L'energia

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Testo

L’ENERGIA
Indipendentemente dalla loro origine, le fonti d’energia si distinguono in fonti primarie e fonti secondarie; le fonti primarie si dividono a loro volta in rinnovabili e in non rinnovabili. Sono fonti primarie rinnovabili: l’energia raggiante del Sole, detta anche energia solare, l’energia idraulica o energia idrica, l’energia eolica, l’energia del moto ondoso, l’energia delle maree o mareomotrice, l’energia chimica delle sostanze organiche continuamente prodotte sulla Terra (biomasse), l’energia termica derivante dal gradiente di temperatura sia della Terra (energia geotermica) sia degli oceani o degli altri bacini.Sono fonti primarie non rinnovabili: l’energia chimica immagazzinata nei combustibili fossili, l’energia nucleare, immagazzinata nei materiali radioattivi fissili. Posto a se stante occupa l’energia di fusione nucleare (disponibile in futuro) che, pur non essendo a rigore rinnovabile, ha come combustibile l’idrogeno, che può considerarsi inesauribile. La previsione di una progressiva estinzione delle fonti tradizionali ha spinto alla ricerca e all’utilizzo di fonti energetiche convenzionali, tra cui hanno particolare interesse: l’energia solare, l’energia nucleare, l’energia geotermica.
LE FONTI DI ENERGIA NON RINNOVABILI
L’ENERGIA NUCLEARE
Intorno agli anni ’40 si scopri che si può ricavare energia dai cosiddetti combustibili nucleari. I nuclei degli isotopi degli elementi pesanti, come l’uranio e il torio, sono radioattivi, ossia tendono a subire un processo di decadimento, attraverso il quale, mediante l’emissione di particelle (alfa o beta), danno origine in cascata, a tutta una serie di nuclei e di altri elementi; il processo termina con la formazione di un isotopo nel piombo, che, essendo stabile, non subisce ulteriori trasformazioni.Questi processi di decadimento radioattivo liberano energia, ma sono così piccoli che in pratica non è possibile sfruttare efficacemente tale energia. Esiste tuttavia un altro procedimento per ottenere energia in modo utilizzabile da certi isotopi radioattivi pesanti.Si è scoperto che, se un nucleo di uranio-235 assorbe un neutrone, si spezza immediatamente in due nuclei più leggeri, liberando al contempo energia e due o tre nuovi neutroni. Tale processo prende il nome di fissione nucleare.
I processi di immaganizzazione dell’uranio nella crosta terrestre richiedono tempi lunghi e anche i combustibili nucleari rientrano, perciò, tra le risorse non rinnovabili.
Il problema maggiore rimane comunque quello dello smaltimento delle scorie dei reattori altamente tossiche e radioattive.
Sempre nel campo dell’energia nucleare, grandi speranze vengono riposte, invece, nella possibilità di sfruttare un diverso processo, quello di fusione nucleare. In tale processo si formano nuclei atomici più pesanti in seguito alla violenta collisione e fusione fra loro di nuclei più leggeri: la reazione avviene in genere con un’emissione di grandi quantità di energia.La reazione più semplice è quella che porta alla formazione di nuclei di elio per la fusione di nuclei di deuterio, che corrisponde al calore da 10 tonnellate del miglior carbon fossile.
L’innesco e il mantenimento della reazione di fusione nucleare richiedono temperature elevatissime, onde fornire ai nuclei le grandissime velocità necessarie perché essi possano entrare in collisione e fondersi assieme.
Temperature così elevate richiedono complesse tecniche di contenimento del combustibile ed è in tal senso che si stanno concentrando gli sforzi di numerosi ricercatori. Non esiste ancora la certezza che reattori a fusione possano un giorno diventare operativi, ma i progressi su tale via sono incoraggianti e l’obiettivo è affascinante: poter disporre di tali quantità di energia e a così basso costo da allontanare per sempre lo spettro di una crisi energetica.
IL CARBONE
Il carbone è destinato a diventare la fonte di energia principale, anche sotto forma di combustibili liquidi o gassosi che da esso si possono ricavare. Lo sfruttamento del carbone come fonte di energia comporta ancora, però, gravi problemi, che non si possono ignorare.Per esempio, molti carboni contengono zolfo che, durante la combustione, da origini a ossidi di zolfo gassosi che, nocivi, si liberano nell’atmosfera.
L’anidride carbonica, liberata dalla combustione del carbone, con il suo progressivo accumularsi nell’atmosfera potrebbe provocare mutamenti climatici. Inoltre le ceneri residue della combustione, contengono impurità metalliche, alcune anche tossiche, e il loro smaltimento pone altri gravi problemi. Infine, l’estrazione del carbone, in particolare nelle miniere a cielo aperto, danneggia e altera gravemente il paesaggio.
Ma di tutti questi problemi, per molti dei quali esistono soluzioni tecniche che hanno il solo torto di essere costose, non sembrano in grado di poter ostacolare lo sfruttamento, al momento di importanza essenziale, di una delle maggiori risorse del nostro pianeta.
Diventerà, perciò, sempre più vitale la necessità di comprendere e prevedere esattamente gli effetti di un aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera, con le conseguenti modifiche sugli equilibri attuali e sulle interazioni di questo involucro gassoso con la superficie del pianeta.
IL PETROLIO
Il petrolio greggio si presenta come un liquido oleoso, in parte viscoso, di colore variabile dal giallo al bruno con riflessi azzurro-verdastri, spesso di odore sgradevole per la presenza di composti solforati, assai infiammabili.Di densità compresa tra 0,7 e 0,9, ha un potere calorifico di circa 10500 calorie per kg. all’analisi chimica il petrolio risulta costituito da una miscela di idrocarburi gassosi, liquidi, solidi accompagnati da quantità generalmente piccole e variabili di zolfo, azoto, ossigeno, sempre sotto forma di composti.
