Erodoto Storie

Materie:Traduzione
Categoria:Greco

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Testo

Erodoto - Storie

Libro 1

26

teleuthsantow de Aluattev ejedejato thn basilhihn Kroisow o Aluattev, etevn evn hlikihn pente kai trihkonta, ow dh Ellhnvn prvtoisi epeyhkato Efesioisi. enya dh oi Efesioi poliorkeomenoi up' autou aneyesan thn polin th+ Artemidi, ejacantew ek tou nhou sxoinion ew to teixow. esti de metaju thw te palaihw poliow, h tote epoliorkeeto, kai tou nhou epta stadioi. prvtoisi men dh toutoisi epexeirhse o Kroisow, meta de merei ekastoisi Ivnvn te kai Aiolevn, alloisi allaw aitiaw epifervn, tvn men edunato mezonaw pareuriskein, mezona apaitivmenow, toisi de autvn kai faula.
Morto Aliatte, prese il regno Creso figlio di Aliatte, che aveva 35 anni di età, il quale assalì gli Efesini per primi tra i Greci. Allora gli Efesini da lui assediati affidarono la città ad Artemide, avendo legato una fune dal tempio alle mura. Ci sono sette stadi tra la città antica, che allora era assediata, e il tempio. Creso assalì questi per primi, portando con l'esercito a ciascuna popolazione degli Ioni e degli Eoli, a chi un'accusa a chi un'altra, ad alcuni potè trovarne di più grandi, accusandoli maggiormente, ed imputandone ad altri anche di poco conto.
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vw de ara oi en th+ Asih+ Ellhnew katestrafato ew forou apagvghn, to enyeuten epenoee neaw poihsamenow epixeireein toisi nhsiovth+si. eontvn de oi pantvn etoimvn ew thn nauphgihn, oi men Bianta legousi ton Prihnea apikomenon ew Sardiw, oi de Pittakon ton Mutilhnaion, eiromenou Kroisou ei ti eih nevteron peri thn Ellada, eiponta tade katapausai thn nauphgihn: "v bausileu, nhsivtai ippon sunvneontai murihn, ew Sardiw te kai epi se en nv exontew strateuesyai". Kroison de elpisanta legein ekeinon alhyea eipein: "ai gar touto yeoi poihseian epi noon nhsivth+si, elyein epi Ludvn paidaw sun ippoisi". ton de upolabonta fanai: "v basileu, proyumvw moi faineai eujasyai nhsivtaw ippeuomenouw labein en hpeirv+, oikota elpizvn: nhsivtaw de ti dokeeiw euxesyai allo h, epeite taxista epuyonto se mellonta epi sfisi nauphgeesyai neaw, labein arvmenoi Ludouw en yalassh+, ina uper tvn en th+ hpeirv+ oikhmenvn Ellhnvn tisvntai se, touw su doulvsaw exeiw;". karta te hsyhnai Kroison tv+ epilogv+ kai oi, prosfuevw gar dojai legein peiyomenon pausasyai thw nauphgihw. kai outv toisi taw nhsouw oikhmenoisi Ivsi jeinihn suneyhkato.
Quando poi i Greci d'Asia furono sottomessi al pagamento di un tributo, allora pensò di assalire gli abitanti delle isole, avendo costruito delle navi. Essendo tutto pronto per la costruzione della flotta, alcuni dicono che sia giunto a Sardi Biante di Priene, altri Pittaco di Mitilene, e chiedendo Creso se ci fosse qualcosa di nuovo sulla Grecia, disse di smettere la costruzione delle navi: "O re, gli abitanti delle isole comprano migliaia di cavalli, avendo in mente di portare la guerra a Sardi e contro di te". E Creso, pensando che quello avesse detto la verità, disse: "Vogliano gli dei mettere in mente agli abitanti delle isole di venire coi cavalli contro i figli dei Lidi!". E quello replicando disse: "O re, mi sembra che ti auguri con ardore di catturare gli abitanti delle isole a cavallo sulla terraferma, sperando cosa possibili; ma cos'altro pensi che si augurino gli abitanti delle isole se non, da quando seppero che stai per costruire navi contro di loro augurandoti di catturare i Lidi in mare, di punire te per i Greci che abitano sulla terraferma, che tu hai assoggettato?". E Creso si dilettò molto per la conclusione e per sè e gli sembrò infatti che parlasse convenientemente, persuaso a desistere dalla costruzione di navi; e così strinse patti di ospitalità con gli Ioni che abitavano le isole.
