L'avaro di Teofrasto

Materie:Traduzione
Categoria:Greco

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Testo

“L’AVARO” di Teofrasto
L’avarizia, di cui parliamo, è il darsi da fare per ottenere guadagni svergognati e questo tipo di avaro è quello che non mette abbastanza pane davanti ai suoi ospiti e che è capace di prendere un prestito dall’amico che ospita in casa. Quando fa le porzioni dice che è giusto che chi fa le parti riceva una doppia porzione e subito se la fa per sé. Se offre vino ad un amico lo annacqua anche a lui. A teatro porta i suoi figli solo quando gli impresari lasciano entrare gratis. Se viaggia per un’ambasceria pubblica, lascia a casa il denaro avuto dalle città e si fa prestar i soldi dai compagni d’ambasceria. Al suo servo poi carica sulle spalle un peso più grosso di quanto possa portare e, rispetto a tutti gli altri, è quello che gli da meno da mangiare. Dei regali fatti all’ambasceria, pretende la sua parte e la rivede. Nei bagni si unge e dice allo schiavo “questo olio che hai comprato è rancido” e poi si unge con l’olio degli altri. Delle monete di rame che il suo servo trova, ne pretende metà “perché Hermes è comune”. Egli da il mantello da lavoro, ne prende in prestito uno da un conoscente e lascia trascorrere più giorni del necessario (senza restituirlo), finché non glielo richiedono. Ed ancora: quando deve misurare le granaglie alla famiglia, usa ancora uno staio fidonico , per di più con il fondo infossato e poi lo rasa ben bene. Egli vende sottoprezzo le cose di un amico che invece pensa di vender bene. Se deve restituire un debito di 30 mine, trattiene come sconto 4 dracme. Se i suoi figli per malattia non hanno potuto andare a scuola tutto il mese, detrae l’importo corrispondente dalla mesata del maestro. Nel mese di Antisterione non li manda neppure a scuola perché ci sono troppi giorni festivi e così risparmia soldi. Quando lo schiavo gli porta i soldi per il suo noleggio, pretende persino una percentuale per il cambio delle monete di rame in argento e fa il contrario quando deve pagare il conto dell’amministratore. Quando offre un banchetto alla sua fratrìa, pretende che i suoi schiavi siano sfamati dalla cassa comune. Poi prende nota dei mezzi ravanelli rimasti sulla tavola così che non se li mangino i servitori. Quando fa un viaggio con dei conoscenti, si serve dei loro schiavi e i propri li noleggia fuori, ma non mette il denaro nella cassa comune. Nelle cene in comune organizzate a casa sua mette in conto agli altri anche il legno, le lenticchie , l’aceto, il sole e l’olio delle lampade. Quando uno dei suoi amici si sposa o da in nozze la figlia, parte in viaggio qualche tempo prima per non mandare il regalo. Dai suoi conoscenti prende in prestito cose che non si possono richiedere né riottenere.

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