L'aggressività

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Testo

Lorenz e le origini biologiche dell’aggressività e del razzismo

Quello che Lorenz si propone nel suo libro “L’aggressività” (1986) è di analizzare scientificamente ed obiettivamente l'istinto aggressivo, che fa parte della nostra natura e che quindi deve essere studiato sotto un profilo biologico per capirne meglio la funzione e cercare di governarlo in quelle situazioni in cui esso non è necessario ma solo dannoso.
Il primo ostacolo che ci impedisce di autocomprendere i nostri comportamenti sta nel non accettare, se pure inconsciamente, la nostra discendenza dai primati. Il secondo ostacolo è l'avversione che abbiamo nel riconoscere le nostre azioni come soggette alle leggi della causalità viste come una negazione del nostro libero arbitrio, e nel non capire invece che ciò che facciamo può essere nello stesso tempo diretto secondo la nostra volontà ad uno scopo ben preciso. Il terzo ostacolo viene posto da Lorenz nella filosofia idealista, che divide il pensiero e la ragione umana dal mondo esterno puramente materiale, a cui è attribuito un valore minore: tutto ciò che facciamo dovrebbe avere un’origine spirituale ed elevata e non certo fisiologica. Ciò che invece qui si sottolinea è l'importanza di conoscere le cause naturali del nostro comportamento per aumentare la nostra capacità di controllarle.
Nei primi capitoli si analizzano i comportamenti aggressivi di numerose specie animali per poi fare, alla fine del libro, un collegamento tra questi e la sfera umana. Osservando alcuni tipi di pesci corallini Lorenz nota che il puro istinto aggressivo, non dovuto cioè ad altri fattori come la fame, è prevalentemente intra-specifico, tanto che non è possibile la convivenza di due individui di una stessa specie all'interno di un unico territorio, a meno che essi non siamo di sesso opposto. In particolare vi è una stretta relazione tra colorazione vistosa, aggressività e abitudini sedentarie di questi pesci. Quando essi non si stabiliscono in un determinato luogo ma si spostano, perdono i loro colori accesi e la loro aggressività nei confronti dei conspecifici. Essa svolge un ruolo importante per la conservazione della specie. Innanzitutto ha il compito di distribuire uniformemente nello spazio e in proporzione alle risorse gli individui di una stessa specie. Attraverso la selezione sessuale, poi, e lo scontro tra gli individui maschi, vengono favoriti gli animali migliori e più forti per la riproduzione. Si ha infine la difesa dei piccoli. Quando un individuo è nel suo territorio è più propenso alla lotta, perché si sente più al sicuro. Viceversa, quando si allontana da esso i valori soglia degli stimoli che innescano l'aggressività sono maggiori, in favore della spinta alla fuga. Quando però la concorrenza intra-specifica non tiene conto delle esigenze ambientali, essa può portare a risultati addirittura dannosi per la conservazione della specie o comunque inutili. Anche la nostra società industrializzata rappresenta un tipo d'evoluzione non funzionale, in cui prevale la concorrenza tra individui più che il benessere di essi. Bisogna sottolineare comunque che, nella maggior parte dei casi, l'aggressività intra-specifica non porta alla morte di uno dei due contendenti ma alla sua umiliazione e, conseguentemente, ad un ruolo di minore importanza nella comunità. Esso ha quindi minore possibilità di trasmettere i suoi geni. Ciò che è importante evidenziare è che, sia nell'uomo che negli altri animali, non è essenziale la presenza di stimoli esterni che scatenino l'istinto aggressivo. Dopo una lunga inattività di un comportamento istintivo, il valore di soglia degli istinti che lo innescano si abbassa, fino eventualmente al valore "zero", in cui il movimento istintivo può verificarsi senza una causa esterna evidente.
