ricerca sui colori

Materie:Appunti
Categoria:Fisica

Voto:

2 (2)
Download:290
Data:22.06.2006
Numero di pagine:15
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
ricerca-colori_1.zip (Dimensione: 174.88 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_ricerca-sui-colori.doc     222 Kb


Testo

COME SI PRODUCONO I COLORI: mescolanza additiva
Quando due luci di differente distribuzione spettrale di energia arrivano all’occhio contemporaneamente l’effetto è equivalente a quello di una singola luce la cui distribuzione spettrale è uguale alla somma delle due distribuzioni precedenti.
La combinazione delle due luci è detta mescolanza additiva.
Le distribuzioni spettrali originali, se viste indipendentemente, producono una nuova sensazione di colore.
Se si proiettano due fasci di luce colorata su uno schermo bianco in una camera oscura in modo tale che i due dischi di luce di sovrappongono, viene percepita come un colore intermedio tra quello dei due fasci.
Per esempio, se un fascio è rosso e un altro è verde, il colore intermedio è compreso tra il rosso e il verde: per esempio il giallo.
L’occhio viene quindi raggiunto da una luce con distribuzione che è la somma delle distribuzioni che costituiscono la mescolanza e non è in gradi di percepire separatamente i colori delle componenti, quindi ne fa una sintesi e ne riporta una sensazione globale unitaria; un colore che viene percepito come intermedio tra i colori iniziali.
Se i due fasci sono di colore diversi, il fascio combinato risultante avrà una tinta che viene percepita come intermedia tra le tinte iniziali.
Se le due tinte sono per esempio rosso e verde, la sovrapposizione verrà percepita come rosso, arancio, giallo, a seconda dell’intensità dei fasci iniziali

All’inizio il fascio verde è della massima intensità, mentre quello rosso è spento. Poi l’intensità del verde diminuisce mentre il rosso si accende e aumenta. Alla fine abbiamo un rosso acceso.
Nella sovrapposizione di luci, le intensità si sommano, quindi una sovrapposizione di due luci sarà sempre più intensa, brillante delle singole luci che compongono la sovrapposizione.
Il classico esempio di mescolanza additiva con le tre luci alla massima intensità è riportato qui sotto. La sovrapposizione di rosso e verde da il giallo, che ha una brillantezza maggiore di entrambe. Così per rosso e blu, verde e blu.
Sovrapponendo tutti e tre i colori si arriva al bianco.

Isaac Newton è lo scienziato inglese oggi considerato il principale artefice del passaggio dalle antiche concezioni aristoteliche della moderna concezione sperimentale della fisica.
Ebbe per primo l’intuizione che la relazione tra lo stimolo luminoso e la percezione del colore si potesse rappresentare con un modello matematico
Le ricerche scientifiche di Newton riguardarono tre campi principali:
- ottica
- matematica
- meccanica
OTTICA:
gli studi sulla natura della legge portarono Newton a capovolgere la teoria di Hooke, secondo il quale i colori derivano dalla rifrazione della luce sui diversi materiali.
Newton affermò invece che il colore non è una qualità dei corpi, bensì della luce stessa.
Dopo alcuni dubbi iniziali, egli divenne un convinto sostenitore della teoria corpuscolare della luce. In base a tale concezione, la luce è costituita da microscopiche particelle che vengono lanciate dalla sorgente in tutte le direzioni e con velocità elevatissima.
Le ricerche di Newton sulla luce si trovano in tre libri chiamati Optikis

in essi vengono descritte le leggi dell’ottica geometrica, i fenomeni di rifrazione e della riflessione.
Vi si afferma anche che a ciascun colore corrisponde un diverso indice di rifrazione e che la luce bianca del sole può essere scomposta mediante prismi, nei sette colori dello spettro che la compongono.

