Iconoscopio e cinescopio

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Trasduttori ottico-elettrici: l’iconoscopio
Un trasduttore ottico-elettrico è capace di convertire un segnale luminoso di tipo ottico in uno elettrico. La traduzione del segnale avviene tramite un processo di scansione elettronica dell’immagine e la corrispondente variazione di ampiezza del segnale video in funzione delle luminosità dell’elemento esplorato. In base al principio di funzionamento si può operare la seguente classificazione dei dispositivi da ripresa:
➢ Tubi fotoemissivi ad elettroni veloci (iconoscopio) o ad elettroni lenti (orthicon), basati sull’effetto fotoelettrico esterno.
➢ Tubi fotoconduttivi (vidicon, plumbicon) che sono basati sull’effetto fotoelettrico interno.
➢ Dispositivi allo stato solido, basati sull’impiego di componenti elettronici ad accoppiamento di carica.
Le caratteristiche principali che definiscono il funzionamento ed il tipo di utilizzazione di un dispositivo da ripresa sono:
➢ Sensibilità: è data dall’ampiezza del segnale di uscita corrispondente ad un determinato illuminamento del dispositivo fotosensibile, per un prefissato valore del rapporto segnale/rumore.
➢ Risoluzione: l’attitudine de dispositivo da ripresa a risolvere i dettagli fini dell’immagine; la discontinuità insita nel processo di scansione elettronica dell’immagine, porta a considerare due valori di risoluzione, verticale ed orizzontale.
➢ Sensibilità spettrale, definita dalla sensibilità relativa del dispositivo fotosensibile in funzione della lunghezza d’onda della radiazione incidente
➢ Tempo di integrazione: è il tempo durante il quale un elemento fotosensibile è esposto con continuità alla radiazione incidente e ne integra quindi il flusso luminoso nel tempo; il suo valore è variabile in dipendenza del tipo di dispositivo considerato e della sua sensibilità.
L’iconoscopio
L’iconoscopio è stato il primo dispositivo da ripresa televisiva a scansione elettronica inventato nel 1923 da V. Zworykin. Essenzialmente è costituito da un tubo a raggi catodici recante, sul lato anteriore dello schermo, un mosaico fotoelettrico, e sul lato posteriore, un cannone elettronico, racchiusi in un bulbo di vetro ad alto vuoto, e da un sistema di lenti ottiche per la focalizzazione delle immagini sul mosaico. Il mosaico fotoelettrico è costituito da una piastra metallica, detta piastra del segnale, ricoperta da microscopiche cellule fotoemittenti, isolate sia dalla piastra che tra loro. Ciascuna microcellula presenta quindi una certa capacità elettrica rispetto alla piastra di segnale. Per realizzare il mosaico fotoelettrico si parte da una sottile lastra di mica avente una faccia metallizzata e l’altra ricoperta da un sottilissimo strato d’argento depositato per evaporazione sotto vuoto. Sottoponendo la pellicola d’argento, che non è continua ma formata da microscopici granuli, ad un trattamento di ossidazione in vapori di cesio si forma ossido di cesio sul quale viene fatto assorbire il cesio stesso. Con questo trattamento di attivazione, ciascun granulo diventa un minuscolo fotocatodo composto dal tipo Ag-D-Cs, con sensibilità spettrale praticamente estesa a tutta la gamma del visibile. La metallizzazione di una zona anulare del bulbo, prospiciente al mosaico fotoelettrico, costituisce l’anodo collettore comune a tutte le fotocellule. In assenza di radiazione luminosa incidente, gli elementi del mosaico fotoelettrico hanno tutti lo stesso potenziale della piastra di segnale e quindi i rispettivi condensatori d’immagine, rappresentativi delle rispettive capacità elettriche rispetto alla piastra di segnale, sono tutti scarichi. Quando, mediante un sistema esterno di lenti ottiche, l’immagine luminosa da convertire in segnale video viene proiettata sul mosaico, i minuscoli fotocatodo del mosaico emettono elettroni verso l’anodo, in numero proporzionale all’intensità della luce che li ha colpiti, acquistando così un potenziale positivo rispetto alla piastra di segnale. Sul mosaico si forma, in tal modo, un immagine elettronica, costituita da una distribuzione di cariche positive corrispondente alla distribuzione della luminosità sull’immagine ottica. Ciascuna fotocellula del mosaico, essendo isolata da tutte le altre, conserva la sua carica positiva, accumulata nel rispettivo condensatore d’immagine, fino a che non verrà scaricata al passaggio su di essa del fascio focalizzato di elettroni proveniente dal cannone elettronico. Il pennello elettronico esplora per tracce parallele l’intera superficie del mosaico, sotto il comando del giogo di deflessione (due coppie di bobine ortogonali fra loro, percorse da due distinte correnti a dente di sega), trasformando così l’immagine elettronica del mosaico in una sequenza ordinata nel tempo di impulsi elettrici, che forniscono ai capi della resistenza di carico Rc il segnale video in uscita. In sostanza il pennello elettronico funziona da commutatore per ciascun elemento del mosaico. Infatti, ogni singolo elemento del mosaico è rappresentabile con la fotocellula che esso forma con l’anodo comune, e con un condensatore corrispondente alla sua capacità rispetto alla piastra di segnale. Il pennello elettronico agisce come un circuito separato che scarica periodicamente il condensatore, fornendo con ciò un impulso di corrente attraverso la resistenza di carico. In pratica il processo di conversione di una immagine ottica in una serie ordinata di impulsi elettrici risulta meno semplice di quanto esposto, a causa soprattutto della emissione secondaria (cioè elettroni lenti da parte di una superficie colpita da elettroni veloci) prodotta sul mosaico fotoelettrico dal pennello elettronico di scansione. Il mosaico ha un forte potere moltiplicatore, per cui in prossimità della superficie si determina una sensibile nube elettronica, la quale fa sì che gli elementi del mosaico non si comportino tutti nello stesso modo, a parità di illuminazione:, infatti, per la presenza di elettroni secondari fra elementi fotosensibili vicini, possono stabilirsi delle correnti elettroniche che tendono a distruggere le d.d.p. fra elemento ed elemento, con conseguenze negative sulla sensibilità e sulla fedeltà del trasduttore. Un altro inconveniente è costituito dall’inclinazione che il cannone elettronico presenta rispetto all’asse ottico del tubo, perpendicolare al piano del mosaico. Tale inclinazione impone l’adozione di particolari accorgimenti per ridurre l’entità della distorsione trapezoidale e per mantenere a fuoco il pennello elettronico in tutti i punti della superficie esplorata. Come tubo da ripresa televisiva, l'iconoscopio presenta molti svantaggi; il più rilevante è forse la necessità di sorgenti di illuminazione estremamente potenti per ottenere segnali video di qualità accettabile. Valido in condizioni di luce controllata, l'iconoscopio diviene pressoché inutilizzabile in condizioni di luce non ottimali.
