Galileo Galilei e Rivoluzione

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia
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Testo

Galileo Galilei
Galilei, così come anche Newton sono inseriti nei testi di filosofia, perché hanno contribuito a determinare un nuovo modo di pensare, come la filosofia, riguardo l’evoluzione, lo sviluppo della cultura e del modo di pensare; dunque questi autori anche con opere e attività prevalentemente di tipo scientifico hanno contribuito a creare una nuova mentalità. Galilei è ricordato nell’ambito della scienza, soprattutto perché ritenuto il fondatore del metodo sperimentale.
Galilei è vissuto tra il 1500 e il 1600. Nato a Pisa nel 1564, fece i primi studi in quest’Università. Il padre lo voleva avviare agli studi di medicina, ma lui abbandonò presto questi studi per dedicarsi allo studio della matematica. Già durante il periodo pisano fece importanti scoperte come quella dell’isocronismo delle oscillazioni del pendolo e la costruzione di una bilancetta per determinare il peso specifico dei corpi, dunque per queste scoperte fu chiamato a Padova, nell’Università in un ambiente molto più liberale e molto più aperto dove passò 18 anni della sua vita. Qui oltre all’insegnamento, fondò un vero e proprio laboratorio nel quale costruire strumenti scientifici e verificare le scoperte che faceva. Successivamente fu chiamato di nuovo a Firenze dal Granduca di Toscana che lo nominò matematico e filosofo. Nel frattempo Galilei si era dedicato con entusiasmo allo studio della teoria copernicana dalla quale la Chiesa si sentiva minacciata perché capiva che quella nuova concezione dell’universo avrebbe distrutto i presupposti dei testi biblici. Così la Chiesa nel 1616 sentì il bisogno di chiamare a rapporto Galilei, ma non ci fu un vero e proprio processo, infatti a Galilei fu proibito solo di insegnare e di rispondere alle teorie copernicane. Lo scienziato sembra obbedire, ma poi successivamente quando fu eletto papa Urbano VIII un tipo molto liberale e amico di Galilei, egli pensò che si poteva esporre di nuovo in modo evidente, però preferì parlare della teoria copernicana sotto forma di dialogo, perciò la sua opera è chiamata Dialogo sui massimi sistemi. Immaginò che c’erano 3 personaggi, uno era il sostenitore della teoria aristotelica (il vecchio modo di pensare), uno il sostenitore della teoria copernicana (il nuovo modo di pensare) e un altro che ascoltava le due condizioni e che poi liberamente avrebbe potuto esprimere un parere a favore di una o dell’altra teoria. Galilei scrisse quest’opera sotto forma di dialogo proprio per evitare l’imposizione della Chiesa, ciò in quest’opera lui sarebbe stato la persona che ascoltava, quindi non faceva parte ne della teoria aristotelica ne di quella copernicana. E’ importante anche quest’opera, perché e la prima opera a carattere scientifico ad essere scritta in volgare. Galilei scrive in volgare perchè la sua opera non era rivolta solo a scienziati e intellettuali, ma anche ad un pubblico più basso. Egli dunque cominciò ad essere accusato dagli ambienti domenicani che dicevano che egli si prendesse gioco del papa. Infatti nella sua opera il rappresentante della teoria aristotelica si chiamava Simplicio e rappresentava appunto la figura di un sempliciotto, e secondo molti Galilei si divertiva ad accostare questo personaggio al Papa. A questo punto, allora, il Papa chiama nel 1633 Galilei ad un nuovo processo dove viene condannato e alla fine lo costringono ad abiurare. Passa gli ultimi anni della sua vita nella casa ad Arcetri assistito dalla figlia che era suora. Divenuto poi cieco muore nel 1642.
