L'amore nell'ellenismo

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Testo

La concezione dell’amore come nasce dal pensiero filosofico epicureo e come viene
accolta nella poesia bucolica di Teocrito e di Virgilio.

Per sviluppare un excursus della concezione dell’amore nell’età ellenistica dobbiamo partire innanzitutto dalla filosofia ed analizzare la figura di Epicuro. Questo importante dotto, pur non trattando l’argomento ampliamente, stabilisce una concezione amorosa cinetica secondo la quale l’uomo, nel momento in cui realizza un desiderio, ne innesta immediatamente un altro e quindi, raggiunta la donna amata non se ne accontenta e vuole di più. Inoltre, suddividendo i bisogni dell’uomo in necessari e naturali(bere, mangiare, non aver freddo),non naturali e non necessari(la ricchezza, lo sfarzo..)l’amore è considerato, insieme al mangiare cibi raffinati, un bisogno naturale ma non necessario, senza il quale l’uomo può benissimo sopravvivere.
L’amore è invece un tema ben sviluppato in Teocrito, anche se si muove di pari passo con la natura. Spesso è un amore infelice perché fa parte del destino umano, ma nonostante ciò provoca sentimento di gioia, in quanto è puro e dà quindi una visione positiva della vita. Vengono analizzati diversi aspetti dell’amore: l’ironia, gli stratagemmi e il sentimento come forza che permette di andare avanti.
Nel primo caso potremmo citare il Ciclope, il quale,pur essendo deforme e goffo è capace di provare sentimenti delicati e sofferenza a causa del suo amore infelice per Galatea (…e più riposo non ho… e pure l’anima mia soppostrerei che m’ardessi e questa sola pupilla che m’è la più cara dolcezza…).Ironia è dunque presente anche nei cantori bucolici, in cui l’amore di Polifemo per Galatea lo rende talmente ottimista da apprezzare l’unico occhio che ha sulla fronte come caratteristica di bellezza (…o ciclope, o ciclope, in amore, spesso le cose non belle, oh come ci sembrano belle!..dolce pupilla, ond’io voglio vedere sino all’ultimo giorno!…)
Per quanto riguardano gli stratagemmi d’amore troviamo il monologo di Simeta, una donna di Cos che, narrando alla schiava la sua infelice storia d’amore prepara una pozione magica per legare a sé l’oggetto del desiderio (lo legherò coi miei incantesimi…Inyx trascinalo tu alla mia casa quell’uomo!…ma non tace il mio dolore dentro il petto…prendi le erbe magiche e sfregale alla sua porta…trituro una lucertola e domani gli porterò una terribile pozione…).
Infine, opera bellissima di Teocrito riguardante l’amore è i mietitori, in cui vediamo come la forza di un sentimento nobile come l’amore possa dare sostentamento per vivere; infatti Buceo riesce a lavorare sotto l’arsura del mezzogiorno pensando alla donna che ama (ma tu dagli sodo alle messe, e una canzone intonaci per la ragazza; lavorerai più di gusto…); nel canto d’amore invece Milone trova sollievo alla fatica dei campi. L’amore trasforma il paesaggio in locus amoenus.
Possiamo quindi ricollegarci a Virgilio tramite due frasi presenti nelle Bucoliche: labor omnia vincit…amor omnia vincit; questo parallelo è molto importante in quanto amore e lavoro sono posti sullo stesso piano d’importanza. Le figure femminili più rilevanti in Virgilio sono invece da estrapolare dall’Eneide: la prima Didone, che sconfitta dal suo sentimento stesso si uccide (amore come follia, forza irrazionale ed incontrollabile), e poi Creusa, che si sacrifica per il marito, in modo che, giunto in Italia possa sposare Lavinia e con lei fondare Roma.

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