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xronou de epiginomenou kai katestrammenvn sxedon pantvn tvn entow Aluow potamou oikhmenvn: plhn gar Kilikvn kai Lukivn touw allouw pantaw up' evutv+ eixe katastrecamenow o Kroisow: eisi de oide, Ludoi, Frugew, Musoi, Mariandunoi, Xalubew, Paflagonew, Yrhikew oi Yunoi te kai Biyunoi, Karew, Ivnew, Dvrieew, Aioleew, Pamfuloi.
Passando del tempo, e sottomessi quasi tutti gli abitanti al di qua del fiume Alis, eccetto i Cilici e i Lidi Creso teneva assoggettati sotto di sè tutti gli altri, e sono questi: i Lidi, i Frigi, i Misi, i Mariandini, i Calibi, i Paflagoni, i Traci Tini e Bitini, i Cari, gli Ioni, i Dori, gli Eoli, i Panfili.
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katestrammenvn de toutvn kai prosepiktvmenou Kroisou Ludoisi, apikneontai ew Sardiw akmazousaw ploutv+ alloi te oi pantew ek thw Elladow sofistai, oi touton ton xronon etugxanon eontew, vw ekastow autvn apikneoito, kai dh kai Solvn anhr Ayhnaiow, ow Ayhnaioisi nomouw keleusasi poihsaw apedhmhse etea deka, kata yevrihw profasin ekplvsaw, ina dh mh tina tvn nomvn anagkasyh+ lusai tvn eyeto. autoi gar ouk oioi te hsan auto poihsai Ayhnaioi: orkioisi gar megaloisi kateixonto deka etea xrhsesyai nomoisi touw an sfi Solvn yhtai.
Sottomessi questi, e annettendoli Creso ai Lidi, giunsero a Sardi, che era al culmine della ricchezza, tra gli altri tutti i sapienti della Grecia che si trovavano a vivere in questo tempo, ciascuno di loro giunse da sè, e appunto anche Solone, uomo Ateniese, che avendo scritto le leggi agli Ateniesi che glielo avevano chiesto, se ne era andato dalla patria per dieci anni, salpato col pretesto di conoscere, per non essere costretto ad abrogare qualcuna delle leggi che aveva stabilito. Gli stessi Ateniesi infatti non erano in grado di farlo: erano infatti costretti da grandi giuramenti ad osservare le leggi che Solone avesse imposto loro.
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autvn dh vn toutvn kai thw yevrihw ekdhmhsaw o Solvn eineken ew Aigupton apiketo para Amasin kai dh kai ew Sardiw para Kroison. apikomenow de ejeinizeto en toisi basilhioisi upo tou Kroisou: meta de, hmerh+ trith+ h tetarth, keleusantow Kroisou ton Solvna yerapontew perihgon kata touw yhsaurouw kai epedeiknusan panta eonta megala te kai olbia. yehsamenon de min ta panta kai skecamenon, vw oi kata kairon hn, eireto o Kroisow tade: Jeine Ayhnaie, par' hmeaw gar peri seo logow apiktai pollow kai sofihw eineken thw shw kai planhw, vw filosofevn ghn pollhn yevrihw eineken epelhluyaw: nun vn imerow epeiresyai moi ephlye se ei tina hdh pantvn eidew olbivtaton. o men elpizvn einai anyrvpvn olbivtatow tauta epeirvta, Solvn de ouden upoyvpeusaw, alla tv+ eonti xrhsamenow legei: V basileu, Tellon Ayhnaion. apoyvmasaw de Kroisow to lexyen eireto epistrefevw: Koih+ de krineiw Tellon einai olbivtaton; o de eipe: Tellv+ touto men thw poliow eu hkousew paidew hsan kaloi te kagayoi, kai sfi eide apasi tekna ekgenomena kai panta parameinanta, touto de tou biou eu hkonti, vw ta par' hmin, teleuth tou biou lamprotath epegeneto: genomenhw gar Ayhnaioisi maxhw prow touw astugeitontaw en Eleusini bohyhsaw kai trophn poihsaw tvn polemivn apeyane kallista, kai min Ayhnaioi dhmosih+ te eyacan autou th+ per epese kai etimhsan megalvw.
