L'interno della terra

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Categoria:Geografia

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LO STUDIO DELL’INTERNO DELLA TERRA

La conoscenza della composizione, della struttura e dello stato fisico dell’interno della terra non può essere ricavata direttamente.
Qualche informazione può essere ricavata dall’analisi dei meteoriti, che supponiamo derivanti dalla stessa originaria nebulosa da cui poi si differenziano i pianeti del sistema solare.
Lo strumento fondamentale per la conoscenza dell’interno del pianeta è però la sismologia: lo studio della propagazione delle onde sismiche fornisce informazioni indirette sulle caratteristiche dei materiali che le onde attraversano.
I geofisici, in base al comportamento delle onde sismiche, alle conoscenze sulle rocce e alle ipotesi sull’origine della terra, hanno supposto che il nostro pianeta non sia un corpo omogeneo. La terra non è costituita da un solo tipo di materiale, ma da sostanze con diversa densità. I geofisici ritengono che, per azione della forza di gravità, i diversi materiali siano distribuiti in starti: i materiali pesanti più vicini al centro, quelli più leggeri vicini alla superficie.
Questa differenziazione gravitativi è iniziata con la formazione del pianeta, circa 4,7 miliari di anni fa, e ha portato la terra ad assumere l’attuale struttura interna.

LE ONDE SISMICHE COME STRUMENTO DI INDAGINE

Le onde sismiche si dimostrano uno strumento efficace per lo studio dell’interno della terra. Ora esamineremo più in dettaglio il comportamento delle onde sismiche nella propagazione attraverso la terra.
Come le onde elettromagnetiche e tutti gli altri tipi di onde, anche le onde sismiche, passando da un materiale a un altro, subiscono un cambiamento di velocità, una rifrazione e in alcuni casi anche la riflessione.
I sismologi sanno che la velocità delle onde aumenta all’aumentare delle caratteristiche di elasticità e di rigidità del mezzo di propagazione. Dalle variazioni di velocità delle onde sismiche provocate da terremoti o da esplosioni atomiche è possibile risalire alla tipologia delle rocce che formano l’interno della terra. Bruschi cambiamenti di velocità e rifrazione o riflessione delle onde rivelano variazioni di composizione del mezzo di propagazione delle onde sismiche.

DISCONTINUITA’ SISMICA ALL’INTERNO DELLA TERRA

Nel 1909 il geofisico serbo Andrija Mohorovicic capì che certe caratteristiche dei sismogrammi potevano essere interpretate assumendo una struttura stratificata della terra. Più precisamente Mohorovicic individuò un involucro esterno, la crosta, poggiante su una massa più profonda, il mantello.
La terra è un corpo sferico con diversi strati al suo interno, che hanno forma di gusci concentrici di spessore più o meno grande. Tranne pochi casi, il passaggio da uno strato all’altro non è netto e definito. Percorrendo il raggio terrestre dalla superficie verso il centro, si registrano per lo più modificazioni graduali. Solo in corrispondenza di tre livelli di profondità si hanno passaggi ben distinti, salti repentini nella composizione chimica o nello stato fisico di aggregazione. La velocità delle onde sismiche cambia improvvisamente in corrispondenza di queste tre superfici sferiche, che costituiscono vere e proprie superfici di discontinuità.
La prima superficie di discontinuità è chiamata discontinuità di Mohorovicic, o più semplicemente Moho. In prossimità della Moho la velocità delle onde sismiche aumenta bruscamente. La parte della terra che si trova sopra la Moho è denominata crosta.
Sotto la crosta si trova il mantello, uno starto che si estende fino a 2900 Km. A questa profondità si incontra la discontinuità di Gutenberg, che segna un’ulteriore cambiamento delle caratteristiche dei materiali.
Sotto la discontinuità di Gutenberg c’è la parte più interna del pianeta, il nucleo. La terza superficie di discontinuità, denominata discontinuità di Lehmann, si trova a circa 5100 Km di profondità e suddivide il nucleo in due strati, il nucleo esterno e il nucleo interno.

