Shopenhauer

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Testo

SHOPENHAUER
Radici culturali del sistema.
Schopenhauer si pone come punto di scontro o incontro d’esperienze filosofiche eterogenee:
• Platone→ di cui lo attrae la teoria delle IDEE, intese come forme eterne sottratte alla caducità dolorosa del nostro mondo.
• Kant→ da cui deriva l’impostazione SOGGETTIVISTICA della sua gnoseologia.
• Illuminismo→ lo interessa il filone materialistico e quello dell’ideologia, da cui eredita la tendenza a considerare la vita psichica e sensoriale in termini di fisiologia del sistema nervoso.
• Voltaire→ ne desume lo spirito ironico e brillante e la tendenza demistificatrice.
• Romanticismo→ da cui trae alcuni temi fondamentali del suo pensiero come, l’Irrazionalità, l’Arte, la Musica, il tema dell’Infinito, in altre parole, la tesi della presenza nel mondo di un Principio Assoluto e soprattutto ne trae il dolore.
Sebbene il Romanticismo sul piano filosofico adottasse una tendenza sicuramente positivistica, Schopenhauer è certamente orientato verso il PESSIMISMO.
Rifiuta “l’idealismo”, che viene spregiativamente indicato come:
“Filosofia dell’Università”,
Presentato come una “filosofia Farisaica” (che non è al servizio della verità).
A Fiche e Schelling riconosce una sorta d’ingegno, ma per lui mal impiegata, mentre Hegel è descritto come un “Sicario della verità”.
Nell’universo spirituale di Schopenhauer un caratteristico rilievo occupa la filosofia orientale, alla quale, iniziato da Mayer.
1) E’ stato il più gran filosofo a tentare il recupero d’alcuni motivi del pensiero dell’estremo Oriente.
2) Ha desunto da esso un prezioso repertorio d’immagini e d’espressioni suggestive.
3) È stato un ammiratore della sapienza orientale ed un profeta del suo successo in Occidente.

Par. 1.3 “il mondo della rappresentazione di come ”
Kant → Il fenomeno è realtà, l’unica realtà accessibile alla mente umana e il noumeno è un concetto limite che serve da “pro – memoria” critico per rammentarci i limiti della conoscenza.
Mentre per il Criticismo il fenomeno è l’oggetto della rappresentazione che esiste fuori della conoscenza, anche se viene appreso tramite un corredo di forme a priori.
Schopenhauer → Il fenomeno è illusione, parvenza, sogno, mentre il noumeno è una realtà che si nasconde dietro l’ingannevole trama del fenomeno e che il filosofo ha il compito di scoprire.
Il fenomeno di cui parla Shopenhauer, è una rappresentazione che esiste solo dentro la coscienza.
“il mondo è la mia rappresentazione”.
Si avvicina alla filosofia orientale indiana e buddista.
La “rappresentazione” ha due aspetti essenziali e inseparabili, la cui distinzione costituisce la forma generale della conoscenza:
!) da un lato c’è il soggetto rappresentante.
2) dall’altro c’è l’oggetto rappresentato.
Soggetto e oggetto esistono solo all’interno delle rappresentazioni.
Il Materialismo è falso perché nega il soggetto riducendolo all’oggetto o alla materia.
Ad esempio, l’idealismo di Fichte è errato perché compie il tentativo opposto, in altre parole quello di negare l’oggetto riducendolo al soggetto.
Schopenhauer ammette solo tre forme a priori:
• Spazio,
• Tempo,
• Casualità (unica categoria che kant aveva elencato, poiché tutte le altre sono riconducibili a questa e poiché la realtà stessa è dell’oggetto si risolve completamente nella sua casualità.)
Per lui la rappresentazione è una forma fantasmagorica, traendo la conclusione che la vita è un sogno, un tessuto d’apparenze.
(cita: veda, Platone, Pindaro, Sofocle, Shakspeare, Calderon De La Barca.)
Di là dal sogno, per lui esiste la vera realtà, sulla quale l’uomo non può fare a meno di interrogarsi, poiché è un animale metafisico.
Par.1.4 “la scoperta della vita d’accesso alla cosa in sé”.
Schopenhauer presenta la sua filosofia come un’integrazione di quella di Kant.
