Vita e studi di Galileo Galilei

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

Galileo Galilei

La prima metà del 600 è un età di transizione, poiché si delineano i fondamenti di un nuovo metodo scientifico, che sarà l’esito di uno sforzo comune, di un’opera di collaborazione tra diversi scienziati che, osservando la natura, accumulano molti dati che verranno ordinati secondo un metodo quantitativo che fa crollare il vecchio metodo qualitativo.
Galilei nasce a Pisa nel 1564 e fu il più spregiudicato di queste novità. Fin dagli inizi è convinto che la nascita della nuova scienza derivava dalla necessità di inquadrare tutti i fenomeni naturali in un’interpretazione matematica della natura. La nuova scienza di Galilei nasce da questa nuova armonia che pone tra induzione e deduzione la fisica e la matematica. Mostrava particolare interesse per le macchine: era convinto che tramite le tecnologie si potesse far progredire la sperimentazione e il dominio dell’uomo sulla natura. La sua formazione culturale è sempre caratterizzata dall’amore e dall’interesse per la matematica, Sotto la guida di Ostilio Ricci studiò matematica e fisica, staccandosi dalla tradizione. In matematica, in questo periodo, il nuovo criterio quantitativo stava prendendo il posto del vecchio sistema qualitativo. La dimostrazione più eloquente di questo nuovo metodo la dà Galilei a 19 anni, quanto porta a termine la costruzione di una bilancia idrostatica, e usa la matematica per arrivare ad equilibrare i bracci della bilancia. La matematica diventa quindi uno strumento tecnico operativo. Nel 1589 Galileo insegna matematica per il triennio in un istituto superiore di Pisa. In questo periodo Galileo si arricchisce.
Si converte poi alla teoria eliocentrica, perché gli sembra che questa teoria sia più utile per il suo nuovo metodo perché le prove portate grazie all’osservazione di Copernico, sembrano più corrette. Lui si convince che il moto deve essere l’aspetto qualificante della concezione dell’universo, quindi la Terra deve muoversi. Scrive quindi il De Motu, in cui si stacca dalla fisica aristotelica. Nel 1592 inizia a insegnare all’università di Padova e ci resta fino al 1610. In questo periodo elabora le sue teorie fisico matematiche più profonde, e mette a punto la teoria secondo la quale il solo moto naturale direttamente sperimentabile è quello che attira i corpi verso il centro della Terra: il moto uniformemente accelerato. Intuisce che deve esserci una costante e basa tutta la sua meccanica su questo movimento.
È stato anche un ricercatore e un tecnico che ha aperto delle riflessioni molto profonde sull’uso degli strumenti, infatti il grande successo gli viene quando, nel 1609, mette a punto il cannocchiale. Lui lo perfeziona e lo presenta come suo, attirandosi le polemiche e una serie di rimostranze da parte dei critici, che però riconoscono un merito a Galilei: aver attribuito allo strumento un valore scientifico. Nel 1610, in seguito all’esplorazione di corpi celesti, viene pubblicato il Nunciu sidereus, ricco di risultati sconvolgenti che fanno decadere la vecchia tesi: scopre l’esistenza dei quattro satelliti di Giove (medicei), la superficie della Luna è accidentata (macchie erano dei crateri o montagne), le macchie solari sono dovute alla diversa concentrazioni di gas, vede e riconosce le diverse fasi di Venere. Subito dopo iniziano a circolare dei sospetti sulle sue scoperte e cerca di trovare un sostegno e sedare le polemiche con la Chiesa. Nonostante ciò, cresce il dissenso intorno a lui, soprattutto negli ambienti intellettuali e filosofici. L’avversario più implacabile è un suo ex amico, Cesare Cremonini, che considerava il cannocchiale uno strumento diabolico che, anziché potenziare la vista, la sdoppiava. Inizialmente la polemica tra i due sembra risolversi a vantaggiosi Galileo, ma dopo il 1711 la Chiesa passa all’attacco, affidandosi all’opera del cardinale Bellarmino, un Gesuita influente a anche un preparatissimo astronomo che si era accorto che Galileo aveva ragione, però ritiene prioritari gli interessi della Chiesa e, temendo che una diffusione della tesi copernicana avrebbe danneggiato il cattolicesimo, si occupa subito di impedire la divulgazione. Spostando l’uomo dal centro avrebbe fatto perdere all’uomo l’illusione di essere una creatura privilegiata di Dio e lo avrebbe fatto sentire autosufficiente senza Dio. Il conservatorismo , che era la posizione ufficiale della Chiesa, era deciso a combattere fino in fondo la propria battaglia entro queste tendenze innovatrici che minavano le fondamenta della religione cattolica. Galileo, inizialmente, compie una mediazione e combatte la sua battaglia con delle lettere copernicane, inviate a personaggi illustri del tempo: regina Cristina di Svezia, principessa Elisabetta del Palatinato, nelle quali cerca di dimostrare che non c’è alcun disaccordo tra la verità scientifica ottenute rigorosamente con il cannocchiale e le tesi dei testi sacri. In queste lettere si capisce che Galileo era perfettamente convinto che il nuovo tipo di ricerca scientifica implicasse anche l’accettazione o il rifiuto di criteri molto ideologici, su cui si basavano la meccanica, la matematica e l’astronomia. Cercava di propagandare il nuovo metodo, illudendosi di poter evitare il conflitto con la Chiesa, conflitto che era già in atto da quando la Chiesa si era presa il diritto di guidare la cultura. Queste lettere furono scritte tra il 1613 e il 1615 e l’argomento centrale era la contrapposizione che fa tra linguaggio della Bibbia, il linguaggio per la gente semplice, ispirato da Dio che non esprime il rigore, e il linguaggio della scienza, che tende al rigore. Galileo dice che dove sorga una discrepanza tra testo sacro e osservazione scientifica, occorrerà tenere presente specificità della Bibbia, ricordare che essa è regina solo della teologia e dell’etica, mentre la natura, che è esplicazione di Dio, va indagata con il metodo scientifico.
