ut=RtIg. Si può quindi affermare che la Rt deve avere un valore coordinato con la caratteristica d’intervento del dispositivo di protezione in modo che la tensione totale sia eliminata in tempi inferiori a quelli previsti dalla curva di sicurezza. A tal proposito la Norma 64-8, in relazione ai sistemi TT, prescrive che: “Per attuare la protezione mediante dispositivi di massima corrente a tempo inverso o dispositivi differenziali deve essere soddisfatta la seguente condizione dove Rt è la resistenza, in ohm, dell’impianto di terra nelle condizioni più sfavorevoli; I è il valore, in ampere, della corrente di intervento in 5 secondi per gli interruttori magnetotermici o per i fusibili o in 1 secondo per gli interruttori differenziali; se l’impianto comprende più derivazioni protette da dispositivi con correnti di intervento diverse, deve essere considerata la corrente di intervento più elevata”.
7.1.1 Protezione con dispositivi di massima corrente
Dalle curve di sicurezza si ricava che per tensioni di 50V (luoghi normali) e 25V (luoghi particolari) un contatto può permanere per un tempo massimo di 5s. Essendo questa la condizioni limite occorre individuare una protezione di massima corrente che abbia una caratteristica tale per cui sia soddisfatta la relazione:
(7.5)
Per correnti superiori ad I5s le caratteristiche degli interruttori dovrebbero essere in grado di soddisfare la curva di sicurezza mentre per correnti minori anche se si supera il tempo di 5s se la 7.5 è soddisfatta, le masse non assumono tensioni (UL) superiori a 50 V o 25 V e il contatto può permanere per tempi pressoché infiniti. Poiché normalmente un impianto di terra è comune a più masse protette con dispositivi di protezione collegati tra loro in serie o in parallelo, per proteggersi contro i contatti indiretti, in caso di dispositivi collegati in serie, nella scelta della corrente da introdurre nella 7.5, può essere considerato il dispositivo che ha la corrente I5s più bassa mentre in caso di dispositivi collegati in parallelo la maggiore tra le correnti I5s (Se a causa di un guasto d’isolamento una massa disperde una corrente di guasto Ig tutte le masse collegate allo stesso impianto di terra assumono la stessa tensione RtIg e quindi, se si vuole rispettare la relazione la I5s in caso di dispositivi in parallelo deve essere la più elevata corrente che determina l’intervento entro 5s). Soddisfare la condizione con dei normali interruttori magnetotermici non è facile. La I5s in genere varia dalle quattro alle dieci volte la In dell’interruttore e quindi per interruttori con grandi correnti nominali può essere anche molto alta. La Rt per contro deve essere tanto più bassa quanto più è alto il valore di I5s. Se l’utilizzatore è costituito da un carico di 1 kW o 20 kW ai fini della protezione delle persone non cambia nulla per cui occorre approntare un impianto di terra che nel caso del secondo carico deve avere, per mantenere la sicurezza dell’impianto, una Rt venti volte più piccola che non per il primo caso: si arriva al paradosso di dover dimensionare l’impianto di terra in base alla potenza dell’impianto da proteggere e non in base alla tensione. Questo si spiega col fatto che gli interruttori di massima corrente sono stati studiati per la protezione dei cavi e non per la protezione dai contatti indiretti.
Protezione attiva dai contatti indiretti in relazione al sistema di distribuzione (2)
7.1.4 Protezione con dispositivi differenziali
Il relè differenziale è un dispositivo che rileva una differenza tra le correnti entranti e uscenti da un circuito (in condizioni normali sia in monofase, sia in trifase, sia in trifase con neutro, la somma delle correnti è sempre uguale a zero). Nel caso che si verifichi un guasto a terra una parte della corrente fluisce verso il terreno e la risultante della somma delle correnti non è più uguale a zero. La corrente risultante produce un flusso che induce su di un terzo avvolgimento una corrente che è in grado di fare intervenire l’interruttore differenziale quando la corrente differenziale Iun supera il valore di soglia per la quale è tarato. Impiegando un interruttore differenziale la relazione che deve essere verificata diventa:
(7.6)
L’unica differenza tra la relazione 7.6 e la 7.5 consiste nel denominatore: mentre le correnti I5s dipendono dalla corrente nominale dell’interruttore e possono essere dell’ordine delle centinaia di ampere, la corrente Iin è indipendente dalla corrente nominale del dispositivo differenziale e può assumere valori variabili da qualche millesimo di ampere a qualche ampere. Risulta in questo modo più agevole il coordinamento con l’impianto di terra (Ad es. con UL uguale a 50V e con I n 0,03 A la resistenza di terra Rt può essere ) di quanto non lo fosse con i dispositivi di massima corrente. La caratteristica d’intervento dell’interruttore differenziale è stata studiata proprio per soddisfare completamente la curva di sicurezza. I tempi massimi di interruzione degli interruttori differenziali per uso generale sono riportati nella tabella 7.1.
IIn
t
IIn
2I2n
5I5n
0,3 s
0,15 s
0,04 s
Tab. 7.1 - Tempi massimi di interruzione degli interruttori differenziali per uso generale
7.1.5 Alcune considerazioni sui relè differenziali
• Impianto di terra comune a più derivazioni
Se ad un impianto di terra sono collegate masse alimentate da più derivazioni protette con interruttori differenziali deve essere soddisfatta la solita relazione dove I n deve essere, come sappiamo, la minor corrente differenziale nominale per dispositivi differenziali collegati in serie e la maggior corrente differenziale nominale per dispositivi differenziali collegati in parallelo. Lo stesso principio vale anche nel caso di più derivazioni protette in parte con dispositivi a massima corrente e in parte con dispositivi differenziali. La Rt dovrà essere calcolata in base alla I5s del dispositivo a massima corrente essendo questa la corrente nominale d’intervento più elevata tra i due tipi di dispositivi, annullando però tutti i benefici derivanti dall’uso dei relè differenziali. In pratica è opportuno che tutte le derivazioni facenti parte dello stesso impianto di terra siano protette con interruttori differenziali. Questo vale anche per edifici con più unità immobiliari perché se un’unità immobiliare è sprovvista di interruttore differenziale le tensioni pericolose prodotte da un guasto a terra in tale unità immobiliare si trasferiscono sulle masse delle altre unità immobiliari senza che i corrispondenti interruttori differenziali intervengano.
• Problemi derivanti dall’installazione dell’interruttore differenziale
Se, a causa di un guasto su di una massa, il neutro fosse a terra a valle dell’interruttore differenziale, potrebbe essere resa inoperante la protezione differenziale. Il neutro a terra (solitamente a potenziale zero salvo particolari casi anomali) non provoca l’intervento del dispositivo differenziale per cui il guasto permane per un tempo indefinito. Un successivo guasto di una fase su di un’altra massa, provoca una corrente di guasto che si richiude tramite il conduttore di neutro a contatto con la massa stessa e solo in parte verso terra. Il collegamento del neutro all’impianto di terra locale trasforma di fatto il sistema TT in un sistema TN e per garantire la sicurezza dai contatti indiretti dovrebbero essere soddisfatte le condizioni indicate per tale sistema di distribuzione (questo vale anche nel caso che il neutro sia collegato all’impianto di terra locale a monte dell’interruttore differenziale ed è inutile ricordare come sia importante non collegare, ad esempio scambiandolo col conduttore di terra, il neutro a terra).
• Selettività tra interruttori differenziali
Si definisce corrente differenziale nominale di non intervento il massimo valore di corrente per il quale sicuramente l’interruttore differenziale non interviene. Il valore normale di questa corrente è ISn/2 ed entro questo valore il dispositivo non ha un comportamento definito: può intervenire come può non intervenire. La scelta della I/n è condizionata oltre che dal coordinamento con l’impianto di terra anche dalla somma delle correnti di dispersione di tutto l’impianto utilizzatore. Per garantire la continuità del servizio la somma vettoriale di tali correnti di dispersione non dovrebbe superare I n/2. A tal proposito occorre ricordare che le correnti di terra possono essere eccessive se: l’impianto è in cattivo stato di conservazione, gli apparecchi utilizzatori hanno correnti di dispersione che eccedono i valori normali, l’impianto è molto vasto e sono collegati numerosi apparecchi utilizzatori. Per rendere selettivo l’intervento dei dispositivi può essere utile proteggere le singole derivazioni con più dispositivi differenziali garantendo così una discreta selettività orizzontale del sistema ed evitando che un guasto in un punto qualsiasi del circuito provochi la messa fuori servizio di tutto l’impianto. In questo modo però non si è protetti dai guasti che avvengono tra l’interruttore generale e gli interruttori differenziali. Sarà necessario evitare masse lungo questo tratto ovvero, ove non fosse possibile (interruttore generale nello stesso quadro metallico in cui sono alloggiati anche gli interruttori differenziali), bisogna dotare la parte di circuito compresa tra l’interruttore generale e gli interruttori differenziali di isolamento doppio o rinforzato. Diverso è il caso in cui anche l’interruttore generale è differenziale perché nascono problemi di selettività verticale. Per ottenere una completa selettività occorre in questo caso utilizzare interruttori differenziali ritardati.
7.1.6 I collegamenti equipotenziali nei sistemi TT
Se il terreno ed ogni parte conduttrice simultaneamente accessibile fossero allo stesso potenziale non vi sarebbe alcun pericolo per le persone. Tecnicamente questa condizione ideale non può essere raggiunta. Ci si può avvicinare a tale condizione collegando all’impianto di terra, tramite il conduttore equipotenziale, non solo le masse ma anche le masse estranee. In un sistema TT la tensione totale assunta da una massa a causa di un guasto verso terra deve essere eliminata in un tempo inferiore a quello previsto dalla curva di sicurezza rispettando le note condizioni (come già detto assumendo la tensione a vuoto uguale alla tensione totale di terra e rispettando le relazioni o meglio ). Risulta perciò evidente che una persona è protetta per le condizioni più sfavorevoli, compreso il contatto tra una massa e una massa estranea anche quando manca il collegamento equipotenziale. E’ comunque buona norma effettuare i collegamenti equipotenziali (tubazioni dell’acqua, del gas, riscaldamento, armature di ferro delle fondazione in cemento armato degli edifici ecc..) perché diminuisce la resistenza di terra dell’impianto (la massa estranea funge da dispersore e quindi si riduce la tensione totale Ut e si riducono le tensioni di contatto tra una massa e il terreno), si riducono le tensioni di contatto tra una massa e una massa estranea perché diventano equipotenziali e si riducono i rischi per le persone nel caso in cui dovessero venire meno le condizioni di rispetto delle relazioni oppure (ad esempio a causa di un mal funzionamento dei dispositivi di protezione oppure di mutamenti stagionali della resistenza di terra). A favore dei collegamenti equipotenziali resta infine da considerare che la curva di sicurezza si basa su dati statistici della resistenza del corpo umano e che quindi potrebbe risultare non sufficiente per la sicurezza di tutte le persone. Durante un guasto d’isolamento, essendo trascurabile la caduta di tensione sui conduttori di protezione, tutte le masse si trovano allo stesso potenziale. Per portare allo stesso potenziale tutte le masse e una massa estranea (ad esempio tubazione idrica entrante in uno stabile) e sufficiente effettuare un collegamento equipotenziale in prossimità della parte disperdente della massa estranea (radice) trascurando tutta la restante parte che non è in contatto col terreno (ad esempio tubazione idrica annegata nella muratura). Se le parti disperdenti della massa estranea fossero più di una, cioè se le radici fossero più di una, il collegamento deve essere ripetuto in corrispondenza di ciascuna di esse.
