Schelling: vita e opere

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Testo

SCHELLING
CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE

1775 Il 27 gennaio Friedrich Wilhelm Joseph Schelling nasce a Leonberg, nel
Wuerttemberg, primo di cinque figli. Il padre, pastore protestante, coltiva studi di
orientalistica e critica biblica e avvia fin dall'infanzia Friedrich alla conoscenza del
mondo antico.

1790 Dopo aver compiuto i primi studi a Bebenhausen e Nuertingen, dove fra l'altro
ha modo di conoscere per la prima volta Hoelderlin, Schelling viene ammesso a soli 15
anni (con tre anni di anticipo sulla norma) allo Stift di Tubinga, dove e' compagno di
camera (ma non di corso) di Hegel e dello stesso Hoelderlin.

1792 Conclude il biennio filosofico con la dissertazione Antiquissimi de prima malorum
humanorum origine philosophematis Gens. III explicandi tentamen criticum et
philosophicum, in cui e' evidente l'approccio razionalistico al testo biblico. L'anno
successivo, lo stesso approccio viene applicato al campo dell'interpretazione mitologica
nel saggio Sui miti, le leggende storiche e i fenomeni del mondo antico. Per quanto
l'ambiente dello Stift sia poco permeabile alle novita' filosofiche e politiche, Schelling
ha comunque modo di entrare in contatto con le dottrine fichtiane e le idee politiche
rivoluzionarie provenienti dalla Francia. Dopo aver incontrato Fichte e aver letto la
prima parte (quella teoretica) della Dottrina della scienza, Schelling pubblica nel 1794
Sulla possibilita' di una forma della filosofia in generale e nel 1795 Sull'Io come
principio della filosofia.

1795 Conclude il triennio teologico con la dissertazione De Marcione Paullinarum
epistolarum emendatore. Viene chiamato a collaborare al "Philosophisches Journal",
dove pubblica, tra il 1795 e il 1796, le Lettere filosofiche sul dogmatismo e il
criticismo. Rinuncia quindi alla carriera ecclesiastica e trova impiego come precettore
presso il barone von Riesedel, i cui figli segue prima a Stoccarda (tra il novembre
1795 e il marzo1796) e poi a Lipsia. Nello stesso 1796 redige la Nuova deduzione del
diritto naturale, anche in conseguenza del fatto di essersi dovuto occupare, nella sua
nuova veste, degli studi giuridici dei giovani von Riesedel. Tra il 1796 e il 1797 torna
sull'interpretazione di Fichte nei Trattati per la chiarificazione dell'idealismo della
Dottrina della scienza. Ma, soprattutto, in questi anni getta le basi della propria
filosofia della natura con le Idee per una filosofia della natura e la prima versione di
Sull'anima del mondo.

1798 In estate si trasferisce da Lipsia a Jena, chiamato dalla locale Universita'
(grazie anche ai buoni uffici di Goethe), di fatto in sostituzione di Fichte, costretto a
dimettersi in seguito alla polemica sull'ateismo. Qui entra in contatto con i principali
esponenti del circolo romantico. Fonda la rivista "Zeitschrift fuer spekulative Physik",
progettata come strumento di diffusione della nuova filosofia della natura, e nel 1802,
con Hegel, il "Kritisches Journal der Philosophie". Pubblica il Primo abbozzo di un
sistema di filosofia della natura (1799), con la relativa Introduzione (1799), il
Sistema dell'idealismo trascendentale (1800), la Deduzione universale del processo
dinamico (1800), l'Esposizione del mio sistema di filosofia (1801), il dialogo Bruno
(1802), le Ulteriori esposizioni del mio sistema di filosofia (1803), le Lezioni sul
metodo dello studio accademico (tenute per la prima volta nel 1802, ma pubblicate nel
1803).

1803 Nell'estate, sposa Carolina Michaelis, vedova del medico Boehmer e gia' sposata
in seconde nozze con August Wilhelm Schlegel, da cui aveva ottenuto il divorzio nello
stesso 1803. Anche per il deteriorarsi dei rapporti personali con gli amici di Jena, in
autunno si trasferisce a Wuerzburg, chiamato come professore ordinario. Nel 1805
fonda, con Marcus, gli "Jahrbuecher der Medicin als Wissenschaft". Pubblica Filosofia
e religione (1804) in risposta alle tesi sostenute da Eschenmayer nello scritto La
filosofia nel suo passaggio alla non-filosofia, gli Aforismi introduttivi alla filosofia della
natura (1805) e gli Aforismi sulla filosofia della natura, la cui seconda parte apparira'
quando Schelling avra' gia' lasciato Wuerzburg (1806-7). A questo periodo
appartengono anche la Filosofia dell'arte (corsi tenuti in origine a Jena tra il 1802 e il
1803 e ripresi a Wuerzburg tra il 1804 e il 1805), la Propedeutica filosofica (1804)
e il Sistema dell'intera filosofia (1804), che saranno tuttavia pubblicati postumi.