L’origine del petrolio
Secondo la teoria attualmente più accettata, il petrolio si sarebbe formato in ere geologiche più o mene lontane, in seguito a decomposizione di sostanze organiche animali e vegetali, a opera di batteri e sotto l’influenza di forti pressioni. La costante presenza di acqua salata associata al petrolio autorizza a credere che tali processi si siano compiuti in mare, specialmente nelle zone litorali.

L’estrazione
Il petrolio viene estratto dal giacimento attraverso trivellazioni (pozzi)
eseguite mediante sonde rotative: un asta, che porta in punta uno scalpello d’acciaio a elevata durezza e resistenza, viene fatta avanzare nel terreno grazie ad un movimento rotatorio, impartito da una tavola rotante situata sull’impianto di una torre in acciaio a tralicci (derrik). Praticato il foro di coltivazione nel giacimento, il petrolio fuoriesce spontaneamente, spinto dalla pressione del gas sovrastante, in getti, talvolta di grande violenza e di lunga durata. Esaurita la pressione dei gas, e, quindi, la fuoriuscita spontanea, occorre procedere all’estrazione mediante pompe.
Il petrolio grezzo viene di solito raccolto in grandi vasche, dove si depositano le impurezze, quindi, mediante oleodotti, viene convogliato verso le raffinerie o i porti di’imbarco.
Il trasporto del petrolio
Sin dall’inizio l’industria petrolifera si è trovata a dover risolvere il problema del trasporto del petrolio.
All’epoca dei pionieri venivano usati barili di legno; all’epoca dei trasporti via mare venivano usati barili di lamiera imballati in casse di legno. Successivamente si trasportò il petrolio in navi con lo scafo rivestito di metallo, nonché di cemento.
Nel 1881 furono costruiti i primi vagoni cisterna. In seguito furono costruiti oleodotti di ghisa, ma il materiale non poteva reggere la pressione del liquido. Oggi esistono moderne e gigantesche petroliere, tuttavia spesso si verificano gravi disastri naturali dovuti al malfunzionamento di queste navi.
La raffinazione
Solo eccezionalmente il grezzo può essere utilizzato tale e quale. In generale deve essere sottoposto a un insieme di operazioni fisiche e chimiche per ottenere prodotti adatti a scopi particolari.
Le operazioni preliminari compiute sul grezzo consistono nel deposito delle particelle solide sospese e nell’eliminazione dell’acqua e dei gas disciolti (trattamenti a bocca di pozzo).Segue poi la distillazione frazionata o topping, che consiste nel suddividere il petrolio grezzo in tante miscele di idrocarburi (frazioni) dotate di particolari proprietà e quindi adatte a determinati impieghi.
Le frazioni leggere sono quelle da cui si ricavano la benzina ed altri prodotti usati come solventi.Le frazioni medie sono quelle che distillano oltre i 380°C.
Da esse si ricavano i carburanti per motori diesel, l’olio combustibile, gli oli lubrificanti, la vaselina, la paraffina, ecc...Rimane infine il coke di petrolio.
Gasoli e frazioni più pesanti, che vengono sottoposte ad altri processi di raffinazione, subiscono un trattamento di defolsorazione per eliminare i residui dello zolfo ed evitare inquinamento atmosferico.
La distillazione frazionata è eseguita in colonna di distillazione a piatti, alte fino a 20-30m, del diametro di 1-3m, divise internamente in tanti scomparti dai cosiddetti “piatti”.Il grezzo viene fatto evaporare, viene immesso alla base della colonna dove la temperatura è maggiore: passando da un piatto all’altro la temperatura si abbassa gradualmente per cui, man mano che il vapore di petrolio sale, abbandona le “frazioni più pesanti” (cioè quelle che condensano a temperature maggiori).A varie altezze della colonna vengono prelevate le diverse frazioni, al fine di ottenere un maggior numero di frazioni o tagli con proprietà diverse l’uno dall’altra e, quindi, di diverso impiego. A questi processi seguono altre operazioni che hanno lo scopo di migliorare la qualità o di conferire alcune proprietà ad un dato prodotto.Da tali operazioni si ottengono soprattutto benzine ad alto numero di ottano e idrocarburi vari che costituiscono varie materie prime o intermedie per la produzione di materie plastiche, vernici, farmaceutici, antiparassitari, detersivi, ecc.
IL METANO
Il metano è un gas composto di un atomo di carbonio e di quattro di idrogeno. E’ una sostanza incolore, inodore, che brucia nell’aria con fiamma azzurrognola. In natura il metano si sviluppa dalla fermentazione di sostanze organiche-animali e vegetali che sono in via di decomposizione nelle acque paludose. Si produce anche nelle miniere di carbon fossile, nelle quali, venendo a contatto con l’aria, genera un miscuglio esplosivo detto GRISOU. il metano si ricava anche dalla fermentazione dei detriti organici contenuti nelle acque di fognatura.
I metanodotti
Pochi decenni fa il metano era considerato un prodotto poco utile. In seguito ci si accorse che poteva servire per diverse utilizzazioni, poteva essere impiegato come carburante e combustibile per usi domestici e industriali.
Divenne così importante il trasporto del metano dalle zone di estrazione a quelle, spesso lontane, di utilizzazione.
Poiché per distribuire un gas il mezzo più conveniente è quello di avviarlo attraverso tubi, si pensò di far giungere il metano nei luoghi di impiego per mezzo di una rete di tubazioni chiamate metanodotti.
Solitamente le tubazioni che costituiscono un metanodotto sono sotterranee; quando però incontrano un fiume o altri ostacoli, vengono fatti passare attraverso ponti sospesi. Dense reti di metanodotti si trovano in Lombardia, Emilia e Piemonte.