Se fossimo soltanto rappresentazione e coscienza, non potremmo mai uscire dal mondo fenomenico, ossia dalla rappresentazione esteriore di noi e delle cose.
Ma poiché siamo dati a noi medesimi non solo come rappresentazione, ma anche come corpo, non ci limitiamo a vederci dal di fuori ci viviamo anche dal di dentro, godendo e soffrendo.
Infatti, così ci rendiamo conto che la cosa in sé del nostro essere globalmente considerato è la brama o la VOLONTA’ DI VIVERE, cioè un impulso che c’induce ad esistere e ad agire.
Noi siamo vita e volontà di vivere e il nostro corpo non è che la manifestazione esteriore dell’insieme delle nostre brame interiori.
( Ad esempio: apparato digerente → volontà di nutrirsi; apparato sessuale → volontà di accoppiarsi e riprodursi.).
La volontà di vivere non è soltanto per Schopenhauer la radice noumenica dell’uomo, ma l’essenza segreta di tutte le cose, ossia la cosa in sé dell’universo.
Par. 1.5 “caratteri e manifestazioni della “Volontà di vivere”.
Essendo di là dal fenomeno, la volontà presenta caratteri contrapposti a quelli del mondo delle rappresentazioni, perché si sottrae alle forme proprie di quest’ultimo: _ spazio,
_ tempo,
_ casualità.
Il termine volontà in senso “metafisico – schopenhaueriano”, non s’identifica con quello di volontà di coscienza, ma con il concetto più generale d’energia o d’impulso.
La volontà è UNICA poiché esistendo al di fuori dello spazio e del tempo si sottrae costituzionalmente a ciò che i filosofi del Medioevo chiamano “principio d’individuazione”.
La volontà non è qui più di quanto non sia là.
Essendo oltre la forma del tempo la volontà è anche eterna e indistruttibile, ossia un principio senza inizio né fine.
Essendo fuori della categoria di causa (per Schopenhauer “principio di ragione”) la volontà si configura anche come una forza libera, come un’Energia incassata, senza un perché e senza uno scopo.
Noi possiamo cercare la ragione di questa o la manifestazione fenomenica della volontà, ma non della volontà in se stessa.

Crudeltà del mondo: milioni d’esseri non vivono che per vivere e continuare a vivere.
È questa per Schopenhauer l’unica crudele verità sul mondo, anche se gli uomini hanno cercato per lo più di “smascherare” la sua terribile evidenza postulando un Dio cui si sarebbe finalizzata e in cui troverebbe un senso la loro vita.
Dio nell’universo doloroso di Schopenhauer, non può esistere perché e l’unico assoluto è la volontà stessa.
Unica, eterna e incausato sono i caratteri che da sempre si sono conferiti a Dio, cui i Romantici hanno conferito poi l’Infinito.
La volontà di vivere si manifesta in due fasi:
- Nella prima, la volontà si oggettiva in un sistema di forme immutabili, a spaziali e a temporali, che platonicamente si chiamano idee e che considera alla stregua d’archetipi del mondo.
- Nella seconda la volontà si oggettiva nei vari individui del mondo naturale, che non sono nient’altro che la moltiplicazione vista attraverso il prisma dello spazio e del tempo, delle idee.
Individui - idee→ copiamodello.
Par.1.6 “il pessimismo”.
A) Dolore, piacere e noia.
Affermare che l’essere è la manifestazione di una volontà infinita equivale a dire che la vita è dolore per essenza:
Infatti, volere significa desiderare,
desiderare significa trovarsi in uno stato di tensione, per la mancanza di qualcosa che non si ha e che si vorrebbe avere.
Il desiderio risulta: vuoto, assenza e indigenza→ dolore.
Tuttavia per Schopenhauer, per un desiderio appagato ne rimangono almeno 10 insoddisfatti: le esigenze vanno all’infinito.
Dove c’è un desiderio appagato, ce n’è uno più forte.
Ciò che gli uomini chiamano “godimento (fisico) o gioia (psichica) ” non è altro che una cessazione del dolore.
