la conduzione di gas e il modello atomico

Materie:Riassunto
Categoria:Fisica
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Testo

LA CONDUZIONE NEI GAS E IL MODELLO ATOMICO

Verso la fine del secolo scorso, i fisici cominciarono ad occuparsi del passaggio di elettricità nei gas, (come ad esempio i fulmini durante un temporale), Tuttavia, da un punto di vista elettrico, i gas, e tra essi anche l’aria, in condizioni ordinarie sono degli ottimi isolanti elettrici.

I tubi a scarica di gas e la scoperta dei tubi catodici
Consideriamo un fulmine durante un temporale: tra le nubi e la superficie terrestre si crea un forte campo elettrico poiché il continuo rimescolamento delle masse d’aria e di vapore genera, per strofinio, un forte accumulo di elettricità statica che, sulla parte inferiore delle nubi è negativa, mentre sulla superficie terrestre è positiva.
L’elevatissima differenza di potenziale (d.d.p) tra le nubi e la terra, e di conseguenza il forte campo elettrico presente fra essi, è la condizione necessaria a far scoccare di un fulmine (cioè al passaggio di elettricità nell’aria).
Affinché il gas conduca elettricità deve essere sottoposto ad un forte campo elettrico.
Sir William Crookes dimostrò che il passaggio di elettricità nei gas avviene molto più agevolmente a pressioni inferiori alla pressione atmosferica. Crookes mise a punto un dispositivo, noto come tubo di Crookes: sono tubi di vetro nei quali è stato fatto il vuoto, che presentano alle estremità due elettrodi, (anelli o placchette metalliche che vengono caricate di segno opposto e creano così un campo elettrico. Un elettrodo prende il nome di CATODO ed è caricato negativamente, mentre il secondo viene detto ANODO ed è caricato positivamente).
Il tubo è collegato ad una pompa per il vuoto che consente di variare la pressione del gas contenuto nel tubo. I tubi di Crookes emanavano una tenue luminosità il cui colore dipendeva dal tipo di gas di riempimento.
Quando la pressione del gas è adeguatamente bassa, appare tra gli elettrodi un fascio molto sottile, diretto dal catodo all’anodo.
Il misterioso fascio emesso dal catodo, detto raggio catodico, rivelò che:
1. interponendo un oggetto qualsiasi sul suo cammino si otteneva la formazione di un’ombra netta dietro l’oggetto;
2. avvicinando un magnete al tubo il fascio deviava la sua traiettoria.
Le scoperte di Crookes sui raggi catodici furono supportate dall’evidenza sperimentale di Jean Perrin, che una lastra metallica, interposta sul cammino del fascio acquistava elettricità negativa.
I raggi catodici erano dunque fasci di elettricità negativa che viaggiavano in linea retta all’interno dei gas sottoposti ad elevate d.dp. colpendo ogni ostacolo interposto sul loro cammino.
Il fisico tedesco Lenard osservò sperimentalmente che i raggi catodici erano in grado di attraversare diversi schermi sul loro percorso senza forarli.

La scoperta dell’elettrone
Al fisico inglese J.J.Thomson fu affidato l’incarico di risolvere i dubbi sulla natura dei raggi catodici.
Partendo dall’ipotesi che i raggi catodici fossero particelle molto veloci, decise di misurarne la carica.
Nel 1897, mediante una serie complessa di misurazioni relative alla deflessione provocata da campi elettrici e magnetici, giunse alla determinazione del rapporto carica – massa (e/m) delle particelle costituenti i raggi catodici, che risultò 1.7 x 10 C/kg.
Thomson concluse allora che i raggi catodici erano fasci di cariche elettriche negative libere ed a queste cariche fu dato il nome di elettroni.
Successivamente egli determinò la massa di tali particelle e il risultato fu: me 9.1 x 10 kg.
Era una particella di circa 2000 volte più leggera dell’atomo più leggero, cioè quello di idrogeno.