1806 In seguito alla pace di Presburgo (dicembre 1805), Wuerzburg passa sotto il
controllo austriaco. Nella successiva primavera, Schelling decide quindi di trasferirsi a
Monaco, dove, non esistendo ancora una Universita', entra a far parte dell'Accademia
delle Scienze, presieduta da Jacobi. Il 12 ottobre 1807, in occasione dell'onomastico
del re, tiene il celebre discorso Sul rapporto delle arti figurative con la natura. Nel
1808 e' nominato Segretario Generale dell'Accademia delle Arti Figurative, creata in
pratica appositamente per Schelling al fine di evitargli la difficile convivenza con
Jacobi. A questo periodo risalgono l'ultimo intervento contro Fichte, l'Esposizione dei
veri rapporti della filosofia della natura con la dottrina migliorata di Fichte (1806) e
le Ricerche filosofiche sull'essenza della liberta' umana (1809). Nel frattempo, in
seguito alla pubblicazione della Fenomenologia dello Spirito (1807), si consuma anche la
rottura con Hegel.

1809 Il 7 settembre muore la moglie Carolina. Schelling, fortemente provato, si
trasferisce per qualche mese a Stoccarda, tra il febbraio e l'ottobre del 1810, dove
tiene le celebri Privatvorlesungen e compone il dialogo Clara, vera e propria
meditazione sulla morte. Il rientro a Monaco e' segnato dalle polemiche. Nel 1811,
Jacobi pubblica un aspro attacco contro Schelling (Sulle cose divine e la loro
rivelazione), a cui Schelling risponde con altrettanta violenza con il Monumento dello
scritto sulle cose divine (1812). Nello stesso periodo, lavora al progetto delle Eta' del
mondo, di cui prepara due versioni (una nel 1811 e l'altra nel 1813) che vengono
entrambe prima consegnate all'editore e poi ritirate, e un'ulteriore elaborazione nel
1815.

1812 Sposa Paulina Gotter, figlia di un'amica di Carolina, con cui era da tempo in
corrispondenza e che gli rimarra' accanto per tutto il resto della vita, dandogli sei
figli. Nel 1813 fonda una nuova rivista, la "Allgemeine Zeitschrift von Deutschen fuer
Deutsche", che ospita nel suo primo numero la disputa con Eschenmayer a proposito
delle Ricerche filosofiche, ma che avra' vita ancora piu' breve delle precedenti. Nel
1815 pubblica la lezione Sulle divinita' di Samotracia.

1820 é chiamato a Erlangen, dove restera' per sette anni, tenendo come professore
libero lezioni di storia della filosofia e filosofia della mitologia. Le lezioni del semestre
invernale 1820-21 furono dedicate agli Initia philosophiae universae, cioe' ai
fondamenti dell'intera filosofia.

1827 Rientra nuovamente a Monaco come professore di filosofia presso l'Universita'
(trasferita l'anno precedente da Landschut) e come Presidente dell'Accademia delle
Scienze. L'unico scritto filosofico pubblicato in questi anni da Schelling e' la Prefazione
ai Fragments philosophiques di Victor Cousin (1834), ma nel frattempo Schelling lavora
al progetto della "filosofia positiva", in opposizione alla "filosofia negativa" della
tradizione razionalistica e formalistica. I quaderni originali dei corsi tenuti da
Schelling in questi anni sono andati perduti nel corso dei bombardamenti del 1944, ma
rimangono gli appunti di studenti e uditori. Tra le opere riprese nell'edizione delle
opere complete figurano la Prima lezione monachese (1827), i corsi del 1836-37 sulla
Storia della filosofia moderna, e sull'Esposizione dell'empirismo filosofico. Per altri
scritti (alcuni dei quali hanno subito vari rimaneggiamenti) la datazione non puo'
ritenersi sempre certa: Sistema delle eta' del mondo (1827-28); Introduzione alla
filosofia (1830); Filosofia della Rivelazione (1831-32); Sistema della filosofia positiva
e Sistema delle eta' del mondo (1832-33); Filosofia della Mitologia (1835-36);
Sistema della filosofia positiva (1836-37); Filosofia della Mitologia (1837-38);
Introduzione nella filosofia (1839).

