lavoro

Materie:Altro
Categoria:Fisica

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Testo

Gilardenghi Mattia 11/11/2005 Vsb
Sartore Riccardo
Relazione di Fisica
Titolo: Le trasformazioni di calore in lavoro (e viceversa)
Scopo: Confrontare le varie trasformazioni e verificare la legge L=P*ΔV
Materiale: Software (Excel)
Procedimento: Il primo esperimento di Joule consentì di constatare una relazione tra calore e lavoro. Nella sua prova sperimentale, Joule utilizzò un'apparecchiatura dotata di due masse che, cadendo, permettono il movimento di alcune pale immerse nell'acqua contenuta in un cilindro. Attraverso il calorimetro presente nell'acqua, Joule osservò il cambiamento della temperatura dell'acqua: il suo aumento è provocato dall'attrito tra pale e acqua, il quale si è trasformato in calore. Attraverso questo esperimento si è giunti all'enunciazione del 1° principio della termodinamica: Q=ΔU+L.
Per poter giungere al calcolo del lavoro nelle trasformazioni isoterme e in quelle adiabatiche, inizialmente siamo stati forniti solamente dei valori massimi e minimi riguardanti la curva isoterma presa in considerazione e, successivamente, attraverso l'utilizzo di un programma informatico, ne abbiamo ottenuto una tabella contenente 60 valori. Questi sono stati ricavati dalla legge P*V=k.

V[mm3]
P[Pa]
Incremento di V
L[j]
0,022414
101325
0,000373567
\\\
0,022787567
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Lavoro=
1564,782
Dal grafico appare evidente che la formula per il calcolo del lavoro L= P*ΔV, utilizzata nelle trasformazioni isobare e isocore (queste ultime rappresentano un caso particolare perché ΔV è sempre uguale a 0), non è adatta, in quanto la pressione non è costante e di conseguenza l'area sottostante la curva e rappresentante il lavoro non è un quadrato.
Il processo di integrazione in 60 gradini ci permette di ovviare al problema incontrato suddividendo l'area del lavoro in tanti e piccoli rettangoli la cui superficie può essere ottenuta con la formula L= P*ΔV (vanno però tralasciati degli errori dovuti al fatto che i rettangoli descritti comprendono delle parti di grafico situate al di sopra della curva e che non rappresentano lavoro).
Il lavoro totale, riportato sopra in tabella, è rappresentato dalla somma di tutti i rettangoli.
È stato inoltre tracciato un grafico sul quale sono stati riportati anche i risultati ottenuti dagli altri gruppi coinvolti nell'esperimento, indicante il calcolo del lavoro al variare del numero di rettangoli utilizzati (questo grafico mostra chiaramente l'errore sopra citato).