Proprio per queste ragioni dunque e per conoscere, uscito dalla patria, Solone giunse in Egitto presso Amasi, e appunto anche a Sardi presso Creso. Una volta giunto, fu accolto nella reggia di Creso; e poi, il terzo o quarto giorno, su ordine di Creso i servitori condussero Solone per i tesori e gli mostrarono tutto ciò che era grande e sontuoso. Dopoché lui ebbe visto e osservato tutto, quando fu per lui il momento opportuno, Creso fece queste domande: "Ospite ateniese, ci è giunta su di te una grande rinomanza sia per la tua saggezza sia per il tuo viaggiare, poiché per amore del sapere hai percorso molte regioni per osservare; ora dunque mi è venuto il desiderio di chiederti se hai già visto qualcuno più felice di tutti. Mentre lui sperando di essere il più felice degli uomini gli faceva queste domande, Solone invece senza adularlo affatto ma attenendosi al vero disse: "O re, Tello l'Ateniese". Creso, meravigliatosi per ciò che era stato detto, chiese ansiosamente: "Come stimi che Tello sia il più felice?". E lui disse: "Tello da una parte, mentre era fiorente la città, aveva ottimi figli, e vide a tutti loro nascere figli e rimanere tutti vivi, dall'altra, mentre era in questa buona condizione di vita, come avviene tra noi, gli sopraggiunse una fine della vita molto gloriosa. Sopraggiunta agli Ateniesi la battaglia contro i vicini a Eleusi, dopo essere accorso e aver volto in fuga i nemici, morì assai gloriosamente, e gli Ateniesi lo seppellirono a spese dello stato proprio là dove era caduto e lo onorarono grandemente".
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vw de ta kata ton Tellon proetrecato o Solvn ton Kroison eipaw polla te kai olbia, epeirvta tina deuteron met' ekeinon idoi, dokevn pagxu deutereia gvn oisesyai, o de eipe: Kleobin te kai Bitvna. toutoisi gar eousi genow Argeioisi biow te arkevn uphn kai prow toutv+ rvmh svmatow toihde: aeyloforoi te amfoteroi omviow hsan, kai dh kai legetai ode o logow: eoushw eorthw th+ Hrh+ toisi Argeioisi edee pantvw thn mhtera autvn zeugei komisyhnai ew to iron oi de sfi boew ek tou agrou ou pareginonto en vrh+: ekklhiomenoi de th+ vrh+ oi nehniai upoduntew autoi upo thn zeuglhn eilkon thn amajan, epi thw amajhw de sfi vxeeto h mhter, stadiouw de pente kai tesserakonta diakomisantew apikonto ew to iron. tauta de sfi poihsasi kai ofyeisi upo thw panhguriow teleuth tou biou aristh epegeneto, diedeje te en toutoisi o yeow vw ameinon eih anyrvpv+ teynanai mallon h zvein. Argeioi men gar peristantew emakarizon tvn nehnievn thn rvmhn, ai de Argeiai thn mhtera autvn, oivn teknvn ekurhse. h de mhthr perixarhw eousa tv+ te ergv+ kai th+ fhmh+, stasa antion tou agalmatow euxeto Kleobi te kai Bitvni toisi evuthw teknoisi, oi min etimhsan megalvw, thn yeon dounai to anyrvpv+tuxein ariston esti. meta tauthn de thn euxhn vw eyusan te kai euvxhyhsan, katakoimhyentew en autv+ tv+ irv+ oi nehiai ouketi anesthsan, all' en telei toutv+ esxonto. Argeioi de sfevn eikonaw poihsamenoi aneyesan ew Delfouw vw andrvn aristvn genomenvn".