1841 Schelling, anche a motivo della situazione non proprio favorevole ai Protestanti
determinatasi in Baviera, accetta l'invito di Federico Guglielmo IV di Prussia e si
trasferisce a Berlino come libero docente (con il compito, probabilmente, di arginare il
successo dilagante della filosofia di Hegel, deceduto dieci anni prima). Anche qui i suoi
corsi - che vedranno come uditori Kierkegaard, Feuerbach, Engels - vertono
principalmente sulla filosofia della Mitologia e la filosofia della Rivelazione, e sono
ricostruibili in buona parte solo attraverso Nachschriften: Filosofia della Rivelazione
(1841-42); Filosofia della Rivelazione (1842-43 e 1844); Principi della filosofia -
Esposizione del processo naturale (1843-44); Filosofia della Mitologia (1845-46). A
questo stesso periodo (1847-54) appartengono l'Introduzione filosofica alla filosofia
della Mitologia e il Saggio sull'origine delle verita' eterne e il discorso Osservazioni
preliminari alla questione sull'origine del linguaggio (1850).

1854 Il 20 agosto muore a Bad Ragaz in Svizzera, dove si trovava in villeggiatura.
LA FILOSOFIA DELLA NATURA

Il primo periodo della speculazione di Schelling, compreso tra il 1794 e il 1796,è
caratterizzato dalla ripresa e dallo sviluppo della filosofia di Fichte. Con quest'ultimo
Schelling condivide pienamente l'impianto idealistico; il riferimento kantiano alla 'cosa
in sé' viene sostituito con la ricerca di un principio assoluto da cui derivino sia la
forma sia il contenuto della conoscenza. Sin da questa prima fase fichtiana, Schellin
manifesta, tuttavia, due esigenze che condurranno a un'aperta critica del suo maestro.
In primo luogo, emerge l'istanza di ricercare il fondamento primo della conoscenza non
già, fichtianamente, nell'Io puro, bensi' in un principio originario che ricomprenda in sé
sia il momento soggettivo della conoscenza(cioè l'IO trascendentale)sia la sua
componente oggettiva (il Non-io-fichtiano).In altri termini, il soggetto e l'oggetto, lo
spirito e la natura, sono le due manifestazioni diverse ma equivalenti, dell'unico
principio assoluto. In secondo luogo- e di conseguenza-la derivazione fichtiana del
Non-io dall'Io appare insoddisfacente a Schelling, dato che essa risolve la natura,
ovvero il mondo oggettivo, in un momento interno al soggetto, in un semplice limite che
l'Io pone alla propria attività. Viceversa, Schelling intende affermare che, pur
essendo strettamente connessa con lo sviluppo del soggetto, la natura ha una realtà
propria, irriducibile a una mera proiezione ed autolimitazione dell'Io.Questi interessi
inducono Schelling a dedicare alcuni anni della propria attività giovanile, dal 1797 al
1800,all'elaborazione di una filosofia della natura. Sullo sfondo delle riflessioni
schellinghiani vi sono due referenti molto importanti; da un lato i recenti studi e le
nuove scoperte scientifiche nell'ambito della fisica, della chimica e della biologia, le
quali avevano per alcuni versi messo in questione l'impianto meccanicistico della scienza
newtoniana; dall'altro,la nuova interpretazione filosofica della natura in termini di vita
e di organismo, che era emersa dalle opere di Goethe, di Jacobi e, innanzi tutto, di
Kant. Se nella Critica della ragion pura(1781)Kant aveva elaborato una fondazione
trascendentale del meccanicismo newtoniano, nella Critica del Giudizio(1796)egli aveva
invece ammesso che la categoria della causalità meccanica era assolutamente
insufficiente a spiegare i più semplici fenomeni organici, come la crescita di un filo
d'erba o il movimento di un verme. La vita organica poteva essere compresa soltanto
facendo riferimento alla nozione di 'fine' che, non essendo una categoria
dell'intelletto, bensì un concetto della ragione, consentiva di oltrepassare, sia pure su
di un piano esclusivamente regolativi, un'interpretazione rigorosamente meccanicistica e
deterministica della natura. E la critica del giudizio fu l'opera di Kant che esercitò
maggiore influenza sulla cultura romantica, profondamente ostile al meccanicismo
razionalistico. Da Kant Schelling mutua, radicalizzandole, due importanti convinzioni. La
prima è che l'organismo è una realtà unitaria che possiede in se stessa e
oggettivamente il proprio principio di organizzazione. La seconda è che l'organicità può
essere estesa dal singolo essere vivente a tutta la natura considerata come una
