La Risorsa Petrolio

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Testo

IL PETROLIO

CHE COS’è UNA RISORSA
Risorsa è un qualsiasi elemento della natura che gli uomini possono utilizzare per soddisfare i propri bisogni.
E’ una risorsa anche il frutto del lavoro delle generazioni precedenti che continua a rivestire utilità.
Ciò significa che possiamo distinguere le risorse in naturali (i minerali, il suolo, i vegetali, gli animali, l’acqua, l’aria e l’energia del Sole) e antropiche (infrastrutture, fabbriche, edifici, patrimonio di conoscenze e la tecnologia, cioè frutti del lavoro dell’uomo).
Inoltre, le risorse possono essere rinnovabili o non-rinnovabili; alle prime appartengono quelle consumabili senza il timore che si esauriscano: ne è un esempio l’energia solare.
Le seconde, viceversa, che si distruggono col loro impiego e sono destinate ad esaurirsi, tra le quali vanno ricordate le fonti energetiche fossili come petrolio, metano, carbone.

CHE COS’è IL PETROLIO?
Conosciuto sin dall'antichità, il petrolio (il cui nome deriva dal latino petra, pietra e oleum, olio), è stato utilizzato per secoli come medicamento, lubrificante o combustibile per illuminazione.
Solo all'inizio di questo secolo cominciò ad essere utilizzato come carburante per motori a combustione interna.
Il petrolio naturale è un liquido denso di colore scuro, infiammabile, dall'odore pronunciato e caratteristico.
La sua densità varia tra 0,8 e 0,95 g/cm, ed è composto prevalentemente da una miscela di idrocarburi (sostanze organiche costituite fondamentalmente da carbonio e idrogeno).
Tutti i tipi di petrolio sono costituiti principalmente da una miscela di idrocarburi ( sostanze chimiche organiche, le cui molecole sono formate esclusivamente da atomi di carbonio e idrogeno), anche se solitamente contengono anche ZOLFO e OSSIGENO.
I costituenti del petrolio sono sia liquidi che solidi, in diversa percentuale, quindi la consistenza dei derivati è molto variabile: varia dai liquidi fluidi, come la benzina, a liquidi densi, come il bitume.
Nel petrolio si trovano disciolte anche rilevanti quantità di particelle gassose, soprattutto quando un giacimento di petrolio è associato a uno di gas naturale.

LA CLASSIFICAZIONE
Per comodità il petrolio viene diviso in tre classi principali, a seconda del tipo di idrocarburo prevalente: petroli a base paraffinica, costituiti prevalentemente da paraffine, quelli a base naftenica, costituiti prevalentemente da nafteni e quelli a base mista dove le percentuali dei due idrocarburi sono circa uguali. Sono molto più pregiati e rari i petroli della ” quarta classe”, detti a base aromatica, perché costituiti prevalentemente da idrocarburi aromatici .

LA FORMAZIONE
Il petrolio si forma sotto la superficie terrestre a causa della decomposizione di organismi marini o, in misura minore, di organismi terrestri trasportati in mare da corsi d’acqua.
I resti della decomposizione si mescolano con le sabbie finissime e con il limo del fondo del mare, in zone non caratterizzate da forti correnti, formando così sedimenti ricchi di materiali organici.
La formazione del petrolio è un fenomeno iniziato milioni di anni fa quando esisteva un’abbonante fauna marina e che continua ancora oggi.
I sedimenti depositati sul fondo degli oceani, accrescendo il loro spessore e quindi il loro peso, sprofondano nel fondale marino.
Più si accumulano sedimenti, più la pressione su quelli sottostanti aumenta e la temperatura si alza di centinaia di gradi.
Il fango e la sabbia s’induriscono trasformandosi in argillite e arenaria, il carbonio precipita e le conchiglie si induriscono trasformandosi in calcare, mentre i resti degli organismi morti si trasformano in sostanze più semplici composte da carbonio e idrogeno ( idrocarburi), per dare origine al petrolio greggio e al gas naturale .

DERIVATI DEL PETROLIO
I principali prodotti derivati dal petrolio sono: lubrificanti, anticongelante, detersivi, vernici, bitume, insetticida, acetone, gomma sintetica, plastica, ferilizzanti, ammoniaca. Il petrolio e i suoi prodotti sono utilissimi per il progresso tecnico dell'uomo, ma sono tra i maggiori responsabili dell'inquinamento.
Il fumo e i gas (specialmente l'anidride solforosa) che escono dalle raffinerie e dagli stabilimenti petrolchimici inquinano l'aria con grave danno per la natura.