L’esperimento di Millikan e la quantizzazione della carica elettrica

Nel 1909 il fisico americano R.Millikan ideò e realizzo un esperimento che consisteva nello studiare le condizioni di equilibrio di goccioline d’olio soggette all’azione combinata delle forze elettrica e gravitazionale tra le armature di un condensatore piano.
Tramite un nebulizzatore, alcune gocce di olio vengono fatte cadere all’interno di un condensatore piano le cui armature sono collegate ad un generatore in grado di fornire una differenza di potenziale variabile. Le gocce a contatto con l’aria si elettrizzano in maniera diversa l’una dall’altra e, sotto l’azione della forza di gravità scendono tra le armature del condensatore. Le gocce, sotto l’azione del campo elettrico, tendono a rallentare la loro discesa se la loro carica è tale da essere attratta dall’armatura superiore (di solito caricata positivamente). Regolando la differenza di potenziale tra le armature, si può fare in modo di creare una forza elettrica esattamente uguale alla forza di gravitazionale.
La goccia, sotto l’azione di queste due forze uguali e contrarie, resta in equilibrio. In questa situazione Fg = Fe
Millikan osservò che la d.d.p da applicare per mantenere in equilibrio le gocce non variava con continuità, ma a scatti. Ciò comportava una variazione non continua anche della carica, che risultava essere sempre un multiplo di una carica elementare. Egli concluse che questa carica elementare è la carica dell’elettrone e che la carica è quantizzata, cioè è possibile avere solo cariche che sono multipli interi della carica elementare.

Verso un nuovo modello di atomo
Le ricerche sperimentali condotte alla fine dell’800 portano da un lato alla tesi che gli elettroni sono gli elementi ultimi dell’elettricità (cariche elementari), e dall’altro riaprirono il problema sul costituente elementare della materia, ossia l’atomo. L’affermarsi del concetto di elettrone conduce, infatti, a domandarsi come è fatto l’atomo.

Il modello “a panettone” di Thomson
All’inizio del 900 le scoperte sulle proprietà elettriche della materia misero in crisi il concetto di atomo come “sfera indivisibile” proposto da Dal ton nella teoria atomica.
Nel 1902, Thomson avanzò l’ipotesi che l’elettrone fosse un componente essenziale dell’atomo. Ci si pone, quindi, l’interrogativo: come sono disposte le particelle cariche all’interno dell’atomo?
Thomson immaginò allora un modello di atomo basato sul fatto che l’elettrone si trova all’interno dell’atomo e che l’atomo è globalmente neutro. In questo modello l’atomo era raffigurato come un panettone, la pasta era materia caricata positivamente e le uvette e i canditi erano gli elettroni carichi negativamente. Per rendere la materia neutra la quantità di carica positiva e negativa presente era tale da compensarsi. In questo modello gli elettroni erano attirati verso il centro ella distribuzione di carica positiva e si respingono tra loro in conformità della legge di Coulomb sull’interazione elettrica. Da ciò deriva che lo stato stazionario dell’atomo si ottiene con una distribuzione simmetrica delle cariche negative attorno al centro, differente a seconda del numero di elettroni presenti. (es.: nell’atomo di idrogeno il solo elettrone si troverà al centro della sfera, mentre nel litio i tre elettroni saranno disposti sui tre vertici di un triangolo equilatero.
Se l’atomo viene disturbato mediante l’urto con un altro atomo, con un bombardamento di luce o con il riscaldamento, cioè, se l’atomo viene “eccitato” gli elettroni cominciano ad oscillare attorno alla loro posizion
e di equilibrio e quindi si diseccitano emettendo l’energia sotto forma di energia luminosa.

Il modello planetario di Rutherford
Nel 1896 la scoperta del fenomeno della radioattività naturale aprì nuove frontiere allo studio della struttura atomica.
Henri Bequerel osservò che i sali di uranio avevano la proprietà di annerire le lastre fotografiche anche quando queste erano completamente racchiuse in involucri opachi alla luce. In seguito si scoprì che la radioattività naturale non era solo limitata all’uranio. Il fenomeno della radioattività consiste nella trasformazione spontanea di alcune sostanze in altri elementi mediante l’emissione di radiazioni che sono di tre tipi:
• raggi alfa → particelle pesanti di carica positiva in grado di attraversare lamine metalliche sottili;
• raggi beta → elettroni veloci in grado di attraversare lamine di piombo di qualche millimetro;
• raggi gamma → radiazioni elettromagnetiche di elevata energia in grado di attraversare lamine di piombo di qualche centimetro.