Utilizzazioni
Inizialmente fu usato come carburante in sostituzione della benzina, tuttavia tale impiego non è riuscito molto vantaggioso a causa dell’elevato peso delle bombole. Oggi sono state costruite bombole più leggere e si è inoltre trovato il sistema di rifornire il metano senza dover cambiare le bombole.
Il metano è oggi usato quasi esclusivamente come combustibile. Presenta un notevole vantaggio: la combustione non lascia residui e consente di mantenere un’assoluta pulizia nelle canne fumarie. Molti grandi industrie italiane utilizzano già da qualche tempo il metano per il funzionamento di forni e caldaie.
I vantaggi
-Non contiene quasi zolfo;
-brucia completamente;
-i prodotti della combustione non sono inquinanti;
-viene usato per riscaldare abitazioni;
-viene usato per riscaldare l’acqua;
-viene usato per la cottura dei cibi.

LE FONTI DI ENERGIA RINNOVABILI
L’ENERGIA SOLARE
L’energia del Sole è alla base di quasi tutte le risorse energetiche.
Però l’energia solare è molto difficile da sfruttare direttamente, quindi molte volte non è conveniente farlo.Tuttavia esistono già molte applicazioni che sfruttano direttamente l’energia solare. I collettori solari sono delle strutture che trasformano l’energia solare in calore, e vengono usate in località abbastanza esposte al Sole per produrre acqua calda e riscaldare le abitazioni.
Un tipo di collettore solare è formato da una superficie nera che assorbe la luce e si riscalda facilmente, attraversata da una rete di tubicini attraverso i quali scorre l’acqua.
In questo modo l’acqua si riscalda e può essere immessa nei termosifoni o nell’impianto di acqua calda di una casa, evitando così di consumare per questi scopi i combustibili fossili. Tuttavia per ottenere una discreta quantità di energia, è necessario coprire di pannelli solari grandi superfici, e l’impianto, oltre a risultare molto costoso, toglie parecchio spazio all’agricoltura.
Esistono poi degli speciali pannelli detti pannelli fotovoltaici, che trasformano direttamente l’energia solare in energia elettrica. Sono costituiti da speciali materiali a basse di silicio
Anche se il loro rendimento è superiore rispetto a quello dei collettori solari, lo spazio che occupano è considerevole e il loro costo troppo alto in relazione all’energia che producono. Tuttavia queste tecnologie stanno facendo passi da gigante e non è escluso che in futuro l’energia solare possa diventare conveniente.
Alcune centrali sono costituite da un gran numero di specchi che raccolgono la luce del Sole e la focalizzano su un unico punto dove si trova una caldaia.Questa caldaia può raggiungere centinaia di gradi, e la forza bollente viene usata per far girare le turbine a vapore che muovono i generatori di energia elettrica.
Il Sole è molto distante dalla Terra ed è anche per questo che l’energia solare arriva poco concentrata. Ma il motivo principale per cui i raggi del Sole arrivano così è la presenza dell’atmosfera, che ne cattura buona parte dell’energia; infatti i satelliti artificiali si procurano l’energia grazie a pannelli fotovoltaici più piccoli di quelli che si usano sulla Terra.
Esiste un progetto molto importante che permetterebbe di risolvere questo problema: si potrebbero costruire nello spazio, in orbita attorno alla Terra, alcuni enormi specchi del diametro di qualche Km. L’energia solare da essi raccolta verrebbe inviata sulla Terra sotto forma di un sottile raggio laser ad alta energia che non verrebbe attenuato dall’atmosfera, potrebbe essere raccolto da speciali centrali e trasformato in energia elettrica. Anche se un progetto del genere può sembrare fantascientifico è possibile che sia realizzato in una trentina d’anni.
L’ENERGIA IDROELETTRICA
Fra le più importanti macchine che sfruttano le forze della natura hanno particolare impiego i mulini ad acqua. Già comunissimi in tutta l’epoca romana, essi furono impiegati sin dall’inizio per macinare il grano e per le segherie. Potremmo considerare come sviluppo definitivo del mulino ad acqua le grandi turbine idrauliche degli immensi impianti idroelettrici.
L’energia idroelettrica è l’energia rinnovabile più usata dall’uomo.
Una centrale idroelettrica normalmente si trova ai piedi di una montagna ed è sovrastata da un bacino che può essere naturale o creato artificialmente sbarrando una vallata con una diga. I fiumi di montagna o i ghiacciai riforniscono costantemente d’acqua il bacino; quest’acqua scende verso la centrale attraverso delle condotte forzate e quando arriva a valle possiede una grande velocità e una forte pressione.
L’acqua colpisce le pale di una turbina, che è un meccanismo che trasforma l’energia cinetica dell’acqua che scorre in energia meccanica, facendo girare un generatore (chiamato alternatore). Quest’energia prodotta nelle centrali viene inviata nelle sotto-stazioni di trasformazione allo scopo di elevare a valori di oltre 20000 volt e oltre, per ridurre al minimo le perdite durante il percorso fino ai centri abitati.
Qui l’energia subisce il processo inverso, cioè viene trasformata da energia ad alta tensione a quella comunemente usata.
Dopo essere passata attraverso la turbina ed averla messa in movimento, all’acqua rimane poca energia. Attraversa i fiumi si riversa in mare. Il Sole provoca l’evaporazione dell’acqua del mare e la riporta sulle montagne sotto forma di pioggia; a questo punto il ciclo ricomincia e viene prodotta altra elettricità.
Quindi, in definitiva, l’energia idroelettrica, anche se indirettamente, proviene dal Sole.