L'ingorgo di aggressività è tanto più pericoloso quanto più si conoscono e si amano gli appartenenti al gruppo. Per evitare le conseguenze nocive che può produrre, si ha la ritualizzazione, attraverso cui certi movimenti perdono la loro funzione originaria e diventano puramente "simbolici". Durante il percorso filogenetico si forma, quindi, un nuovo moto istintivo il cui significato e in parte anche la forma si allontanano da quelli del prototipo non ritualizzato, diventano autonomi, e tale moto va a far parte delle cosiddette "grandi" pulsioni (come la fame, l'istinto sessuale, l'istinto alla fuga ecc.). E' proprio grazie a questi "nuovi" impulsi che l'aggressività viene sfogata e i suoi effetti dannosi per la specie vengono frenati.
Ciò che differenzia l'uomo dagli animali è la cultura, la tradizione e la capacità di tramandare simboli e nozioni che non si riferiscono solamente alla sfera della vita quotidiana (per esempio riconoscere cibi pericolosi, veleni, percorsi). L'abitudine è, però, l'elemento essenziale che ci accomuna. Essa si rivela molto utile per sottrarsi alla paura, affidandosi ad un modo di comportarsi che in una o più occasioni si è rivelato buono e non pericoloso. La superstizione è un esempio chiaro di come certe azioni, se non vengono rispettate, ci pongono in una situazione di disagio e ansia. L'azione ritualizzata e le cerimonie culturali e simboliche che ne conseguono, sia negli animali che nell'uomo, hanno il compito di far comunicare gli individui della comunità. Da questa comunicazione si sviluppano due funzioni importanti: indirizzare l'aggressività verso binari innocui e creare un legame tra due o più individui. Si formano, quindi, delle convenzioni comuni a tutto il gruppo, come le cosiddette "buone maniere" che ogni persona tende a osservare se vive all'interno di una società. Generalmente il non conformista viene giudicato negativamente dagli altri ed emarginato. Ogni comunità, naturalmente, ha le proprie tradizioni locali che possono essere anche molto differenti tra loro. Ciò può portare ad interpretazioni sbagliate di atteggiamenti o movimenti espressivi a cui non siamo abituati e che possono essere etichettati come scortesi e sconvenienti. Questi malintesi hanno contribuito spesso all'odio tra gruppi umani e a considerare ingiustamente riti e regole di altre culture come inferiori. Nonostante tutto, se queste convenzioni non ci fossero, non potrebbero esistere la comunicazione, la fiducia, le leggi. Comunque il comportamento di un individuo non è mai il risultato di un'unica pulsione, ma dell'inter-dipendenza dei vari istinti, filogeneticamente più o meno giovani, che si oppongono e si contrastano tra di loro finché uno, il più impellente, ha ragione sugli altri.
Generalmente un movimento ritualizzato, per non essere ambiguo, tende a divenire con il tempo una ripetizione ritmica di gesti identici tra loro. Nel combattimento ritualizzato l'aggressività e le sue possibili conseguenze negative vengono frenate dall'allungamento degli intervalli di tempo che intercorrono tra i singoli movimenti minacciosi e la violenza finale, dalle minacce portate a mimiche esagerazioni o a ripetizioni ritmiche di gesti, infine da fattori che inibiscono l'attacco a carattere cruento. E’ grazie a questi ultimi se gli adulti di una specie e in particolare le madri si astengono dal fare del male ai piccoli. Ci sono, infatti, particolari elementi, come il colore, il comportamento, la forma, l'odore, i suoni emessi dai cuccioli di gran parte delle specie animali che li rendono praticamente inattaccabili dagli altri individui. Questo procedimento avviene anche tra i due sessi, per cui un maschio sano (mentalmente) non attacca mai seriamente una femmina.
Molto importante è l'esistenza di un preciso rapporto tra la pericolosità delle armi che una specie ha a disposizione e le inibizioni che ne vietano l'uso verso i simili. Generalmente all'interno di una disputa, l'individuo che viene vinto mostra atteggiamenti ritualizzati pacificatori, come per esempio il mostrare la parte più indifesa del corpo che impedisce al nemico di attaccare. Altri riti di pacificazione sono quelli nati da movimenti ri-diretti che non provocano inibizione ma orientano l'aggressività verso certi compagni di specie piuttosto che su altri. Nasce così, il vincolo personale, “l’amico”.