Fig. 7.2 - Il collegamento equipotenziale principale nei sistemi TT annulla la tensione di contatto tra le masse e la massa estranea anche se questa presenta una resistenza Rl.
Circuito di guasto
La corrente di guasto si richiude attraverso il terreno dalla terra degli utilizzatori verso la terra di cabina
Impianto di terra
Utilizzatori e cabina hanno impianti di terra separati
Protezione dai contatti indiretti
La protezione è assicurata dal coordinamento tra interruttori differenziali e impianto di terra. Le carcasse degli utilizzatori sono tutte collegate all’impianto di terra dell’utente. La tensione totale di terra applicata agli utilizzatori in caso di guasto dipende dal valore della resistenza di terra della cabina e dell'utente.
Fornitura
Alimentazione in bassa tensione direttamente dalla rete di distribuzione.
Vantaggi
Il guasto viene interrotto tempestivamente all’insorgere del primo difetto di isolamento. Impianto di terra di semplice realizzazione.
Svantaggi
E’ richiesto l’uso capillare di relè differenziali
Tab. 7.2 – Principali caratteristiche di un sistema TT
Protezione attiva dai contatti indiretti in relazione al sistema di distribuzione (3)
7.2 Sistemi TN
7.2.1 Circuito equivalente
Si consideri il caso di un contatto indiretto in un sistema TN-S (conduttore di protezione completamente distinto dal conduttore di neutro per tutta l’estensione dell’impianto). Se trascuriamo come al solito l’impedenza interna del trasformatore, indichiamo con Zf l’impedenza della fase L3, con Zpe l’impedenza del conduttore di protezione, con Rc+Rtc la resistenza della persona e con Rtn quella di terra del neutro, la situazione di guasto a terra è rappresentabile dal seguente circuito equivalente:
Fig. 7.3 - a) Circuito di guasto franco a terra in un sistema TN b) circuito equivalente c) Il circuito di guasto si comporta come un generatore ideale di tensione.
Tra i punti A e N (fig. 7.3) in assenza del carico Rc+Rtc (in assenza del contatto da parte della persona) nell’anello di guasto, costituito da Zf e Zpe, circola la corrente :
(7.7)
dove:
Zf+Zpe = Zs impedenza dell’anello di guasto
Nello studio del circuito di guasto in un sistema TN si ipotizza un guasto franco a terra; se il guasto a terra non fosse franco, a tale impedenza andrebbe aggiunta l’impedenza localizzata nel punto di guasto. Nei sistemi TT si utilizzano gli interruttori differenziali e la protezione contro i contatti indiretti è comunque assicurata (l’efficacia della protezione non dipende dal valore della eventuale resistenza di guasto). Uno dei vantaggi dei sistemi TN sta nell’utilizzare le protezioni di massima corrente contro i contatti indiretti, ma solo ipotizzando un guasto franco a terra perché altrimenti sarebbe impossibile garantire la protezione dai contatti indiretti. La casistica disponibile ha comunque dimostrato che il rischio è accettabile in quanto un guasto non franco a terra è poco frequente anche perché tende ad evolvere rapidamente in un guasto franco. Come vedremo in seguito, ogni rischio viene eliminato utilizzando gli interruttori differenziali rinunciando però al vantaggio di usare gli interruttori magnetotermici.
Tra i punti A ed N si ha la tensione di contatto a vuoto UC0 :
(7.8)
La UC0 risulta pertanto proporzionale alla U0 per mezzo del rapporto Zf / Zpe e, nel caso particolare di conduttori di fase e di protezione con sezione uguale ( nei circuiti terminali quando Zpe=Zf), dalla 7.8 si ricava:
(7.9)
Se invece, caso piuttosto frequente (nelle linee di distribuzione principale, quando la sezione del conduttore di fase è maggiore di 16 mm2, la sezione del conduttore di protezione può essere minore di quella di fase), la sezione del conduttore di protezione è la metà di quella di fase (Zpe= Zf/2), sempre dalla 7.8 si ottiene:
(7.10)
Applicando il teorema di Thévenin-Norton tra i punti A e N la Zeq vale :
(7.11)
Fig.7.4 – In quella parte dell’impianto dove la sezione del conduttore di protezione è la metà del conduttore di fase la tensione di contatto a vuoto tende al valore 2/3 U0. Nei circuiti terminali la tensione di contatto a vuoto diminuisce tendendo al valore di ½ U0 in quanto l’impedenza del tratto terminale diventa prevalente rispetto a quella a monte e i conduttori di fase e protezione hanno la medesima sezione.
La Zeq è in genere trascurabile rispetto alla Rc+Rtc della persona (qualche rispetto a 103 3) e quindi il contatto della persona non altera significativamente la tensione preesistente sulla massa. Il circuito di guasto si comporta, nei confronti del corpo umano, come un generatore ideale di tensione. Risulta evidente che in questo caso il guasto franco a massa rappresenta un cortocircuito perché la corrente è limitata dalla sola impedenza del circuito di guasto Zs (l’anello di guasto non interessa alcuna resistenza di terra essendo costituito esclusivamente da elementi metallici). Per uno stesso circuito, sempre nell’ipotesi che l’impedenza del trasformatore sia trascurabile e che il conduttore di protezione PE segua nel suo percorso i conduttori di fase, si può notare che, aumentando la distanza del punto di guasto rispetto la cabina, Zf+Zpe aumenta mentre il rapporto Zf/Zpe rimane costante (nello stesso circuito le sezioni di Zf e di Zpe rimangono costanti per tutto il tratto) col risultato che la UC0 rimane costante mentre la Ig diminuisce. Da queste considerazioni si può capire come non sia sempre possibile interrompere il circuito in tempi sufficientemente brevi da rendere la tensione sulla massa non pericolosa, soprattutto se l’interruzione del circuito è affidata ad un dispositivo di massima corrente perché, allontanandosi col punto di guasto rispetto la cabina (guasto in fondo alla linea di un circuito terminale), al diminuire della Ig aumenta il suo tempo d’intervento. La UC0, dipendendo solamente dal rapporto Zf / Zpe, è difficilmente quantificabile nei vari punti dell’impianto perché varia a seconda della distanza del punto di guasto dalla cabina. Da quanto detto, sempre ipotizzando di trascurare l’impedenza interna del trasformatore e assumendo che il conduttore di protezione segua lo stesso percorso dei conduttori di fase (stessa lunghezza, stesso tipo di posa ecc..) si può notare che :
• la tensione di contatto a vuoto è costante lungo uno stesso circuito, qualunque sia il punto in cui si verifica il guasto d’isolamento ;
• la tensione di contatto a vuoto è massima nel punto più lontano dal trasformatore quando la sezione del PE è inferiore a quella del conduttore di fase (circuiti di distribuzione principali dove Zpe=Zf/2 e UC0 tende al valore 2/3 U0) ;
• quando la sezione del PE diventa uguale a quella del conduttore di fase (nei circuiti terminali l’impedenza di fase è uguale all’impedenza del PE) la UC0 diminuisce tendendo al valore ½ U0 in quanto l’impedenza dei circuiti terminali diventa prevalente rispetto quelli a monte ;
Un discorso particolare fa fatto per un guasto che si verificasse, nelle vicinanze del trasformatore (vedi anche capitolo “Cabina elettrica d’utente MT/BT”), su di una massa all’inizio dell’impianto (ad esempio il quadro generale di distribuzione nella cabina di trasformazione). Normalmente una situazione di questo tipo non introduce tensioni di contatto pericolose se la distanza della massa dal trasformatore non è eccessiva (a seconda della potenza del trasformatore e della sezione del PE la distanza limite può essere compresa tra i 10 e i 30 metri), data la prevalenza dell’impedenza del trasformatore ZT rispetto a quella del conduttore di protezione. Per mantenere una tale condizione anche all’aumentare della distanza del quadro generale rispetto al trasformatore si potrebbe operare una maggiorazione della sezione del conduttore di protezione. Alla luce di queste considerazioni non sembra quindi conveniente ridurre la sezione del PE dal trasformatore al quadro generale di cabina.
Fig. 7.5 – Un guasto franco a terra sul quadro generale in cabina in un sistema TN non è in genere pericoloso
Nei pressi del trasformatore di cabina, dove Zf e Zpe sono in genere molto piccole e prevale la ZT, si ha:
(7.12)
Fig. 7.6 – Circuito equivalente di un guasto sul quadro generale di cabina in un sistema TN
Protezione attiva dai contatti indiretti in relazione al sistema di distribuzione (4)
7.2.2 I collegamenti equipotenziali
La situazione descritta nel paragrafo precedente corrisponde al caso limite di una persona all’aperto in cui la tensione di contatto a vuoto coincide con la tensione totale. All’interno di un edificio le condizioni di sicurezza migliorano perché con i collegamenti equipotenziali si può ridurre la tensione di contatto ad una parte della tensione totale. I collegamenti equipotenziali sono molto più importanti per la sicurezza nei sistemi TN che non nei sistemi TT.
Fig. 7.7 – a) A causa di un guasto tutte le masse assumono un potenziale che dipende da Zf / Zpe. Si ha una caduta di tensione sul PE che non può essere trascurata. b) Circuito equivalente. Si possono stabilire differenze di potenziale tra le masse e tra queste e le masse estranee. Un guasto che avvenisse su di una massa all’inizio dell’impianto (in cabina) in genere non introduce potenziali pericolosi
In un sistema TT il conduttore di protezione, essendo di resistenza trascurabile rispetto alla resistenza di terra, è praticamente equipotenzale per tutta la sua lunghezza. In un sistema TN il conduttore di protezione (PE) ha un’impedenza uguale o superiore all’impedenza del conduttore di fase ed assume un potenziale diverso lungo il suo percorso. Può essere costituito dall’insieme di più tratti a sezione diversa:
• un primo tratto, dalla massa al quadro di settore ;
• un secondo tratto, dal quadro di settore al collettore principale nel quadro di distribuzione ;
• un terzo tratto, dal collettore principale alla cabina.
(7.13)
A seguito di un guasto sulle masse si stabilisce una tensione totale pari alla somma delle cadute di tensione nei tre tratti del conduttore di protezione e la tensione sarà diversa a seconda che le masse in oggetto si trovino a monte o a valle del punto di guasto. In particolare tutte le masse a valle del punto di guasto si porteranno ad un potenziale pari alla tensione di contatto a vuoto nel punto di guasto (sulla massa più vicina o sede del guasto), mentre, per quelle a monte, i valori di tensione saranno decrescenti fino ad annullarsi all’origine dell’impianto (cabina). Se si effettua il collegamento equipotenziale (principale-EQP) all’ingresso di una massa estranea nell’edificio (ad esempio tubazione idrica) l’intera massa estranea si porta alla tensione U1 e quindi la tensione tra massa e massa estranea si riduce a U2+U3 (la serie della resistenza del neutro in cabina e la resistenza della massa estranea verso terra, Rtn+Rme, sono in parallelo col conduttore (PE) che collega il collettore principale con la cabina ma la sua impedenza è trascurabile rispetto alla serie Rtn+Rme quindi la tensione U1 non diminuisce in modo apprezzabile). Se il collegamento equipotenziale viene effettuato in prossimità della massa (collegamento equipotenziale supplementare-EQS) la sicurezza migliora ulteriormente in quanto la massa ora assume la sola tensione U3 (da notare che la tensione U3 si stabilisce non solo tra l’apparecchio guasto e la massa estranea ma anche sulle altre masse collegate al nodo di terra del quadro di piano). In definitiva la resistenza verso terra di una persona dipende dal collegamento equipotenziale tramite una resistenza Req. Il collegamento equipotenziale riduce tanto più la tensione di contatto quanto più il collegamento equipotenziale è prossimo al punto di guasto e risulta indispensabile se i dispositivi di protezione non possono intervenire in un tempo inferiore a quello indicato sulla curva di sicurezza per la tensione totale Ut=U1+U2+U3=UC0.