Per Schopenhauer perché ci sia un piacere, bisogna per forza che vi sia uno stato precedente di tensione o di dolore, ma lo stesso non vale per il dolore, che non può essere ridotto come un puro gioco dialettico di parole, a cessazione del piacere, poiché un individuo può sperimentare una catena di dolori senza che questi siano preceduti da altrettanti piaceri, mentre ogni piacere nasce solo come cessazione di una qualche preesistente tensione fisica o psichica.
Il dolore è un dato principale e permanente.
Il piacere è solo una funzione derivata del dolore che vive unicamente a spese di questo.
Schopenhauer accanto al dolore e al piacere, pone una terza situazione esistenziale: la noia.
Il dolore costituisce la legge profonda della vita, ciò che distingue i casi e le situazioni umane è solo il diverso modo o le diverse forme in cui esso appare:
amore, gelosia, invidia, odio, paura, ambizione, avarizia, infermità ecc..
B) La sofferenza universale.
Il dolore non riguarda solo l’uomo ma ogni creatura.
Tutto soffre.
“Pessimismo cosmico” di tutta la storia del pensiero, ritenendo che:
Il male non sia solo nel mondo ma, nel principio stesso da cui esso dipende.
Dietro le celebrate meraviglie del creato, si cela in realtà, secondo Schopenhauer, un’arena d’esseri tormentati e angosciati, i quali esistono solo a patto di divorarsi l’un l’altro.
E in questa vicenda irrazionale della vita cosmica l’individuo appare soltanto come uno strumento per la specie, fuori della quale egli non ha valore.
C) L’illusione dell’amore.
Il fatto che alla Natura interessi solo la soppravivenza della specie trova una sua manifestazione espressiva nell’amore, fenomeno che Schopenhauer ritiene basilare per l’individuo e di cui la filosofia deve occuparsi.
Il fine dell’amore, o lo scopo per cui esso è voluto dalla natura è solo l’accoppiamento, un desiderio nascosto sessuale che con l’innamoramento, si traduce nel ciclo accoppiamento - procreazione.
Vuol dire che, l’individuo è lo zimbello della natura proprio là ove crede di realizzare maggiormente il proprio godimento e la propria personalità.
(es., mantide femmina).
Ma, se l’amore è un puro strumento per continuare la specie, non c’è amore senza sessualità.
Ed è per questo insieme di ragioni che l’amore viene inconsapevolmente avvertito come peccato e vergogna.
Esso, infatti, compie il maggiore dei delitti: la perpetuazione d’altre creature destinate a soffrire.
Par.1.7 “la critica delle varie forme d’ottimismo”.
A) Il rifiuto dell’ottimismo cosmico.
Schopenhauer tenta di celare le menzogne, con cui gli uomini cercano di celare a se stessi il dato negativo del vivere o la cruda realtà del mondo in generale.
Questo tipo di polemica trova uno dei suoi bersagli nell’ottimismo cosmico che circonda in buona parte delle filosofie e delle religioni occidentali, ossia in quello schema di pensiero che interpreta il mondo come un organismo perfetto, provvidenzialmente governato da un Dio, oppure dalla ragione immanente.
Per Schopenhauer, la vita è un’esplosione di forze sostanzialmente irrazionali, ed il mondo è il teatro dell’illogicità e della sopprafazione
→ Legge della giungla.
Le religioni sono “metafisiche per il popolo”.
B) Il rifiuto dell’ottimismo sociale.
Un’altra menzogna contro cui si scaglia è quella della sulla tesi della bontà e socievolezza umana.
La regola di fatto dei rapporti umani è sostanzialmente il conflitto ed il tentativo di sopprafazione reciproca.
La cattiveria connaturata nell’uomo, nei confronti dei suoi simili, è già evidente dal fatto che le disgrazie altrui provocano spesso una malcelata soddisfazione al nostro feroce istinto egoistico, mentre ogni vantaggio del prossimo, c’irrita.
Se gli uomini vivono assieme non è tanto per simpatia o innata socievolezza, ma soprattutto per bisogno.
Se esiste qualcosa come “lo Stato e le sue leggi”, non è certo per l’intrinseca eticità umana, ma solo per necessità di difesa e di regolazione degli istinti aggressivi degli individui.
Il pensiero di Schopenhauer e definito “misantropo”.