la luce bianca è costituita da un insieme di fasci di luce colorata con lunghezza d’onda diverse.
Un raggio di luce solare che passa attraverso un prisma di vetro emerge scisso nei familiari colori dell’arcobaleno.
L’esperimento della scomposizione della luce nei suoi componenti fondamentali chiamati Spettro, fu condotto per la prima volta da Newton nel gennaio del 1666.
I COLORI:
la scomposizione della luce bianca fu fatta da Newton dopo aver terminato gli studi a Cambridge.
A casa ebbe il tempo di giocare con prisma che aveva acquistato da poco.
Il fenomeno da lui descritto, noto come dispersione della luce, è semplice dea osservare.
Se in una stanza buia si fa cadere su un prisma un fascio di luce solare (luce bianca) ottenuto facendolo passare per una fessura stretta, e dalla parte opposta del prisma mettiamo uno schermo, si vede su questo, non una line bianca, ma una striscia luminosa nella quale si susseguono con continuità i diversi colori.
Sebbene non esista una distinzione tra un colore e quello successivo, Newton evidenziò i più evidenti:
- rosso
- arancione
- giallo
- verde
- azzurro
- indaco
- violetto
A questa striscia colorata Newton diede il nome di Spettro.
Da questo esperimento egli concluse che la luce bianca è una mescolanza dei diversi colori, e che il prisma non fa altro che separarli grazie al diverso indice di rifrazione di ciascun colore.
Newton eseguì diverse esperienze su questo fenomeno, in particolare per provare che quello che sosteneva era vero ricombinando i colori dello spettro per ottenere nuovamente la luce bianca.
Tra molti esperimenti quello facilmente realizzabile è il “disco di Newton”: basta infatti costruire un disco di cartone colorato con i colori dello spettro e fallo girare velocemente. Esso ci apparirà bianco.
Ogni punto del cerchio rappresenta un colore. Sulla circonferenza del cerchio sono disposti i colori spettrali, dal rosso al violetto.
Tutti i colori all’interno sono Non Spettrali (cioè non ottenuti per mescolanza di spettrali).
Al centro c’è il bianco, e su ogni raggio che unisce il centro al colore spettrale sono posti i vari gradi di saturazione di tale colore, dal bianco al colore spettrale stesso.
Nel cerchio Newton indica anche i confini approssimativi tra quelli che lui considera i sette colori principali, in relazione alle proporzioni dei colori dello spettro.

IL MECCANISMO DELLA VISIONE:
Un poeta del VII° Secolo scrisse che i colori sono i sorrisi della natura; ma come può un osservatore distinguere un sorriso da un altro?
La risposta è fornita in gran parte da tre classi di cellule a forma di cono sensibili al colori che troviamo sulla retina dell’occhio.
Ciascun tipo di cellula risponde in modo diverso alla luce riflessa da un oggetto colorato, a seconda che contenga un pigmento sensibile al rosso, al verde o al blu.
La quantità di luce assorbita rispettivamente da ciascuna classe di coni è tradotta in segnali elettrici dai nervi della retina che vengono quindi trasmessi al cervello, dove il segnale complessivo genera la sensazione di uno specifico colore.
Il percorso per definire una corretta teoria della visione dei colori fu lungo e difficile.
Dopo aver scoperto che la luce solare si scompone in una serie continua di colore se viene rifratta da un prisma di vetro, Newton osservò che l’occhio umano spesso non è in grado di distinguere i colori originali dopo che sono stati miscelati assieme.
In quel periodo un altro grande del pensiero, Johan Wolfgang Goethe, rese noti i risultati della sua teoria sui colori, entrando subito in feroce polemica con Newton.
Si trattava di due visioni che partivano da posizioni differenti.
Newton aveva scomposto un tutto dato (luce) in un tutto pensato (colori), occupandosi della fisica del fenomeno, Goethe invece si era occupato degli aspetti percettivi e psicologici del fenomeno.
In ogni caso verso la fine del VIII° Secolo, alcuni ricercatori svilupparono le osservazioni di Newton e stabilirono che la visione dei colori è Trinomatrica.
Questo significa che i colori possono essere ottenuti dalla mescolanza di tre componenti primari: quando di mescolano tre colori primari in parti uguali si produce la sensazione di bianco.
COME FUNZIONA L’OCCHIO:
Per comprendere il meccanismo della visione è necessario esaminare il funzionamento dell’occhio