7.2.3 La sicurezza all’esterno degli edifici
Diverso risulta il problema della sicurezza all’esterno di un edificio dove la resistenza verso terra di una persona non può più dipendere dal collegamento equipotenziale. La tensione di contatto a vuoto assume il valore dato dalla 7.8 e i tempi di intervento dei dispositivi potrebbero non soddisfare la curva di sicurezza (le statistiche dimostrano che i rischi più elevati si riscontrano per i sistemi TN all’aperto ad esempio nei giardini). Per migliorare la sicurezza si potrebbe collegare localmente a terra la massa anche se i risultati non sono molto lusinghieri in quanto la situazione migliora tanto più quanto è minore il rapporto Rt/Rn. Purtroppo, spesso Rt ha valori più elevati di Rn e quindi, per ottenere dei benefici dalla messa a terra locale, sarebbe necessaria una più efficiente (con costi notevolmente superiori) configurazione del sistema dispersore. Solo con l’installazione di un dispositivo differenziale a bassa sensibilità ( ) installato sulle derivazioni all’esterno è possibile rispettare i tempi d’intervento richiesti dalla curva di sicurezza (questo però non protegge dai pericoli derivanti dalla presenza di eventuali tensioni sul neutro).
7.2.4 Caratteristiche della protezione dai contatti indiretti
Per attuare la protezione con dispositivi di massima corrente o differenziali in un sistema TN è richiesto che sia soddisfatta in qualsiasi punto del circuito la seguente condizione:
(7.14)
Dove :
U0 = tensione nominale in valore efficace tra fase e neutro in volt dell’impianto relativamente al lato in bassa tensione
Zs = Impedenza totale in ohm dell’anello di guasto che comprende il trasformatore il conduttore di fase e quello di protezione tra il punto di guasto e il trasformatore
Ia = Corrente in ampere che provoca l’intervento del dispositivo di protezione entro il tempo indicato in tabella 7.3.
Se si impiega un dispositivo differenziale, Ia è la corrente I n differenziale nominale, se invece si utilizza lo stesso dispositivo impiegato per la protezione contro le sovracorrenti si può usare, per la verifica della relazione, la corrente di intervento della protezione magnetica Im che fa intervenire la protezione in tempi inferiori a quelli prescritti dalla norma.
U0 (V)
Tempo di interruzione (s)
Ambienti normali
Ambienti particolari
120
230
400
>400
0,8
0,4
0,2
0,1
0,4
0,2
0,06
0,02
Tab. 7.3
Protezione attiva dai contatti indiretti in relazione al sistema di distribuzione (5)
Per un guasto franco a terra le norme CEI richiedono l’intervento dei dispositivi di protezione entro un tempo tanto più piccolo quanto maggiore è la tensione di fase; ad esempio dalla tabella 7.3 per U0 = 230V (nuovo valore unificato a livello europeo) il tempo d’interruzione non deve superare 0,4 s con l’eccezione dei circuiti di distribuzione e dei circuiti terminali che alimentano apparecchi fissi per i quali è ammesso un tempo d’intervento non superiore ai 5s purché sia soddisfatta una delle seguenti condizioni enunciate dall’art. 413.3.5 delle Norme CEI 64-8:
a) l’impedenza del conduttore di protezione che collega il quadro di distribuzione al punto nel quale il conduttore di protezione è connesso al collegamento equipotenziale principale ( generalmente il collettore di terra) non deve essere superiore a ZPE=Zsx50/U0;
b) esiste un collegamento equipotenziale supplementare che collega localmente al quadro di distribuzione gli stessi tipi di masse estranee indicati per il collegamento equipotenziale principale che soddisfa le prescrizioni riguardanti il collegamento equipotenziale principale di cui al Capitolo 54 delle Norme CEI 64-8.
Un circuito terminale è un circuito che alimenta un apparecchio utilizzatore o una presa a spina mentre un circuito di distribuzione è un circuito e che fa capo generalmente ad un quadro elettrico dal quale si distribuiscono più circuiti terminali. Un guasto a terra su di un circuito di distribuzione è poco probabile (fig. 7.8); potrebbe avvenire su di in canale metallico o sul quadro di distribuzione, meno probabile comunque che sugli apparecchi utilizzatori o sui componenti dell’impianto. Se a questo si aggiunge la difficoltà di garantire la selettività tra le protezioni, sia di sovracorrente che differenziali, si comprende perché si sia adottato il tempo di 5s per questi circuiti (fig. 7.9). Anche per gli apparecchi fissi di grande potenza sarebbe stato arduo rispettare i tempi di 0,4s e, dal momento che solitamente sono meno pericolosi degli apparecchi trasportabili, la Norma ci concede di interrompere il circuito in 5s. Su di un apparecchio fisso la probabilità che si manifesti un guasto non è comunque del tutto trascurabile e le tensioni che vi si stabiliscono per 5s possono trasferirsi sulle masse degli apparecchi trasportabili e portatili (Gli apparecchi trasportabili sono più pericolosi di quelli fissi anche se in genere, come prescrive il DPR 547/55 all’art. 315, sono di classe II e quindi protetti per costruzione dai contatti indiretti. In sede internazionale sono però ammessi anche apparecchi di classe I ed ecco che la Norma prescrive l’interruzione automatica del circuito e il rispetto dei tempi della tabella 7.3 per tutti gli apparecchi elettrici trasportabili anche se alimentati da presa a spina). E’ così che si spiegano le due condizioni prescritte dalle Norme che tengono conto, a differenza dei circuiti di distribuzione in cui la probabilità di guasto è minore, della maggior probabilità che si possano verificare guasti sugli apparecchi fissi. In un sistema TN, in caso di guasto a terra, il potenziale che assume l’apparecchio guasto, in questo caso l’apparecchio fisso, sappiamo che dipende dalla caduta di tensione sul conduttore di protezione per cui il potenziale varia da una massa all’altra (a differenza del sistema TT in cui, a causa di un guasto in un punto qualsiasi dell’impianto, tutte le masse assumono uno stesso potenziale dipendendo questo dal rapporto tra la resistenza di terra dell’impianto e la resistenza di terra del neutro). Un’eventuale massa estranea assume il potenziale che ha il conduttore di protezione all’ingresso del fabbricato, dove è stato effettuato il collegamento equipotenziale principale. Tra massa e massa estranea si stabilisce una differenza di potenziale che dipende dalla caduta di tensione che si ha sul PE dall’ingresso dell’edificio alla massa. Il potenziale assunto dall’apparecchio fisso viene trasferito anche alla massa di un’eventuale apparecchio trasportabile che, proprio perché trasportabile, può mettere l’operatore in condizione di toccare contemporaneamente la massa dell’apparecchio trasportabile e la massa estranea (fig. 7.10).
Fig. 7.8 - Un guasto sul circuito di distribuzione non è molto frequente per cui la Norma accetta che, a causa di tale guasto, tra l’utilizzatore U1 e la massa estranea si stabilisca una differenza di potenziale UU1Me=Rp x Uo / Zs per un tempo non superiore a 5s.
L’operatore potrebbe essere così sottoposto per cinque secondi ad una differenza di potenziale che però non deve essere superiore a 50V.
Fig. 7.9 - A causa di un guasto sull’utilizzatore fisso U2, tra l’apparecchio U1 e la massa estranea si stabilisce la tensione Rp xUo/Zs che è accettata dalla Norma per un massimo di 5 secondi solo se è minore o uguale a 50V.
In alternativa, se la tensione di contatto è superiore a 50V bisogna effettuare un collegamento equipotenziale supplementare a livello del quadro secondario che alimenta sia l’apparecchio fisso che l’apparecchio mobile. La tensione tra l’apparecchio trasportabile e la massa estranea si riduce così alla caduta di tensione sul PE che collega la massa dell’apparecchio fisso al quadro secondario.
Fig. 7.10 - Se si verifica un guasto sull’utilizzatore fisso U2 , tra l’utilizzatore U1 e la massa estranea si stabilisce la tensione Rp xUo/Zs per un tempo massimo di 5 secondi. Se è maggiore di 50 V la norma richiede un collegamento equipotenziale supplementare.
La tensione assunta dalla massa dell’apparecchio fisso si trasferisce sulla massa dell’apparecchio mobile a causa del tratto comune di PE che collega il collettore principale al quadro secondario. Se i due apparecchi fossero alimentati separatamente e direttamente dal quadro generale questo non accadrebbe (Fig.7.11). Una differenza di potenziale si manifesta comunque tra i due utilizzatori ma la Norma ritiene questo pericolo accettabile entro i 5s di permanenza del guasto a terra.
Fig. 7.11 - Gli utilizzatori U1 e U2 sono alimentati con due circuiti distinti dal quadro principale. Se si verifica un guasto sull’utilizzatore fisso U2, tra l’utilizzatore U1 e la massa estranea la tensione è nulla essendo gli apparecchi alimentati da due linee distinte. La tensione che si stabilisce tra i due apparecchi è accettata dalla Norma in quanto è ritenuto poco probabile il contatto entro i cinque secondi di durata del guasto.
Abbiamo visto in precedenza come la curva di sicurezza faccia riferimento alla tensione di contatto a vuoto e che tale tensione dipende dal rapporto tra l’impedenza di fase e l’impedenza del conduttore di protezione (nel caso molto frequente in cui le due impedenze sono uguali risulta UC0=U0/2). In presenza del collegamento equipotenziale principale sappiamo che la tensione a cui è sottoposta una persona normalmente si riduce. Inoltre, dal momento che un guasto a terra può essere paragonato ad un corto circuito, la Norma assume convenzionalmente che la tensione si riduca del 20%. Se U0 vale 230V e se Zf è uguale a Zpe (fino a sezioni di 16 mm2 il conduttore di protezione ha normalmente la stessa sezione del conduttore di fase Zf=Zpe) dalla 7.8 si ottiene la tensione di contatto a vuoto:
Alla tensione di 92 V, sulla curva di sicurezza in condizioni ordinarie, corrisponde il tempo di 0,4 s. Per sezioni del conduttore di fase superiori a 16 mm2 la sezione del conduttore di protezione è in genere la metà del conduttore di fase, Zf è minore di Zpe e la situazione peggiora essendo Zf/Zp = 0,5.
La tensione di contatto UC0 diventa:
In questo caso la curva di sicurezza non è del tutto verificata. Nonostante le apparenze il sistema TN è abbastanza sicuro, va infatti ricordato che i valori di corrente che si presume possano attraversare il corpo umano in condizioni di guasto e che sono serviti per costruire la curva di sicurezza, si riferiscono a condizioni circuitali e ambientali molto cautelative. Nella maggioranza dei casi le condizioni sono sicuramente migliori e solo in casi particolari sono possibili condizioni più gravose. Un caso critico, per altro poco frequente, è quello di guasto non franco a terra e cioè con l’interposizione di una resistenza tra la fase e la massa. Questa potrebbe limitare la corrente ritardando l’apertura del circuito senza ridurre la tensione di contatto entro i limiti di sicurezza. Ovviamente se la UC0 non supera in nessun punto i 50V non è necessario l’intervento delle protezioni. Dalla 7.8 se poniamo UC0=50V, U0=230V e risolviamo rispetto a Zp :

