Termodinamica

Materie:Appunti
Categoria:Fisica

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Testo

Termodinamica
Introduciamo il concetto di trasformazione quasi statica. Una trasformazione è quasi statica se è eseguita passando da stati d’equilibrio nei quali i valori delle grandezze macroscopiche (ad esempio pressione, volume e temperatura) per un gas sono omogeneamente distribuiti nella sostanza studiata. In pratica, tali trasformazioni sono quasi statiche se si fanno avvenire lentamente, anche se in linea teorica la trasformazione quasi statica è IMPOSSIBILE DA REALIZZARE poiché occorrerebbe un numero infinito di passaggi. Questo in modo da evitare che i parametri di stato possano variare da punto a punto ed anche nel tempo. Ad esempio se in un recipiente avviene in un certo punto un riscaldamento improvviso, dovuto magari ad un’esplosione, la pressione sarà inizialmente molto alta in vicinanza del punto di deflagrazione ed arriverà ad interessare i punti più lontani solo dopo un certo tempo. In questo modo noi abbiamo variazioni di pressione da punto a punto nel tempo.
Questo è un classico esempio di trasformazione non quasi statica o alternativamente di non equilibrio. Generalmente, come ad esempio negli esperimenti da noi condotti, le trasformazioni studiate sono sicuramente quasi statiche entro il limite degli errori di misura. Fatta questa premessa iniziamo a caratterizzare le trasformazioni da un punto di vista energetico, ovvero tramite gli scambi di lavoro–energia interna e calore che avvengono da un sistema (ad esempio un gas perfetto e l’esterno).
Consideriamo un ambiente isolato termicamente (ADIBATICO). All’interno consideriamo un sistema che consiste in un piano inclinato sul quale è appoggiata una massa, collegata all’esterno tramite un filo.
Dall’esterno l’applicazione di un’opportuna forza F produce lavoro meccanico sul sistema. La massa m si solleva fino ad un certo livello. Come risultato osserviamo che il lavoro L produce una variazione dell’energia del sistema, poiché quando F finisce di agire, la massa m si trova ad un livello superiore di quello iniziale, con una variazione di altezza zh.
La variazione d’energia interna è stata
Quindi generalizzando possiamo dire che la produzione di lavoro su un sistema adiabatico produce variazioni della sua energia interna.
Se ripetiamo la stessa operazione di sollevamento per tante volte aumentiamo conseguentemente l’energia interna del sistema. Adesso togliamo le pareti adiabatiche, cioè togliamo l’isolamento del sistema. Ci accorgiamo, ad esempio con una lettura di temperatura durante la fase in cui il sistema è aperto e comunica con l’esterno, che la temperatura interna scende.
Questo significa che, gradatamente l’energia interna del sistema che possiamo pensare come energia potenziale di m più l’energia cinetica di tutto il gas presente, trasferimento di calore. Possiamo dire quindi che un certo ammontare iniziale oU di energia interna si trasforma gradatamente in flusso di calore, se la trasformazione non è adiabatica. In generale se abbiamo una trasmissione di lavoro .L ad un sistema non adiabatico, il sistema acquista energia interna U, accompagnata da un flusso di calore UQ, che assumiamo essere in qualche modo energia distribuita a livello microscopico. Possiamo scrivere in genere:
La costante J è in sostanza una conversione di unità di misura e serve a normalizzare il calore in unità energetiche.

Energia trasferita a livello micro-
scopico quando il sistema non è
isolato termicamente
Esaminiamo le seguenti fasi di una trasformazione:
➢ SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO ADIABATICO ( Q=0)
L = -LU
➢ TOGLIAMO LA CONDIZIONE DI ISOLAMENTO SENZA COMPIERE SENZA COMPIERE ALTRO LAVORO SUL SISTEMA
Abbiamo in questa fase: AL=0 JLQ - QU = 0
Energia che fluisce all’esterno
EU = JUQ
Calore: forma di energia
➢ ALLA FINE DEL PROCESSO OTTENIAMO QUINDI: AL(Iniziale) = J Q
Se un sistema assorbe lavoro dall’esterno il risultato finale della trasformazione di lavoro è calore se il sistema è aperto (non è adiabatico). Possiamo scrivere in generale: PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
Questa equazione fu stabilita a partire dalla conoscenza calorimetria di QQ ovviamente misurato in Kcal.
J si chiama equivalente meccanico della Kcal o equivalente di Joule. Il suo valore con quattro cifre significative è J = 4186
Essendo il calore una forma di energia, o meglio proporzionale ad essa, per comodità è preferibile non su base calorimetrica ma su base energetica, ovvero assumendo che la sua unità di misura sia direttamente il Joule.
Se quindi il calore è espresso in Joule il primo principio della termodinamica può essere scritto come:
In base al primo principio della termodinamica possiamo affermare che il calore è una forma di energia che non viene accumulata dal sistema, ma viene trasferita all’esterno. In tal modo, spesso, si parla non di calore, ma di ENERGIA TERMICA.