Trasduttori elettro-ottici: il cinescopio
Il cinescopio è un particolare tubo a raggi catodici nel quale l’intensità del pennello elettronico, che determina la traccia luminosa sullo schermo fluorescente, è funzione dell’ampiezza del segnale video. Grazie alla presenza, di opportuni impulsi di sincronismo, aggiunti in trasmissione al segnale video, il pennello elettronico si muove in perfetto sincronismo con la scansione elettronica relativa al dispositivo di ripresa, e ciò consente di riprodurre, riga per riga, l’immagine originaria. In generale, i tubi da riproduzione televisiva si distinguono dai normali tubi catodici impiegati negli oscilloscopi, per una maggiore precisione nella focalizzazione e nella deflessione del pennello elettronico; vengono inoltre usate tensioni di accelerazione più elevate (10e18 kV, a fronte di 1d2 kV dei tubi catodici oscilloscopici). I fosfori impiegati (i materiali luminescenti dello schermo) sono di tipo P4 per i cinescopi in bianco e nero, e del tipo P22 per quelli a colori, secondo la nomenclatura americana. La persistenza della radiazione emessa al cessare dell’eccitazione del fosforo è definita lunga, media o breve a seconda che la sua durata sia dell’ordine, rispettivamente, del secondo, del millisecondo o del microsecondo. La forma del tubo dei cinescopi è tale da realizzare una grande superficie dello schermo con le minime dimensioni d’ingombro. Al riguardo è importante l’angolo di deviazione massima del pennello elettronico, definito, con riferimento alla geometria del tubo, come l’angolo di transizione fra il collo e la parte svasata del tubo: il passaggio dai 70° dei primi cinescopi ai 110° dei tipi più recenti ha determinato una riduzione di oltre il 40% della lunghezza del tubo. La realizzazione di angoli di deviazione ancora più grandi incontra difficoltà, non solo nella costruzione del tubo, ma anche nella progettazione del sistema di comando della deflessione, costituito essenzialmente da due coppie di bobine tra loro ortogonali, montate su un complesso chiamato giogo di deflessione posto attorno al collo del tubo, dalla parte della svasatura. Nei cinescopi è infatti impiegata la deflessione magnetica, in luogo di quella elettrostatica adottata nei tubi per oscilloscopi. Le bobine del giogo di deflessione, percorse da correnti a denti di sega, generano due campi magnetici fra loro ortogonali e ortogonali all’asse del tubo, producendo lo spostamento orizzontale e verticale del puntino luminoso sullo schermo, in modo da comporre un aster, o quadro luminoso, mediante una serie di righe parallele e pressoché orizzontali, una sotto l’altra. Nello standard televisivo le frequenze sono di 625 righe per quadro, con 50 semiquadri interllacciati al secondo.
Ricevitori televisivi
L'elemento più importante in un ricevitore televisivo è il cinescopio, che trasforma gli impulsi elettrici del segnale televisivo in fasci di elettroni che colpiscono lo schermo, producendo un'immagine luminosa e continua. Il cinescopio è un tubo a raggi catodici, così chiamato in quanto genera un fascio di elettroni che hanno origine nel catodo, cioè l'elettrodo negativo. Nel collo del tubo è posto il cannone elettronico, composto da un filamento catodico riscaldato, una griglia di controllo e due anodi. Gli elettroni emessi dal catodo passano attraverso una sottile apertura nella griglia di controllo, mantenuta a un potenziale elettrico negativo rispetto al catodo, e vengono così concentrati in un fascio. I due anodi, posti a potenziale positivo crescente rispetto al catodo, accelerano gli elettroni, mentre il campo elettrico presente tra essi focalizza il fascio in modo che colpisca un singolo punto sullo schermo situato all'estremità opposta del tubo. Spesso al campo elettrico si preferisce un campo magnetico generato da una bobina di focalizzazione.
Lo schermo
Lo schermo è ottenuto rivestendo la parte interna dell'estremità del cinescopio con una sostanza che diventa luminescente quando viene bombardata con un fascio di elettroni. Quando il tubo è in funzione, il fascio di elettroni viene visualizzato sotto forma di un piccolo punto luminoso. Nel cinescopio, due placche di deflessione muovono il fascio di elettroni, il cui orientamento dipende sia dalla polarità sia dalla quantità delle cariche presenti sulle due placche. La prima coppia di placche raffigurata nello schema deflette il fascio in direzione verticale, mentre la seconda agisce orizzontalmente. Quando un ricevitore è sintonizzato su una stazione, la scansione del fascio nel cinescopio risulta sincronizzata con quella della telecamera che riprende il segnale. Nei moderni cinescopi la deflessione è ottenuta per mezzo di due coppie di bobine magnetiche, le cui correnti, dette di deflessione, provengono da un generatore sincronizzato con un generatore analogo situato nel trasmettitore. Il segnale in ingresso viene amplificato dal ricevitore televisivo e applicato alla griglia di controllo del cinescopio. La polarità della griglia, e quindi la quantità di elettroni che la oltrepassano giungendo sino allo schermo, dipende dall'intensità del segnale ricevuto. Per mezzo dell'azione combinata della tensione di scansione e di quella del segnale in ingresso, il fascio di elettroni disegna sullo schermo del cinescopio una sequenza di punti che riproduce esattamente l'immagine originale. La dimensione del lato maggiore di un cinescopio determina la grandezza dell'immagine sullo schermo; in commercio si trovano perlopiù schermi con diagonale compresa fra 3,8 e 89 cm. Per ottenere immagini di dimensioni maggiori si ricorre ai sistemi di videoproiezione su maxischermo. Recentemente sono stati messi a punto schermi a cristalli liquidi (LCD che possono raggiungere dimensioni massime di circa 12,7 cm.