Se Zpe è inferiore a Zf/2,68 la tensione di contatto totale (cioè la tensione di contatto tra la massa interessata e il punto del sistema a potenziale zero) è inferiore a 50 V. Questo è impossibile da ottenere quando si fa uso esclusivamente del conduttore di protezione incorporato nel cavo di alimentazione, come normalmente accade negli impianti di tipo civile dove l’impianto, che si sviluppa prevalentemente in verticale, è dotato di un unico collettore di terra posto alla base dei montanti dal quale si dipartono i vari conduttori di protezione. Tali valori di Zpe si possono invece ottenere facilmente negli impianti industriali nei quali al trasporto della corrente di guasto sono chiamati vari elementi dell’impianto di terra. Si potrebbe ad esempio far seguire al fascio di cavi di potenza un conduttore di protezione principale di notevole sezione cui potrebbero far capo i singoli conduttori di protezione degli utilizzatori e il conduttore di protezione principale che lungo il suo percorso potrebbe essere collegato anche ad un certo numero di collettori di terra. Questi potrebbero, a loro volta, essere collegati mediante conduttori di terra al dispersore a maglia, che partecipa al trasporto della corrente di guasto verso il centro stella del trasformatore. In questo modo il circuito di ritorno presenta un’impedenza molto bassa che permette di limitare la tensione di contatto al di sotto di 50 V). Con questo sistema si ottiene anche una buona equipotenzialità che riduce la tensione di contatto a valori ancora più bassi. Da notare che se nella peggiore situazione di guasto non viene superato sulle masse il valore della tensione di contatto limite (UL - 50V gli ambienti ordinari - 25 V per quelli particolari) non si possono creare situazioni pericolose e le norme permettono di non attuare la protezione contro i contatti indiretti mediante il sistema ad interruzione automatica dell’alimentazione in tempi prestabiliti (messa a terra coordinata con il dispositivo di interruzione). Occorre però sottolineare che conoscere la tensione di contatto sulle masse non è sempre facile. La si può misurare immettendo una corrente di prova nel circuito e andando alla ricerca dei punti più pericolosi che però possono essere molto numerosi e quindi difficili da individuare. E’ una ricerca molto delicata e che viene normalmente affidata all’esperienza del verificatore.
7.2.5 Interruttori differenziali e sistema TN
Tutte le preoccupazioni emerse sopra vengono meno utilizzando gli interruttori differenziali perché sono dispositivi in grado di aprire il circuito in centesimi di secondo (con le elevate correnti di guasto, tipiche dei sistemi TN, in 30-40ms). Non va dimenticato però che il vantaggio dei sistemi TN è quello di utilizzare i dispositivi di massima corrente per la protezione dai contatti indiretti: ricorrere agli interruttori differenziali vuol dire rinunciare a questo vantaggio. Bisogna infine ricordare che questi dispositivi possono essere utilizzati solo nei sistemi TN-S in quanto nei sistemi TN-C l’uso combinato del conduttore di neutro e di protezione ne impedirebbe il funzionamento in caso di guasto a terra. Nei sistemi TN si è detto che un guasto franco a terra costituisce un corto circuito monofase a terra quindi la corrente differenziale corrisponde ad una corrente di corto circuito. L’interruttore deve essere capace di interromperla poiché si è in presenza proprio di una corrente differenziale. Come per un interruttore magnetico contro il cortocircuito è stabilito il potere d’interruzione, cosi per l’interruttore differenziale deve essere specificato il potere d’interruzione differenziale. Se il dispositivo non è dotato di sganciatori di sovracorrente nei sistemi TN occorre verificare che il potere d’interruzione differenziale sia maggiore della corrente presunta di cortocircuito monofase a terra. In alternativa il dispositivo differenziale deve essere associato ad un dispositivo di protezione di massima corrente capace di assicurare la protezione di tutto il circuito compreso il differenziale in situazione di cortocircuito (il coordinamento tra i vari dispositivi deve essere dichiarato dal costruttore).
7.2.6 Il neutro in condizioni anomale del circuito
In caso di anomalia nel circuito il neutro può assumere tensioni verso terra pericolose e tutte le masse assumono questa tensione anche se non sono interessate da nessun guasto d’isolamento. Queste tensioni possono essere originate o sull’impianto di terra del neutro o sul conduttore di neutro stesso. L’impianto di terra del neutro può introdurre tensioni pericolose a causa di un guasto sull’alta tensione o a causa di un guasto a terra sulla bassa tensione. Se un conduttore sulla distribuzione aerea in bassa tensione dovesse entrare in contatto col suolo, il circuito si chiuderebbe, verso il neutro in cabina, attraverso la resistenza verso terra RE del conduttore in contatto col suolo e attraverso la resistenza Rn del neutro messo a terra in cabina. I dispositivi di protezione intervengono difficilmente entro i tempi previsti dalla curva di sicurezza per un guasto a terra in linea anche perché la corrente di guasto è limitata dalle resistenze di terra. Tale guasto può permanere per lungo tempo ed è necessario che la resistenza Rn sia di valore tale per cui la tensione applicata su di essa non superi il valore UL di tensione limite; deve cioè essere rispettata la relazione :
(7.16)
Da cui :
(7.17)
RE= Resistenza di terra dell’elemento verso cui si è prodotto il guasto
Rn = Resistenza di terra del neutro
Questi problemi sono caratteristici dei sistemi di distribuzione dell’energia elettrica pubblica e quindi interessano in particolare le società distributrici (in ogni caso occorre sottolineare che si assumono valori convenzionali di Rn prudenziali per la messa a terra del neutro in cabina e lungo la linea). Al contrario in un impianto di distribuzione alimentato da propria cabina l’impianto di terra è unico e se si verifica un guasto verso una massa o una massa estranea, essendo queste collegate a terra, il conduttore di protezione cortocircuita la Rn del partitore di tensione costituito dalle resistenze Rn ed RE. Se invece il guasto avviene verso il terreno (conduttore a contatto col suolo) in genere RE ha valori piuttosto elevati e quindi la tensione sul neutro è in genere ridotta a valori non pericolosi. Oltre ai motivi indicati sopra, il neutro può assumere tensioni pericolose anche a causa di correnti di squilibrio elevate, corto circuito tra fase e neutro o interruzione del conduttore neutro stesso, anche se bisogna sottolineare che questi pericoli sussistono solo se il conduttore di neutro è utilizzato anche come conduttore di protezione (conduttore PEN poco usato). Da queste considerazioni si può concludere che il sistema TN deve essere utilizzato per gli impianti con propria cabina di trasformazione (Le norme CEI impongono il sistema TN per utenze di questo tipo) in quanto il sistema può essere gestito in modo tale da garantire i requisiti di sicurezza necessari, mentre, a causa dei complessi problemi di responsabilità tra utente e distributore (non è semplice per il distributore fornire i requisiti di sicurezza necessari), è preferibile l’utilizzo del sistema TT.
Circuito di guasto
La corrente di guasto si richiude attraverso il conduttore di protezione o attraverso il conduttore di protezione e l’impianto di terra quando l’impianto di terra è suddiviso in più parti sia in cabina che presso gli utilizzatori.
Impianto di terra
Utilizzatori e cabina hanno impianti di terra in comune
Protezione dai contatti indiretti
La tensione totale di terra presso gli utilizzatori dipende dall’impedenza dell’anello di guasto. La protezione può essere assicurata con l’interruzione del guasto, ottenuta per mezzo di interruttori magnetotermici o di relè differenziali, e garantendo una buona equipotenzialità.
Fornitura
Alimentazione in MT degli impianti che devono essere dotati di propria cabina di trasformazione MT/BT
Vantaggi
Il guasto viene interrotto tempestivamente all’insorgere del primo difetto di isolamento. Può essere evitato l’uso di relè differenziali.
Svantaggi
Il coordinamento delle protezioni magnetotermiche può essere difficoltoso. Impianto di terra costoso.
Tab. 7.4 – Principali caratteristiche di un sistema TN-S
Protezione attiva dai contatti indiretti in relazione al sistema di distribuzione (6)
7.3 Sistemi IT
7.3.1 Caratteristiche del sistema
Si ricorre al sistema di distribuzione IT negli impianti in cui è necessario garantire la continuità perché un disservizio potrebbe provocare gravi danni alla produzione (fig. 7.12). Questo sistema è caratterizzato dal fatto che il neutro è isolato o connesso a terra tramite impedenza di valore opportuno (alcune centinaia di ohm negli impianti 230/400 V) e le masse sono connesse a terra.
Fig. 7.12 - Sistema di distribuzione IT .
Un guasto a terra in un sistema con neutro isolato da terra provoca la circolazione di una piccola corrente di guasto dovuta principalmente all’accoppiamento capacitivo dei cavi ed in misura minore ai motori e agli altri componenti dell’impianto (fig. 7.13). La tensione limite UL può essere facilmente contenuta entro valori non pericolosi in quanto, visto il modesto valore della corrente di guasto, è facile soddisfare la condizione :
(7.18)
dove:
RT è la resistenza, espressa in ohm, del dispersore al quale sono collegate le masse ;
Ig è la corrente di guasto, espressa in ampere, fra un conduttore di fase e una massa ;
ULè il massimo valore ammissibile per la tensione di contatto in seguito ad un guasto a massa (UL=50 V per ambienti ordinari, UL=25 V per ambienti particolari).
Fig. 7.13 – Percorso della corrente di primo guasto a terra in un sistema IT.
Se questa condizione è soddisfatta il guasto può permanere per un tempo indefinito senza che vi sia pericolo di contatti indiretti. Questa caratteristica è molto vantaggiosa in quegli impianti in cui l’interruzione del servizio può causare danni economici o causare pericolo per la salute delle persone. Le Norme CEI ne consentono l’utilizzo negli impianti di prima categoria dotati di cabina propria e prescrivono che la tensione limite sulle masse, a causa di un primo guasto a terra, non superi UL=50 V per ambienti ordinari e UL=25 V per ambienti particolari. In caso di contatto diretto la corrente che fluisce attraverso la persona è invece piuttosto pericolosa soprattutto nel caso di impianti con linee in cavo molto estese (se il neutro è isolato da terra e i circuiti sono poco estesi il contatto non è pericoloso trattandosi di misura di protezione per ‘separazione elettrica’). Inoltre, in caso di permanenza di un primo guasto a terra, una persona che subisse un contatto diretto sarebbe sottoposta alla tensione concatenata anziché alla tensione stellata come invece succede in un sistema TT o TN. Per ovviare a questo inconveniente si rende necessario ricorrere ad un sistema di controllo continuo dell’isolamento verso terra, in modo che sia facile individuare ed eliminare un primo guasto a terra. Il dispositivo di controllo dell’isolamento è un apparecchio sempre inserito, regolato per una soglia di circa 0,4 Mo che segnala acusticamente o visivamente la mancanza di isolamento minimo prestabilito causato dal primo guasto verso terra. Per evitare manomissioni la regolazione deve essere effettuata solo tramite chiave o attrezzo. Al verificarsi di un allarme per caduta dell’isolamento deve far seguito una rapida ricerca del punto di guasto che può essere eseguita solo se si dispone di apparecchiature adeguate e di personale specializzato. Una particolare attenzione occorre avere per i luoghi MARCI dove il permanere di una corrente verso terra è poco gradita perché potrebbe produrre riscaldamenti localizzati ed innescare un incendio. Inoltre allo stabilirsi di un secondo guasto si ha la circolazione su due circuiti di una sovracorrente il cui valore non è noto a priori e i dispositivi di protezione potrebbero non essere adatti a proteggere adeguatamente i circuiti. In questi luoghi è necessario impartire particolari istruzioni al personale affinché, scegliendo il momento più adatto, cioè quando il disservizio è minore, provveda ad aprire manualmente il circuito quando il dispositivo di controllo dell’isolamento segnala un primo guasto a terra.
7.1.1 Protezione dai contatti indiretti
Al primo guasto a terra sappiamo che la condizione 7.18 è facilmente soddisfatta ed un’eventuale resistenza di guasto (a differenza dei sistemi TT e TN) aumenta la sicurezza. Con il primo guasto a terra il sistema non è più isolato da terra e si trasforma in un sistema TT (fig. 7.14) o TN (fig 7.15) a seconda che le masse siano collegate ad un unico impianto di terra o ad impianti di terra separati.
Fig. 7.14 – Impianto IT con le masse degli utilizzatori collegate ad uno stesso impianto di terra. A seguito di un primo guasto a terra il sistema IT si trasforma in un sistema TN.
Fig. 7.15 – Impianto IT con le masse degli utilizzatori connesse a impianti di terra separati. A seguito di un primo guasto a terra il sistema IT si trasforma in un sistema TT.
In questo secondo caso, la corrente di guasto è normalmente in grado di far intervenire le protezioni di massima corrente. Se invece la messa a terra è ottenuta con impianti di terra separati la corrente di guasto potrebbe non essere in grado di far intervenire le protezioni di massima corrente. Se si usassero i relè differenziali si potrebbero verificare situazioni di disservizio dovute al loro intervento intempestivo per cui si ritiene normalmente più economico costruire un impianto di terra unico in modo da convertire il sistema IT in un sistema TN.
Le condizioni per assicurare la protezione contro i contatti indiretti devono quindi essere:
a) Conformi alle prescrizioni per i sistemi TT se le masse sono messe a terra singolarmente o per gruppi;
b) Conformi alle prescrizioni per i sistemi TN se le masse sono collegate allo stesso impianto di terra ma distinguendo tra impianto con neutro non distribuito e impianto con neutro distribuito.
Neutro non distribuito -Il doppio guastointeressa due fasi (fig. 7.16) come se si trattasse di un sistema TN con una tensione uguale a Purtroppo l’anello di guasto e la relativa impedenza non sono noti in quanto il guasto può avvenire in due punti qualsiasi dell’impianto. La Norma stabilisce convenzionalmente che l’impedenza dell’anello di guasto debba essere la metà di quella permessa per un sistema TN. In questo modo dovrebbe essere possibile l’apertura di almeno uno dei due circuiti guasti in un tempo stabilito come da tabella 7.5 (neutro non distribuito). La condizione da soddisfare quando il neutro non è distribuito diventa :
(7.19)
dove :
Ia è la corrente che provoca l’intervento del dispositivo di protezione del circuito entro il tempo t specificato nella tabella 7.5 per i circuiti terminali che alimentano apparecchi trasportabili, mobili o portatili ed entro 5s per gli altri circuiti come per i sistemi TN;
Zs1 è l’impedenza dell’anello di guasto costituito dal conduttore di fase e dal conduttore di protezione;
U0 è la tensione nominale tra fase e neutro;
U è la tensione nominale tra fase e fase.
Fig.7.16 – Sistema di distribuzione IT. Circuito senza neutro distribuito
Protezione attiva dai contatti indiretti in relazione al sistema di distribuzione (7)