La scienza per Galilei è un sapere di tipo sperimentale e matematico. E’ un sapere che per questo diventa oggettivo, cioè valido universalmente. Galilei quindi è il sostenitore di questa impostazione della scienza. Anche la natura è vista in modo diverso. Infatti non è più vista alla maniera rinascimentale come un organismo animato, ma come un ordine autonomo regolato da leggi e rapporti di tipo causale, cioè dato un certo presupposto si verifica una certa conseguenza. Lo scienziato deve scoprire questi legami e quindi le cause efficienti, ovvero quando una cosa si verifica. Si parla in effetti di cause efficienti per distinguerle da quelle finali, perché la scienza non si occupa delle “essenze” e del “fine ultimo” delle cose. Quindi questa nuova concezione della scienza e della natura si afferma definitivamente con Galilei. Inoltre si afferma in questo periodo una nuova concezione della natura chiamata meccanicismo. La natura va avanti per processi interni e i fattori che determinano i cambiamenti sono materia e movimento. Quindi nella natura non si vedono interventi di cause esterne.
La Chiesa rappresentò un grande ostacolo per l’affermarsi della concezione scientifica perché la nuova teoria copernicana andava contro quello che veniva affermato nelle scritture e siccome allora si riteneva che le Sacre Scritture fossero un documento a carattere storico tutto quello che c’era scritto era vero. Ma Galilei si pose il problema dell’interpretazione delle Sacre Scritture; secondo la Chiesa, in questo modo natura e Bibbia andavano in contraddizione, ma Galilei dice che natura e Sacre Scritture sono tutte e due opere di Dio e per questo non possono essere in contraddizione. Però dice: le Sacre Scritture non vanno intese in modo letterale, ma vanno interpretate, perché sono state scritte molti anni fa per dei popoli molto ignoranti invece il libro della natura va letto in caratteri matematici validi universalmente, per cui sono le Sacre Scritture che devono essere continuamente interpretate alla luce delle scoperte scientifiche.
Galilei, dice che, gli aristotelici sono portatori di un sapere dogmatico, cioè un sapere acritico, che accetta tutto quello che si dice per un principio, ovvero il principio dell’autorità. Dunque si afferma il principio dell’Ipse dixit: una cosa è vera perché lo dice Aristotele. Le due autorità erano rappresentate allora, dal punto di vista religioso dalla Chiesa e in campo culturale da Aristotele. Il criterio di verità di una dottrina o di una concezione era valutato in base alla coerenza con queste autorità. Se quello che una persona diceva era coerente a quello che dicevano queste due autorità era vero, altrimenti era falso. In questo modo il sapere e la cultura sono fermi. Il principio dell’ipse dixit, cioè l’ha detto lui, quindi automaticamente è vero, per Galilei non deve valere più, ma la verità è rappresentata dalla conoscenza scientifica, cioè da delle affermazioni che sono sottoposte all’esperimento, a ciò che viene verificato. Soltando in questo modo il sapere si mette in modo, infatti nel ‘600 e nel ‘700 si verificano importanti scoperte in vari campi delle scienze. Quando Galilei dice queste cose non si mette fuori dall’ambito religioso, perché non dice che le Sacre Scritture sono false, ma dice che le scritture e la natura sono due cose create da Dio, perciò non possono essere in contraddizione tra loro. In Galilei dunque, c’è un nuovo concetto di esperienza. Quando lui parla di esperienza non si riferisce a ciò che i sensi ci attestano, ma parla di “sensata esperienze”, cioè un’esperienza ragionata che alcune volte ci deve portare al di là delle cose che i sensi ci dicono. In effetti se noi ci attenessimo sempre a quello che i sensi ci dicono, dovremmo dire ad esempio che è il Sole che si muove. Galilei dunque si era posto il compito di far capire ai dotti della Chiesa che quello che vedevano era frutto di un’errata percezione e che la realtà era diversa da come i sensi ce la comunicavano. La posizione di Galilei rispetto alla teoria della doppia verità va oltre, perché la teoria della doppia verità dice che ci possono essere concezioni opposte in fede e nella ragione, Galilei dice invece che dicono tutte e due la stessa cosa.
Galilei è dichiarato l’inventore del metodo scientifico e sperimentale, anche se egli non ha mai scritto un’opera nella quale spiegava come si procede, sono stati gli storici della filosofia che osservando come egli si muoveva hanno tirato fuori un certo modo di procedere. Galilei si basava su due fattori per arrivare a una conoscenza di tipo scientifico, ovvero esperienza e ragione. Lui parlava di “sensate esperienze” e “necessarie dimostrazioni”. Le sensate esperienze sono l’esperienze ragionate, mentre le necessarie dimostrazioni sono le dimostrazioni di tipo matematico che ci vogliono per dare sostegno a determinate ipotesi.