Circuiti del ricevitore
Lo schema generale dei circuiti di un moderno ricevitore televisivo è piuttosto complesso. Il segnale proveniente dall'antenna viene sintonizzato e amplificato nello stadio a radiofrequenza. Un mixer combina il segnale con l'uscita di un oscillatore a frequenza costante, restituendo frequenze di battimento che corrispondono a segnali video e audio; tali frequenze vengono separate tramite circuiti di filtraggio selettivo e poi sono amplificate separatamente. Il segnale audio viene preamplificato, demodulato e quindi amplificato nuovamente come nei normali ricevitori FM. Il segnale video viene a sua volta preamplificato e demodulato, e poi inviato all'amplificatore video; all'uscita di quest'ultimo un circuito di filtraggio separa il segnale in due componenti. Il segnale della telecamera e gli impulsi di cancellazione vengono inviati direttamente alla griglia del cinescopio per regolare l'intensità del fascio di elettroni. I due insiemi di impulsi di sincronizzazione vengono filtrati nelle componenti orizzontale e verticale e applicati in ingresso agli oscillatori che pilotano i magneti di deflessione del cinescopio. Come nella radio, a partire dalla fine degli anni Sessanta i tubi elettronici a vuoto sono stati sostituiti da transistor, circuiti integrati e altri componenti elettronici a stato solido, che occupano meno spazio e soprattutto consumano molto meno energia.
Teletext
Il sistema Teletext permette di visualizzare informazioni testuali e semplici diagrammi sullo schermo, sfruttando alcune linee inutilizzate nel segnale televisivo. Il sistema Televideo della RAI trasmette notizie, previsioni del tempo, informazioni culturali e altro. Un decodificatore di cui è dotato il televisore separa le informazioni del Teletext dal resto del segnale ricevuto, e le visualizza sullo schermo. La risoluzione permessa dal sistema Teletext, solo 24 linee di 40 caratteri, è comunque molto bassa se paragonata a quella dei moderni computer.
Televisione a colori
La televisione a colori venne messa a punto negli Stati Uniti negli anni Cinquanta e fu introdotta in Europa nel 1967 (in Italia le prime trasmissioni sperimentali risalgono a metà degli anni Settanta). Si calcola che oggi nei paesi industrializzati più del 90% delle abitazioni sia dotato di un televisore a colori.
Sistemi per la ricezione di trasmissioni a colori
Le informazioni necessarie a un ricevitore per riprodurre immagini a colori sono contenute nel segnale di crominanza. Così come il segnale di luminanza determina la luminosità di ogni elemento (pixel) che compone l'immagine, il segnale di crominanza specifica tonalità e saturazione dello stesso elemento. I due segnali sono ottenuti da un'opportuna combinazione tricromatica dei segnali video forniti da una telecamera, ovvero dalle variazioni di intensità dei colori rosso, verde e blu. Nel ricevitore i tre segnali video, ottenuti separando opportunamente luminanza e crominanza, generano nuovamente le componenti rossa, verde e blu dell'immagine, e queste, una volta sovrapposte, restituiscono l'immagine originale.
Formazione dei segnali a colori
L'immagine a colori attraversa le lenti della telecamera e giunge a uno specchio dicroico che ha la proprietà di riflettere la componente rossa e di trasmettere le altre. Un secondo specchio riflette la componente blu e trasmette quella verde. Le tre immagini ottenute sono quindi messe a fuoco sulle facce di tre tubi di ripresa. Tre filtri di colore posti di fronte ai tubi garantiscono che il segnale ricevuto da ogni canale della telecamera sia composto dal solo colore primario per cui è predisposto. I segnali ottenuti dalla scansione delle tre componenti cromatiche vengono inviati a un sommatore elettronico che restituisce il segnale di luminosità e a un circuito encoder che li combina per ottenere il segnale di crominanza. I due segnali vengono quindi combinati per formare il segnale televisivo a colori.
Ricevitori a colori
Un ricevitore televisivo a colori incorpora un cinescopio a tre colori, dotato di tre cannoni a elettroni, uno per ogni colore primario, che scandiscono lo schermo attivando una matrice di fosfori colorati. La matrice è formata dalla ripetizione dei tre fosfori colorati – rosso, verde e blu – su tutta la superficie dello schermo. Una maschera forata posta tra i cannoni a elettroni e lo schermo consente a ogni fosforo colorato di essere investito soltanto dal flusso di elettroni proveniente dal cannone corrispondente; ad esempio, il fascio che "disegna" la componente rossa dell'immagine colpirà esclusivamente i fosfori rossi. In un televisore a colori il segnale a colori in ingresso viene separato in colore e luminosità. Il segnale del colore viene decodificato e ricombinato con le informazioni di luminosità, in modo da ottenere una serie di segnali relativi ai colori primari; tali segnali vengono inviati al cinescopio a tre colori che rigenera l'immagine originale. Il tubo a raggi catodici più utilizzato è il cinescopio, che è un componente insostituibile di tutti gli apparecchi televisivi. Le sue caratteristiche sono perciò direttamente legate a questo tipo di impiego. Il cinescopio della TV è l'ultimo anello della complessa catena di processi necessari per portare un 'immagine da una telecamera allo spettatore e dalla sua capacità di presentare una buona immagine dipende il giudizio su tutto il sistema. E’ richiesto uno schermo molto più grande che negli oscilloscopi, si arriva a diagonali di 28 pollici, e con angoli di deflessione maggiori per diminuire l'ingombro si è perciò passati da angoli di 70° ad angoli di 110°. Per questi motivi è necessario utilizzare campi magnetici, generati da bobine, poste sul collo del tubo. Sappiamo che la forza prodotta da un campo magnetico su una corrente elettrica è in direzione perpendicolare sia al campo che alla velocità dell'elettrone, perciò le bobine per la deflessione verticale sono disposte orizzontalmente e viceversa. Nelle televisioni italiane le correnti che circolano nelle bobine hanno la forma di un dente di sega e una frequenza di 15625 Hz (deflessione orizzontale) e di 50 Hz (deflessione verticale) per permettere la riproduzione di 50 semiquadri in ogni secondo, con ciascun quadro formato da 625 righe (625 righe x 25 quadri completi = 15625 Hz). E solo grazie al fenomeno della persistenza delle immagini nella retina dell'occhio umano che è possibile dare l'impressione del movimento con la riproduzione di 25 quadri completi in un secondo.