U0 / U
(V)
Tempo di interruzione (s)
Condizioni ordinarie (UL=50V)
Condizioni particolari (UL=25V)
Neutro non distribuito
Neutro distribuito
Neutro non distribuito
Neutro distribuito
120/240
230/400
400/690
580/1000
0,8
0,4
0,2
0,1
5
0,8
0,4
0,2

0,4
0,2
0,06
0,02

1
0,4
0,2
0,06

Tab. 7.5 – Tempo di interruzione massimo ammesso per secondo guasto nei sistemi IT
Il caso più pericoloso, il contatto simultaneo tra due masse, non è stato considerato in quanto si ritiene poco probabile un evento simile. La tabella si riferisce quindi ai tempi di intervento massimi per contatto con una sola massa.
• Neutro distribuito - Il doppio guasto può avvenire tra una fase e il neutro (fig. 7.17) ed in questo caso il circuito di guasto viene sostenuto da una tensione U0. La tensione è minore rispetto al caso precedente ma anche la corrente diminuisce facendo aumentare i tempi di intervento del sistema di protezione a tempo inverso. Va quindi verificata la condizione :
dove:
Ia è la corrente che provoca l’intervento del dispositivo di protezione del circuito entro il tempo t specificato nella tabella 7.5 per i circuiti terminali che alimentano apparecchi trasportabili , mobili o portatili ed entro 5s per gli altri circuiti come per i sistemi TN;
Zs2 è l’impedenza dell’anello di guasto costituito dal neutro e dal conduttore di protezione;
U0 è la tensione nominale tra fase e neutro.

Fig.7.17 – Sistema di distribuzione IT. Circuito con neutro distribuito
In ogni caso la distribuzione del neutro è decisamente sconsigliata in un sistema IT anche perché è più facile mantenerlo isolato se non è distribuito. Il sistema IT presenta l’inconveniente di non essere protetto dai contatti accidentali con le reti a MT. Per questo motivo si prevede l’installazione di scaricatori tra il centro stella dell’avvolgimento di bassa tensione del trasformatore MT/BT e l’impianto di terra. Oltre a questo è utile osservare che i materiali isolanti devono essere dimensionati per funzionare per periodi piuttosto lunghi con tensioni verso terra che coincidono con la tensione concatenata del sistema.