L’energia delle maree
Le centrali che sfruttano l’energia delle maree si chiamano centrali mareomotrici, e vengono costruite in quei luoghi dove c’è un grande dislivello tra la fase di alta marea e quella di bassa marea. Una centrale mareomotrice è composta da una diga, che chiude l’ingresso di un’insenatura o di una baia, provvista di saracinesche vicine al fondo che possono essere aperte o chiuse.
Ecco uno schema per capire come funzionano queste centrali:
1)siamo in fase di bassa marea: le saracinesche sono chiuse;
2)la marea comincia a salire: poiché le saracinesche sono chiuse, il livello
dell’acqua aumenta solo all’esterno e non dentro l’insenatura;
3)la marea ha raggiunto il livello massimo: le saracinesche vengono
aperte; l’acqua irrompe violentemente nell’insenatura attraverso delle
condotte che contengono delle turbine, le quali vengono messe in
rotazione e producono energia elettrica;
4)dopo che l’acqua nell’insenatura ha raggiunto il livello di quella
esterna, le saracinesche vengono di nuovo chiuse;
5)la marea comincia a calare: poiché le saracinesche sono chiuse,
all’interno dell’insenatura il livello rimane costante;
6)la marea ha raggiunto il minimo: le saracinesche vengono aperte e
l’acqua dell’insenatura si precipita fuori, mettendo di nuovo in
rotazione le turbine che producono elettricità.
Dopo che tutta l’acqua è uscita, le saracinesche vengono chiuse e si torna nella condizione 1, in attesa della prossima marea.
L’ENERGIA EOLICA
I primi mulini a vento furono impiegati in Persia nel VII secolo per macinare i cereali e per sollevare l’acqua dei pozzi.
Essi erano ad asse verticale e con le pale che ruotavano in un’asse orizzontale.
Il vento è incostante. Questa sua particolarità lo rende difficilmente impiegabile per lavorazioni che devono essere continue e non intermittenti; la macinazione del grano può essere interrotta se viene a mancare il vento e non accade nulla al grano ancora da macinare.
I progressi della macchina a vapore, del motore a scoppio e della distribuzione di energia elettrica nel XIX e nel XX secolo hanno gradatamente ridotto l’importanza dei mulini a vento e dei motori da essi derivati.
La scoperta di grandi quantità di petrolio ha messo a disposizione una materia prima di fondamentale importanza per produrre energia a basso costo. Ma il petrolio finirà, ed ecco che il suo prezzo è fortemente aumentato dopo il 1970.
L’aumento dei prezzi del petrolio, del gas, del carbone, spinge i governi e gli inventori a cercare di sfruttare altre fonti di energia alternative, come il vento.
In altri Paesi sono in corso esperimenti per la produzione di energia elettrica per mezzo di gigantesche ruote a vento, aeromotori con pochissime pale e con rotori di diametro superiore anche ai 100m.
L’energia che può essere ricavata dal vento è proporzionale alla superficie delle pale: solo la presenza dell’acciaio permette di costruire ruote a vento più grandi di quelle che venivano costruite con il legno. C’è una sola condizione da rispettare: la velocità del vento deve essere almeno di 4m al secondo, al disotto di questo valore il generatore non funziona.
Il vento è incostante sia come direzione, sia come intensità. La direzione del vento cambia e molti mulini o ruote a vento sono costruiti in modo tale da avere le pale sempre controvento. Per sfruttare al meglio l’energia prodotta da un aeromotore è utile installare delle potenti batterie di accumulatori: essi vengono caricati quando viene prodotta energia
L’ENERGIA GEOTERMICA
Energia geotermica significa “calore della terra”. La temperatura delle rocce aumenta con la profondità.
La maggior parte di questa energia termica si trova dispersa ed è a profondità troppo grandi per essere sfruttata a fini industriali.
La geotermia può essere utile per l’uomo quando nascono delle fratture nella crosta terrestre, che consentono alle grandi quantità di calore di venire sfruttate.
Le concentrazioni di calore sfruttate sono i sistemi idrotermali. Essi sono costituiti da rocce permeabili caldissime nelle quali circola l’acqua.
A seconda delle quantità presenti di roccia, di acqua e di altre condizioni, l’acqua può restare allo stato liquido o passare allo stato di vapore compresso.
Se l’acqua calda o il vapore acqueo scoprono una frattura nelle rocce sotterranee, vengono spinti a fuoriuscire a causa dell’alta pressione a cui sono sottoposti.
In genere le emissioni di vapore surriscaldato sono sfruttate per la produzione di energia elettrica per mezzo di centrali con turbine a vapore: è il tipico caso dei soffioni di tre zone della Toscana meridionale (Larderello, Travale, Monteamiata).
La prima centrale geotermica è entrata in funzione a Larderello (Pisa) nel 1904.
Attualmente sono in funzione una trentina di centrali geotermiche di potenza media in Toscana e una di piccola potenza a Latera (Viterbo).
In una centrale, il valore del sottosuolo viene captato per mezzo di trivellazioni che in Italia hanno raggiunto una profondità di 5000m.
Raggiunta la superficie del suolo, il vapore viene costretto ad entrare in tubazioni (gasdotti) che lo portano fino alla centrale elettrica
Nella centrale si trova una turbina a vapore che trasforma l’energia del vapore acqueo in energia elettrica.
LA BIOMASSA
Il meccanismo della fotosintesi consente ai vegetali di assorbire energia solare per immagazzinarla sotto forma di masse vegetali.
Le piante si nutrono e crescono utilizzando acqua, sali minerali, anidride carbonica ed energia solare.
La massa vegetale si chiama biomassa.
Una piccola parte di questa massa vegetale è destinata all’alimentazione umana e animale. I vegetali non sono buoni convertitori d’energia: è difficile che una coltivazione riesca a restituire più del 3% dell’energia solare ricevuta.