D) Il rifiuto dell’ottimismo storico
Polemica ogni forma di stoicismo.
Ridimensiona la portata conoscitiva della storia, affermando che essa non è una vera e propria scienza, in quanto è costretta a limitarsi alla catalogazione dell’individuale.
È inferiore sia all’arte sia alla filosofia, poiché queste mirano alle strutture universali e permanenti.
Gli storici a furia di studiare gli uomini, finiscono per perdere di vista l’uomo, o per celare nell’illusione che gli uomini mutino davvero d’epoca in epoca.
Di là dal miraggio del tempo e della storia, il destino dell’uomo presente nei suoi caratteri essenziali: nascita - sofferenza - morte.
Par.1.8 “le vie di liberazione del dolore”.
La vita è sostanzialmente dolore al di là di qualsiasi apparenza ingannevole.
Di conseguenza si penserebbe che Schopenhauer, metta capo ad una filosofia del suicidio universale, invece, egli lo rifiuta e lo condanna per due motivi fondamentali:
1) Il suicidio è un atto di forte affermazione di volontà, in quanto, il suicida più che negare la volontà, egli nega la vita.
2) Il suicidio sopprime unicamente l’individuo, ossia una manifestazione fenomenica della volontà di vivere, lasciando intatta la cosa in sé che pur morendo in un individuo, rinasce in 1000 altri.
(esempio. Sole).
La vera risposta al dolore consiste nella liberazione stessa della volontà di vivere.
Da ciò nascono le tre tappe della liberazione: arte, la morale e l’ascesi.
a) L’arte:
L’arte è conoscenza libera e disinteressata, che si rivolge alle idee, ossia alle forme pure o ai modelli eterni delle cose.
Nell’arte quest’amore, quest’afflizione e questa guerra divengono ad esempio l’amore, l’afflizione e la guerra, in altre parole l’essenza immutabile di tali fenomeni.
Il soggetto che contempla le idee, non è più l’individuo naturale, ma il puro soggetto del conoscere, il puro occhio del mondo.
L’arte è cataritica per essenza, in quanto l’uomo, grazie ad essa, più che vivere contempla la vita, elevandosi al di sopra della volontà, del dolore e del tempo.
• Architettura→ più bassa delle manifestazioni della volontà.
• Scultura, pittura e poesia→ hanno per oggetto le idee.
• Tragedia→ autorappresentazione del dramma della vita.
• Musica→ arte suprema, è un’immediata rivelazione della volontà stessa.
La funzione liberatrice dell’arte è pur sempre temporanea e parziale ed ha carattere di un gioco effimero o di un breve incantesimo, quindi non è mai una via per uscire dalla vita, ma solo un conforto alla vita stessa.
b) L’etica della pietà.
La morale implica un impegno nel mondo a favore del prossimo, è un tentativo di superare l’egoismo e di vivere quella lotta incessante degli individui fra di loro, che costituisce, l’ingiustizia e che rappresenta una delle maggiori fonti del dolore.
La morale si concretizza in due virtù cardinali:
1) LA GIUSTIZIA: che è un primo freno all’egoismo, ha un carattere negativo, poiché consiste nel non fare male e nell’essere disposti a riconoscere agli altri ciò che siamo pronti a riconoscere a noi stessi.
2) LA CARITA’ O AGAPE’: s’identifica con la volontà positiva e attiva di fare del bene al prossimo. Diversamente dall’eros, che essendo egoistico e interessato, è un falso amore, l’agape, essendo disinteressato è vero amore.
c) L’ascesi.
Nasce dall’errore dell’uomo ed è l’esperienza per la quale l’individuo, cessando di volere la vita ed il volere stesso, si propone di estirpare il proprio desiderio di esistere, di godere e di volere.
È l’unico vero atto di libertà che è possibile all’uomo, infatti, l’individuo, è un anello della catena causale ed è necessariamente determinato dal suo carattere.
Nel misticismo ateo di ., l’uomo non rientra nella grazia come nel cristianesimo, ma il cammino nella salvezza mette a capo il nirvana buddista, che è l’esperienza del nulla.
Un nulla che la negazione del mondo, ossia un oceano di pace o uno spazio illuminato dalla serenità

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