Cinescopi per televisori a colori
Nei cinescopi per TV a colori il procedimento per la riproduzione delle immagini deve tener conto non solo della luminosità della scena da riprodurre, ma anche del suo contenuto cromatico. A seconda di come viene ricostruita questa immagine abbiamo differenti tipi di cinescopi: a maschera forata, Trinitron, Precision In-Line, In-Line.
Cinescopio a maschera forata
Il primo tipo di cinescopio adottato negli apparecchi televisivi con buoni risultati è stato quello a "maschera forata" in cui l'immagine colorata viene ottenuta sullo schermo dall'intreccio di tre immagini di colore rosso, verde e blu, che corrispondono ai colori primari in cui era stata scomposta dalle telecamere la scena ripresa. Se utilizziamo tre proiettori, davanti ai quali sono stati posti filtri di colore rosso, verde e blu e inviamo la loro luce su uno schermo bianco, nella zona dove si sovrappongono l'occhio percepisce il bianco. Variando in modo opportuno l'intensità luminosa di queste tre sorgenti è possibile così riprodurre tutta l'infinita gamma dei colori esistenti in natura. Questo effetto è ottenibile senza ricorrere alla sovrapposizione delle tre luci colorate. E’ sufficiente ridurre considerevolmente il diametro dei cerchi luminosi e porli l'uno accanto all'altro. Stando ad una certa distanza l'occhio non riuscirà più a distinguere i singoli cerchi con i differenti colori: ciò che esso vedrà sarà un altro colore risultante dalla mescolazione additiva dei tre colori primari. Lo schermo di un cinescopio a maschera forata è formato da circa 440.000 gruppetti (triadi) costituiti da tre puntini in grado di emettere luce rossa, verde e blu. Grazie all’interposizione tra lo schermo e i tre cannoni elettronici, necessari per creare le tre immagini colorate, di un foglio di lamiera (maschera), pieno di minuscoli fori, circa 440000, tutti alla stessa distanza, il raggio di elettroni proveniente dal cannone del rosso andrà a colpire sempre il corrispondente punto rosso di ciascuna triade dello schermo. Cosi faranno i fasci di elettroni degli altri due colori. Per ciascuno dei tre segnali dei colori primari si richiede un cannone elettronico separato. Essi vengono supportati mediante tre bastoncini di vetro e disposti in circolo a 120° l'uno dall'altro. I tre raggi di elettroni vengono deflessi da un unico sistema di scansione; la luce emessa dai tre puntini di fosforo è proporzionale all'intensità dei raggi elettronici che li colpiscono. L'intensità della corrente di ciascun fascetto dipende dalla differenza di potenziale che viene a trovarsi tra catodo e griglia controllo di ciascun cannone. Il corretto allineamento dei tre fascetti elettronici è essenziale ai fini di una fedele riproduzione dei colori, perché infatti ogni minima deviazione in qualunque direzione di un fascio di elettroni può dar luogo a errori di purezza (quando va a colpire fosfori di altro colore) o di convergenza (quando va a colpire fosfori del colore giusto, ma di altre triadi).
Trinitron
Nel cinescopio a colori Trinitron, costruito dalla Sony, il compito di produrre i tre fascetti elettronici è affidato ad un solo cannone elettronico con tre catodi disposti su un piano orizzontale. Il catodo disposto centralmente è quello del verde (è stato scelto il verde per la maggior sensibilità dell'occhio per questo colore), e per la sua disposizione sull'asse del tubo non commette nessun errore di traiettoria. I tre fasci vengono poi focalizzati da un unico sistema di lenti elettrostiche a larga apertura che per le sue dimensioni non introduce nessun aberrazione significativa permettendo un'ottima focalizzazione dei tre fascetti elettronici su tutta la superficie dello schermo. Il sistema comprende anche due elettrodi di convergenza statica (equivalenti a due prismi ottici) che fanno convergere i tre fascetti al centro dello schermo, visto che questi emergono divergenti in senso orizzontale. Prima di giungere sullo schermo gli elettroni devono attraversare una griglia di apertura, che consiste in una maschera con un gran numero di fenditure verticali continue, formate per incisione chimica su una lastra di acciaio. Anche i fosfori sono depositati sullo schermo secondo terne di strisce verticali, allineate con le fenditure della griglia di apertura. Alle strisce dei fosfori si alternano una serie di strisce antiriflesso che hanno il compito di assorbire i raggi della luce ambiente. La convergenza e la purezza verticali non subiscono alterazioni rilevabili a causa della disposizione su strisce verticali dei fosfori; la stessa convergenza dinamica si ottiene in modo molto più semplice che con il cinescopio a maschera forata.
Cinescopio Precision in-line
Questo cinescopio, prodotto dalla Videocolor, utilizza una maschera fessurata, fosfori a strisce verticali, un unico cannone elettronico con tre catodi ed è in grado di produrre tre fascetti con caratteristiche molto precise grazie alla particolare tecnica costruttiva adottata. Questo cinescopio viene venduto già preregolato accuratamente e con il giogo fissato permanentemente (incollato) semplificando notevolmente il suo montaggio e le operazioni di collaudo. Tutto ciò garantisce una autoconvergenza completa.
Cinescopio in-line
Il cinescopio In-Line, introdotto dalla Philips con i modelli 2OAX e 3OAX, fa uso di tre cannoni elettronici distinti che vengono disposti allineati su uno stesso piano orizzontale. La maschera, simile a quella del cinescopio PIL, è più robusta della griglia del Trinitron poiché non è fessurata con linee continue bensì con fessure verticali segmentate le cui dimensioni sono in rapporto 10 (altezza) a 1 (larghezza). Anche in questo caso il cinescopio è autoconvergente e non vi è la necessità di effettuare regolazioni per ottenere la convergenza statica, dinamica e le purezza dei colori. Queste caratteristiche sono ottenute grazie all'azione combinata della particolare costruzione del cinescopio e della conformazione delle bobine del giogo di deflessione.