In questo modo, Galileo supera anche la questione della doppia verità. Per lui c’è una verità tradotta in linguaggi diversi e si chiede quanto sia autonoma la ricerca scientifica. La risposta è che la scienza, per essere davvero tale, deve essere uguale alla ricerca libera, autonoma , spontanea. L’unico limite deve essere la moralità del ricercatore, che ha dei limiti interni.
Nel febbraio 1616, Galileo viene invitato dal Sant’Uffizio a sospendere il suo insegnamento e lo scienziato promette di comportarsi come richiesto. Inizialmente sceglie il silenzio, che verrà rotto nel 1622, quando si fa coinvolgere in una polemica sull’origine delle comete con un Gesuita, e pubblica un’opera detta Il Saggiatore. In quest’opera sostiene una tesi sbagliata, ma questo libro è importante perché è considerato un trattato di metodologia matematica. Nel frattempo Urbano VIII era papa, il quale aveva sempre dimostrato una stima generale per Galileo. Sentendosi protetto, fa pubblicare la sua opera fondamentale, nel 1623: Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (tolemaico e copernicano). Per mostrarsi neutrale, sceglie una forma dialogica, alla quale partecipano tre personaggi:
- Simplicio : un aristotelico, convinto della tesi tolemaica;
- Salviati : uno scienziato del tempo di Galileo, copernicano;
- Sagredo : un colto che finge di essere ignaro alla questione.
Apparentemente Galileo è neutrale, perché mette sempre Simplicio in situazioni paradossali. Dopo la pubblicazione di quest’opera, c’è un processo contro Galileo, e viene costretto ad abiurare, e siccome non accetta l’abiura, viene incarcerato a vita. Passa la sua vita in carcere, però in questo periodo produce la sua ultima opera, dove dibatte su due nuove scienze: la dinamica e la resistenza dei materiali: I discorsi e le dimostrazioni matematiche su due nuove scienze.
Galileo vuole promuovere l’indagine della natura per scoprire le sue leggi. Si distacca sia dal misticismo medievale, che cerca nelle cose l’impronta di Dio, sia dalla concezione animistica del Rinascimento, che osservava la natura per trovare l’immagine dell’uomo. Il suo metodo ha due punti strettamente legati tra loro. La parte negativa comprende la critica all’aristotelismo e alla teologia, e la parte positiva che si serve dell’esperienza e del ragionamento (Sensate esperienze e certe dimostrazioni). Non critica tanto Aristotele, ma i suoi seguaci, perché erano semplicemente dei ripetitori poco intelligenti che ripetevano le sue massime, senza tener conto delle nuove scoperte. Se Aristotele era colpevole, lo erano di più i seguaci. La verità è figlia del tempo.