Termodinamica
Introduciamo il concetto di trasformazione quasi statica. Una trasformazione è quasi statica se è eseguita passando da stati d’equilibrio nei quali i valori delle grandezze macroscopiche (ad esempio pressione, volume e temperatura) per un gas sono omogeneamente distribuiti nella sostanza studiata. In pratica, tali trasformazioni sono quasi statiche se si fanno avvenire lentamente, anche se in linea teorica la trasformazione quasi statica è IMPOSSIBILE DA REALIZZARE poiché occorrerebbe un numero infinito di passaggi. Questo in modo da evitare che i parametri di stato possano variare da punto a punto ed anche nel tempo. Ad esempio se in un recipiente avviene in un certo punto un riscaldamento improvviso, dovuto magari ad un’esplosione, la pressione sarà inizialmente molto alta in vicinanza del punto di deflagrazione ed arriverà ad interessare i punti più lontani solo dopo un certo tempo. In questo modo noi abbiamo variazioni di pressione da punto a punto nel tempo.
Questo è un classico esempio di trasformazione non quasi statica o alternativamente di non equilibrio. Generalmente, come ad esempio negli esperimenti da noi condotti, le trasformazioni studiate sono sicuramente quasi statiche entro il limite degli errori di misura. Fatta questa premessa iniziamo a caratterizzare le trasformazioni da un punto di vista energetico, ovvero tramite gli scambi di lavoro–energia interna e calore che avvengono da un sistema (ad esempio un gas perfetto e l’esterno).
Consideriamo un ambiente isolato termicamente (ADIBATICO). All’interno consideriamo un sistema che consiste in un piano inclinato sul quale è appoggiata una massa, collegata all’esterno tramite un filo.
Dall’esterno l’applicazione di un’opportuna forza F produce lavoro meccanico sul sistema. La massa m si solleva fino ad un certo livello. Come risultato osserviamo che il lavoro L produce una variazione dell’energia del sistema, poiché quando F finisce di agire, la massa m si trova ad un livello superiore di quello iniziale, con una variazione di altezza zh.
La variazione d’energia interna è stata
Quindi generalizzando possiamo dire che la produzione di lavoro su un sistema adiabatico produce variazioni della sua energia interna.
Se ripetiamo la stessa operazione di sollevamento per tante volte aumentiamo conseguentemente l’energia interna del sistema. Adesso togliamo le pareti adiabatiche, cioè togliamo l’isolamento del sistema. Ci accorgiamo, ad esempio con una lettura di temperatura durante la fase in cui il sistema è aperto e comunica con l’esterno, che la temperatura interna scende.
Questo significa che, gradatamente l’energia interna del sistema che possiamo pensare come energia potenziale di m più l’energia cinetica di tutto il gas presente, trasferimento di calore. Possiamo dire quindi che un certo ammontare iniziale oU di energia interna si trasforma gradatamente in flusso di calore, se la trasformazione non è adiabatica. In generale se abbiamo una trasmissione di lavoro .L ad un sistema non adiabatico, il sistema acquista energia interna U, accompagnata da un flusso di calore UQ, che assumiamo essere in qualche modo energia distribuita a livello microscopico. Possiamo scrivere in genere:
La costante J è in sostanza una conversione di unità di misura e serve a normalizzare il calore in unità energetiche.

Energia trasferita a livello micro-
scopico quando il sistema non è
isolato termicamente
Esaminiamo le seguenti fasi di una trasformazione:
➢ SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO ADIABATICO ( Q=0)
L = -LU
➢ TOGLIAMO LA CONDIZIONE DI ISOLAMENTO SENZA COMPIERE SENZA COMPIERE ALTRO LAVORO SUL SISTEMA
Abbiamo in questa fase: AL=0 JLQ - QU = 0
Energia che fluisce all’esterno
EU = JUQ
Calore: forma di energia
➢ ALLA FINE DEL PROCESSO OTTENIAMO QUINDI: AL(Iniziale) = J Q
Se un sistema assorbe lavoro dall’esterno il risultato finale della trasformazione di lavoro è calore se il sistema è aperto (non è adiabatico). Possiamo scrivere in generale: PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
Questa equazione fu stabilita a partire dalla conoscenza calorimetria di QQ ovviamente misurato in Kcal.
J si chiama equivalente meccanico della Kcal o equivalente di Joule. Il suo valore con quattro cifre significative è J = 4186
Essendo il calore una forma di energia, o meglio proporzionale ad essa, per comodità è preferibile non su base calorimetrica ma su base energetica, ovvero assumendo che la sua unità di misura sia direttamente il Joule.
Se quindi il calore è espresso in Joule il primo principio della termodinamica può essere scritto come:
In base al primo principio della termodinamica possiamo affermare che il calore è una forma di energia che non viene accumulata dal sistema, ma viene trasferita all’esterno. In tal modo, spesso, si parla non di calore, ma di ENERGIA TERMICA.

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