Lorenz passa ora ad analizzare tipi diversi di ordinamento sociale. Il primo tra questi è la cosiddetta "schiera anonima", in cui gli individui si uniscono tra loro a formare un gruppo; più grosso sarà questo gruppo, più attrazione eserciterà sul singolo. Questa massa che si muove compatta sfrutta l'incapacità di molti predatori di concentrarsi su un obiettivo quando molti altri simili percorrono il loro campo visivo intrecciandosi confusamente. All'interno di questi branchi non vi è alcuna struttura gerarchica e questo porta ad una certa lentezza nel prendere le decisioni. Chiaramente un forte istinto gregale esclude atteggiamenti aggressivi e quindi l'amicizia non è presente in questo ordinamento sociale, poiché essa li presuppone. Particolare meccanismi comportamentali della schiera anonima possono manifestarsi anche nell'uomo in situazioni tipiche come quella del "panico di massa", in cui ogni controllo razionale viene meno e tutte le pulsioni sono sottoposte all'istinto di fuga. Il secondo ordinamento sociale che si prende in considerazione è la vita famigliare e sociale delle nitticore e di altri uccelli che si riuniscono in colonie. Questa struttura porta alla difesa di un territorio ma non si ha la creazione di un vincolo personale. Due individui che formano una coppia o che vivono vicini non si riconoscono. Si ha poi la società dei ratti, che si organizzano in comunità profondamente unite e rispettose al loro interno ma che si combattono aspramente l'una con l'altra. L'appartenenza ad un determinato gruppo è riconosciuta quasi sempre dall'odore comune a tutti i suoi membri. Anche qui gli individui non si conoscono personalmente. Ciò che non si riesce a capire è l'utilità, a livello selettivo, di una tale organizzazione. L'aggressività manifestata tra tribù, infatti, non assolve alle importanti funzioni che abbiamo enunciato precedentemente (distribuzione nello spazio, selezione dei genitori migliori, difesa dei piccoli). Anzi, quello a cui sembrano andare incontro tali comunità è una sempre maggiore abilità nel combattere e un aumento dell'odio di parte.
Si passa poi a parlare del legame personale, chiamato da Lorenz "il vincolo". Esso ha la funzione di tenere uniti gli individui di una comunità ma, differentemente da quello che succede nella “schiera anonima”, le reazioni compaginanti sono legate all'individualità dei membri del gruppo, che si riconoscono personalmente in ogni circostanza possibile. E' in questo ordinamento sociale che si ha il moto ri-diretto: l'aggressività, essendo innescata da un individuo che provoca contemporaneamente stimoli inibitori, viene sfogata su un altro oggetto. Questo comportamento è, nella maggior parte dei casi, ritualizzato col tempo, fino a divenire un nuovo istinto indipendente che ha anch'esso bisogno di essere appagato. Si è venuto così a creare in molte specie un modulo comportamentale causato dall'aggressività intra-specifica ma volto poi a fini pacificatori e a rendere più saldo il vincolo esistente tra due individui. Esempi di questo sono il giubilo trionfale delle oche, su cui Lorenz si sofferma a lungo, e, ad esso molto simile, la risata dell'uomo, che può essere considerata come cerimonia di pacificazione e che risponde, attraverso gradi d'intensità diversi, alla nostra quantità di eccitazione. Anch'essa tende a creare un legame tra gli individui che prendono parte al rito. Pienamente esplicativo in questo senso è il fenomeno di "derisione". Tanto più il legame tra membri dello stesso gruppo diventa profondo, tanto più l'aggressività contro estranei si farà manifesta. Il legame sarà formato dall'avere qualcosa in comune da dover difendere contro altri. Inoltre, dato che i riti così formati sono legati strettamente all'amico o al partner e dato che essi poi diventano un bisogno, azioni istintive indipendenti, allora anche la presenza del compagno diventa una necessità primaria.
Strettamente legato all'amore e all'amicizia è l'odio, anch'esso diretto su un particolare individuo. Spesso si manifesta da un'aggressività latente che in un normale rapporto deve essere continuamente ri-diretta e che, quando esso finisce, ha la possibilità di essere sfogata.