L’ENERGIA
Indipendentemente dalla loro origine, le fonti d’energia si distinguono in fonti primarie e fonti secondarie; le fonti primarie si dividono a loro volta in rinnovabili e in non rinnovabili. Sono fonti primarie rinnovabili: l’energia raggiante del Sole, detta anche energia solare, l’energia idraulica o energia idrica, l’energia eolica, l’energia del moto ondoso, l’energia delle maree o mareomotrice, l’energia chimica delle sostanze organiche continuamente prodotte sulla Terra (biomasse), l’energia termica derivante dal gradiente di temperatura sia della Terra (energia geotermica) sia degli oceani o degli altri bacini.Sono fonti primarie non rinnovabili: l’energia chimica immagazzinata nei combustibili fossili, l’energia nucleare, immagazzinata nei materiali radioattivi fissili. Posto a se stante occupa l’energia di fusione nucleare (disponibile in futuro) che, pur non essendo a rigore rinnovabile, ha come combustibile l’idrogeno, che può considerarsi inesauribile. La previsione di una progressiva estinzione delle fonti tradizionali ha spinto alla ricerca e all’utilizzo di fonti energetiche convenzionali, tra cui hanno particolare interesse: l’energia solare, l’energia nucleare, l’energia geotermica.
LE FONTI DI ENERGIA NON RINNOVABILI
L’ENERGIA NUCLEARE
Intorno agli anni ’40 si scopri che si può ricavare energia dai cosiddetti combustibili nucleari. I nuclei degli isotopi degli elementi pesanti, come l’uranio e il torio, sono radioattivi, ossia tendono a subire un processo di decadimento, attraverso il quale, mediante l’emissione di particelle (alfa o beta), danno origine in cascata, a tutta una serie di nuclei e di altri elementi; il processo termina con la formazione di un isotopo nel piombo, che, essendo stabile, non subisce ulteriori trasformazioni.Questi processi di decadimento radioattivo liberano energia, ma sono così piccoli che in pratica non è possibile sfruttare efficacemente tale energia. Esiste tuttavia un altro procedimento per ottenere energia in modo utilizzabile da certi isotopi radioattivi pesanti.Si è scoperto che, se un nucleo di uranio-235 assorbe un neutrone, si spezza immediatamente in due nuclei più leggeri, liberando al contempo energia e due o tre nuovi neutroni. Tale processo prende il nome di fissione nucleare.
I processi di immaganizzazione dell’uranio nella crosta terrestre richiedono tempi lunghi e anche i combustibili nucleari rientrano, perciò, tra le risorse non rinnovabili.
Il problema maggiore rimane comunque quello dello smaltimento delle scorie dei reattori altamente tossiche e radioattive.
Sempre nel campo dell’energia nucleare, grandi speranze vengono riposte, invece, nella possibilità di sfruttare un diverso processo, quello di fusione nucleare. In tale processo si formano nuclei atomici più pesanti in seguito alla violenta collisione e fusione fra loro di nuclei più leggeri: la reazione avviene in genere con un’emissione di grandi quantità di energia.La reazione più semplice è quella che porta alla formazione di nuclei di elio per la fusione di nuclei di deuterio, che corrisponde al calore da 10 tonnellate del miglior carbon fossile.
L’innesco e il mantenimento della reazione di fusione nucleare richiedono temperature elevatissime, onde fornire ai nuclei le grandissime velocità necessarie perché essi possano entrare in collisione e fondersi assieme.
Temperature così elevate richiedono complesse tecniche di contenimento del combustibile ed è in tal senso che si stanno concentrando gli sforzi di numerosi ricercatori. Non esiste ancora la certezza che reattori a fusione possano un giorno diventare operativi, ma i progressi su tale via sono incoraggianti e l’obiettivo è affascinante: poter disporre di tali quantità di energia e a così basso costo da allontanare per sempre lo spettro di una crisi energetica.
IL CARBONE
Il carbone è destinato a diventare la fonte di energia principale, anche sotto forma di combustibili liquidi o gassosi che da esso si possono ricavare. Lo sfruttamento del carbone come fonte di energia comporta ancora, però, gravi problemi, che non si possono ignorare.Per esempio, molti carboni contengono zolfo che, durante la combustione, da origini a ossidi di zolfo gassosi che, nocivi, si liberano nell’atmosfera.
L’anidride carbonica, liberata dalla combustione del carbone, con il suo progressivo accumularsi nell’atmosfera potrebbe provocare mutamenti climatici. Inoltre le ceneri residue della combustione, contengono impurità metalliche, alcune anche tossiche, e il loro smaltimento pone altri gravi problemi. Infine, l’estrazione del carbone, in particolare nelle miniere a cielo aperto, danneggia e altera gravemente il paesaggio.
Ma di tutti questi problemi, per molti dei quali esistono soluzioni tecniche che hanno il solo torto di essere costose, non sembrano in grado di poter ostacolare lo sfruttamento, al momento di importanza essenziale, di una delle maggiori risorse del nostro pianeta.
Diventerà, perciò, sempre più vitale la necessità di comprendere e prevedere esattamente gli effetti di un aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera, con le conseguenti modifiche sugli equilibri attuali e sulle interazioni di questo involucro gassoso con la superficie del pianeta.
IL PETROLIO
Il petrolio greggio si presenta come un liquido oleoso, in parte viscoso, di colore variabile dal giallo al bruno con riflessi azzurro-verdastri, spesso di odore sgradevole per la presenza di composti solforati, assai infiammabili.Di densità compresa tra 0,7 e 0,9, ha un potere calorifico di circa 10500 calorie per kg. all’analisi chimica il petrolio risulta costituito da una miscela di idrocarburi gassosi, liquidi, solidi accompagnati da quantità generalmente piccole e variabili di zolfo, azoto, ossigeno, sempre sotto forma di composti.