Turtù Andrea
4 A elt.
A.S. 2000/2001
1
Trasduttori ottico-elettrici: l’iconoscopio
Un trasduttore ottico-elettrico è capace di convertire un segnale luminoso di tipo ottico in uno elettrico. La traduzione del segnale avviene tramite un processo di scansione elettronica dell’immagine e la corrispondente variazione di ampiezza del segnale video in funzione delle luminosità dell’elemento esplorato. In base al principio di funzionamento si può operare la seguente classificazione dei dispositivi da ripresa:
➢ Tubi fotoemissivi ad elettroni veloci (iconoscopio) o ad elettroni lenti (orthicon), basati sull’effetto fotoelettrico esterno.
➢ Tubi fotoconduttivi (vidicon, plumbicon) che sono basati sull’effetto fotoelettrico interno.
➢ Dispositivi allo stato solido, basati sull’impiego di componenti elettronici ad accoppiamento di carica.
Le caratteristiche principali che definiscono il funzionamento ed il tipo di utilizzazione di un dispositivo da ripresa sono:
➢ Sensibilità: è data dall’ampiezza del segnale di uscita corrispondente ad un determinato illuminamento del dispositivo fotosensibile, per un prefissato valore del rapporto segnale/rumore.
➢ Risoluzione: l’attitudine de dispositivo da ripresa a risolvere i dettagli fini dell’immagine; la discontinuità insita nel processo di scansione elettronica dell’immagine, porta a considerare due valori di risoluzione, verticale ed orizzontale.
➢ Sensibilità spettrale, definita dalla sensibilità relativa del dispositivo fotosensibile in funzione della lunghezza d’onda della radiazione incidente
➢ Tempo di integrazione: è il tempo durante il quale un elemento fotosensibile è esposto con continuità alla radiazione incidente e ne integra quindi il flusso luminoso nel tempo; il suo valore è variabile in dipendenza del tipo di dispositivo considerato e della sua sensibilità.
L’iconoscopio
L’iconoscopio è stato il primo dispositivo da ripresa televisiva a scansione elettronica inventato nel 1923 da V. Zworykin. Essenzialmente è costituito da un tubo a raggi catodici recante, sul lato anteriore dello schermo, un mosaico fotoelettrico, e sul lato posteriore, un cannone elettronico, racchiusi in un bulbo di vetro ad alto vuoto, e da un sistema di lenti ottiche per la focalizzazione delle immagini sul mosaico. Il mosaico fotoelettrico è costituito da una piastra metallica, detta piastra del segnale, ricoperta da microscopiche cellule fotoemittenti, isolate sia dalla piastra che tra loro. Ciascuna microcellula presenta quindi una certa capacità elettrica rispetto alla piastra di segnale. Per realizzare il mosaico fotoelettrico si parte da una sottile lastra di mica avente una faccia metallizzata e l’altra ricoperta da un sottilissimo strato d’argento depositato per evaporazione sotto vuoto. Sottoponendo la pellicola d’argento, che non è continua ma formata da microscopici granuli, ad un trattamento di ossidazione in vapori di cesio si forma ossido di cesio sul quale viene fatto assorbire il cesio stesso. Con questo trattamento di attivazione, ciascun granulo diventa un minuscolo fotocatodo composto dal tipo Ag-D-Cs, con sensibilità spettrale praticamente estesa a tutta la gamma del visibile. La metallizzazione di una zona anulare del bulbo, prospiciente al mosaico fotoelettrico, costituisce l’anodo collettore comune a tutte le fotocellule. In assenza di radiazione luminosa incidente, gli elementi del mosaico fotoelettrico hanno tutti lo stesso potenziale della piastra di segnale e quindi i rispettivi condensatori d’immagine, rappresentativi delle rispettive capacità elettriche rispetto alla piastra di segnale, sono tutti scarichi. Quando, mediante un sistema esterno di lenti ottiche, l’immagine luminosa da convertire in segnale video viene proiettata sul mosaico, i minuscoli fotocatodo del mosaico emettono elettroni verso l’anodo, in numero proporzionale all’intensità della luce che li ha colpiti, acquistando così un potenziale positivo rispetto alla piastra di segnale. Sul mosaico si forma, in tal modo, un immagine elettronica, costituita da una distribuzione di cariche positive corrispondente alla distribuzione della luminosità sull’immagine ottica. Ciascuna fotocellula del mosaico, essendo isolata da tutte le altre, conserva la sua carica positiva, accumulata nel rispettivo condensatore d’immagine, fino a che non verrà scaricata al passaggio su di essa del fascio focalizzato di elettroni proveniente dal cannone elettronico. Il pennello elettronico esplora per tracce parallele l’intera superficie del mosaico, sotto il comando del giogo di deflessione (due coppie di bobine ortogonali fra loro, percorse da due distinte correnti a dente di sega), trasformando così l’immagine elettronica del mosaico in una sequenza ordinata nel tempo di impulsi elettrici, che forniscono ai capi della resistenza di carico Rc il segnale video in uscita. In sostanza il pennello elettronico funziona da commutatore per ciascun elemento del mosaico. Infatti, ogni singolo elemento del mosaico è rappresentabile con la fotocellula che esso forma con l’anodo comune, e con un condensatore corrispondente alla sua capacità rispetto alla piastra di segnale. Il pennello elettronico agisce come un circuito separato che scarica periodicamente il condensatore, fornendo con ciò un impulso di corrente attraverso la resistenza di carico. In pratica il processo di conversione di una immagine ottica in una serie ordinata di impulsi elettrici risulta meno semplice di quanto esposto, a causa soprattutto della emissione secondaria (cioè elettroni lenti da parte di una superficie colpita da elettroni veloci) prodotta sul mosaico fotoelettrico dal pennello elettronico di scansione. Il mosaico ha un forte potere moltiplicatore, per cui in prossimità della superficie si determina una sensibile nube elettronica, la quale fa sì che gli elementi del mosaico non si comportino tutti nello stesso modo, a parità di illuminazione:, infatti, per la presenza di elettroni secondari fra elementi fotosensibili vicini, possono stabilirsi delle correnti elettroniche che tendono a distruggere le d.d.p. fra elemento ed elemento, con conseguenze negative sulla sensibilità e sulla fedeltà del trasduttore. Un altro inconveniente è costituito dall’inclinazione che il cannone elettronico presenta rispetto all’asse ottico del tubo, perpendicolare al piano del mosaico. Tale inclinazione impone l’adozione di particolari accorgimenti per ridurre l’entità della distorsione trapezoidale e per mantenere a fuoco il pennello elettronico in tutti i punti della superficie esplorata. Come tubo da ripresa televisiva, l'iconoscopio presenta molti svantaggi; il più rilevante è forse la necessità di sorgenti di illuminazione estremamente potenti per ottenere segnali video di qualità accettabile. Valido in condizioni di luce controllata, l'iconoscopio diviene pressoché inutilizzabile in condizioni di luce non ottimali.