Circuito di guasto
La corrente di primo guasto è di valore modesto e le tensioni di contatto non sono pericolose.
Impianto di terra
Impianto di terra degli utilizzatori separato
Protezione dai contatti indiretti
Al primo guasto non si ha l’intervento delle protezioni. Deve essere installato un controllore permanente dell’isolamento verso massa. In caso di doppio guasto la protezione può essere ottenuta per mezzo di interruttori di massima corrente o relè differenziali.
Fornitura
Impianti in cui la continuità del servizio è essenziale.
Vantaggi
L’impianto può continuare a funzionare anche dopo il primo guasto verso terra. Impianto di terra poco costoso.
Svantaggi
l’isolamento verso massa con segnalazione tramite allarme al primo guasto verso terra.
Tab. 7.6 – Principali caratteristiche di un sistema IT
Protezione dai contatti indiretti senza interruzione automatica (1)
8. Protezione dai contatti indiretti senza interruzione automatica
8.1 Generalità
Sono questi dei metodi di protezione che, a differenza dei sistemi di protezione attiva trattati fino ad ora (protezione repressiva), non determinano l’interruzione automatica del circuito, con un vantaggio evidente per quanto riguarda la continuità di esercizio. Si tratta quindi di sistemi di protezione passivi che tendono ad impedire che possano verificarsi condizioni di pericolo (protezione preventiva).
8.2 Protezione con componenti di classe II
Un sistema di protezione passivo molto semplice consiste nell’utilizzare materiali elettrici (apparecchi, quadri, condutture, cassette di derivazione ecc..) con isolamento supplementare con l’intento di evitare che il cedimento dell’isolamento principale possa creare tensioni pericolose sull’involucro. L’insieme dell’isolamento principale e supplementare è denominato doppio isolamento oppure, se l’isolamento è unico ma equivalente al doppio isolamento, isolamento rinforzato.
8.2.1 Caratteristiche degli apparecchi di classe II
A seconda del tipo e dell’ambiente di utilizzo le Norme prescrivono le prove da eseguire e i requisiti che gli apparecchi di classe II devono possedere. Le prove tendono a stabilire le qualità elettriche e meccaniche dell’isolamento. Le caratteristiche costruttive devono garantire che la manutenzione a cura dell’utente non indebolisca l’isolamento (ad esempio che nel rimontare l’apparecchio non sia possibile dimenticare un elemento importante per garantire l’isolamento). L’involucro dell’apparecchio può essere costruito indifferentemente sia di materiale isolante che metallico ed in questo secondo caso è vietato dalle Norme il collegamento a terra (in alcuni casi, come vedremo, può essere richiesto un morsetto di equipotenzialità). Il collegamento a terra, che a prima vista potrebbe sembrare una sicurezza in più, può infatti risultare controproducente, in quanto il conduttore di protezione rischia di portare sull’involucro dell’apparecchio tensioni pericolose che si possono stabilire sull’impianto di terra inefficiente. Che questo possa accadere è assai più probabile che non il cedimento del doppio isolamento o dell’isolamento rinforzato da cui la prescrizione normativa di non collegare a terra la carcassa metallica dell’apparecchio.
Fig. – 8.1 a) Simbolo grafico di un componente o apparecchio dotato di isolamento doppio o rinforzato - Classe II. b) divieto di collegamento delle parti metalliche ad un conduttore di protezione.
In alcuni casi, come ad esempio per gli interruttori elettronici a contatto con le persone, in sostituzione del doppio isolamento può essere interposta un’impedenza di protezione che deve però garantire una protezione equivalente al doppio isolamento. Apparecchi di uso comune per i quali è richiesto l’isolamento doppio o rinforzato sono, ad esempio, quelli portatili ; essendo normalmente sostenuti durante l’uso, devono essere di classe II in quanto si ritiene che siano più sicuri dei corrispondenti apparecchi di classe I. Negli apparecchi portatili il rischio è elevato in quanto l’operatore, a causa dell’elevata pressione del contatto con l’apparecchio, possiede una resistenza del corpo ridotta; inoltre i guasti d’isolamento sono più frequenti a causa delle numerose sollecitazioni a cui l’apparecchio portatile è soggetto durante l’uso.
8.2.2 Condutture di Classe II
Le condutture possono essere considerate di classe II (con tensioni nominali non superiori a 690 V) se utilizzano:
• cavi con guaina isolante di tensione superiore di un gradino rispetto a quella del sistema elettrico (isolamento rinforzato) ;
• cavi unipolari senza guaina installati in tubo protettivo o in canale isolante rispondente alle Norme di prodotto ;
• cavi con guaina metallica aventi isolamento idoneo alla tensione nominale del sistema elettrico tra la parte attiva e la guaina metallica e tra questa e l’esterno.
Gli apparecchi di classe seconda non devono essere collegati a terra (il collegamento a terra delle masse potrebbe essere utile nel caso di un guasto tra gli avvolgimenti del trasformatore, ma potrebbe introdurre tensioni pericolose dovute a guasti su altri apparecchi alimentati dalla rete di distribuzione) ma, nel caso dei canali metallici contenenti cavi di classe seconda, tale collegamento è accettato dalle Norme in quanto nel canale potrebbero essere posati , anche in tempi successivi, cavi non di classe seconda. Sintetizzando: se il canale contiene cavi di classe seconda e cavi normali deve essere collegato a terra, se contiene solo cavi di classe seconda può essere collegato a terra, se contiene solo cavi normali deve essere collegato a terra. In definitiva, per garantire all’impianto nel suo complesso un isolamento di classe II, è necessario rispettare le seguenti condizioni :
• gli involucri isolanti devono presentare una struttura atta a sopportare le sollecitazioni meccaniche, elettriche, e termiche che possono verificarsi in caso di guasto ;
• nella fase di installazione si deve evitare di danneggiare gli isolamenti ;
• gli involucri non devono essere dotati di viti di qualsiasi tipo (neppure isolanti per evitare che possano essere sostituite da altre di tipo metallico che potrebbero comprometterne l’isolamento) ;
• i contenitori con portello devono poter essere aperti sono con attrezzo o chiave. Se i coperchi fossero rimovibili senza chiave o attrezzo le parti conduttrici accessibili devono essere protette da una barriera, rimovibile solo con l’uso di attrezzi, avente grado di protezione non inferiore a IPXXB ;
• le parti intermedie dei componenti elettrici devono avere grado di protezione non inferiore a IPXXB ;
• non devono essere impiegate vernici o lacche per ottenere un isolamento supplementare ;
• l’involucro non deve essere attraversato da parti conduttrici che potrebbero propagare potenziali pericolosi ;
• l’involucro non deve impedire il regolare funzionamento dell’apparecchio elettrico ;
• le parti conduttrici contenute all’interno dell’involucro non devono essere collegate ad un conduttore di protezione. E’ possibile far attraversare l’involucro da conduttori di protezione di altri componenti elettrici il cui circuito di alimentazione passi anch’esso attraverso l’involucro. All’interno dell’involucro tali conduttori e i loro morsetti devono essere isolati come se fossero parti attive e i morsetti devono essere contrassegnati in modo adeguato ;
• le parti conduttrici e le parti intermedie non devono essere collegate ad un conduttore di protezione a meno che ciò non sia espressamente previsto nelle prescrizioni di costruzione del relativo componente elettrico.
8.3 Protezione per separazione elettrica
In un sistema isolato completamente da terra chi venisse in contatto con una parte in tensione non correrebbe alcun rischio in quanto, se l’impianto è tanto poco esteso da poter trascurare le correnti capacitive, è impossibile la chiusura del circuito verso terra per cui la tensione sulla persona è limitata dall’elevata impedenza verso terra del sistema elettrico. Questo tipo di protezione si può ottenere mediante un trasformatore di isolamento ed il circuito deve rispondere ai seguenti requisiti :
• alimentazione da trasformatore di isolamento rispondente alle Norme CEI 96-2 oppure con apparecchiature aventi analoghe caratteristiche come ad esempio un gruppo motore generatore. La separazione è invece implicita se l’alimentazione proviene da sorgenti autonome (gruppo elettrogeno, batterie o altro dispositivo) non collegate alla rete;
• la tensione del circuito separato non deve superare i 500 V.
il circuito separato deve essere di estensione ridotta e comunque non superiore a quella determinabile con la seguente relazione :

e comunque non superiore a 500 m dove L è la lunghezza della linea in metri a valle del trasformatore e Un la tensione di alimentazione nominale in volt del circuito separato ;
• la separazione verso altri circuiti elettrici deve essere almeno equivalente a quella richiesta tra gli avvolgimenti del trasformatore di isolamento. Tale separazione elettrica deve essere garantita tra le parti attive di quei componenti elettrici che possono contenere nel loro interno conduttori di circuiti diversi ( ad esempio relè, contattori ecc..) ;
• per il circuito separato è raccomandabile utilizzare condutture separate da quelle di altri circuiti. Ove questo non fosse possibile si devono impiegare cavi multipolari senza guaina metallica isolati per la tensione nominale del sistema a tensione più elevata ;
• ad evitare rischi di guasti verso terra, deve essere posta particolare cura all’isolamento verso terra con particolare riguardo verso i cavi flessibili ;
• assicurare l’ispezionabilità dei cavi flessibili non a posa fissa ad evitare che possano subire danneggiamenti.
Non essendo pratico alimentare ogni singolo apparecchio con un trasformatore d’isolamento diverso (condizione ideale) si preferisce alimentare più apparecchi (senza superare la lunghezza massima della linea prescritta dalla Norma) con un unico trasformatore (ad esempio il banco di lavoro di un laboratorio scolastico). Un primo guasto d’isolamento potrebbe permanere per un tempo indefinito senza rischi per le persone, mentre un secondo guasto su un’altra fase di un secondo apparecchio determinerebbe un pericolo mortale per la persona in contatto con i due apparecchi. Per ovviare a questo problema, quando il circuito separato alimenta più di un utilizzatore (nel caso alimentasse un solo utilizzatore la sua massa non deve essere collegata al conduttore di protezione), ogni massa va collegata ad un conduttore equipotenziale isolato da terra, in modo che un doppio guasto a massa venga tramutato in un corto circuito e possa così essere eliminato dai dispositivi di massima corrente, posti a protezione delle singole linee, entro i tempi di seguito indicati :
U0 (V)
t (s)
120
30
400
IB, è verificata ma , come si e detto più sopra, si intende, in considerazione del funzionamento particolarmente gravoso della linea, sovradimensionare il cavo che si sceglie quindi di 16 mm2. Alla sezione di 16 mm2 corrisponde una portata di 68 A che ridotta sempre del coefficiente di correzione 0,79 risulta:

Come prescrivono le Norme il PE, essendo la sezione del conduttore di fase inferiore a 25 mm2, sarà scelto della stessa sezione del conduttore di fase.
15.7.2 Protezione da corto circuito e sovraccarico
La massima corrente di cortocircuito coincide con quella calcolata al termine della linea L0, 21,8 kA. Dal catalogo del costruttore (Sistema bassa tensione – Interruttori modulari Multi 9 della Marlin Gerin) si sceglie un interruttore tipo NC100LH con una corrente nominale di In=40 A (essendo: ) e caratteristica di intervento di tipo C (soglia di certo intervento Im=10In=400 A), una Icu di 50 kA e una Ics=75%Icu (Ics=75%Icu=37,5 kA ampiamente superiore al valore di 21,8 kA). La linea è lunga ma non è necessario effettuare la verifica della ICC minima in quanto il cavo è protetto anche dal sovraccarico. Anche l’I2t è verificato perché dalla curva di limitazione dell’interruttore si rileva che la minima sezione di cavo protetta dall’interruttore è di 2,5 mm2 per cui, a maggior ragione, lo sarà anche il cavo da 16 mm2 che è stato scelto.
Fig. 15.7 – Curve di limitazione dell’energia specifica passante dell’interruttore NC100LH (Marlin Gerin)
15.7.3 Verifica della caduta di tensione
Alla caduta di tensione sul tratto L0 calcolata in precedenza andrà sommata la caduta di tensione sulla linea L1 che sarà data da:
Dove:
IB = corrente della linea = 36 A
l1 =lunghezza della linea = 130 m
RL1 = resistenza del conduttore (dalle tabelle : 1,45 mW/m )
XL1= reattanza del conduttore posato a trifoglio (dalle tabelle: 0,112 mW/m)
Carico puramente resistivo: cosfi=1 , senj=0

da cui:
Caduta di tensione nella norma.
Il progetto (9)