L’origine del petrolio
Secondo la teoria attualmente più accettata, il petrolio si sarebbe formato in ere geologiche più o mene lontane, in seguito a decomposizione di sostanze organiche animali e vegetali, a opera di batteri e sotto l’influenza di forti pressioni. La costante presenza di acqua salata associata al petrolio autorizza a credere che tali processi si siano compiuti in mare, specialmente nelle zone litorali.

L’estrazione
Il petrolio viene estratto dal giacimento attraverso trivellazioni (pozzi)
eseguite mediante sonde rotative: un asta, che porta in punta uno scalpello d’acciaio a elevata durezza e resistenza, viene fatta avanzare nel terreno grazie ad un movimento rotatorio, impartito da una tavola rotante situata sull’impianto di una torre in acciaio a tralicci (derrik). Praticato il foro di coltivazione nel giacimento, il petrolio fuoriesce spontaneamente, spinto dalla pressione del gas sovrastante, in getti, talvolta di grande violenza e di lunga durata. Esaurita la pressione dei gas, e, quindi, la fuoriuscita spontanea, occorre procedere all’estrazione mediante pompe.
Il petrolio grezzo viene di solito raccolto in grandi vasche, dove si depositano le impurezze, quindi, mediante oleodotti, viene convogliato verso le raffinerie o i porti di’imbarco.
Il trasporto del petrolio
Sin dall’inizio l’industria petrolifera si è trovata a dover risolvere il problema del trasporto del petrolio.
All’epoca dei pionieri venivano usati barili di legno; all’epoca dei trasporti via mare venivano usati barili di lamiera imballati in casse di legno. Successivamente si trasportò il petrolio in navi con lo scafo rivestito di metallo, nonché di cemento.
Nel 1881 furono costruiti i primi vagoni cisterna. In seguito furono costruiti oleodotti di ghisa, ma il materiale non poteva reggere la pressione del liquido. Oggi esistono moderne e gigantesche petroliere, tuttavia spesso si verificano gravi disastri naturali dovuti al malfunzionamento di queste navi.
La raffinazione
Solo eccezionalmente il grezzo può essere utilizzato tale e quale. In generale deve essere sottoposto a un insieme di operazioni fisiche e chimiche per ottenere prodotti adatti a scopi particolari.
Le operazioni preliminari compiute sul grezzo consistono nel deposito delle particelle solide sospese e nell’eliminazione dell’acqua e dei gas disciolti (trattamenti a bocca di pozzo).Segue poi la distillazione frazionata o topping, che consiste nel suddividere il petrolio grezzo in tante miscele di idrocarburi (frazioni) dotate di particolari proprietà e quindi adatte a determinati impieghi.
Le frazioni leggere sono quelle da cui si ricavano la benzina ed altri prodotti usati come solventi.Le frazioni medie sono quelle che distillano oltre i 380°C.
Da esse si ricavano i carburanti per motori diesel, l’olio combustibile, gli oli lubrificanti, la vaselina, la paraffina, ecc...Rimane infine il coke di petrolio.
Gasoli e frazioni più pesanti, che vengono sottoposte ad altri processi di raffinazione, subiscono un trattamento di defolsorazione per eliminare i residui dello zolfo ed evitare inquinamento atmosferico.
La distillazione frazionata è eseguita in colonna di distillazione a piatti, alte fino a 20-30m, del diametro di 1-3m, divise internamente in tanti scomparti dai cosiddetti “piatti”.Il grezzo viene fatto evaporare, viene immesso alla base della colonna dove la temperatura è maggiore: passando da un piatto all’altro la temperatura si abbassa gradualmente per cui, man mano che il vapore di petrolio sale, abbandona le “frazioni più pesanti” (cioè quelle che condensano a temperature maggiori).A varie altezze della colonna vengono prelevate le diverse frazioni, al fine di ottenere un maggior numero di frazioni o tagli con proprietà diverse l’uno dall’altra e, quindi, di diverso impiego. A questi processi seguono altre operazioni che hanno lo scopo di migliorare la qualità o di conferire alcune proprietà ad un dato prodotto.Da tali operazioni si ottengono soprattutto benzine ad alto numero di ottano e idrocarburi vari che costituiscono varie materie prime o intermedie per la produzione di materie plastiche, vernici, farmaceutici, antiparassitari, detersivi, ecc.
IL METANO
Il metano è un gas composto di un atomo di carbonio e di quattro di idrogeno. E’ una sostanza incolore, inodore, che brucia nell’aria con fiamma azzurrognola. In natura il metano si sviluppa dalla fermentazione di sostanze organiche-animali e vegetali che sono in via di decomposizione nelle acque paludose. Si produce anche nelle miniere di carbon fossile, nelle quali, venendo a contatto con l’aria, genera un miscuglio esplosivo detto GRISOU. il metano si ricava anche dalla fermentazione dei detriti organici contenuti nelle acque di fognatura.
I metanodotti
Pochi decenni fa il metano era considerato un prodotto poco utile. In seguito ci si accorse che poteva servire per diverse utilizzazioni, poteva essere impiegato come carburante e combustibile per usi domestici e industriali.
Divenne così importante il trasporto del metano dalle zone di estrazione a quelle, spesso lontane, di utilizzazione.
Poiché per distribuire un gas il mezzo più conveniente è quello di avviarlo attraverso tubi, si pensò di far giungere il metano nei luoghi di impiego per mezzo di una rete di tubazioni chiamate metanodotti.
Solitamente le tubazioni che costituiscono un metanodotto sono sotterranee; quando però incontrano un fiume o altri ostacoli, vengono fatti passare attraverso ponti sospesi. Dense reti di metanodotti si trovano in Lombardia, Emilia e Piemonte.