Trasduttori elettro-ottici: il cinescopio
Il cinescopio è un particolare tubo a raggi catodici nel quale l’intensità del pennello elettronico, che determina la traccia luminosa sullo schermo fluorescente, è funzione dell’ampiezza del segnale video. Grazie alla presenza, di opportuni impulsi di sincronismo, aggiunti in trasmissione al segnale video, il pennello elettronico si muove in perfetto sincronismo con la scansione elettronica relativa al dispositivo di ripresa, e ciò consente di riprodurre, riga per riga, l’immagine originaria. In generale, i tubi da riproduzione televisiva si distinguono dai normali tubi catodici impiegati negli oscilloscopi, per una maggiore precisione nella focalizzazione e nella deflessione del pennello elettronico; vengono inoltre usate tensioni di accelerazione più elevate (10e18 kV, a fronte di 1d2 kV dei tubi catodici oscilloscopici). I fosfori impiegati (i materiali luminescenti dello schermo) sono di tipo P4 per i cinescopi in bianco e nero, e del tipo P22 per quelli a colori, secondo la nomenclatura americana. La persistenza della radiazione emessa al cessare dell’eccitazione del fosforo è definita lunga, media o breve a seconda che la sua durata sia dell’ordine, rispettivamente, del secondo, del millisecondo o del microsecondo. La forma del tubo dei cinescopi è tale da realizzare una grande superficie dello schermo con le minime dimensioni d’ingombro. Al riguardo è importante l’angolo di deviazione massima del pennello elettronico, definito, con riferimento alla geometria del tubo, come l’angolo di transizione fra il collo e la parte svasata del tubo: il passaggio dai 70° dei primi cinescopi ai 110° dei tipi più recenti ha determinato una riduzione di oltre il 40% della lunghezza del tubo. La realizzazione di angoli di deviazione ancora più grandi incontra difficoltà, non solo nella costruzione del tubo, ma anche nella progettazione del sistema di comando della deflessione, costituito essenzialmente da due coppie di bobine tra loro ortogonali, montate su un complesso chiamato giogo di deflessione posto attorno al collo del tubo, dalla parte della svasatura. Nei cinescopi è infatti impiegata la deflessione magnetica, in luogo di quella elettrostatica adottata nei tubi per oscilloscopi. Le bobine del giogo di deflessione, percorse da correnti a denti di sega, generano due campi magnetici fra loro ortogonali e ortogonali all’asse del tubo, producendo lo spostamento orizzontale e verticale del puntino luminoso sullo schermo, in modo da comporre un aster, o quadro luminoso, mediante una serie di righe parallele e pressoché orizzontali, una sotto l’altra. Nello standard televisivo le frequenze sono di 625 righe per quadro, con 50 semiquadri interllacciati al secondo.
Ricevitori televisivi
L'elemento più importante in un ricevitore televisivo è il cinescopio, che trasforma gli impulsi elettrici del segnale televisivo in fasci di elettroni che colpiscono lo schermo, producendo un'immagine luminosa e continua. Il cinescopio è un tubo a raggi catodici, così chiamato in quanto genera un fascio di elettroni che hanno origine nel catodo, cioè l'elettrodo negativo. Nel collo del tubo è posto il cannone elettronico, composto da un filamento catodico riscaldato, una griglia di controllo e due anodi. Gli elettroni emessi dal catodo passano attraverso una sottile apertura nella griglia di controllo, mantenuta a un potenziale elettrico negativo rispetto al catodo, e vengono così concentrati in un fascio. I due anodi, posti a potenziale positivo crescente rispetto al catodo, accelerano gli elettroni, mentre il campo elettrico presente tra essi focalizza il fascio in modo che colpisca un singolo punto sullo schermo situato all'estremità opposta del tubo. Spesso al campo elettrico si preferisce un campo magnetico generato da una bobina di focalizzazione.
Lo schermo
Lo schermo è ottenuto rivestendo la parte interna dell'estremità del cinescopio con una sostanza che diventa luminescente quando viene bombardata con un fascio di elettroni. Quando il tubo è in funzione, il fascio di elettroni viene visualizzato sotto forma di un piccolo punto luminoso. Nel cinescopio, due placche di deflessione muovono il fascio di elettroni, il cui orientamento dipende sia dalla polarità sia dalla quantità delle cariche presenti sulle due placche. La prima coppia di placche raffigurata nello schema deflette il fascio in direzione verticale, mentre la seconda agisce orizzontalmente. Quando un ricevitore è sintonizzato su una stazione, la scansione del fascio nel cinescopio risulta sincronizzata con quella della telecamera che riprende il segnale. Nei moderni cinescopi la deflessione è ottenuta per mezzo di due coppie di bobine magnetiche, le cui correnti, dette di deflessione, provengono da un generatore sincronizzato con un generatore analogo situato nel trasmettitore. Il segnale in ingresso viene amplificato dal ricevitore televisivo e applicato alla griglia di controllo del cinescopio. La polarità della griglia, e quindi la quantità di elettroni che la oltrepassano giungendo sino allo schermo, dipende dall'intensità del segnale ricevuto. Per mezzo dell'azione combinata della tensione di scansione e di quella del segnale in ingresso, il fascio di elettroni disegna sullo schermo del cinescopio una sequenza di punti che riproduce esattamente l'immagine originale. La dimensione del lato maggiore di un cinescopio determina la grandezza dell'immagine sullo schermo; in commercio si trovano perlopiù schermi con diagonale compresa fra 3,8 e 89 cm. Per ottenere immagini di dimensioni maggiori si ricorre ai sistemi di videoproiezione su maxischermo. Recentemente sono stati messi a punto schermi a cristalli liquidi (LCD che possono raggiungere dimensioni massime di circa 12,7 cm.