Dopoché Solone aveva volto la mente di Creso alle vicende di Tello, avendo detto molte e felici cose, domandò chi vedesse secondo dopo quello, pensando che avrebbe ottenuto almeno il secondo posto, e lui disse: "Cleobi e Bitone". Questi infatti, che erano Argivi di stirpe, avevano sufficienti averi e oltre a questo una tanto grande forza del corpo; entrambi erano parimenti atleti vittoriosi e appunto si racconta questo aneddoto: quando gli Argivi celebravano la festa in onore di Era, bisognava assolutamente che la loro madre fosse condotta con un carro al tempio, ma i buoi non vennero in aiuto dal campo in tempo; stretti dal tempo, i giovani sottopostisi loro stessi al giogo trascinarono il carro, sul carro la madre fu da loro portata, e dopo averla trasportata per quarantacinque stadi giunsero al tempio. Dopo aver fatto ciò ed essere stati visti dall'adunanza, sopraggiunse loro la miglior fine della vita, e il dio manifestò in loro che è meglio per l'uomo morire piuttosto che vivere. Infatti gli Argivi, fattisi intorno, stimarono beata la forza dei giovani, e le Argive la loro madre, perché aveva avuto in sorte tali figli. E la madre, piena di gioia per il fatto e per la fama, stando davanti alla statua, pregò la dea di dare ai suoi figli Cleobi e Bitone, che l'avevano onorata grandemente, la cosa migliore che possa accadere all'uomo. Dopo questa preghiera, dopoché ebbero fatto un sacrificio e banchettato, i giovani, addormentatisi nello stesso tempio, non si alzarono più, ma si trovarono in questa fine della vita. E gli Argivi, avendo fatto le loro statue, le portarono a Delfi poiché erano stati gli uomini migliori.
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Solvn men dh eudaimonihw deutereia eneme toutoisi, Kroisow de aperxyeiw eipe: "v jeine Ayhnaie, h d' hmeterh eudaimonih outv toi aperriptai ew to mhden, vste oude idivtevn andrvn ajiouw hmeaw epoihsaw;". o de eipe: "v Kroise, epistamenon me to yeion pan eon fyoneron te kai taraxvdew epeirvta+w anyrvphivn prhgmatvn peri. en gar tv+ makrv+ xronv+ polla men esti idein ta mh tiw eyelei, polla de kai payein. ew gar ebdomhkonta etea ouron thw zohw anyrvpv+ protiyhmi. outoi eontew eniautoi ebdomhkonta parexontai hmeraw dihkosiaw kai pentakisxiliaw kai dismuriaw, embolimou mhnow mh ginomenou: ei de dh eyelhsei touteron tvn etevn mhni makroteron ginesyai, ina dh ai vrai sumbainvsi paraginomenai ew to deon, mhnew men para ta ebdomhkonta etea oi embolimoi ginonta trihkonta pente, hmerai de ek tvn mhnvn toutvn xiliai penthkonta. toutevn tvn apasevn hmerevn tvn ew ta ebdomhkonta etea, eousevn penthkonta kai dihkosievn kai ejakisxilievn kai dismurievn, h eterh autevn th+ hterh+ hmerh+ to parapan ouden omoion prosagei prhgma. outv vn, v Kroise, pan esti anyrvpow sumforh. emoi de su kai plouteein mega faineai kai basileuw pollvn einai anyrvpvn: ekeino de to eireo me ou kv se egv legv, prin teleuthsanta kalvw ton aivna puyvmai. ou gar ti o mega plousiow mallon tou ep' hmerhn exontow olbivterow esti, ei mh oi tuxh epispoito panta kala exonta eu teleuthsai ton bion. polloi men gar zaploutoi anyrvpvn anolbioi eisi, polloi de metrivw exontew biou eutuxeew. o men dh megaplousiow, anolbiow de duoisi proexei tou eutuxeow mounon, outow de tou plousiou kai anolbou polloisi. o men epiyumihn ektelesai kai athn megalhn prospesousan eneikai dunatvterow, o de toisde proexei ekeinou: athn men kai epiyumihn ouk omoivw dunatow ekeinv+ eneikai, tauta de h eutuxih oi aperukei, aphrow de esti, anousow, apayhw kakvn, eupaiw, eueidhw: ei de prow toutoisi eti teleuthsei ton bion eu, outow ekeinow ton su zhteiw, o olbiow keklhsyai ajiow esti: prin d' an teleuthsh+, episxein mhde kaleein kv olbion all' eutuxea. ta panta men nun tauta sullabein anypvpon eonta adunaton esti, vsper xvrh oudemia katarkeei panta evuth+ parexousa, alla allo men exei, eterou de epideetai: h de an ta pleista exh+, auth aristh. vw de kai anyrvpou svma en ouden autarkew esti: to men gar exei, allou de endeew esti. ow d' an autvn pleista exvn diateleh+ kai epeita teleuthsh+ euxaristvw ton bion, outow par' emoi to ounoma touto vw basileuw dikaiow esti feresyai. skopeein de xrh pantow xrhmatow thn teleuthn kh+ apobhsetai: polloisi gar dh upodejaw olbon o yeow prorrizouw anetrece".