Utilizzazioni
Inizialmente fu usato come carburante in sostituzione della benzina, tuttavia tale impiego non è riuscito molto vantaggioso a causa dell’elevato peso delle bombole. Oggi sono state costruite bombole più leggere e si è inoltre trovato il sistema di rifornire il metano senza dover cambiare le bombole.
Il metano è oggi usato quasi esclusivamente come combustibile. Presenta un notevole vantaggio: la combustione non lascia residui e consente di mantenere un’assoluta pulizia nelle canne fumarie. Molti grandi industrie italiane utilizzano già da qualche tempo il metano per il funzionamento di forni e caldaie.
I vantaggi
-Non contiene quasi zolfo;
-brucia completamente;
-i prodotti della combustione non sono inquinanti;
-viene usato per riscaldare abitazioni;
-viene usato per riscaldare l’acqua;
-viene usato per la cottura dei cibi.

LE FONTI DI ENERGIA RINNOVABILI
L’ENERGIA SOLARE
L’energia del Sole è alla base di quasi tutte le risorse energetiche.
Però l’energia solare è molto difficile da sfruttare direttamente, quindi molte volte non è conveniente farlo.Tuttavia esistono già molte applicazioni che sfruttano direttamente l’energia solare. I collettori solari sono delle strutture che trasformano l’energia solare in calore, e vengono usate in località abbastanza esposte al Sole per produrre acqua calda e riscaldare le abitazioni.
Un tipo di collettore solare è formato da una superficie nera che assorbe la luce e si riscalda facilmente, attraversata da una rete di tubicini attraverso i quali scorre l’acqua.
In questo modo l’acqua si riscalda e può essere immessa nei termosifoni o nell’impianto di acqua calda di una casa, evitando così di consumare per questi scopi i combustibili fossili. Tuttavia per ottenere una discreta quantità di energia, è necessario coprire di pannelli solari grandi superfici, e l’impianto, oltre a risultare molto costoso, toglie parecchio spazio all’agricoltura.
Esistono poi degli speciali pannelli detti pannelli fotovoltaici, che trasformano direttamente l’energia solare in energia elettrica. Sono costituiti da speciali materiali a basse di silicio
Anche se il loro rendimento è superiore rispetto a quello dei collettori solari, lo spazio che occupano è considerevole e il loro costo troppo alto in relazione all’energia che producono. Tuttavia queste tecnologie stanno facendo passi da gigante e non è escluso che in futuro l’energia solare possa diventare conveniente.
Alcune centrali sono costituite da un gran numero di specchi che raccolgono la luce del Sole e la focalizzano su un unico punto dove si trova una caldaia.Questa caldaia può raggiungere centinaia di gradi, e la forza bollente viene usata per far girare le turbine a vapore che muovono i generatori di energia elettrica.
Il Sole è molto distante dalla Terra ed è anche per questo che l’energia solare arriva poco concentrata. Ma il motivo principale per cui i raggi del Sole arrivano così è la presenza dell’atmosfera, che ne cattura buona parte dell’energia; infatti i satelliti artificiali si procurano l’energia grazie a pannelli fotovoltaici più piccoli di quelli che si usano sulla Terra.
Esiste un progetto molto importante che permetterebbe di risolvere questo problema: si potrebbero costruire nello spazio, in orbita attorno alla Terra, alcuni enormi specchi del diametro di qualche Km. L’energia solare da essi raccolta verrebbe inviata sulla Terra sotto forma di un sottile raggio laser ad alta energia che non verrebbe attenuato dall’atmosfera, potrebbe essere raccolto da speciali centrali e trasformato in energia elettrica. Anche se un progetto del genere può sembrare fantascientifico è possibile che sia realizzato in una trentina d’anni.
L’ENERGIA IDROELETTRICA
Fra le più importanti macchine che sfruttano le forze della natura hanno particolare impiego i mulini ad acqua. Già comunissimi in tutta l’epoca romana, essi furono impiegati sin dall’inizio per macinare il grano e per le segherie. Potremmo considerare come sviluppo definitivo del mulino ad acqua le grandi turbine idrauliche degli immensi impianti idroelettrici.
L’energia idroelettrica è l’energia rinnovabile più usata dall’uomo.
Una centrale idroelettrica normalmente si trova ai piedi di una montagna ed è sovrastata da un bacino che può essere naturale o creato artificialmente sbarrando una vallata con una diga. I fiumi di montagna o i ghiacciai riforniscono costantemente d’acqua il bacino; quest’acqua scende verso la centrale attraverso delle condotte forzate e quando arriva a valle possiede una grande velocità e una forte pressione.
L’acqua colpisce le pale di una turbina, che è un meccanismo che trasforma l’energia cinetica dell’acqua che scorre in energia meccanica, facendo girare un generatore (chiamato alternatore). Quest’energia prodotta nelle centrali viene inviata nelle sotto-stazioni di trasformazione allo scopo di elevare a valori di oltre 20000 volt e oltre, per ridurre al minimo le perdite durante il percorso fino ai centri abitati.
Qui l’energia subisce il processo inverso, cioè viene trasformata da energia ad alta tensione a quella comunemente usata.
Dopo essere passata attraverso la turbina ed averla messa in movimento, all’acqua rimane poca energia. Attraversa i fiumi si riversa in mare. Il Sole provoca l’evaporazione dell’acqua del mare e la riporta sulle montagne sotto forma di pioggia; a questo punto il ciclo ricomincia e viene prodotta altra elettricità.
Quindi, in definitiva, l’energia idroelettrica, anche se indirettamente, proviene dal Sole.
