Andrea De Carlo:2 di 2

Materie:Scheda libro
Categoria:Generale
Download:395
Data:02.05.2001
Numero di pagine:7
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
andrea-de-carlo-2-2_1.zip (Dimensione: 7.58 Kb)
trucheck.it_andrea-de-carlo:2-di-2.doc     30 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

SCHEDA DI ANALISI DE “DUE DI DUE” (ANDREA DE CARLO)

La vita dello scrittore di Due di Due è ancora in atto, per cui non c’è molto da romanzare o mitizzare: in realtà non sono moltissimi coloro che lo conoscono, anche se la sua produzione letteraria è fertile. In più non si può creare un mito su qualcuno che è ancora vivo: e certo non si vuole mettere fine all’esistenza di De Carlo, iniziata in quel di Milano nel 1952, perché si rischierebbe di derubare l’umanità di altri capolavori sul genere Due di Due in procinto di stare per essere scritti.
Andrea De Carlo: scrittore più per vocazione che di mestiere, dal momento che di mestieri ne ha svolti parecchi, sia in Italia che all’estero: assistente di Oliviero Toscani, si occupava di foto pubblicitarie di interni; assistente di Federico Fellini nella lavorazione del film “La nave va”; aiuto regista di Michelangelo Antonioni … ma ecco che finalmente la scrittura diventa il suo unico impiego fisso, con la pubblicazione del suo terzo libro Macno, nel 1984. Prima di allora difficile era per questa personalità fuori del comune barcamenarsi tra la passione dello scrivere e il pensiero di sbarcare il lunario, anche perché era costretto a mettersi all’opera negli orari più impensati, proprio lui, amante del silenzio mentre compone libri meravigliosi in attesa di essere letti e giustamente apprezzati. Grazie alla sua prosa fluida, scorrevole ma tuttavia dotata di corposità come un ottimo vino, ha vinto vari premi, primo fra tutti il Comisso (1981), seguito dal Dignes Haute Provence (1984) e dal Lucca Società dei Lettori (1989). Ultimi il Castiglioncello (1992) e l’Hemingway (1994).
Importante per il suo modo di scrivere l’influenza dell’antropologo e scrittore Carlos Castaneda: il cambiamento si denota in Yucatan.
Oggi vive nella città che l’ha visto nascere, attorniato dagli affetti e dalle cose a lui care: a Milano, precisamente nel quartiere dei Navigli che di giorno conserva ancora la tranquillità di un tempo, ma la sera si trasforma in un reticolo di pub, discoteche e locali notturni.
In Due di Due si vive un’atmosfera milanese all’inizio rarefatta, ma che l’autore porta sempre più a velocizzare, a cambiare secondo la mentalità e le azioni dei due protagonisti. È la storia, bellissima, di un’amicizia vera tra la voce narrante, un ragazzo come tanti, senza particolari motivazioni e aspirazioni, e Guido Laremi, uno dei personaggi più belli e reali di cui mi sia mai capitato di leggere. I due sono diversi ma simili: si sono conosciuti al Ginnasio e non trovano soddisfazione alcuna nella Milano fredda e rumorosa che li circonda, persi nel circolo vizioso delle giornate vuote e tristi, senza scopo, cercando significato nelle cose che studiano o arrendendosi, arrabbiandosi, lottando per andarsene, alla fine, a cercare se stessi dopo viaggi strani e allucinati. Il primo trova la tranquillità ed un vago sentore di felicità in un sano stile di vita in campagna con la donna che ama ed i suoi figli, scoprendo che i valori più semplici e i frutti del lavoro più duro lo ripagano immensamente di tutte le fatiche e gli sforzi. Ma Guido è tormentato, figura complessa e fondamentalmente incompresa, è amato oppure odiato, nessuno cerca di comprenderlo perché sarebbe troppo duro aprire gli occhi e guardare in faccia le miserie del mondo: i tempi non sono maturi per un genio ed una mente come i suoi, e forse non lo saranno mai. Non troverà mai la donna che potrà amare davvero: non riesce a donare se stesso a qualcuno che non lo capisce, che non è come lui. Per questo il suo migliore amico è Mario, l’unico essere umano che non si preoccupa eccessivamente per lui perché lo conosce e non lo giudica, come il migliore amico dovrebbe fare. Condividono esperienze ma sono trascinati da due correnti opposte: da una parte c’è il menefreghismo totale di Guido, la sua apatia, la sua crescente perdita di interesse per ogni cosa; dall’altra coesiste la positiva e normale mediocrità dell’amico, il suo continuo e persistente cercare che infine lo porterà a trovare la sua misura di realtà … questi lati estremi convivono nel nostro animo e molte volte compare, affermandosi, l’egoistico e normale modo di vita che Guido neanche si degnava di prendere in considerazione. Questo ragazzo lucido e incapace di accettare la tristezza inconcludente creata da una società orribilmente conformista e, ancor peggio, anticonformista convenzionalmente, non vive in modo facile perché non accetta le tradizionali basi di ipocrisia e falsità in cui veniamo al mondo e in cui continuiamo, inconsciamente, a vegetare . Quasi tutti noi lo facciamo e spesso ne andiamo fieri; ma non bisognerebbe essere orgogliosi di nulla che nasca dal nostro bisogno di esaminare o ridicolizzare, alle volte, gli altri … o da orari, restrizioni, modi diversi di essere legati e quindi non liberi, ancorati a criteri e tradizioni a cui non crediamo, perché per prima cosa perdiamo la fede e la vera speranza, rimangono solo miseri surrogati di esse come il bisogno sempre vivo di conservare le apparenze, diventate sinonimo di concretezza interiore.