Gli esperimenti di Rutherford
A partire dal 1908, Rutherford e altri scienziati incominciarono un programma di ricerche sulla struttura atomica sfruttando l’effetto delle radiazioni emesse dall’uranio e dagli elementi radioattivi. Essi si proponevano di verificare il modello di Thomson, studiando la diffusione di particelle alfa da parte dell’atomo.
Esperimento di Rutherford: bombardare sottilissime lamine d’oro mediante raggi alfa. (l’oro è un materiale molto lavorabile, che quindi può essere utilizzato per ottenere lamine molto sottili, tanto da essere composta da un solo strato di atomi). Usando l’atomo d’oro come bersaglio, e le particelle alfa emanate dai materiali radioattivi come proiettili (veloci come proiettili) si può studiare l’urto e dalla deviazione delle particelle indagare la forma del bersaglio (l’atomo d’oro).
L’esperimento: una piccola quantità di sostanza radioattiva che emette raggi alfa veniva posta su una capocchia di spillo, sistemata ad una certa distanza dalla sottile lamina d’oro. Tra di esse era posto un diaframma atto a contrastare il fascio alfa emesso. Attraversando la lamina d’oro, le particelle alfa urtavano contro gli atomi e venivano poi rivelate da uno schermo fluorescente posto dietro la lamina e contate mediante i lampi luminosi osservati attraverso un microscopio.
Egli osservò che, mentre la maggior parte delle particelle alfa attraversava la lamina senza deviare apprezzabilmente dalla sua direzione, formando un punto luminoso sul diaframma, una parte di raggi alfa era deviata ad angoli molto grandi, perfino respinta quasi completamente verso la sorgente.

Dai risultati degli esperimenti al nuovo modello di atomo
I risultati portano ad una netta contraddizione con le previsioni del modello atomico di Thomson. Infatti, attraversando l’atomo a panettone la particella alfa poteva essere deflessa dall’interazione elettrica attrattiva con gli elettroni e repulsiva con le cariche positive presenti . Ma l’interazione con l’elettrone, di massa 10.000 volte più leggera della particella alfa non poteva spiegare la deflessione a grandi angoli.
Le grandi deviazioni osservate, dimostravano che la carica positiva dell’atomo era concentrata in un nocciolo duro presente nell’atomo: il nucleo.
Nel 1911 Rutherford presentò il suo nuovo modello atomico nel quale l’atomo è pensato come una sistema meccanico di elettroni orbitanti attorno ad un nucleo centrale caricato posivitamente..
La maggior parte dell’atomo è costituita da spazio vuoto in quanto le dimensioni del nucleo sono molto piccole rispetto a quelle dell’atomo. (raggio atomico = 10 m, mentre quello del nucleo è di 10 m, cioè 100.000 volte più piccolo)
La carica positiva è nel nucleo e gli elettroni orbitano attorno ad esso. Si può affermare che l’atomo di Rutherford è un piccolo sistema solare.

LA CONDUZIONE NEI GAS E IL MODELLO ATOMICO

Verso la fine del secolo scorso, i fisici cominciarono ad occuparsi del passaggio di elettricità nei gas, (come ad esempio i fulmini durante un temporale), Tuttavia, da un punto di vista elettrico, i gas, e tra essi anche l’aria, in condizioni ordinarie sono degli ottimi isolanti elettrici.

I tubi a scarica di gas e la scoperta dei tubi catodici
Consideriamo un fulmine durante un temporale: tra le nubi e la superficie terrestre si crea un forte campo elettrico poiché il continuo rimescolamento delle masse d’aria e di vapore genera, per strofinio, un forte accumulo di elettricità statica che, sulla parte inferiore delle nubi è negativa, mentre sulla superficie terrestre è positiva.
L’elevatissima differenza di potenziale (d.d.p) tra le nubi e la terra, e di conseguenza il forte campo elettrico presente fra essi, è la condizione necessaria a far scoccare di un fulmine (cioè al passaggio di elettricità nell’aria).
Affinché il gas conduca elettricità deve essere sottoposto ad un forte campo elettrico.
Sir William Crookes dimostrò che il passaggio di elettricità nei gas avviene molto più agevolmente a pressioni inferiori alla pressione atmosferica. Crookes mise a punto un dispositivo, noto come tubo di Crookes: sono tubi di vetro nei quali è stato fatto il vuoto, che presentano alle estremità due elettrodi, (anelli o placchette metalliche che vengono caricate di segno opposto e creano così un campo elettrico. Un elettrodo prende il nome di CATODO ed è caricato negativamente, mentre il secondo viene detto ANODO ed è caricato positivamente).
Il tubo è collegato ad una pompa per il vuoto che consente di variare la pressione del gas contenuto nel tubo. I tubi di Crookes emanavano una tenue luminosità il cui colore dipendeva dal tipo di gas di riempimento.
Quando la pressione del gas è adeguatamente bassa, appare tra gli elettrodi un fascio molto sottile, diretto dal catodo all’anodo.
Il misterioso fascio emesso dal catodo, detto raggio catodico, rivelò che:
1. interponendo un oggetto qualsiasi sul suo cammino si otteneva la formazione di un’ombra netta dietro l’oggetto;
2. avvicinando un magnete al tubo il fascio deviava la sua traiettoria.
Le scoperte di Crookes sui raggi catodici furono supportate dall’evidenza sperimentale di Jean Perrin, che una lastra metallica, interposta sul cammino del fascio acquistava elettricità negativa.
I raggi catodici erano dunque fasci di elettricità negativa che viaggiavano in linea retta all’interno dei gas sottoposti ad elevate d.dp. colpendo ogni ostacolo interposto sul loro cammino.
Il fisico tedesco Lenard osservò sperimentalmente che i raggi catodici erano in grado di attraversare diversi schermi sul loro percorso senza forarli.