GIACIMENTI, RISERVE, PROIEZIONI PER IL FUTURO
Giacimenti Il petrolio greggio è forse la materia prima più versatile in assoluto.
Alla fine degli anni Novanta, nel mondo si producevano circa 9 milioni di tonnellate di petrolio al giorno.
Oggi l’Arabia Saudita è il maggior produttore mondiale con il 13,4% del totale, seguita USA, Russia e Iran, mentre i principali consumatori di petrolio sono gli Stati Uniti, Europa e Giappone.
Undici paesi produttori di petrolio sono raggruppati nell’ OPEC ( Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio ).
OPEC è un gruppo di paesi che si sono associati per negoziare con le compagnie petrolifere aspetti relativi alla produzione , prezzi e concessioni di petrolio.
Si è costituita con la prima conferenza tenuta a Baghdad il 10-14 Settembre 1960 tra Iran, Iraq, Kuwait, Arabia Saudita e Venezuela.
Gli stati membri sono in grado di controllare i prezzi sulla base della produzione e dell’esportazione di materia prima.
Nei primi cinque anni, il quartier generale dell’OPEC fu a Ginevra, in Svizzera; dal 1 settembre 1965 la sede è stata spostata a Vienna, in Austria.

Riserve Le riserve mondiali di greggio, cioè la quantità di petrolio che gli esperti sono certi di poter estrarre dal sottosuolo con tecniche redditizie, ammontano circa a 700 miliardi di barili di cui 360 miliardi sono situati nel sottosuolo del Medio Oriente.
La produzione di petrolio raggiungerà il massimo tra il 2000-2010, poi dovrebbe cominciare a diminuire.

Proiezioni per il futuro Lo sfruttamento di nuovi giacimenti che saranno presumibilmente scoperti nei prossimi anni, e l’incremento di della percentuale di petrolio estratto dalle riserve già note, che verrà reso possibile dal miglioramento delle tecnologie, fanno ritenere che il petrolio estratto sarà sufficiente a soddisfare i fabbisogni energetici dell’umanità fino al 2030-2040.
Gli esperti sono però scettici riguardo al fatto che l’entità dei nuovi giacimenti, o l’invenzione di tecnologie particolarmente innovative per il loro sfruttamento, possano consentire dei superare considerevolmente tale data.
Il nostro pianeta potrebbe serbarci ancora tantissime sorprese. Secondo un equipe di scienziati americani ,nelle profondità della Terra vi sono ancora numerosissimi giacimenti di idrocarburi.
Fino ad oggi gli esperti del settore ritenevano che i gas naturali, prodotti dalla decomposizione di organismi viventi, potessero trovarsi soltanto a profondità comprese fra i 5 e i 7 chilometri.
I nuovi esperimenti condotti dal gruppo di ricercatori però, dimostrano che altri giacimenti si trovano a profondità maggiori, tra i 20 e i 60 chilometri.
Questi idrocarburi, spiega Hemely in un articolo pubblicato sui Proceedings of The National Academy of Sciences, si formerebbero dalle reazioni tra acqua e roccia, materie inorganiche, e non, come gli idrocarburi oggi estratti, dalla decomposizione di organismi viventi.

ALTERNATIVE AL PETROLIO
Le riserve disponibili e le previsioni del fabbisogno petrolifero mondiale futuro suggeriscono che l’umanità abbai urgentemente bisogno di trovare fonti alternative di energia. Le opportunità a disposizione sono relativamente limitate, confrontate all’ingente fabbisogno energetico delle società industrializzate.
Gli esperimenti relativi alla raffinazione dell’ argillite petrolifera e alla produzione del petrolio sintetico non hanno dato i risultati sperati, e rimangono seri dubbi sulla competitività dei costi e ai volumi di produzione che si potrebbero ottenere con queste “nuove” fonti energetiche.
Tenendo conto dei problemi sollevati dall’impegno di fonti energetiche alternative (energia solare e nucleare)l’unico combustibile alternativo al petrolio, capace di soddisfare l’enorme fabbisogno energetico della società moderna, resta il carbon fossile, disponibile in tutto il mondo in quantità relativamente abbondanti.