Circuiti del ricevitore
Lo schema generale dei circuiti di un moderno ricevitore televisivo è piuttosto complesso. Il segnale proveniente dall'antenna viene sintonizzato e amplificato nello stadio a radiofrequenza. Un mixer combina il segnale con l'uscita di un oscillatore a frequenza costante, restituendo frequenze di battimento che corrispondono a segnali video e audio; tali frequenze vengono separate tramite circuiti di filtraggio selettivo e poi sono amplificate separatamente. Il segnale audio viene preamplificato, demodulato e quindi amplificato nuovamente come nei normali ricevitori FM. Il segnale video viene a sua volta preamplificato e demodulato, e poi inviato all'amplificatore video; all'uscita di quest'ultimo un circuito di filtraggio separa il segnale in due componenti. Il segnale della telecamera e gli impulsi di cancellazione vengono inviati direttamente alla griglia del cinescopio per regolare l'intensità del fascio di elettroni. I due insiemi di impulsi di sincronizzazione vengono filtrati nelle componenti orizzontale e verticale e applicati in ingresso agli oscillatori che pilotano i magneti di deflessione del cinescopio. Come nella radio, a partire dalla fine degli anni Sessanta i tubi elettronici a vuoto sono stati sostituiti da transistor, circuiti integrati e altri componenti elettronici a stato solido, che occupano meno spazio e soprattutto consumano molto meno energia.
Teletext
Il sistema Teletext permette di visualizzare informazioni testuali e semplici diagrammi sullo schermo, sfruttando alcune linee inutilizzate nel segnale televisivo. Il sistema Televideo della RAI trasmette notizie, previsioni del tempo, informazioni culturali e altro. Un decodificatore di cui è dotato il televisore separa le informazioni del Teletext dal resto del segnale ricevuto, e le visualizza sullo schermo. La risoluzione permessa dal sistema Teletext, solo 24 linee di 40 caratteri, è comunque molto bassa se paragonata a quella dei moderni computer.
Televisione a colori
La televisione a colori venne messa a punto negli Stati Uniti negli anni Cinquanta e fu introdotta in Europa nel 1967 (in Italia le prime trasmissioni sperimentali risalgono a metà degli anni Settanta). Si calcola che oggi nei paesi industrializzati più del 90% delle abitazioni sia dotato di un televisore a colori.
Sistemi per la ricezione di trasmissioni a colori
Le informazioni necessarie a un ricevitore per riprodurre immagini a colori sono contenute nel segnale di crominanza. Così come il segnale di luminanza determina la luminosità di ogni elemento (pixel) che compone l'immagine, il segnale di crominanza specifica tonalità e saturazione dello stesso elemento. I due segnali sono ottenuti da un'opportuna combinazione tricromatica dei segnali video forniti da una telecamera, ovvero dalle variazioni di intensità dei colori rosso, verde e blu. Nel ricevitore i tre segnali video, ottenuti separando opportunamente luminanza e crominanza, generano nuovamente le componenti rossa, verde e blu dell'immagine, e queste, una volta sovrapposte, restituiscono l'immagine originale.
Formazione dei segnali a colori
L'immagine a colori attraversa le lenti della telecamera e giunge a uno specchio dicroico che ha la proprietà di riflettere la componente rossa e di trasmettere le altre. Un secondo specchio riflette la componente blu e trasmette quella verde. Le tre immagini ottenute sono quindi messe a fuoco sulle facce di tre tubi di ripresa. Tre filtri di colore posti di fronte ai tubi garantiscono che il segnale ricevuto da ogni canale della telecamera sia composto dal solo colore primario per cui è predisposto. I segnali ottenuti dalla scansione delle tre componenti cromatiche vengono inviati a un sommatore elettronico che restituisce il segnale di luminosità e a un circuito encoder che li combina per ottenere il segnale di crominanza. I due segnali vengono quindi combinati per formare il segnale televisivo a colori.
Ricevitori a colori
Un ricevitore televisivo a colori incorpora un cinescopio a tre colori, dotato di tre cannoni a elettroni, uno per ogni colore primario, che scandiscono lo schermo attivando una matrice di fosfori colorati. La matrice è formata dalla ripetizione dei tre fosfori colorati – rosso, verde e blu – su tutta la superficie dello schermo. Una maschera forata posta tra i cannoni a elettroni e lo schermo consente a ogni fosforo colorato di essere investito soltanto dal flusso di elettroni proveniente dal cannone corrispondente; ad esempio, il fascio che "disegna" la componente rossa dell'immagine colpirà esclusivamente i fosfori rossi. In un televisore a colori il segnale a colori in ingresso viene separato in colore e luminosità. Il segnale del colore viene decodificato e ricombinato con le informazioni di luminosità, in modo da ottenere una serie di segnali relativi ai colori primari; tali segnali vengono inviati al cinescopio a tre colori che rigenera l'immagine originale. Il tubo a raggi catodici più utilizzato è il cinescopio, che è un componente insostituibile di tutti gli apparecchi televisivi. Le sue caratteristiche sono perciò direttamente legate a questo tipo di impiego. Il cinescopio della TV è l'ultimo anello della complessa catena di processi necessari per portare un 'immagine da una telecamera allo spettatore e dalla sua capacità di presentare una buona immagine dipende il giudizio su tutto il sistema. E’ richiesto uno schermo molto più grande che negli oscilloscopi, si arriva a diagonali di 28 pollici, e con angoli di deflessione maggiori per diminuire l'ingombro si è perciò passati da angoli di 70° ad angoli di 110°. Per questi motivi è necessario utilizzare campi magnetici, generati da bobine, poste sul collo del tubo. Sappiamo che la forza prodotta da un campo magnetico su una corrente elettrica è in direzione perpendicolare sia al campo che alla velocità dell'elettrone, perciò le bobine per la deflessione verticale sono disposte orizzontalmente e viceversa. Nelle televisioni italiane le correnti che circolano nelle bobine hanno la forma di un dente di sega e una frequenza di 15625 Hz (deflessione orizzontale) e di 50 Hz (deflessione verticale) per permettere la riproduzione di 50 semiquadri in ogni secondo, con ciascun quadro formato da 625 righe (625 righe x 25 quadri completi = 15625 Hz). E solo grazie al fenomeno della persistenza delle immagini nella retina dell'occhio umano che è possibile dare l'impressione del movimento con la riproduzione di 25 quadri completi in un secondo.