Guido Laremi, nonostante tutti i suoi viaggi, le sue donne e le sue letture, si avvicina sempre più ad un risultato di perfezione, per così dire, anzi di esasperazione di quel modello iniziale da cui era partito. Si fa, pagina dopo pagina, sempre più distaccato dalle situazioni e dalle persone, interessato a sprazzi; anche quando l’ambiente di sfondo cambia sembra sempre di ritrovarsi in una Milano umida e borghese che non lascia spazio al cambiamento e alla fantasia. Le scelte dello stesso Mario sembrano a lui obbligate, senza l’amico e compagno di idee: il Liceo, l’Università, la relazione noiosa con Roberta sono le sue uniche certezze e lì tenta di rifugiarsi, nelle cose conosciute e provate mille volte. Se quand’era ancora liceale provava un forte sentimento di rinascita, di voler cambiare tutto servendosi di una linea politica, successivamente subentra una perdita di interesse alle riunioni con gli amici, ai discorsi e ai dibattiti nelle assemblee studentesche, proprio com’era capitato a Guido precedentemente. Una sorta di apatia lo coglie: desidera in modo disperato e sordo finire il Liceo per non trovarsi più costretto tra i soliti giri e le solite mura. Inizia l’Università e si iscrive a Filosofia; la mancanza di motivazioni, di ideali e la sfiducia lo colgono in misura ancora maggiore. Filosofia è meno impegnativa di lettere e altrettanto generica … affronta gli esami e li supera con una facilità estrema: i professori per primi si sono adattati alle richieste degli studenti e in modo stanco concedono loro i Trenta come qualcosa di inevitabile. Sono gli anni delle rivoluzioni sessantottine: i primi scioperi scolastici e i tentativi degli studenti di adattare la scuola ai loro interessi e bisogni, renderla più a portata di vita. Sono gli anni dei nostri padri, gli anni di cui loro vanno orgogliosi: anni turbolenti che attraverso le parole di De Carlo (egli trova la giusta misura per tutto: con pochi tratti essenziali riesce a dare rilievo ad una situazione) ci sembra quasi di vivere allo stesso modo di Mario e Guido, i due ragazzi che sono i due lati di una stessa medaglia. Due di due, appunto.
Il loro legame formatosi tra i banchi di scuola è indissolubile: anche dopo lunghi periodi di silenzi riescono a ritrovarsi e a capirsi come quando, in quelle giornate i cui pomeriggi erano solo pallide ombre delle mattine, formulavano commenti e storie in quel codice strano che era loro caratteristico.
Mario agli inizi viveva per pura forza d’inerzia, ammirando con tutto il suo essere l’amico che intrecciava rapporti più facili con le donne, affascinandole con la sua aria misteriosa e riservata “un po’ da ladro”, come viene definita dallo stesso autore. Ma lo ammirava anche per il suo modo colorito di parlare e per la sua temerarietà, quel coraggio incosciente che spesso lo faceva azzuffare per un nonnulla con gli altri gruppi studenteschi rivali. Guido è praticamente il personaggio principale: tutto ruota attorno a lui, almeno nella prima parte. Nella seconda sarà Mario a stupirci, trovando la sua vera identità e riscoprendo quei valori - ottenuti dallo sforzo lavorativo e dal calore di una famiglia - che credeva perduti, relegati lontano dalla società odierna. Sarà in campagna che troverà il suo stile di vita, insieme a Martina, ragazza dalla personalità semplice e bella che gli darà dei figli e la sicurezza. Guido invece continuerà con i vagabondaggi, incapace di fermarsi in uno stesso luogo, desideroso di amare e di essere amato ma impaurito nello stesso tempo.
Partiamo da una Milano grigia, apparentemente tanto simile ad una prigione, per vederla cambiare poco a poco ma non si sa se in meglio o in peggio. Si prosegue con il viaggio in Grecia di Guido e Mario, tanto strano, tanto evanescente, … poi un orribile e catastrofico viaggio di Mario con un compagno di università, … e ancora Mario che si stabilisce definitivamente a Gubbio con i nuovi amici e la nuova famiglia, grazie alla spinta di un tragico evento … e ancora arrivano a Mario le lettere di Guido e i suoi pellegrinaggi per il mondo: la sua Australia e il rapporto con una ragazzina capricciosa e difficile, la tossicodipendenza … i suoi rapporti tormentati e complicati con il mondo. La pubblicazione del libro di Guido, i suoi trionfi che tutto sommato lui non vede come tali; il secondo libro, un fiasco a livello di critica … ed ecco il ripercuotersi delle teorie di Laremi: non si può uscire dagli schemi che ci hanno imposto, è tutto inutile, non si può cambiare … visione Pirandelliana rivisitata in chiave moderna con una storia più a nostra portata e quindi più umana e comprensibile .
L’amicizia è l’argomento di questo romanzo, forse il più bello di De Carlo.
L’unica e indistruttibile.
Un legame che non ci fa pesare il fatto di essere tale.
La lettura di Due di Due mi ha arricchito interiormente; a volte mi è parso inquietante, a volte disperato, a volte cinico, a volte geniale … mai banale o scontato, perché tra tutti i modi che l’autore aveva per descrivere un’amicizia questo mi è parso il più bello: malinconico il finale, ma il lieto fine sarebbe stato totalmente fuori luogo e persino di cattivo gusto. A lettura terminata non mi è rimasto che piangere per la morte non solo di Guido Laremi … ma anche delle illusioni che mi hanno tenuto ‘efficacemente’ compagnia fino ad oggi.
Non mi resta che concludere con una frase che disse lo stesso Andrea De Carlo: “Nell’amico c’è qualcosa di noi, un nostro possibile modo di essere, il riflesso di una delle altre identità che potremmo assumere”.
Purtroppo o per fortuna, non c’è nulla di più vero …

Licia Liva

1

Esempio