Quasi tutta la superficie interna è percorsa da uno strato di cellule fotosensibili che compongono la retina, il vero e proprio organo della visione.
Il Bulbo Oculare è una struttura progettata per ospitare e rendere disponibili immagini nitide del mondo esterno visto dalla retina.
La luce entra nell’occhio attraverso la cornea e l’iride, e viene convogliata attraverso un sistema di lenti prima di raggiungere la retina dove di forma una piccola immagine capovolta di ciò che vede l’occhio.
La messa a fuoco dell’immagine viene operata dalla cornea e dalle lenti.
La retina traduce i segnali luminosi in stimoli nervosi e consiste in tre strati di cellule.
Sorprendentemente le cellule sensibili alla luce, note come coni a bastoncelli, si trovano nell’ultimo strato della retina, quello più interno.
Quindi la luce deve passare attraverso gli altri due strati di cellule per stimolare coni e bastoncelli.
I bastoncelli sono sensibili a livelli molto bassi di luce e sono responsabili della visione notturna o in ambienti poco illuminati.
La visione dei colori è resa possibile dai coni, che sono distinti in tre classi ognuna contenente un differente pigmento
LA LUCE:
Lo studio del colore era inizialmente intrecciato con quello della luce e successivamente si è svolto parallelamente.
Robert Hooke fu, per tutta via, rivale di Newton, egli propose l’idea che la propagazione della luce e nell’etere avvenisse con un moto ondulatorio, in perfetta analogia con il suono.
Newton, da parte sua, negò che la diffusione della luce avvenisse con questo moto, sostenendo che la luce, al contrario dei suoni, non ha la capacità di aggirare gli ostacoli, e quindi doveva essere costituita da minuscole particelle, corpuscoli, che venivano emesse dalla sorgente luminosa.
Lo stimolo fisico che causa la percezione del colore, la luce, può essere descritto con processione.
Oggi sappiamo che la luce è un particolare tipo di energia elettromagnetica e l’energia elettromagnetica si trasmette mediante radiazioni ondulatorie.
Una radiazione elettromagnetica si trasmette mediante radiazioni ondulatorie.
Una radiazione può essere di una singola lunghezza d’onda (monocromatica), ma normalmente è una mescolanza di più radiazioni di diverse lunghezze d’onda e di diversa energia
Teoria Corpuscolare:
Formulata da Isaac Newton nel XVII secolo. La luce viene vista come composta da piccole particelle di materia (corpuscoli) emesse in tutte le direzioni. Oltre che essere matematicamente molto semplice (molto più della teoria ondulatoria) questa teoria spiega molto facilmente alcune caratteristiche della propagazione della luce che erano ben note all'epoca di Newton.
Innanzi tutto ci spiega il fatto che le particelle si propagano in linea retta. Anche il fenomeno della riflessione può essere spiegato in maniera semplice tramite l'urto elastico della particella di luce sulla superficie riflettente.
La spiegazione della rifrazione è leggermente più complicata; le particelle incidenti sul materiale rifrangente subiscano, ad opera di questo, delle forze perpendicolari alla superficie che ne cambiano la traiettoria.
Una conseguenza della teoria corpuscolare della luce è che questa, per via dell'accelerazione gravitazionale, aumenti la sua velocità quando si propaga all'interno di un mezzo.
Teoria Ondulatoria:
Formulata da Christiaan Huygens. La luce viene vista come un'onda che si propaga in un mezzo, chiamato etere, che si supponeva pervadere tutto l'universo ed essere formato da microscopiche particelle elastiche.
Un problema della teoria ondulatoria era la propagazione rettilinea della luce. Infatti era ben noto che le onde sono capaci di aggirare gli ostacoli mentre è esperienza comune che la luce si propaghi in linea retta.
Questa apparente incongruenza può però essere spiegata assumendo che la luce abbia una lunghezza d'onda microscopica.
Al contrario della teoria corpuscolare, quella ondulatoria prevede che la luce si propaghi più lentamente all'interno di un mezzo che nel vuoto.
Colori e Lunghezza d’Onda:
Le differenti lunghezze d’onda vengono interpretate dal cervello come colori, che vanno dal rosso delle lunghezze d’onda più ampie, sino al violetto con lunghezza d’onda più brevi. Le frequenze comprese tra questi due estremi vengono percepite come arancio, giallo, verde, blu e indaco.
Le frequenze immediatamente al di fuori di questo spettro percettibile all’occhio umano vengono chiamate ultravioletto, per le alte frequenze, e infrarosso per quelle basse.
COME SI PRODUCONO I COLORI: mescolanza additiva
Quando due luci di differente distribuzione spettrale di energia arrivano all’occhio contemporaneamente l’effetto è equivalente a quello di una singola luce la cui distribuzione spettrale è uguale alla somma delle due distribuzioni precedenti.
La combinazione delle due luci è detta mescolanza additiva.
Le distribuzioni spettrali originali, se viste indipendentemente, producono una nuova sensazione di colore.
Se si proiettano due fasci di luce colorata su uno schermo bianco in una camera oscura in modo tale che i due dischi di luce di sovrappongono, viene percepita come un colore intermedio tra quello dei due fasci.
Per esempio, se un fascio è rosso e un altro è verde, il colore intermedio è compreso tra il rosso e il verde: per esempio il giallo.
L’occhio viene quindi raggiunto da una luce con distribuzione che è la somma delle distribuzioni che costituiscono la mescolanza e non è in gradi di percepire separatamente i colori delle componenti, quindi ne fa una sintesi e ne riporta una sensazione globale unitaria; un colore che viene percepito come intermedio tra i colori iniziali.
Se i due fasci sono di colore diversi, il fascio combinato risultante avrà una tinta che viene percepita come intermedia tra le tinte iniziali.
Se le due tinte sono per esempio rosso e verde, la sovrapposizione verrà percepita come rosso, arancio, giallo, a seconda dell’intensità dei fasci iniziali