Applicando la formula P*Vγ=K (con γ=Cp/Cv) ai dati di partenza e avanzando con lo stesso procedimento, ricaviamo i dati relativi alla trasformazione adiabatica (dati e grafico non vengono però riportati a causa di problemi tecnici occorsi al computer utilizzato che ne hanno impedito la stampa). Con i dati ottenuti è stato realizzato il grafico relativo alla trasformazione e la curva ottenuta mostra una pendenza e una pressione minore rispetto alla isoterma. Il calcolo del lavoro è quindi inferiore rispetto a quello dell'isoterma, in quanto essendo la trasformazione adiabatica priva di scambi di calore con l'esterno, il lavoro è, in base alla formula del primo principio della termodinamica, conseguentemente inferiore. Ciò è verificabile nel grafico che segue, relativo al calcolo del lavoro in un'adiabatica realizzato da tutti i gruppi.
Conclusioni: la simulazione al computer ci ha permesso di confrontare in modo efficace due differenti trasformazioni termodinamiche, dimostrando come l'esperimento di Joule sia fondamentale per relazionare lavoro e calore. È stata dimostrata anche l'imprecisione della formula L=P*ΔV, inadatta nel calcolo del lavoro per isoterme e adiabatiche. Il risultato ottenuto da questa formula diventa comunque apprezzabile se si suddivide l'area interessata in un numero maggiore di rettangoli.
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Gilardenghi Mattia 11/11/2005 Vsb
Sartore Riccardo
Relazione di Fisica
Titolo: Le trasformazioni di calore in lavoro (e viceversa)
Scopo: Confrontare le varie trasformazioni e verificare la legge L=P*ΔV
Materiale: Software (Excel)
Procedimento: Il primo esperimento di Joule consentì di constatare una relazione tra calore e lavoro. Nella sua prova sperimentale, Joule utilizzò un'apparecchiatura dotata di due masse che, cadendo, permettono il movimento di alcune pale immerse nell'acqua contenuta in un cilindro. Attraverso il calorimetro presente nell'acqua, Joule osservò il cambiamento della temperatura dell'acqua: il suo aumento è provocato dall'attrito tra pale e acqua, il quale si è trasformato in calore. Attraverso questo esperimento si è giunti all'enunciazione del 1° principio della termodinamica: Q=ΔU+L.
Per poter giungere al calcolo del lavoro nelle trasformazioni isoterme e in quelle adiabatiche, inizialmente siamo stati forniti solamente dei valori massimi e minimi riguardanti la curva isoterma presa in considerazione e, successivamente, attraverso l'utilizzo di un programma informatico, ne abbiamo ottenuto una tabella contenente 60 valori. Questi sono stati ricavati dalla legge P*V=k.

V[mm3]
P[Pa]
Incremento di V
L[j]
0,022414
101325
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\\\
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Lavoro=
1564,782
Dal grafico appare evidente che la formula per il calcolo del lavoro L= P*ΔV, utilizzata nelle trasformazioni isobare e isocore (queste ultime rappresentano un caso particolare perché ΔV è sempre uguale a 0), non è adatta, in quanto la pressione non è costante e di conseguenza l'area sottostante la curva e rappresentante il lavoro non è un quadrato.
Il processo di integrazione in 60 gradini ci permette di ovviare al problema incontrato suddividendo l'area del lavoro in tanti e piccoli rettangoli la cui superficie può essere ottenuta con la formula L= P*ΔV (vanno però tralasciati degli errori dovuti al fatto che i rettangoli descritti comprendono delle parti di grafico situate al di sopra della curva e che non rappresentano lavoro).
Il lavoro totale, riportato sopra in tabella, è rappresentato dalla somma di tutti i rettangoli.
È stato inoltre tracciato un grafico sul quale sono stati riportati anche i risultati ottenuti dagli altri gruppi coinvolti nell'esperimento, indicante il calcolo del lavoro al variare del numero di rettangoli utilizzati (questo grafico mostra chiaramente l'errore sopra citato).

Applicando la formula P*Vγ=K (con γ=Cp/Cv) ai dati di partenza e avanzando con lo stesso procedimento, ricaviamo i dati relativi alla trasformazione adiabatica (dati e grafico non vengono però riportati a causa di problemi tecnici occorsi al computer utilizzato che ne hanno impedito la stampa). Con i dati ottenuti è stato realizzato il grafico relativo alla trasformazione e la curva ottenuta mostra una pendenza e una pressione minore rispetto alla isoterma. Il calcolo del lavoro è quindi inferiore rispetto a quello dell'isoterma, in quanto essendo la trasformazione adiabatica priva di scambi di calore con l'esterno, il lavoro è, in base alla formula del primo principio della termodinamica, conseguentemente inferiore. Ciò è verificabile nel grafico che segue, relativo al calcolo del lavoro in un'adiabatica realizzato da tutti i gruppi.
Conclusioni: la simulazione al computer ci ha permesso di confrontare in modo efficace due differenti trasformazioni termodinamiche, dimostrando come l'esperimento di Joule sia fondamentale per relazionare lavoro e calore. È stata dimostrata anche l'imprecisione della formula L=P*ΔV, inadatta nel calcolo del lavoro per isoterme e adiabatiche. Il risultato ottenuto da questa formula diventa comunque apprezzabile se si suddivide l'area interessata in un numero maggiore di rettangoli.
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