LA CROSTA

La sismologia ha accresciuto notevolmente le nostre conoscenze sullo spessore della crosta e sulle sue proprietà elastiche.
Per lo studio della composizione della crosta i geofisici si sono basati anche su osservazioni effettuate in laboratorio. Sono stati predisposti campioni di diversi materiali e sono state studiate le loro caratteristiche dal punto di vista della propagazione delle onde sismiche. La composizione dei diversi strati della crosta è stata dedotta associando a ciascuno strato la roccia in cui le onde sismiche si propagano con velocità più prossima a quella rilevata sperimentalmente.
È stato così possibile determinare che la crosta dei continenti è costituita in prevalenza di rocce granitiche sovrapposte a uno strato di gabbri. La crosta dei fondali oceanici è invece formata da uno strato di basalto che sovrasta uno di gabbro.
La crosta continentale è costituita da rocce leggere con composizione prevalentemente granitica e metamorfica. Lo strato superficiale dei continenti è ricoperto per buona parte da rocce sedimentarie. Nel suo complesso la crosta continentale ha una composizione piuttosto eterogenea ed è difficile rappresentarla con uno schema valido per tutte le località. ( densità 2,7 g/cm cubo).
La crosta oceanica, la cui densità è intorno a 3,0 g/cm cubo, è più uniforme di quella continentale. Il modesto spessore di crosta presente sotto i bacini oceanici è costituito da tre strati a diversa composizione. Lo strato più superficiale è formato da un sottile spessore di sedimenti oceanici, lo strato sottostante è formato da basalto e poggia sul terzo strato costituito da gabbro. Il basalto oceanico presenta una caratteristica struttura a cuscini, perché e solidificato formando grossi globi addossati uno all’altro. I cuscini si formano quando la lava basaltica viene eruttata in acqua. Il gabbro è l’equivalente intrusivo del basalto: lo strato più profondo si è formato dalla solidificazione più lenta dello stesso materiale che forma lo strato sovrastante. La rosta continentale poggia su un basamento formato da rocce che, a causa della pressione e della temperatura assai elevata, hanno subito intensi processi metamorfici. La composizione mineralogica di queste rocce indica che esse derivano probabilmente da gabbri e basalti simili a quelli della crosta oceanica.

IL MANTELLO

Il mantello costituisce il 67% della massa della terra e l’82,4% del suo volume ed è presumibilmente costituito da peridotite, una roccia più rigida e più densa del gabbro e del basalto. La composizione chimica della peridotite è ultramafica, in quanto composta quasi esclusivamente da olivina e da pirosseni.
In base alle modificazioni fisico chimiche della peridotite, i geofisici suddividono il mantello in due parti. Fino a una profondità di circa 700 Km si individua il mantello superiore. Oltre i 700 Km fino alla discontinuità di Gutenberg, si ha il mantello inferiore.
Il repentino cambiamento di velocità delle onde sismiche che si registra in corrispondenza della Moho è interpretato come il passaggio dal gabbro dello strato inferiore della crosta alla peridotite dello strato superiore del mantello.
Dati geologici e geochimici confermano che i magmi basaltici provengono per la maggior parte dal mantello. La riproduzione in laboratorio delle condizioni chimicofisiche che caratterizzano il mantello superiore hanno confermato che i magmi basaltici possono formarsi facilmente dalla fusione parziale della peridotite. A queste condizioni si aggiunge il fatto che nelle lave basaltiche di provenienza sottocrostale si cono spesso rinvenuti frammenti solidi di roccia, le cosiddette xenoliti, di composizione peridotitica.
Il mantello si estende da poco al disotto della superficie fin quasi a metà del raggio terrestre. In questo elevato spessore si verificano variazioni quantitativamente rilevanti di pressione e temperatura. Si tratta di variazioni che determinano una ulteriore stratificazione interna al mantello. Le stratificazioni del mantello sono state ricostruite utilizzando principalmente i dati relativi al comportamento delle onde S. Queste onde, dopo un aumento di velocità nella crosta inferiore e nel mantello superiore, mostrano una diminuzione di velocità nell’attraversamento di uno strato che va dai 70 ai 200 Km di profondità, chiamato strato a bassa velocità. Il rallentamento delle onde è spiegato ipotizzando una fusione parziale della peridotite, per una percentuale variabile tra l’1 e il 10%.