All’inizio il fascio verde è della massima intensità, mentre quello rosso è spento. Poi l’intensità del verde diminuisce mentre il rosso si accende e aumenta. Alla fine abbiamo un rosso acceso.
Nella sovrapposizione di luci, le intensità si sommano, quindi una sovrapposizione di due luci sarà sempre più intensa, brillante delle singole luci che compongono la sovrapposizione.
Il classico esempio di mescolanza additiva con le tre luci alla massima intensità è riportato qui sotto. La sovrapposizione di rosso e verde da il giallo, che ha una brillantezza maggiore di entrambe. Così per rosso e blu, verde e blu.
Sovrapponendo tutti e tre i colori si arriva al bianco.

Isaac Newton è lo scienziato inglese oggi considerato il principale artefice del passaggio dalle antiche concezioni aristoteliche della moderna concezione sperimentale della fisica.
Ebbe per primo l’intuizione che la relazione tra lo stimolo luminoso e la percezione del colore si potesse rappresentare con un modello matematico
Le ricerche scientifiche di Newton riguardarono tre campi principali:
- ottica
- matematica
- meccanica
OTTICA:
gli studi sulla natura della legge portarono Newton a capovolgere la teoria di Hooke, secondo il quale i colori derivano dalla rifrazione della luce sui diversi materiali.
Newton affermò invece che il colore non è una qualità dei corpi, bensì della luce stessa.
Dopo alcuni dubbi iniziali, egli divenne un convinto sostenitore della teoria corpuscolare della luce. In base a tale concezione, la luce è costituita da microscopiche particelle che vengono lanciate dalla sorgente in tutte le direzioni e con velocità elevatissima.
Le ricerche di Newton sulla luce si trovano in tre libri chiamati Optikis

in essi vengono descritte le leggi dell’ottica geometrica, i fenomeni di rifrazione e della riflessione.
Vi si afferma anche che a ciascun colore corrisponde un diverso indice di rifrazione e che la luce bianca del sole può essere scomposta mediante prismi, nei sette colori dello spettro che la compongono.