Solone assegnò il secondo posto di felicità a questi, e Creso corrucciato disse: "Ospite ateniese, getti così nel nulla la mia felicità, che non mi hai neppure reso degno di uomini privati." E lui disse: "O Creso, tu interroghi sulle cose umane me che so che ogni divinità è invidiosa e portatrice di scompiglio. Infatti nel lungo tempo (della vita) è possibile vedere molte cose che uno non vuole e ne soffre molte. Io assegno il limite della vita per l'uomo a settanta anni. Tutti questi che sono settanta anni fanno venticinquemila e duecento giorni, poiché il mese non è intercalare, e se si vorrà che un anno ogni due sia più lungo di un mese, perché le stagioni si avvicendino sopraggiungendo nel momento opportuno, i mesi intercalari in settanta anni saranno trentacinque, i giorni di questi mesi mille e cinquanta. Di tutti questi giorni in settanta anni, che sono ventiseimila e duecentocinquanta, ognuno di loro non porta nessun fatto del tutto uguale a un altro giorno. Così, Creso, tutto per l'uomo è la sorte. Mi sembra che tu sia molto ricco e re di molti uomini: non ti dico ancora quello che mi hai chiesto prima di venire a sapere che hai terminato bene la vita. Infatti chi è molto ricco non è più felice davvero di chi vive alla giornata se la sorte non lo induce a terminare bene la vita con tante cose belle. Infatti mentre molti uomini straricchi sono infelici, invece molti che hanno modesti averi sono felici. Chi è molto ricco, infelice supera chi è felice solo per due cose, questi (supera) il ricco e infelice per molte cose: l'uno è più capace di soddisfare un desiderio e di sopportare una grande disgrazia sopraggiunta, l'altro lo supera per queste cose: non è capace di sopportare una sventura e un desiderio quanto lui, ma la fortuna tiene lontano da lui queste cose, è sano, senza malattie, immune dai mali, di buona prole, di bell'aspetto; se oltre a queste cose finirà anche bene la vita, questo è ciò che tu domandi, è degno di essere chiamato felice: prima che sia morto, (bisogna) aspettare e non chiamarlo ancora felice ma fortunato. Ora è impossibile che chi è uomo abbia tutte queste cose, come nessuna terra basta a se stessa producendo tutti i frutti, ma ne ha uno e ha bisogno ancora di un altro; quella che ne abbia la maggior parte è la migliore. Così anche il corpo dell'uomo non è sufficiente a sé in nulla: infatti ha una cosa ma ha bisogno di un'altra. Chi fra gli uomini viva con la maggior parte delle cose e poi concluda lietamente la vita, a mio giudizio è degno, come un re, di portare questo nome. Bisogna guardare la fine di ogni ricchezza come si concluderà: infatti dopo aver fatto intravedere a molti la felicità, il dio li abbatte del tutto".
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tauta legvn tv+ Kroisv+ ou kvw oute exarizeto, oute logou min poihsamenow oudenow apopempetai, karta dojaw amayea einai, ow ta pareonta agaya meteiw thn teleuthn pantow xrhmatow oran ekeleue.
Dicendo questo (Solone) non fu in nessun modo gradito a Creso, né (Creso) senza stimarlo per alcun discorso lo allontanò, pensando che fosse molto stolto, perché avendo trascurato i beni presenti lo esortava a guardare la fine di ogni ricchezza.

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