A questo punto Lorenz, avendo spiegato le origini biologiche dell'aggressività, passa ad evidenziarne alcuni malfunzionamenti nell'uomo. Il nostro comportamento sociale è determinato non soltanto dalla ragione e dalla tradizione culturale ma anche da comportamenti istintivi acquisiti filogeneticamente. Non c'è dubbio che il rapido sviluppo della nostra cultura, del nostro pensiero e soprattutto delle nostre capacità tecniche ha sconvolto e totalmente cambiato la nostra società a tal punto che non si è avuta un'equivalente evoluzione degli istinti e delle inibizioni che potessero ad essi far fronte ed ostacolarne gli aspetti negativi. Il progresso tecnologico, in altre parole, ha svolto un percorso più rapido rispetto al processo evolutivo e selettivo. Nonostante questo, l'uomo possiede la curiosità, la volontà di conoscere e sperimentare e quindi anche di capire le possibili conseguenze di un fenomeno. L'uomo ha perciò sviluppato, insieme alla cultura e alla tecnica, anche una certa "responsabilità razionale" in grado di prevedere le conseguenze delle proprie azioni e che quindi ha portato, inizialmente, al ripristino dell'equilibrio tra capacità e inibizione a uccidere. Mentre i carnivori che hanno le più pericolose armi naturali (fisiche) per distruggere l'altro, possiedono anche efficaci inibizioni che impediscono risvolti negativi per la specie, nel genere umano l'invenzione di armi artificiali ha portato allo squilibrio tra la capacità di uccidere e le inibizioni sociali. Inoltre, gran parte delle nostre armi sono comandate a distanza e quindi colui che uccide non si trova nella situazione in cui vengono innescati i suoi stimoli inibitori, non può realizzare emozionalmente le conseguenze della sua azione e quindi la compie impunemente. E' questo il caso della guerra, in cui persone tendenzialmente miti e inoffensive riescono ad uccidere anche molti individui. Probabilmente, essendo l'uomo arrivato a dominare tutte le forze nemiche che gli provengono dall'ambiente extra-specifico, i conflitti tra le varie comunità sono diventati i principali artefici della selezione umana, portandoci a sviluppare una sempre maggiore aggressività e indole guerresca. Questa pulsione non trova nel nostra odierno ordinamento sociale una valvola adeguata e rimane quindi repressa. La ragione, benché possa scoprire le conseguenze di certe azioni o la validità delle loro premesse non può impedirci di fare qualcosa se non è accompagnata da una fonte emozionale, istintiva, che aiuta a fornire la motivazione. Il comportamento aggressivo può essere accresciuto dalla concentrazione di molti individui in uno spazio non sufficientemente ampio, che provoca lo sconvolgimento dei vincoli personali e delle reazioni alla pulsione aggressiva. Poiché le condizioni ecologiche e sociologiche create dalla cultura deviano sempre più da quelle a cui il comportamento istintivo è filogeneticamente adattato, è chiaro a questo punto come il compito di compensazione della morale responsabile sia in rapido aumento. Un valido aiuto per la responsabilità umana proviene certamente dalla ritualizzazione culturale, per cui particolari usanze o tabù possono motivare il comportamento proprio come gli istinti autonomi. Essi devono la loro forza a particolari atteggiamenti filogeneticamente evoluti come la difesa militante da parte di un gruppo delle proprie norme e dei propri riti nei confronti di un altro che non li condivide. Negli ultimi anni, però, lo sviluppo tecnologico è stato talmente rapido che ha reso sorpassate molte usanze nel giro di una generazione e rende tuttora difficile il rapporto tra anziani e giovani, che non si riconoscono più in ciò che viene loro imposto. Si avrà quindi, nell'età puberale, un atteggiamento di noia dovuto alla mancanza di valori ritenuti soddisfacenti. Si crea, così, il bisogno istintivo di far parte di un gruppo che combatte per ideali comuni, bisogno tanto forte che fa passare in secondo piano la natura di questi ideali. E' per questo che leader carismatici e demagoghi non trovano difficoltà nel creare situazioni-stimolo volte ad acquisire il consenso di masse giovanili ed a condizionare il loro comportamento per puri fini politici. L'entusiasmo militante è una forma specializzata di aggressività collettiva. Per frenare i suoi possibili esiti negativi occorre una conoscenza razionale della situazione-stimolo che lo innesca. Generalmente esso si ha quando il gruppo si sente minacciato da un pericolo esterno. Si deve, quindi, avere un nemico comune e ben individuabile che non condivide i nostri riti e le nostre norme sociali ben definite. Anch'esse contribuiscono ad aumentare lo spirito di unione tra i membri. Un altro fattore importante è la figura di un leader carismatico, che dà sicurezza. Più sono gli individui mossi dalle stesse emozioni, più facilmente si innesca l'entusiasmo militante che riesce ad annullare tutte le altre considerazioni.

