Materie: | Appunti |
Categoria: | Filosofia |
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Data: | 28.02.2007 |
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Testo
SOCRATE
VITA
Socrate (Atene 469 - 399 a.C.), figlio di uno scultore e di una levatrice, si dedicò fin da giovanissimo alla filosofia, entrando in contatto con i maggiori sofisti. Visse nel periodo del lungo conflitto tra Atene e Sparta, che si concluse con la vittoria di quest'ultima. Più volte Socrate prese parte agli scontri militari, distinguendosi per valore e abnegazione e mostrando quella grande forza di carattere che lo caratterizzerà in seguito anche nella vita civile. La sua adesione all'ordinamento democratico di Atene non fu infatti incondizionata: da un lato avanzò critiche in nome della ragione e della giustizia, dall'altra riteneva che non tutti i cittadini fossero idonei a partecipare alle decisioni pubbliche, ma solo quelli che disponevano di un'adeguata preparazione. Anche sotto il regime oligarchico dei Trenta Tiranni egli non esitò ad opporsi all'opinione della maggioranza o del potere ogni volta che lo ritenne giusto, anche a rischio di gravi conseguenze (come quando si oppose a Crizia, disobbedendo all'ordine di uccidere un avversario politico del regime).
Per Socrate la ricerca filosofica era una pratica di vita a cui bisognava dedicarsi con coerenza totale e senza cedere a compromessi. Ma non tenne cattedra. Non si professò, come i Sofisti, maestro di sapere. Passava le sue giornate conversando dappertutto e con tutti, su qualsiasi argomento. Se la sua straordinaria personalità non mancò di lasciare il segno su tutti i suoi interlocutori, anticonformismo e autonomia dei giudizi morali lo misero in cattiva luce di fronte all'opinione democratica più conservatrice, che considerava il suo insegnamento nocivo per la difesa dei valori tradizionali della polis. Dopo la caduta dei Trenta, nel 399, venne processato per empietà e corruzione dei giovani. È probabile che gli accusatori mirassero soltanto al suo esilio, ma egli, come sempre, rifiutò i compromessi e, rinunciando all'opportunità della fuga, bevve la cicuta dopo l'estremo saluto ai suoi allievi più fedeli.
PENSIERO
Socrate non lasciò scritti, perché pensava, dice Platone, che i discorsi scritti sono come le figure dipinte: se le si interroga non rispondono. Invece filosofare è colloquio vivo, perenne tensione verso la verità, che non può essere fissata una volta per tutte nella parola scritta. Quel che sappiamo di lui e del suo insegnamento lo dobbiamo soprattutto a Platone, che ne fece il protagonista della maggior parte dei suoi dialoghi, e che, specialmente nei primi di essi (i cosiddetti dialoghi socratici), ritrasse nella maniera più fedele il suo pensiero. Altre testimonianze ci vengono da Senofonte, Aristofane e Aristotele.
Socrate, al pari dei sofisti, è incurante delle ricerche scientifiche sulla natura: anche a lui non interessa che l'uomo e il suo mondo. Come i sofisti, egli è critico implacabile di qualsiasi specie di conformismo sociale e morale, accettato passivamente e acriticamente. Ma mentre la sofistica si limita a una critica delle norme sociali o statali in quanto le ritiene puramente "convenzionali", Socrate mira a ricostruire la morale sulla base dell'autorità interna della coscienza, guidata dalla ragione e dalla riflessione costante dell'uomo su se stesso e sul suo fare. Il motto dell'oracolo di Delfi, conosci te stesso, diventa per Socrate l'indicazione della ricerca filosofica. Socrate stesso si ritiene ignorante e non si fa perciò portatore di un qualche sapere compiuto sull'uomo: egli si pone il compito di liberare gli altri da questa fatale illusione di sapere per porre la condizione essenziale alla costruzione di una vera conoscenza. Il metodo della ricerca socratica non può dunque essere che il dialogo. Tutti parlano con sicurezza di virtù, di giustizia, di coraggio, di bellezza, ma enumerandone i casi particolari collettivamente condivisi. Socrate invece vuole sapere, non quali siano le cose belle, giuste, ma che cosa sia il bello, il giusto ecc., che è comune a tutte le cose che diciamo belle e giuste. La domanda socratica sul che cosa mira infatti alla definizione dell'essenza, all'universalità del concetto. È per questo che Aristotele attribuisce a Socrate la scoperta del ragionamento induttivo (inteso qui come un processo che da un certo numero di casi particolari risale all'universale).
Se il dialogo si conclude in genere senza la proposta di una precisa definizione, l'interlocutore di Socrate ne esce sempre turbato e in preda al dubbio, ovvero disposto ad ammettere la propria ignoranza e ad impegnarsi nella ricerca del sapere. Suscitando con l'ironia la messa in discussione di se stessi, Socrate, con l'arte della maieutica (del far partorire) aiuta l'interlocutore a esprimere da sé quel tanto di verità che la sua anima possiede: è nel travaglio interno della propria anima che ciascuno deve cercare, e cercare per sempre, la verità che guida la nostra vita. Se il sapere filosofico s'identifica con la conoscenza che l'uomo ha di se stesso, esso è tutt'uno con il sapere pratico, ovvero, la coscienza morale. Solo essa consente all'uomo di realizzare la sua umanità sottraendosi agli impulsi e alle passioni e diventando padrone di sé (in questo consiste la libertà umana). La virtù è conoscenza, il male è frutto dell'ignoranza. La conoscenza del bene è tutt'uno con la sua pratica: solo nella realizzazione razionale della virtù l'uomo è felice. Insieme al concetto di anima, intesa come interiorità spirituale individuale, l'altro fondamentale contributo di Socrate all'etica è la tesi dell'importanza della cura di sé, come scopo autentico della vita umana.