IL NUCLEO

A 2900 Km di profondità la discontinuità di Gutenberg segna il passaggio dal mantello al nucleo.
La presenza della discontinuità di Gutemberg è evidenziata dal comportamento delle onde sismiche.
Le onde sismiche, come i raggi luminosi, subiscono deviazioni nel passare attraverso materiali di diversa densità. Se la densità del materiale varia progressivamente con la profondità, le traiettorie sono curve. Quando le onde incontrano obliquamente le superfici che separano mezzi di densità differente, esse subiscono rifrazioni e riflessioni.
Le traiettorie sono state ricostruite anche in base all’esistenza di una fascia della superficie che non è raggiunta direttamente dalle onde P. Questa fascia è situata tra 11000 e 16000 Km dall’epicentro ed è chiamata zona d’ombra. Una zona d’ombra ancora più ampia esiste per le onde S, che non raggiungono direttamente la superficie a distanza dall’epicentro superiori a 11000 Km.

LITOSFERA E ASTENOSFERA

Il risultato complessivo delle ricerche sismologiche è dunque un modello di terra zonata concentricamente, i cui principali elementi sono un nucleo metallico a base di ferro e un mantello roccioso a base di silicati.
La suddivisione della terra in crosta, mantello e nucleo è in relazione a evidenti differenze di composizione. Esiste però un altro criterio di suddivisione dell’interno della terra, che si basa sullo stato fisico dei materiali. Secondo questo criterio, si possono distinguere litosfera, astenosfera, mesosfera e nucleo.
La litosfera è il guscio superficiale mobile, rigido ed elastico della terra. Nela litosfera sono compresi i continenti, i fondali oceanici e la parte più esterna del mantello.
La litosfera ricopre uno strato più “ molle “ a comportamento plastico detto astenosfera, in cui le rocce si troverebbero allo stato parzialmente fuso. Questo strato in cui le onde sismiche subiscono un forte rallentamento, corrisponde allo strato a bassa velocità.
L’astenosfera termina a una profondità di circa 200 Km, quando le rocce diventano di nuovo completamente solide.
La parte sottostante l’astenosfera è detta mesosfera. Fino al nucleo terrestre, che inizia a 2900 Km di profondità, non ci sono rilevanti cambiamenti in composizione; la densità delle rocce e la velocità delle onde sismiche aumentano progressivamente con l’aumento della pressione.

IL PRINCIPIO DELL’ISOSTASIA

La crosta è caratterizzata da differenze laterali di composizione e di spessore. Se si allontanasse l’acqua dei mari e degli oceani, la superficie del pianeta ci apparirebbe fatta e scale: i passaggi dai continenti ai fondali oceanici si rivelerebbero costituiti da salti bruschi.
La diversa elevazione dei due tipi di crosta ha fatto comprendere che i blocchi crostali si comportano rispetto al sottostante mantello come corpi solidi che galleggiano su un fluido più denso. La condizione di equilibrio gravitazionale che si verifica tra i grandi blocchi crostali, in relazione alla loro densità e al loro spessore, prende il nome di isostasia.
I blocchi di crosta continentale, meno densi e più spessi, sporgono maggiormente dal mantello rispetto alla linea di galleggiamento. Più alte sono le montagne, più profonde sono le radici del continente. I blocchi di crosta oceanica, più densi e più sottili, in proporzione sprofondano di più ed emergono dal mantello per una porzione ridotta.
La situazione può essere paragonata al galleggiamento di una serie di iceberg. Gli iceberg emergono in varia misura: quanto più un iceberg emerge, tanto più la sua base pesca in profondità. Il conceto vale per qualsiasi oggetto, da una nave a un pezzo di legno.
Se esiste una compensazione isostatica tra crosta e mantello, significa che le rocce, le quali ci sembrano così rigide e resistenti, a lungo andare possono deformarsi e comportarsi come un fluido viscoso. Quando una catena di montagne viene spianata dall’erosione, per potere mantenere l’equilibrio isostatico il limite inferiore della crosta, la Moho, deve alzarsi. Contemporaneamente, dove si accumula il materiale eroso, il sovraccarico deve essere a sua volta compensato da un abbassamento della Moho.
Il principio dell’isostasia fu formulato già 150 anni fa. Si scoprì che la catena dell’Himalaya attirava per gravità il filo a piombo ma risultava che questa attrazione era inferiore a quella che ci si doveva aspettare considerando la massa della catena montuosa.

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