- Critica alla teologia : la Chiesa si opponeva alla tesi copernicana, perché temeva che la nuova teoria andasse contro la verità rivelata divina dei testi sacri. Galilei attribuisce alla scrittura un carattere soprannaturale, però chiarisce che la rivelazione di Dio non intende divulgare verità scientifiche, ma solo principi morali e religiosi, con un linguaggio semplice. Il linguaggio deve per forza corrispondere alle credenze popolari. Galileo fa notare che Dio si rivela all’uomo con la Bibbia e la natura, e se vuole arrivare ad una verità scientifica, deve interrogare la natura. Quindi c’è discordanza tra la Bibbia e la natura. Galileo si rifà a San Tommaso, perché c’è un parallelismo tra fede e ragione, quindi c’è autonomia tra scienza e teologia, evitando così la doppia verità;
- Concezione dell’universo : Galileo afferma che l’universo ha avuto da Dio un ordinamento matematico, poiché i suoi caratteri sono figure geometriche. Ogni fenomeno rientra nel meccanicismo universale. Ogni fatto è quel che è, poiché la natura non è più un organismo vivente animato, ma è una macchia intensa senza qualità. Ga solo grandezze e numeri che obbediscono a leggi fisse e immutabili. L’aspetto determinante dell’universo è la quantità e non è la forma distinta della materia, ma l’insieme delle particelle che sostituiscono la materia. Quindi si chiede se la materia è finita o infinita. Non sa dare una risposta certa, anche se sembra orientato verso l’infinito, dimostrando ciò con un semplice ragionamento: l’intelletto umano non è in grado di comprendere l’infinito ed è incapace di comprendere il mondo, che quindi è infinito.
Galileo distingue tra qualità oggettive e soggettive (vd Democrito). Afferma che le cose hanno delle proprietà come figure, grandezza, posizione, peso, che costituiscono la struttura delle cose (proprie degli oggetti, oggettive quindi primarie). Hanno anche altre caratteristiche, come il colore, suono, sapore, che non appartengono agli oggetti, ma sono sensazioni sensibili che si producono nel soggetto attraverso il contatto con l’organo di senso. Se eliminiamo le qualità secondarie (soggettive), il corpo continuerebbe ad esistere. Questa distinzione deriva il compito del filosofo, che deve cogliere le qualità oggettive. Perciò la matematica è l’unica disciplina che coglie la vera struttura dell’universo. Il metodo della matematica si basa su sensate esperienze e certe dimostrazioni. Le esperienze mostrano la verità di fatto, però la scienza non si ferma qui. Vuole sapere anche il perché. Perciò si devono interpretare le verità di fatto. Ciò è compito della matematica. La scienza prende il linguaggio dell’esperienza e o traduce in matematica, cercando l’aspetto quantitativo. Si deve scomporre un fenomeno in tutti gli elementi costitutivi, e stabilire i loro rapporti numerici:
- osservazione dei dati : era stata la struttura del metodo di Bacone, che era svincolato da qualsiasi teoria matematica, mentre per Galileo l’osservazione deriva dalla teoria matematica, che esiste già nella mente dello sperimentatore. In base a ciò si interpretano i dati;
- formulazione di un’ipotesi : nasce dall’osservazione nel momento in cui si compongono tutti gli elementi. Fino a qui il metodo è induttivo. A questo punto diventa deduttivo-compositivo. Si producono tutti gli elementi scomposti e si ricompongono per formare un’ipotesi risolutiva. Tutti gli elementi vengono ricomposti, collegati, si fa l’esperimento che dovrà confermare o smentire l’ipotesi (fase sintetica);
- esperimento : per farlo bisogna riprodurre artificialmente le condizioni naturali. Se l’ipotesi è corretta, create certe condizioni si avrà una conseguenza prevedibile. Se è sbagliata si riformula l’ipotesi per arrivare ad un effetto prevedibile.
Per fare ciò c’è bisogno delle macchie. Ciò dimostra che per Galileo è importante la tecnica. Il suo metodo non si fonda su come una cosa avviene ma sul perché. Per Galileo la veridicità della conoscenza umana è garantita dalla concordanza tra la natura e la matematica. Entrambe poggiano sulla matematica. L’intelletto ha una struttura matematica, perché coglie l’aspetto quantitativo delle cose, e anche l’universo ha una struttura matematica (vd Platone). Esiste un a differenza netta tra Platone e Galileo: per Platone c’è la separazione netta tra il mondo delle cose, la realtà sensibile (divenire) e il mondo delle idee (essere) e solo questo costituisce l’oggetto della vera conoscenza. Galileo rifiuta questo dualismo, affermando che esiste una sola realtà, sintesi di essere e divenire. Questa è oggetto di perfetta conoscenza. Galileo distingue tra conoscenza umana e divina. Entrambe sono diverse l’un l’altra per estensione di conoscenze e modo di conoscere, ma sono simili per grado di certezza. Infatti, la conoscenza di Dio è totale mentre quella dell’uomo è parziale. Dio conosce in modo intuitivo cogliendo in modo immediato la verità, mentre l’uomo discorsivamente attraverso lenti passaggi. Però per grado di certezza sono identici, perché Dio ha creato il mondo, le leggi che lo regolano, l’uomo, attraverso la matematica, ricerca il mondo riproducendo la natura artificialmente.

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