LE GUERRE PER IL PETROLIO
IRAQ L’impegno dell’esercito americano all’estero, oltre che a un discorso legato all’antiterrorismo e alla sicurezza nazionale può essere letto anche come un impegno a proteggere i giacimenti di petrolio oltre mare, gli oleodotti, le raffinerie e le rotte delle petroliere.
Si può pensare che a distanza di un anno e mezzo dal primo attacco sferrato in Iraq i soldati americani combattono per mantenere il controllo sugli impianti petroliferi.
In effetti la guerra in Iraq si è divisa su due fronti: da una parte, coloro che combattono per il controllo delle città irachene ( che viene ampiamente documentato), dall’altra le continue battaglie per proteggere le vaste infrastrutture petrolifere da sabotaggi e attacchi.
In Iraq i funzionari americani insistono che queste mansioni, in futuro, passeranno alle forze irachene, che dovranno continuare questo compito in un Paese dove gli impianti petroliferi sono ovunque e l’economia nazionale dipende ampiamente dagli introiti del petrolio.
GEORGIA Subito dopo la caduta dell’Unione Sovietica (1992) le compagnie petrolifere americane hanno cercato di accedere alle immense riserve del bacino del mar Caspio, da cui gli esperti stimano si possano estrarre ancora circa 200 miliardi di barili. Ma il Caspio è privo di sbocchi, quindi il solo modo per trasportare il petrolio ai mercati occidentali è l’utilizzo di oleodotti che attraversino il Caucaso, un’area che include Armenia, Azrebijan, Georgia e le repubbliche russe devastate dalla guerra come la Cecenia e l’Ossezia del Nord. Le società americane stanno costruendo un importante oleodotto attraverso quest’area instabile che subirà un costante minaccia di sabotaggio da parte dei militanti islamici e dei separatisti etnici lungo tutto il suo percorso. Nel 2005 o nel 2006, quando l’oleodotto entrerà in funzione, nonostante che l’esercito georgiano sia stato addestrato e fornito di attrezzature dagli americani, è presumibile pensare che nella zona i combattimenti aumenteranno.

Si può concludere che i Paesi occidentali abbiano una quantità sempre maggiore di petrolio che proverrà dai paesi in via di sviluppo, ostili e dilaniati dalla guerra, e non da paesi stabili a amici, come il Canada la Norvegia. Questo perché i vecchi Paesi industrializzati hanno ormai consumato gran parte dei loro giacimenti, mentre molti produttori nei paesi in via di sviluppo ne posseggono ancora vaste riserve. Di conseguenza, assistiamo a un spostamento storico nel baricentro della produzione mondiale di petrolio: dai paesi industrializzati dell’emisfero nord, si va man mano verso i paesi in via di sviluppo nell’emisfero sud, che sono politicamente instabili, devastati dai conflitti etnici e religiosi, rifugio di organizzazioni estremistiche, o combinazione delle tre.

I RAPPORTI DI GREENPEACE
A causa dei tre più grandi disastri petroliferi avvenuti nel 1994, nella Russia artica, nello Stretto del Bosforo e a Trecate in Italia, sono stati provocati grandi danni ambientali. Il petrolio contribuisce per circa il 45% all’alterazione del clima globale per le emissioni d’anidride carbonica in atmosfera, alterazione che sta già provocando danni ambientali ed economici rilevanti.
GHIACCIO NERO
Il disastro petrolifero di Usinsk nella Russia artica dello scorso settembre è tra i peggiori disastri mai avvenuti. Greenpeace, che ha verificato i danni del petrolio e i danni all’ecosistema, ha affermato che la cronologia degli eventi è impressionante. Le perdite dell’oleodotto si erano aggravate drammaticamente il 17 agosto quando una serie di falle si aprono lungo un tratto di 7 km nei pressi di Usinsk, contaminando il fiume Pecora e i suoi affluenti.
Tracce di petrolio sono state rinvenute in salmoni pescati a 140 km dal disastro. Solo il 6 settembre l’oleodotto è finalmente fermato per le riparazioni. Il 17 settembre l’oleodotto è riaperto, nonostante non siano ancora vi siano delle perdite. Per contenere il lago di petrolio si costruisce una diga ma, pochi giorni dopo, cede a causa delle piogge: l’area che è contaminata è di circa 70 km. Le multinazionali coinvolte nella regione hanno ottenuto esenzioni fiscali dal governo Russo e hanno negoziato un sistema di crediti, perciò sono finanziate rispetto al petrolio estratto e immesso nell’oleodotto.
In questo modo le perdite dell’oleodotto non rappresentano una perdita economica per le multinazionali: l’unica cosa che conta è la quantità di petrolio estratto.
Tra i finanziatori nessuna minima condizione ambientale è stata imposta, dimostrando con i fatti cosa intendono le banche quando parlano di “sviluppo sostenibile”.

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