La ragione mette capo a quello che è il cosiddetto metodo deduttivo, l’esperienza mette capo a quello che è il metodo induttivo. Il metodo induttivo si basa sul particolare, mentre quello deduttivo sull’universale. Il metodo deduttivo è un metodo analitico. Analisi in greco vuol dire scomposizione. Se noi prendiamo ad esempio una figura geometrica e la scomponiamo, attraverso un ragionamento, senza riferimento all’esperienza è possibile ricavare tutta una serie di proprietà di quella figura. Le conclusioni che si tirano fuori da un processo analitico sono universali e necessarie. Universali perché sono valide per tutti e necessarie sono quelle che non possono essere altre. Il procedimento del pensiero di tipo deduttivo - analitico procede dal generale al particolare attraverso procedimenti logici, e arriva a conclusioni universali e necessarie. Il metodo induttivo, cioè quello che utilizza l’esperienza parte dal particolare e arriva al generale. Dal punto di vista logico questo metodo non ha una valenza universale, difatti si basa su affermazioni vere fino a prova contraria, cioè su affermazioni di tipo probabilistico.
Galilei a volte nel suo metodo partiva dall’esperienza e poi si preoccupava di farci una dimostrazione, altre volte invece la intuiva solo teoricamente, infatti alcuni suoi esperimenti non sono mai stati fatti. Uno di questi esperimenti è quello in cui lancia dalla torre di Pisa la pietra e la piuma. Si pensa che questo esperimento non sia mai stato fatto perché altrimenti Galilei doveva dar ragione ad Aristotele sul fatto che la pietra cade molto più velocemente della piuma. Galilei invece andava oltre l’esperienza e pensava ad una realtà che non si vedeva, ovvero una realtà in assenza di aria. Quindi lui pensava queste cose solo mentalmente.
Secondo Galilei la fisica non si doveva interessare delle proprietà qualitative delle cose, ma adottando delle nuove proprietà di tipo quantitativo. Aristotele voleva scoprire l’essenza dei fenomeni, mentre la scienza moderna non si interessava delle essenze dei fenomeni e non si interessava inoltre del perché finale delle cose, ma del perché causale, cioè per quali cause avveniva una determinata cosa. Per cui con Galilei, ma questo lo aveva posto già Democrito, compito della scienza è quello di interessarsi delle qualità primarie o oggettive dei corpi e non delle qualità secondarie o soggettive. Le qualità primarie o oggettive dei corpi sono quelle che appartengono ai corpi, mentre le qualità secondarie o soggettive possono portare a conclusioni diverse.
E’ importante collegare il sapere teorico e il sapere pratico. Questa era una caratteristica ripresa dal Rinascimento, ovvero l’alleanza tra scienziati e artigiani. Galilei era uno di questi, in effetti quando era a Padova fonda un laboratorio dove creava strumenti che gli servivano a dimostrare i suoi esperimenti. Egli fu il primo a usare uno strumento per finalità scientifica. Puntando il suo telescopio nel cielo aveva scoperto una realtà del tutto diversa dalla concezione aristotelica e tolemaica. In effetti egli aveva scoperto le macchie della Luna, i satelliti di Giove gli anelli di Saturno ecc.
Un altro importante concetto espresso da Galilei è la relatività del moto. Le obiezione che la Chiesa faceva a Galilei erano: se la Terra gira in modo vorticoso intorno al Sole noi non dovremmo essere sbalzati tutti fuori? E se la Terra gira su se stessa quando lanciamo un peso ad esempio dall’alto di una torre non dovrebbe cadere più spostato? Galilei invece diceva: se stiamo all’interno di un sistema è tutto il sistema che si muove, inoltre non possiamo distinguere tra due stati fisici lo stato di quiete e il moto rettilineo uniforme.
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Esempio



  


  1. diego

    degli appunti di scienze sui fenomeni naturali e vari esperimenti