la luce bianca è costituita da un insieme di fasci di luce colorata con lunghezza d’onda diverse.
Un raggio di luce solare che passa attraverso un prisma di vetro emerge scisso nei familiari colori dell’arcobaleno.
L’esperimento della scomposizione della luce nei suoi componenti fondamentali chiamati Spettro, fu condotto per la prima volta da Newton nel gennaio del 1666.
I COLORI:
la scomposizione della luce bianca fu fatta da Newton dopo aver terminato gli studi a Cambridge.
A casa ebbe il tempo di giocare con prisma che aveva acquistato da poco.
Il fenomeno da lui descritto, noto come dispersione della luce, è semplice dea osservare.
Se in una stanza buia si fa cadere su un prisma un fascio di luce solare (luce bianca) ottenuto facendolo passare per una fessura stretta, e dalla parte opposta del prisma mettiamo uno schermo, si vede su questo, non una line bianca, ma una striscia luminosa nella quale si susseguono con continuità i diversi colori.
Sebbene non esista una distinzione tra un colore e quello successivo, Newton evidenziò i più evidenti:
- rosso
- arancione
- giallo
- verde
- azzurro
- indaco
- violetto
A questa striscia colorata Newton diede il nome di Spettro.
Da questo esperimento egli concluse che la luce bianca è una mescolanza dei diversi colori, e che il prisma non fa altro che separarli grazie al diverso indice di rifrazione di ciascun colore.
Newton eseguì diverse esperienze su questo fenomeno, in particolare per provare che quello che sosteneva era vero ricombinando i colori dello spettro per ottenere nuovamente la luce bianca.
Tra molti esperimenti quello facilmente realizzabile è il “disco di Newton”: basta infatti costruire un disco di cartone colorato con i colori dello spettro e fallo girare velocemente. Esso ci apparirà bianco.
Ogni punto del cerchio rappresenta un colore. Sulla circonferenza del cerchio sono disposti i colori spettrali, dal rosso al violetto.
Tutti i colori all’interno sono Non Spettrali (cioè non ottenuti per mescolanza di spettrali).
Al centro c’è il bianco, e su ogni raggio che unisce il centro al colore spettrale sono posti i vari gradi di saturazione di tale colore, dal bianco al colore spettrale stesso.
Nel cerchio Newton indica anche i confini approssimativi tra quelli che lui considera i sette colori principali, in relazione alle proporzioni dei colori dello spettro.

IL MECCANISMO DELLA VISIONE:
Un poeta del VII° Secolo scrisse che i colori sono i sorrisi della natura; ma come può un osservatore distinguere un sorriso da un altro?
La risposta è fornita in gran parte da tre classi di cellule a forma di cono sensibili al colori che troviamo sulla retina dell’occhio.
Ciascun tipo di cellula risponde in modo diverso alla luce riflessa da un oggetto colorato, a seconda che contenga un pigmento sensibile al rosso, al verde o al blu.
La quantità di luce assorbita rispettivamente da ciascuna classe di coni è tradotta in segnali elettrici dai nervi della retina che vengono quindi trasmessi al cervello, dove il segnale complessivo genera la sensazione di uno specifico colore.
Il percorso per definire una corretta teoria della visione dei colori fu lungo e difficile.
Dopo aver scoperto che la luce solare si scompone in una serie continua di colore se viene rifratta da un prisma di vetro, Newton osservò che l’occhio umano spesso non è in grado di distinguere i colori originali dopo che sono stati miscelati assieme.
In quel periodo un altro grande del pensiero, Johan Wolfgang Goethe, rese noti i risultati della sua teoria sui colori, entrando subito in feroce polemica con Newton.
Si trattava di due visioni che partivano da posizioni differenti.
Newton aveva scomposto un tutto dato (luce) in un tutto pensato (colori), occupandosi della fisica del fenomeno, Goethe invece si era occupato degli aspetti percettivi e psicologici del fenomeno.
In ogni caso verso la fine del VIII° Secolo, alcuni ricercatori svilupparono le osservazioni di Newton e stabilirono che la visione dei colori è Trinomatrica.
Questo significa che i colori possono essere ottenuti dalla mescolanza di tre componenti primari: quando di mescolano tre colori primari in parti uguali si produce la sensazione di bianco.
COME FUNZIONA L’OCCHIO:
Per comprendere il meccanismo della visione è necessario esaminare il funzionamento dell’occhio