15.8 Linea L2 – Alimentazione primo quadro secondario QS01
15.8.1 Dimensionamento della conduttura (lunghezza 60 m)
La linea L2 alimenta un quadro secondario di distribuzione di un reparto macchine utensili con una potenza installata di 350 kW ridotta (coefficiente di contemporaneità 0,85) ad una potenza effettivamente assorbita di 236 kW con un fattore di potenza medio di 0,85. La linea è caricata regolarmente per tutta la giornata lavorativa di complessive otto ore con una interruzione di un’ora, a metà giornata, per la pausa pranzo. La corrente di impiego IB è:
La posa sarà effettuata in passerella perforata perché, pur essendo previsto per ora un solo circuito, in un secondo tempo si pensa di installare un’altra linea lungo lo stesso percorso. L’alimentazione del reparto sarà ottenuta per mezzo di una linea trifase con neutro distribuito. Essendo la tensione nominale del sistema di 400 V ed essendo necessario, vista la posa in passerella, un cavo con guaina la scelta cade su un cavo isolato in PVC del tipo N1VV-K (lettera di selezione per il tipo di portata F). L’ambiente di posa non presenta particolari problemi e la temperatura ambiente non supera mai i 30 °C. Sulla tabella delle portate, in corrispondenza della lettera di selezione del tipo di posa F, per un cavo in rame con tre conduttori attivi in PVC, si individua una corrente IZ di 461 A corrispondente ad una sezione di 240 mm2. Il coefficiente correttivo totale della portata vale:
Il coefficiente K2 tiene conto dei futuri sviluppi dell’impianto che, come si è detto, dovrà essere integrato con un’altra linea posata nella stessa passerella in un unico strato.
La nuova IZ del cavo ridotta vale:
La verifica conferma l’idoneità di un conduttore da 240 mm2. Essendo anche in questo caso soddisfatte contemporaneamente le condizioni richieste dalle Norme il PE e il neutro, essendo la sezione del conduttore di fase superiore a 25 mm2, potrànno essere scelti con una sezione uguale alla metà della sezione del conduttore di fase corrispondente ad una sezione dii 120 mm2.
15.8.2 Protezione da corto circuito e sovraccarico
La corrente di cortocircuito coincide ancora con quella calcolata al termine della linea L0, 21,8 kA. Dal catalogo del costruttore (Sistema bassa tensione – Interruttori scatolati Compact della Marlin Gerin) si sceglie un interruttore tipo NS630 N (Icu=45 kA e Ics=100%Icu) che può essere abbinato ad uno sganciatore eletronico tipo STR23SE con una soglia di intervento del termico regolabile con una preregolazione a 6 gradini (0,6-0,63-0,7-0,8-0,9-1) e una regolazione fine a 8 gradini (da 0,8 a 1) e la protezione corto ritardo contro i corto circuiti Im regolabile da 2 a 10 volte la Ir (fig. 15.8). La Im sarà regolata a 10 volte la Ir per garantire, così come indicato dal costruttore, una certa selettività con gli interruttori posti sul quadro secondario mentre la soglia di intervento del termico sarà regolata per una corrente di:
PROTEZIONI
• Protezione contro i sovraccarichi lungo ritardo LR (1) a soglia regolabile (riferita al valore efficace della corrente): soglia regolabile con preregolazione a 6 gradini (0,5-0,63-0,7-0,8-0,9-1) e regolazione fine Ir a 8 gradini(da 0,8 a 1).
• Protezione corto ritardo CR contro i corto circuiti:
1. a soglia regolabile Im (3);
2. a temporizzazione fissa (4).
••Protezione istantanea IST contro i corto circuiti a soglia fissa I (5)
Regolazione dello sganciatore
Preregolazione
Regolazione fine
Fig. 15.8 - Regolazione dello sganciatore elettronico tipo STR23SE (Marlin Gerin)
Essendo verificata la seguente relazione ed essendo la soglia di intervento, come indicato dal costruttore, da 1,05xIr a 1,20xIr è verificata anche la e resta quindi solo da verificare se il cavo sopporta l’energia specifica lasciata passare dall’interruttore. Dalle curve fornite dal costruttore (fig. 15.7) si procede come nei casi precedenti ed è facile verificare che un cavo da 240 mm2 isolato in PVC è protetto con un notevole margine dall’interruttore prescelto. Anche in questo caso la presenza della protezione contro i sovraccarichi rende inutile la verifica della corrente di corto circuito minima in fondo alla linea.
15.8.3 Verifica della caduta di tensione
Alla caduta di tensione sul tratto L0 calcolata in precedenza andrà sommata la caduta di tensione sulla linea L2 di 60m che sarà data da:
Dove:
IB = corrente della linea = 401 A
L2 =lunghezza della linea = 60 m
RL2 = resistenza del conduttore (dalle tabelle : 0,099 mW/m )
XL2= reattanza del conduttore posato a trifoglio (dalle tabelle: 0,09 mW/m)
cosfi=0,85 , sefi=0,52
da cui:

Caduta di tensione nella norma.
Il progetto (10)

15.9 Linea L3 – Alimentazione secondo quadro secondario QS02
15.9.1 Dimensionamento della conduttura (lunghezza 100 m)
La linea L3, tripolare con neutro, alimenta un quadro secondario di distribuzione di un reparto macchine utensili con una potenza installata di 300 kW ridotta (coefficiente di contemporaneità 0,85) ad una potenza effettivamente assorbita di 168 kW con un fattore di potenza medio di 0,85. La linea non risulta essere particolarmente sollecitata anche perché durante l’attività lavorativa l’utenza non sempre assorbe tutta la corrente IB che è data da:
La temperatura ambiente di progetto, anche se può a volte raggiungere i 35 °C, può essere considerata di 30°C. La posa sarà effettuata in passerella perforata in un unico strato perché garantisce un miglior smaltimento del calore prodotto e ben si adatta alla tipologia dell’ambiente di posa. Nella stessa passerella saranno posati altre tre linee tripolari in rame: 3x120 mm2 in PVC, 3x95 mm2 in PVC e 3x25 mm2 in EPR. Essendo la tensione nominale del sistema di 400 V ed essendo necessario, vista la posa in passerella, un cavo con guaina la scelta cade su un cavo isolato in PVC del tipo N1VV-K (lettera di selezione per il tipo di portata F). Sulla tabella delle portate, in corrispondenza della lettera di selezione del tipo di posa F, per un cavo in rame con tre conduttori attivi in PVC, si individua una corrente IZ di 299 A corrispondente ad una sezione di 120 mm2. Essendo posati nella stessa passerella più circuiti non omogenei raggruppati non è possibile utilizzare il fattore di riduzione della tabella 15.8 perché la tabella si riferisce a un insieme di circuiti aventi cavi della stessa sezione, composizione e tipo di isolamento. Il metodo che si propone per risolvere il problema potrebbe essere chiamato del “conduttore equivalente”, inteso come il conduttore che produce, per effetto Joule, la stessa quantità di calore prodotto dall’insieme dei conduttori in esame. Con riferimento alla tab. 15.14, in cui sono riportate le potenze indicativamente dissipate da un metro lineare di cavo secondo la sezione e il tipo di isolante, si può calcolare la quantità di calore dissipato dai cavi in esame e poi, dividendo la potenza totale dissipata per la potenza dissipata da un singolo cavo, ottenere il numero dei cavi equivalenti per ogni sezione:
Potenza dissipata totale
Numero cavi equivalenti





Tab. 15.13 – Calcolo della potenza totale dissipata dai cavi

Come si può notare le linee posate nella passerella hanno sezioni non uguali ma abbastanza omogenee e lo stesso conduttore in EPR, che in quanto a sezione si discosta notevolmente dalle altre, installato con conduttori in PVC di sezione molto più elevata assume alla conclusione dei calcoli un numero di cavi equivalente circa uguale agli altri cavi. In questo caso il coefficiente di riduzione poteva quindi essere scelto per quattro circuiti come se ci si trovasse in presenza di cavi omogenei (nonostante il conduttore in EPR sia di sezione molto diversa dagli altri si può notare, dalla tabella di dissipazione dei cavi, che un conduttore da 25 mm2 dissipa come un conduttore da 150 mm2 in PVC).
Sezione
(mm2)
Cavi isolati in PVC (70 °C)
Cavi isolati in EPR (90 °C)
Portata di riferimento (1)
(A)
Resistenza al metro a 70 °C
(mohm)
Potenza dissipata
(W/m)
Portata di riferimento (1)
(A)
Resistenza al metro a 70 °C
(mohm)
Potenza dissipata
(W/m)
1,5
2,5
4
6
10
16
25
35
50
70
95
120
150
185
240
17,5
24
32
41
57
76
96
119
144
184
223
259
299
341
403
15,9
9,55
5,92
3,95
2,29
1,45
0,93
0,66
0,46
0,36
0,25
0,195
0,156
0,129
0,099
4,9
5,5
6,1
6,6
7,4
8,4
8,6
9,3
9,5
12,2
12,4
13
13,9
15
16
22
30
40
52
71
96
119
147
179
229
278
322
371
424
500
17,5
10,5
6,49
4,32
2,49
1,58
1,01
0,72
9,50
0,35
0,27
0,21
0,17
0,14
0,11
8,5
9,5
10,4
11,7
12,5
14,6
14,3
15,6
16
16,4
20,9
21,8
23,4
25,2
27,5
(1) La portata di riferimento è relativa ad una posa di tipo “C” per cavi tripolari
Tab. 15.14 – Potenza dissipata per metro di conduttore
Dalla solita tabella si ricava per quattro circuiti, tipo di posa su passerella perforata (lettera di selezione F), posa in un solo strato un coefficiente di riduzione 0,77 da cui:
La nuova IZ ridotta sarà:
Come si può notare il cavo da 120 mm2 alla nuova IZ=230 A non risulta adatto per una IB di 285 A si verifica quindi la sezione immediatamente superiore di 150 mm2 che risulta ancora insufficiente e che ci porta a scegliere un conduttore da 240 mm2 . La portata ridotta diventa:
Il dimensionamento del neutro e del PE, essendo la sezione del conduttore di fase superiore a 25 mm2, per semplicità potrà ancora essere effettuato secondo la regola generale dettata dalle norme, scegliendo una sezione pari alla metà della sezione del conduttore di fase.
15.9.2 Protezione da corto circuito e sovraccarico
La corrente di cortocircuito è sempre di 21,8 kA. Dal catalogo del costruttore (Sistema bassa tensione – Interruttori scatolati Copact della Marlin Gerin) si sceglie con i soliti criteri un interruttore tipo NS400 N (Icu=45 kA e Ics=100%Icu) che può essere abbinato al solito sganciatore elettronico tipo STR23SE. La Im sarà regolata a 10 volte la Ir per garantire, così come indicato dal costruttore, una certa selettività con gli interruttori posti sul quadro secondario mentre la soglia di intervento del termico sarà regolata per una corrente di:
Essendo verificata la solita relazione ed essendo verificata anche la resta solo da verificare se il cavo sopporta l’energia specifica lasciata passare dall’interruttore. Dalle curve fornite dal costruttore (fig. 15.7) si procede come nei casi precedenti ed è facile verificare che anche in questo caso il cavo è protetto abbondantemente dall’interruttore prescelto. Risulta ancora inutile, vista la presenza della protezione contro i sovraccarichi, la verifica della corrente di corto circuito minima in fondo alla linea.
15.9.3 Verifica della caduta di tensione
Alla caduta di tensione sul tratto L0 calcolata in precedenza andrà sommata la caduta di tensione sulla linea L3 di 60m che sarà data da:
Dove:
IB = corrente della linea = 285 A
L3 =lunghezza della linea = 100 m
RL3 = resistenza del conduttore (dalle tabelle : 0,099 mW/m )
XL3= reattanza del conduttore posato a trifoglio (dalle tabelle: 0,090 mW/m)
cosfi=0,85 , senfi=0,52

da cui:
Sommando a questa caduta di tensione la caduta di tensione sul primo tratto si ha:

Caduta di tensione nella norma.