Cinescopi per televisori a colori
Nei cinescopi per TV a colori il procedimento per la riproduzione delle immagini deve tener conto non solo della luminosità della scena da riprodurre, ma anche del suo contenuto cromatico. A seconda di come viene ricostruita questa immagine abbiamo differenti tipi di cinescopi: a maschera forata, Trinitron, Precision In-Line, In-Line.
Cinescopio a maschera forata
Il primo tipo di cinescopio adottato negli apparecchi televisivi con buoni risultati è stato quello a "maschera forata" in cui l'immagine colorata viene ottenuta sullo schermo dall'intreccio di tre immagini di colore rosso, verde e blu, che corrispondono ai colori primari in cui era stata scomposta dalle telecamere la scena ripresa. Se utilizziamo tre proiettori, davanti ai quali sono stati posti filtri di colore rosso, verde e blu e inviamo la loro luce su uno schermo bianco, nella zona dove si sovrappongono l'occhio percepisce il bianco. Variando in modo opportuno l'intensità luminosa di queste tre sorgenti è possibile così riprodurre tutta l'infinita gamma dei colori esistenti in natura. Questo effetto è ottenibile senza ricorrere alla sovrapposizione delle tre luci colorate. E’ sufficiente ridurre considerevolmente il diametro dei cerchi luminosi e porli l'uno accanto all'altro. Stando ad una certa distanza l'occhio non riuscirà più a distinguere i singoli cerchi con i differenti colori: ciò che esso vedrà sarà un altro colore risultante dalla mescolazione additiva dei tre colori primari. Lo schermo di un cinescopio a maschera forata è formato da circa 440.000 gruppetti (triadi) costituiti da tre puntini in grado di emettere luce rossa, verde e blu. Grazie all’interposizione tra lo schermo e i tre cannoni elettronici, necessari per creare le tre immagini colorate, di un foglio di lamiera (maschera), pieno di minuscoli fori, circa 440000, tutti alla stessa distanza, il raggio di elettroni proveniente dal cannone del rosso andrà a colpire sempre il corrispondente punto rosso di ciascuna triade dello schermo. Cosi faranno i fasci di elettroni degli altri due colori. Per ciascuno dei tre segnali dei colori primari si richiede un cannone elettronico separato. Essi vengono supportati mediante tre bastoncini di vetro e disposti in circolo a 120° l'uno dall'altro. I tre raggi di elettroni vengono deflessi da un unico sistema di scansione; la luce emessa dai tre puntini di fosforo è proporzionale all'intensità dei raggi elettronici che li colpiscono. L'intensità della corrente di ciascun fascetto dipende dalla differenza di potenziale che viene a trovarsi tra catodo e griglia controllo di ciascun cannone. Il corretto allineamento dei tre fascetti elettronici è essenziale ai fini di una fedele riproduzione dei colori, perché infatti ogni minima deviazione in qualunque direzione di un fascio di elettroni può dar luogo a errori di purezza (quando va a colpire fosfori di altro colore) o di convergenza (quando va a colpire fosfori del colore giusto, ma di altre triadi).
Trinitron
Nel cinescopio a colori Trinitron, costruito dalla Sony, il compito di produrre i tre fascetti elettronici è affidato ad un solo cannone elettronico con tre catodi disposti su un piano orizzontale. Il catodo disposto centralmente è quello del verde (è stato scelto il verde per la maggior sensibilità dell'occhio per questo colore), e per la sua disposizione sull'asse del tubo non commette nessun errore di traiettoria. I tre fasci vengono poi focalizzati da un unico sistema di lenti elettrostiche a larga apertura che per le sue dimensioni non introduce nessun aberrazione significativa permettendo un'ottima focalizzazione dei tre fascetti elettronici su tutta la superficie dello schermo. Il sistema comprende anche due elettrodi di convergenza statica (equivalenti a due prismi ottici) che fanno convergere i tre fascetti al centro dello schermo, visto che questi emergono divergenti in senso orizzontale. Prima di giungere sullo schermo gli elettroni devono attraversare una griglia di apertura, che consiste in una maschera con un gran numero di fenditure verticali continue, formate per incisione chimica su una lastra di acciaio. Anche i fosfori sono depositati sullo schermo secondo terne di strisce verticali, allineate con le fenditure della griglia di apertura. Alle strisce dei fosfori si alternano una serie di strisce antiriflesso che hanno il compito di assorbire i raggi della luce ambiente. La convergenza e la purezza verticali non subiscono alterazioni rilevabili a causa della disposizione su strisce verticali dei fosfori; la stessa convergenza dinamica si ottiene in modo molto più semplice che con il cinescopio a maschera forata.
Cinescopio Precision in-line
Questo cinescopio, prodotto dalla Videocolor, utilizza una maschera fessurata, fosfori a strisce verticali, un unico cannone elettronico con tre catodi ed è in grado di produrre tre fascetti con caratteristiche molto precise grazie alla particolare tecnica costruttiva adottata. Questo cinescopio viene venduto già preregolato accuratamente e con il giogo fissato permanentemente (incollato) semplificando notevolmente il suo montaggio e le operazioni di collaudo. Tutto ciò garantisce una autoconvergenza completa.
Cinescopio in-line
Il cinescopio In-Line, introdotto dalla Philips con i modelli 2OAX e 3OAX, fa uso di tre cannoni elettronici distinti che vengono disposti allineati su uno stesso piano orizzontale. La maschera, simile a quella del cinescopio PIL, è più robusta della griglia del Trinitron poiché non è fessurata con linee continue bensì con fessure verticali segmentate le cui dimensioni sono in rapporto 10 (altezza) a 1 (larghezza). Anche in questo caso il cinescopio è autoconvergente e non vi è la necessità di effettuare regolazioni per ottenere la convergenza statica, dinamica e le purezza dei colori. Queste caratteristiche sono ottenute grazie all'azione combinata della particolare costruzione del cinescopio e della conformazione delle bobine del giogo di deflessione.

Turtù Andrea
4 A elt.
A.S. 2000/2001
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