Una cosa è certa: eliminando la pulsione aggressiva dall'uomo si perderebbe la sua determinazione nell'affrontare i problemi, il rispetto che egli ha di se stesso, l'ambizione e altri aspetti indispensabili per la nostra esistenza.
Un metodo efficace per sfogarla in maniera innocua è senza dubbio la ri-direzione su oggetti sostitutivi, mentre la comprensione delle sue cause può sviluppare la nostra responsabilità morale per controllarla. Molto utile per sfogare la pulsione aggressiva è anche lo sport, che spinge l'uomo al controllo del proprio comportamento combattivo e può diventare una valvola di sicurezza per l'entusiasmo militante collettivo: dà l'opportunità a nazioni diverse di combattersi senza per questo sviluppare odio politico. Se la persona da attaccare è anonima, il comportamento aggressivo viene facilitato.
L'arte, la musica e la scienza sono ottimi mezzi per creare valori universali, che vanno oltre il particolarismo nazionale e che costituiscono una proprietà collettiva di tutta l’umanità.
Lorenz sottolinea, inoltre, l'importanza del riso che può sostituire la funzione sociale dell'entusiasmo militante ed è un forte alleato della morale responsabile poiché mette spesso in ridicolo falsi ideali e disonestà.

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Filogenesi: processo evolutivo degli organismi vegetali e animali dalla loro comparsa sulla terra ad oggi.
Ontogenesi: insieme dei processi di sviluppo di un organismo fino alla formazione di un individuo adulto.

Vita e opere di Lorenz
Lorenz Konrad (Vienna 1903 - Altenberg 1989), zoologo austriaco, tra i fondatori dell'etologia (la disciplina che studia il comportamento animale), conseguì la laurea in medicina e il dottorato di ricerca in zoologia (1933) all'Università di Vienna. Divenne celebre per i suoi tentativi di identificare ciò che egli definiva comportamenti a schema fisso (Fixed Action Patterns o FAP), che egli riteneva innati e determinati geneticamente, a differenza dei comportamenti acquisiti, che sarebbero stati, invece, causati da fattori ambientali. Descrisse per primo il fenomeno per cui i piccoli di diverse specie animali, per un certo periodo di tempo, sono sensibili a stimoli di tipo visivo o uditivo. Questi stimoli, in condizioni naturali, vengono prodotti dalla madre, anche se Lorenz fu in grado di dimostrare che i piccoli rispondono anche a sollecitazioni provenienti da oggetti o da esseri umani. Lorenz diede a questo fenomeno il nome di imprinting.
In ricerche successive ipotizzò che le lotte tra esseri umani abbiano origini genetiche e derivino evolutivamente dal comportamento esibito dagli animali inferiori nella difesa del territorio; questa teoria godette di un largo successo di pubblico, ma fu contestata aspramente da un certo numero di naturalisti autorevoli. Nel 1973 condivise il premio Nobel per la medicina con Nikolaas Tinbergen e Karl von Frisch, in riconoscimento dei loro studi sul comportamento animale.
Tra le sue maggiori opere pubblicate in Italia: L'aggressività (1986), Il declino dell'uomo (1986), L'altra faccia dello specchio (1988), L'anello di re Salomone (1988), E l'uomo incontrò il cane (1988), L'etologia (1990), Io sono qui, tu dove sei? Etologia dell'oca selvatica (1990).

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