La scoperta dell’elettrone
Al fisico inglese J.J.Thomson fu affidato l’incarico di risolvere i dubbi sulla natura dei raggi catodici.
Partendo dall’ipotesi che i raggi catodici fossero particelle molto veloci, decise di misurarne la carica.
Nel 1897, mediante una serie complessa di misurazioni relative alla deflessione provocata da campi elettrici e magnetici, giunse alla determinazione del rapporto carica – massa (e/m) delle particelle costituenti i raggi catodici, che risultò 1.7 x 10 C/kg.
Thomson concluse allora che i raggi catodici erano fasci di cariche elettriche negative libere ed a queste cariche fu dato il nome di elettroni.
Successivamente egli determinò la massa di tali particelle e il risultato fu: me 9.1 x 10 kg.
Era una particella di circa 2000 volte più leggera dell’atomo più leggero, cioè quello di idrogeno.

L’esperimento di Millikan e la quantizzazione della carica elettrica

Nel 1909 il fisico americano R.Millikan ideò e realizzo un esperimento che consisteva nello studiare le condizioni di equilibrio di goccioline d’olio soggette all’azione combinata delle forze elettrica e gravitazionale tra le armature di un condensatore piano.
Tramite un nebulizzatore, alcune gocce di olio vengono fatte cadere all’interno di un condensatore piano le cui armature sono collegate ad un generatore in grado di fornire una differenza di potenziale variabile. Le gocce a contatto con l’aria si elettrizzano in maniera diversa l’una dall’altra e, sotto l’azione della forza di gravità scendono tra le armature del condensatore. Le gocce, sotto l’azione del campo elettrico, tendono a rallentare la loro discesa se la loro carica è tale da essere attratta dall’armatura superiore (di solito caricata positivamente). Regolando la differenza di potenziale tra le armature, si può fare in modo di creare una forza elettrica esattamente uguale alla forza di gravitazionale.
La goccia, sotto l’azione di queste due forze uguali e contrarie, resta in equilibrio. In questa situazione Fg = Fe
Millikan osservò che la d.d.p da applicare per mantenere in equilibrio le gocce non variava con continuità, ma a scatti. Ciò comportava una variazione non continua anche della carica, che risultava essere sempre un multiplo di una carica elementare. Egli concluse che questa carica elementare è la carica dell’elettrone e che la carica è quantizzata, cioè è possibile avere solo cariche che sono multipli interi della carica elementare.

Verso un nuovo modello di atomo
Le ricerche sperimentali condotte alla fine dell’800 portano da un lato alla tesi che gli elettroni sono gli elementi ultimi dell’elettricità (cariche elementari), e dall’altro riaprirono il problema sul costituente elementare della materia, ossia l’atomo. L’affermarsi del concetto di elettrone conduce, infatti, a domandarsi come è fatto l’atomo.

Il modello “a panettone” di Thomson
All’inizio del 900 le scoperte sulle proprietà elettriche della materia misero in crisi il concetto di atomo come “sfera indivisibile” proposto da Dal ton nella teoria atomica.
Nel 1902, Thomson avanzò l’ipotesi che l’elettrone fosse un componente essenziale dell’atomo. Ci si pone, quindi, l’interrogativo: come sono disposte le particelle cariche all’interno dell’atomo?
Thomson immaginò allora un modello di atomo basato sul fatto che l’elettrone si trova all’interno dell’atomo e che l’atomo è globalmente neutro. In questo modello l’atomo era raffigurato come un panettone, la pasta era materia caricata positivamente e le uvette e i canditi erano gli elettroni carichi negativamente. Per rendere la materia neutra la quantità di carica positiva e negativa presente era tale da compensarsi. In questo modello gli elettroni erano attirati verso il centro ella distribuzione di carica positiva e si respingono tra loro in conformità della legge di Coulomb sull’interazione elettrica. Da ciò deriva che lo stato stazionario dell’atomo si ottiene con una distribuzione simmetrica delle cariche negative attorno al centro, differente a seconda del numero di elettroni presenti. (es.: nell’atomo di idrogeno il solo elettrone si troverà al centro della sfera, mentre nel litio i tre elettroni saranno disposti sui tre vertici di un triangolo equilatero.
Se l’atomo viene disturbato mediante l’urto con un altro atomo, con un bombardamento di luce o con il riscaldamento, cioè, se l’atomo viene “eccitato” gli elettroni cominciano ad oscillare attorno alla loro posizion
e di equilibrio e quindi si diseccitano emettendo l’energia sotto forma di energia luminosa.