Quasi tutta la superficie interna è percorsa da uno strato di cellule fotosensibili che compongono la retina, il vero e proprio organo della visione.
Il Bulbo Oculare è una struttura progettata per ospitare e rendere disponibili immagini nitide del mondo esterno visto dalla retina.
La luce entra nell’occhio attraverso la cornea e l’iride, e viene convogliata attraverso un sistema di lenti prima di raggiungere la retina dove di forma una piccola immagine capovolta di ciò che vede l’occhio.
La messa a fuoco dell’immagine viene operata dalla cornea e dalle lenti.
La retina traduce i segnali luminosi in stimoli nervosi e consiste in tre strati di cellule.
Sorprendentemente le cellule sensibili alla luce, note come coni a bastoncelli, si trovano nell’ultimo strato della retina, quello più interno.
Quindi la luce deve passare attraverso gli altri due strati di cellule per stimolare coni e bastoncelli.
I bastoncelli sono sensibili a livelli molto bassi di luce e sono responsabili della visione notturna o in ambienti poco illuminati.
La visione dei colori è resa possibile dai coni, che sono distinti in tre classi ognuna contenente un differente pigmento
LA LUCE:
Lo studio del colore era inizialmente intrecciato con quello della luce e successivamente si è svolto parallelamente.
Robert Hooke fu, per tutta via, rivale di Newton, egli propose l’idea che la propagazione della luce e nell’etere avvenisse con un moto ondulatorio, in perfetta analogia con il suono.
Newton, da parte sua, negò che la diffusione della luce avvenisse con questo moto, sostenendo che la luce, al contrario dei suoni, non ha la capacità di aggirare gli ostacoli, e quindi doveva essere costituita da minuscole particelle, corpuscoli, che venivano emesse dalla sorgente luminosa.
Lo stimolo fisico che causa la percezione del colore, la luce, può essere descritto con processione.
Oggi sappiamo che la luce è un particolare tipo di energia elettromagnetica e l’energia elettromagnetica si trasmette mediante radiazioni ondulatorie.
Una radiazione elettromagnetica si trasmette mediante radiazioni ondulatorie.
Una radiazione può essere di una singola lunghezza d’onda (monocromatica), ma normalmente è una mescolanza di più radiazioni di diverse lunghezze d’onda e di diversa energia
Teoria Corpuscolare:
Formulata da Isaac Newton nel XVII secolo. La luce viene vista come composta da piccole particelle di materia (corpuscoli) emesse in tutte le direzioni. Oltre che essere matematicamente molto semplice (molto più della teoria ondulatoria) questa teoria spiega molto facilmente alcune caratteristiche della propagazione della luce che erano ben note all'epoca di Newton.
Innanzi tutto ci spiega il fatto che le particelle si propagano in linea retta. Anche il fenomeno della riflessione può essere spiegato in maniera semplice tramite l'urto elastico della particella di luce sulla superficie riflettente.
La spiegazione della rifrazione è leggermente più complicata; le particelle incidenti sul materiale rifrangente subiscano, ad opera di questo, delle forze perpendicolari alla superficie che ne cambiano la traiettoria.
Una conseguenza della teoria corpuscolare della luce è che questa, per via dell'accelerazione gravitazionale, aumenti la sua velocità quando si propaga all'interno di un mezzo.
Teoria Ondulatoria:
Formulata da Christiaan Huygens. La luce viene vista come un'onda che si propaga in un mezzo, chiamato etere, che si supponeva pervadere tutto l'universo ed essere formato da microscopiche particelle elastiche.
Un problema della teoria ondulatoria era la propagazione rettilinea della luce. Infatti era ben noto che le onde sono capaci di aggirare gli ostacoli mentre è esperienza comune che la luce si propaghi in linea retta.
Questa apparente incongruenza può però essere spiegata assumendo che la luce abbia una lunghezza d'onda microscopica.
Al contrario della teoria corpuscolare, quella ondulatoria prevede che la luce si propaghi più lentamente all'interno di un mezzo che nel vuoto.
Colori e Lunghezza d’Onda:
Le differenti lunghezze d’onda vengono interpretate dal cervello come colori, che vanno dal rosso delle lunghezze d’onda più ampie, sino al violetto con lunghezza d’onda più brevi. Le frequenze comprese tra questi due estremi vengono percepite come arancio, giallo, verde, blu e indaco.
Le frequenze immediatamente al di fuori di questo spettro percettibile all’occhio umano vengono chiamate ultravioletto, per le alte frequenze, e infrarosso per quelle basse.

Esempio