15.10 Linea L4 – Alimentazione motore M01
15.10.1 Dimensionamento della conduttura (lunghezza 40 m)
La linea L4, tripolare senza neutro alimenta un motore da 45 kW (potenza resa) che assorbe una corrente In di 85 A.
Si tratta di un carico che all’avviamento presenta forti correnti di spunto e che sollecita la linea con frequenti avviamenti. Si considera quindi, anche per motivi di coordinamento tra le protezioni (il motore è equipaggiato da una protezione magnetica Compact Marlin Gerin tipo NS100H-MA con il magnetico tarato a 1100 A) , l’opportunità di sovradimensionare la linea. L’ambiente di tipo industriale, il tratto modesto di linea, e l’ambiente ricco di polvere di ferro ci consiglia di utilizzare per la posa un canale chiuso. Non ci sono particolari problemi per la temperatura ambiente che può essere considerata di 30 °C. Nel canale sarà posata la sola linea di alimentazione del motore. Per comodità di posa e prevedendo sezioni modeste si sceglie un cavo multipolare con guaina isolato in EPR che si ritiene più adatto per sopportare i previsti sovraccarichi della linea (tipo di posa B). Un cavo FG7R da 0,6/1 kV potrebbe fare al caso nostro. Sulla tabella delle portate, si individua una corrente IZ di 85 A per un cavo da 16 mm2 ma per i motivi appena accennati si sovradimensiona il cavo utilizzando una sezione di 35 mm2 corrispondente, per un cavo isolato in EPR, ad una portata nominale di 138 A. Per il PE si adotta un conduttore con sezione pari alla metà della sezione del conduttore di fase, in questo caso 25 mm2.
15.10.2 Protezione da corto circuito e sovraccarico
La corrente di cortocircuito è sempre di 21,8 kA come per le altre linee. Dal catalogo del costruttore (Sistema bassa tensione – Interruttori scatolati Copact della Marlin Gerin) si sceglie un interruttore tipo NS250 N (Icu=36 kA e Ics=100%Icu) che può essere abbinato allo sganciatore elettronico tipo TM125D. Essendo come al solito si regola la termica a Ir=1xIn, cioè 125 A verificando così la relazione: . Se la Im è regolata a 10 volte la Ir si ha 1250 A che risulta selettivo con la protezione magnetica del motore tarata su una Im di 1100 A. Per finire, dalle curve fornite dal costruttore (fig. 15.7), si procede come nei casi precedenti ed è facile verificare che anche in questo caso il cavo è protetto abbondantemente dall’interruttore prescelto. Risulta ancora inutile, vista la presenza della protezione contro i sovraccarichi, la verifica della corrente di corto circuito minima in fondo alla linea. Risulta inutile anche la verifica della caduta di tensione dal momento che il cavo è di modesta lunghezza.
Il progetto (11)

15.11 Protezione delle persone
15.11.1 La sicurezza nella cabina di trasformazione
Secondo quanto ampiamente trattato nel capitolo relativo alle cabine d’utente s'intende, anche se in modo sommario, valutare i problemi inerenti la protezione delle persone nella cabina di trasformazione della quale, per comodità, riportiamo i dati progettuali più importanti:
Alimentazione M.T. a neutro isolato (dati forniti dalla società distributrice)

Tensione di alimentazione nominale
U1 = 15000 V
Corrente di guasto
IG = 175 A
Tempi di intervento delle protezioni in M.T.
t = 0,6 s
Potenza di corto circuito
ACC = 378 MVA
Corrente di corto circuito simmetrica alla consegna
ICC = 12,5 kA
Tensione massima di riferimento dell’isolamento
Um = 17,5 kV
Frequenza
f = 50 Hz
Resistenza di terra
RT=0,5 W


Trasformatore MT/BT
Potenza
Sn = 630 kVA
Tensione nominale
U1/U2 = 15/0,4 kV
Collegamento
Dyn: gruppo 11
Tensione di corto circuito
UCC% = 4%
Perdite nel rame
PCu= 6,5 kW
Raffreddamento
ONAN
15.11.2 Impianto di terra
L’impianto di terra è stato eseguito, in conformità alle Normative vigenti, con una conformazione di tipo a maglia e da misure effettuate in condizioni di normale funzionamento col metodo voltamperometrico la resistenza di terra RT è risultata essere di 0,5 W, valore molto vicino a quello calcolato, in fase di progetto, con la seguente formula semplificata:
dove:
r=resistività di un terreno organico umido (Wm)
r=raggio del cerchio di area equivalente alla maglia (m)
Come conduttore di terra sarà impiegato un conduttore in corda di rame nudo di 35 mm2. La sezione è scelta soprattutto per ragioni di carattere meccanico in quanto, con una corrente di guasto di 175 A e tempi di intervento di 0,6 s (dati forniti dall’Ente Distributore), sarebbe sufficiente anche la sezione minima prevista dalle Norme e cioè 16 mm2. Il conduttore equipotenziale (EQ) che collega il trasformatore al nodo equipotenziale e il PE1 che collega il neutro al nodo equipotenziale che, come sappiamo, possono essere percorsi da correnti che dipendono da U0 e dall’impedenza dell’anello di guasto, sono stati dimensionati per la massima corrente di corto circuito che si ha immediatamente a valle del secondario del trasformatore (sezione scelta 185 mm2).
15.12 Parte in bassa tensione
15.12.1 Verifica delle tensioni di contatto sul quadro di bassa tensione
Si effettua la verifica delle tensioni di contatto sulle masse di bassa tensione per accertare se, come normalmente accade, la tensione UC è inferiore a 50V.

Fig. 15.9 – Guasti in cabina immediatamente a valle del trasformatore
ZMT = impedenza lato MT trasferita al secondario del trasformatore;
ZTR= impedenza del trasformatore;
ZF1= impedenza conduttori di fase dal trasformatore al primo interruttore;
ZEQ= impedenza conduttore equipotenziale delle masse di cabina;
ZPE1=impedenza collegamento del centro stella col nodo equipotenziale;
Fig. 15.10 – Schema equivalente per un guasto sulle masse di cabina
Con riferimento ai dati raccolti nella tabella riepilogativa, relativi alla resistenza e alla reattanza dei vari tratti componenti il circuito dell’anello di guasto (fig. 15.10), si può calcolare la tensione di contatto a vuoto UC0. Trascurando l’impedenza della massa attraversata dalla corrente di guasto si ha:
IG1 , come sappiamo, è funzione dell’impedenza dell’anello di guasto perciò si ha:
Il progetto (12)
Studio associato CIZETA
Progettazione impianti elettrici
Calcolo impedenza anello di guasto (1)
Revis. 12/12/00
"Officine meccaniche F.lli Bianchi"



1
2
3
4
5
6
Dati di progetto
Rete MT
Trafo
Fase/L0
EQ/cabina
PE1/Cabina
Fase /L1
PE2/L1
Media tensione







Tensione primario (kV)
15,00






Tensione secondario (kV)
0,40






Corrente di corto circuito (kA)
12,50






Potenza di corto circuito
378,00






Fattore di potenza presunto
0,00






Impedenza lato BT (mohm)
0,42






Resistenza (mohm)
0,00






Reattanza (mohm)
0,42






Tempi di intervento protez. MT (s)
0,55






Corrente di guasto (A)
175,00














Trasformatore







Potenza nominale (kVA)

630,00





Tensione di corto circuito Ucc%

4,00





Perdite nel rame (kW)

6,50





Tensione nominale secondaria (kV)

0,40





Corrente nominale (A)

910,00





Resistenza (mohm)

2,62





Reattanza (mohm)

9,81





Impedenza (mohm)

10,16













Conduttori







Sezione (mmq)


440,00
185,00
185,00
16,00
16,00
Diametro (mm)


11,84
7,68
7,68
2,26
2,26
Distanza da PE (mm) o da cond. fase


0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
Resistenza (mohm/m)


0,05
0,14
0,14
1,45
1,45
Reattanza (mohm/m)


0,045
0,091
0,091
0,112
0,112
Lunghezza (m)


10,00
9,00
12,00
130,00
130,00
Resistenza totale (mohm)


0,5
1,89
2,52
188,5
188,5
Reattanza totale (mohm)


0,45
0,819
1,092
14,56
14,56
Tab. 15.15 a– Calcoli impedenze anello di guasto
Studio associato CIZETA
Progettazione impianti elettrici
Calcolo impedenza anello di guasto (2)
Officine meccaniche F.lli Bianchi
Revis. 12/12/00


7
8
9
10
11
12
13
Dati di progetto
Fase/L2
PE2/L2
Fase/L3
PE2/L3
Fase/L4
PE2/L4

Media tensione







Tensione primario (kV)







Tensione secondario (kV)







Corrente di corto circuito (kA)







Potenza di corto circuito







Fattore di potenza presunto







Impedenza lato BT (mohm)







Resistenza (mohm)







Reattanza (mhom)























Trasformatore







Potenza nominale







Tensione di corto circuito







Perdite nel rame







Tensione nominale secondaria







Corrente nominale







Resistenza (mohm)







Reattanza (mohm)







Impedenza (mohm)















Conduttori







Sezione (mmq)
240,00
120,00
240,00
120,00
35,00
25,00

Diametro (mm)
8,74
6,18
8,74
6,18
3,34
2,82

Distanza rispetto PE (mm)
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00
0,00

Resistenza (mohm/m)
0,099
0,194
0,099
0,194
0,72
1,01

Reattanza (mohm/m)
0,09
0,094
0,09
0,094
0,078
0,081

Lunghezza (m)
60,00
60,00
100,00
100,00
40,00
40,00

Resistenza totale (mohm)
5,94
11,64
9,9
19,4
28,8
40,4

Reattanza totale (mohm)
5,4
5,64
9
9,4
3,12
3,24

Tab. 15.15 b – Calcoli impedenze anello di guasto
La verifica ha confermato quanto previsto. La tensione di contatto a vuoto sulle masse in bassa tensione di cabina, UC0=32 V, risulta non essere pericolosa.
Studio associato CIZETA

Verifica delle tensioni di contatto sulle masse in BT di cabina
Progettazione impianti elettrici

Officine meccaniche F.lli Bianchi



1
2
3
Dati utenza
Quadro QEGBT



Sigla linea/utenza
L0



Imp.za anello di guasto (Zg) (mohm)
14,67810734








Tensione di contatto (Uc) (V)
32,45



Tab. 15.16 – Verifica tensioni di contatto sulle masse di cabina in BT

15.12.2 Protezione contro i contatti indiretti fuori dalla cabina
La protezione sarà attuata con il collegamento dell’involucro metallico delle masse al conduttore di protezione (PE), con l’esecuzione di collegamenti equipotenziali principali e supplementari e verificando i tempi di intervento delle protezioni magnetotermiche installate nel quadro di BT in cabina. Il dispositivo di protezione deve interrompere automaticamente l’alimentazione quando si verifica un guasto di impedenza trascurabile in qualsiasi parte dell’impianto fra un conduttore di fase ed un conduttore di protezione o una massa soddisfacendo la seguente condizione :
Dove :
U0 =tensione nominale in c.a. verso terra dell’impianto, relativamente al lato bassa tensione in valore efficace tra fase e terra
Ia = Corrente che provoca l’intervento del dispositivo di protezione entro i tempi indicati dalla norma
Zs = Impedenza dell’anello di guasto che comprende la sorgente, il conduttore attivo fino al punto di guasto ed il conduttore di protezione tra il punto di guasto e la sorgente. Se si impiega un dispositivo differenziale Ia è la corrente IDn differenziale nominale. Nel nostro caso, per motivi di selettività verticale, volendo utilizzare lo stesso dispositivo impiegato per la protezione contro le sovracorrenti si può usare, per la verifica della relazione, la corrente di intervento della protezione magnetica Im che fa normalmente intervenire la protezione in tempi inferiori a quelli prescritti dalla norma:
Trattandosi di circuito di distribuzione i tempi di intervento non dovranno essere superiori ai cinque secondi e quindi, come si può notare dai dati riportati sulla tabella riepilogativa in cui è sempre Im

Esempio