Il modello planetario di Rutherford
Nel 1896 la scoperta del fenomeno della radioattività naturale aprì nuove frontiere allo studio della struttura atomica.
Henri Bequerel osservò che i sali di uranio avevano la proprietà di annerire le lastre fotografiche anche quando queste erano completamente racchiuse in involucri opachi alla luce. In seguito si scoprì che la radioattività naturale non era solo limitata all’uranio. Il fenomeno della radioattività consiste nella trasformazione spontanea di alcune sostanze in altri elementi mediante l’emissione di radiazioni che sono di tre tipi:
• raggi alfa → particelle pesanti di carica positiva in grado di attraversare lamine metalliche sottili;
• raggi beta → elettroni veloci in grado di attraversare lamine di piombo di qualche millimetro;
• raggi gamma → radiazioni elettromagnetiche di elevata energia in grado di attraversare lamine di piombo di qualche centimetro.

Gli esperimenti di Rutherford
A partire dal 1908, Rutherford e altri scienziati incominciarono un programma di ricerche sulla struttura atomica sfruttando l’effetto delle radiazioni emesse dall’uranio e dagli elementi radioattivi. Essi si proponevano di verificare il modello di Thomson, studiando la diffusione di particelle alfa da parte dell’atomo.
Esperimento di Rutherford: bombardare sottilissime lamine d’oro mediante raggi alfa. (l’oro è un materiale molto lavorabile, che quindi può essere utilizzato per ottenere lamine molto sottili, tanto da essere composta da un solo strato di atomi). Usando l’atomo d’oro come bersaglio, e le particelle alfa emanate dai materiali radioattivi come proiettili (veloci come proiettili) si può studiare l’urto e dalla deviazione delle particelle indagare la forma del bersaglio (l’atomo d’oro).
L’esperimento: una piccola quantità di sostanza radioattiva che emette raggi alfa veniva posta su una capocchia di spillo, sistemata ad una certa distanza dalla sottile lamina d’oro. Tra di esse era posto un diaframma atto a contrastare il fascio alfa emesso. Attraversando la lamina d’oro, le particelle alfa urtavano contro gli atomi e venivano poi rivelate da uno schermo fluorescente posto dietro la lamina e contate mediante i lampi luminosi osservati attraverso un microscopio.
Egli osservò che, mentre la maggior parte delle particelle alfa attraversava la lamina senza deviare apprezzabilmente dalla sua direzione, formando un punto luminoso sul diaframma, una parte di raggi alfa era deviata ad angoli molto grandi, perfino respinta quasi completamente verso la sorgente.

Dai risultati degli esperimenti al nuovo modello di atomo
I risultati portano ad una netta contraddizione con le previsioni del modello atomico di Thomson. Infatti, attraversando l’atomo a panettone la particella alfa poteva essere deflessa dall’interazione elettrica attrattiva con gli elettroni e repulsiva con le cariche positive presenti . Ma l’interazione con l’elettrone, di massa 10.000 volte più leggera della particella alfa non poteva spiegare la deflessione a grandi angoli.
Le grandi deviazioni osservate, dimostravano che la carica positiva dell’atomo era concentrata in un nocciolo duro presente nell’atomo: il nucleo.
Nel 1911 Rutherford presentò il suo nuovo modello atomico nel quale l’atomo è pensato come una sistema meccanico di elettroni orbitanti attorno ad un nucleo centrale caricato posivitamente..
La maggior parte dell’atomo è costituita da spazio vuoto in quanto le dimensioni del nucleo sono molto piccole rispetto a quelle dell’atomo. (raggio atomico = 10 m, mentre quello del nucleo è di 10 m, cioè 100.000 volte più piccolo)
La carica positiva è nel nucleo e gli elettroni orbitano attorno ad esso. Si può affermare che l’atomo di Rutherford è un piccolo sistema solare.

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