L’energia delle maree
Le centrali che sfruttano l’energia delle maree si chiamano centrali mareomotrici, e vengono costruite in quei luoghi dove c’è un grande dislivello tra la fase di alta marea e quella di bassa marea. Una centrale mareomotrice è composta da una diga, che chiude l’ingresso di un’insenatura o di una baia, provvista di saracinesche vicine al fondo che possono essere aperte o chiuse.
Ecco uno schema per capire come funzionano queste centrali:
1)siamo in fase di bassa marea: le saracinesche sono chiuse;
2)la marea comincia a salire: poiché le saracinesche sono chiuse, il livello
dell’acqua aumenta solo all’esterno e non dentro l’insenatura;
3)la marea ha raggiunto il livello massimo: le saracinesche vengono
aperte; l’acqua irrompe violentemente nell’insenatura attraverso delle
condotte che contengono delle turbine, le quali vengono messe in
rotazione e producono energia elettrica;
4)dopo che l’acqua nell’insenatura ha raggiunto il livello di quella
esterna, le saracinesche vengono di nuovo chiuse;
5)la marea comincia a calare: poiché le saracinesche sono chiuse,
all’interno dell’insenatura il livello rimane costante;
6)la marea ha raggiunto il minimo: le saracinesche vengono aperte e
l’acqua dell’insenatura si precipita fuori, mettendo di nuovo in
rotazione le turbine che producono elettricità.
Dopo che tutta l’acqua è uscita, le saracinesche vengono chiuse e si torna nella condizione 1, in attesa della prossima marea.
L’ENERGIA EOLICA
I primi mulini a vento furono impiegati in Persia nel VII secolo per macinare i cereali e per sollevare l’acqua dei pozzi.
Essi erano ad asse verticale e con le pale che ruotavano in un’asse orizzontale.
Il vento è incostante. Questa sua particolarità lo rende difficilmente impiegabile per lavorazioni che devono essere continue e non intermittenti; la macinazione del grano può essere interrotta se viene a mancare il vento e non accade nulla al grano ancora da macinare.
I progressi della macchina a vapore, del motore a scoppio e della distribuzione di energia elettrica nel XIX e nel XX secolo hanno gradatamente ridotto l’importanza dei mulini a vento e dei motori da essi derivati.
La scoperta di grandi quantità di petrolio ha messo a disposizione una materia prima di fondamentale importanza per produrre energia a basso costo. Ma il petrolio finirà, ed ecco che il suo prezzo è fortemente aumentato dopo il 1970.
L’aumento dei prezzi del petrolio, del gas, del carbone, spinge i governi e gli inventori a cercare di sfruttare altre fonti di energia alternative, come il vento.
In altri Paesi sono in corso esperimenti per la produzione di energia elettrica per mezzo di gigantesche ruote a vento, aeromotori con pochissime pale e con rotori di diametro superiore anche ai 100m.
L’energia che può essere ricavata dal vento è proporzionale alla superficie delle pale: solo la presenza dell’acciaio permette di costruire ruote a vento più grandi di quelle che venivano costruite con il legno. C’è una sola condizione da rispettare: la velocità del vento deve essere almeno di 4m al secondo, al disotto di questo valore il generatore non funziona.
Il vento è incostante sia come direzione, sia come intensità. La direzione del vento cambia e molti mulini o ruote a vento sono costruiti in modo tale da avere le pale sempre controvento. Per sfruttare al meglio l’energia prodotta da un aeromotore è utile installare delle potenti batterie di accumulatori: essi vengono caricati quando viene prodotta energia
L’ENERGIA GEOTERMICA
Energia geotermica significa “calore della terra”. La temperatura delle rocce aumenta con la profondità.
La maggior parte di questa energia termica si trova dispersa ed è a profondità troppo grandi per essere sfruttata a fini industriali.
La geotermia può essere utile per l’uomo quando nascono delle fratture nella crosta terrestre, che consentono alle grandi quantità di calore di venire sfruttate.
Le concentrazioni di calore sfruttate sono i sistemi idrotermali. Essi sono costituiti da rocce permeabili caldissime nelle quali circola l’acqua.
A seconda delle quantità presenti di roccia, di acqua e di altre condizioni, l’acqua può restare allo stato liquido o passare allo stato di vapore compresso.
Se l’acqua calda o il vapore acqueo scoprono una frattura nelle rocce sotterranee, vengono spinti a fuoriuscire a causa dell’alta pressione a cui sono sottoposti.
In genere le emissioni di vapore surriscaldato sono sfruttate per la produzione di energia elettrica per mezzo di centrali con turbine a vapore: è il tipico caso dei soffioni di tre zone della Toscana meridionale (Larderello, Travale, Monteamiata).
La prima centrale geotermica è entrata in funzione a Larderello (Pisa) nel 1904.
Attualmente sono in funzione una trentina di centrali geotermiche di potenza media in Toscana e una di piccola potenza a Latera (Viterbo).
In una centrale, il valore del sottosuolo viene captato per mezzo di trivellazioni che in Italia hanno raggiunto una profondità di 5000m.
Raggiunta la superficie del suolo, il vapore viene costretto ad entrare in tubazioni (gasdotti) che lo portano fino alla centrale elettrica
Nella centrale si trova una turbina a vapore che trasforma l’energia del vapore acqueo in energia elettrica.
LA BIOMASSA
Il meccanismo della fotosintesi consente ai vegetali di assorbire energia solare per immagazzinarla sotto forma di masse vegetali.
Le piante si nutrono e crescono utilizzando acqua, sali minerali, anidride carbonica ed energia solare.
La massa vegetale si chiama biomassa.
Una piccola parte di questa massa vegetale è destinata all’alimentazione umana e animale. I vegetali non sono buoni convertitori d’energia: è difficile che una coltivazione riesca a restituire più del 3% dell’energia solare ricevuta.

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