totalità. Quest'ultima affermazione,tuttavia,aveva in Kant un valore esclusivamente
analogico,e gli consentiva soltanto di sostenere che la natura, nel suo insieme, può
essere considerata come un 'sistema di fini',cioè una totalità fornita di una finalità
complessiva analoga a quella che caratterizza il singolo essere animato. Influenzato
dalla tradizione neoplatonica, da Bruno e da Spinoza, Schelling giunge, invece, ad
affermare che la natura costituisce un organismo universale nel quale opera un unico
principio vitale, l'anima del mondo. In altri termini,sviluppando le riflessioni kantiane
sul concetto di organismo,Schelling arriva ad ammettere la stessa nozione-rfiutata da
Kant.-di materia vivente.La natura non è materia inerte,ma vita universale intrinseca
alla materia stessa,che continuamente si plasma e si trasforma in un continuo
divenire.Asserendo che la natura è vita,Schelling attribuisce ad essa,come proprietà
fondamentale,l'attività.Ciò equivale a riconoscere la sostanziale omogeneità di natura e
spirito,il quale trova appunto nell'attività la sua determinazione principale.Schelling
afferma,pertanto,la piena circolarità tra natura e spirito,che non sono né
indipendenti,né conseguenti(lo spirito non è lo sviluppo della natura o viceversa),ma i
due aspetti paralleli di un unico processo; La natura è lo spirito visibile,lo spirito è
natura invisibile. Avendo assimilata la natura all'attività dello spirito, Schelling può
applicare pure ad essa il principio della produzione dialettica che Fiche aveva riservato
all'IO puro.Anche l'attività della natura consiste infatti in un processo
oppositivo,inteso però non già,fichtianamente,come mera contrapposizione dell'oggetto
al soggetto,bensì come polarità-interna alla natura stessa-nella quale la tensione tra
due elementi esprime insieme la loro unità e la loro opposizione.Schelling
riconosce,inoltre,tre diversi tipi di polarità naturale,i quali corrispondono ad altrettanti
gradi o potenze della natura.Al livello inferiore si colloca l'opposizione tra le forze
attrattive e quelle repulsive,che si esprime soprattutto nella forza di gravità.La
scienza corrispondente a questa potenza è la fisica,la quale ha per oggetto la natura
inorganica considerata come massa.La seconda potenza esprime l'azione chimica ed è
fondata sull'opposizione tra sintesi e analisi:al suo interno si distinguono i fondamenti
del magnetismo,dell'elettricità e della luce.Se l'equilibrio ci mettono capo le forze
fisiche ha carattere statico,cioè tende a mantenere se stesso,quello risultante delle
forze chimiche è precario e reversibile.La terza potenza è,infine,quella organica,nella
quale si ha una forza propulsiva continua,suscettibile di arresti solo
momentanei.Anch'essa si distingue in tre momenti interni:la sensibilità,intesa come
,cioè capacità di percepire stimoli dall'esterno,propria di ogni forma di materia
organizzata;l'irritabilità,cioè l' che consente il moto degli organismi;e la 'tendenza
produttiva' ,cioè l'impulso alla generazione che presiede all'auotoriproduzione della
specie. Un'altra conseguenza dell'omogeneità tra spirito e natura è il finalismo che
caratterizza la filosofia della natura schellinghiana. La finalità,al pari dell'attività,è
una determinazione essenziale dello spirito.Quest'ultimo ,infatti,pensa e agisce sempre
secondo un fine.Ma se la natura ha,per cosi' dire,la stessa struttura costitutiva dello
spirito,essa non può esprimersi se non in termini di finalità. Kant aveva sostenuto che
la natura può essere pensata soltanto in base al concetto della causalità necessaria,
visto che essa è l'oggetto delle forme pure del pensiero intellettuale; cioè delle
categorie,tra le quali quella di causa-effetto svolge un ruolo primario:solamente nella
forma non conoscitiva del giudizio riflettente si poteva introdurre una interpretazione
finalistica del mondo naturale.Per Schelling,viceversa,la natura,essendo coessenziale
con lo spirito,deve necessariamente essere pensata come organizzata secondo fini:la
stessa connessione meccanico-causale dei fenomeni-secondo una concezione prospettata
dallo stesso Kant nella Critica del giudizio-è subordinata e funzionale al loro
ordinamento finalistico. Ma qual è il principio comune che collega spirito e
natura,garantendo la loro radice unitaria?Nell' Introduzione all'abbozzo di un sistema
della fisica natura del 1799-quindi composta quasi al termine del periodo dedicato alla
filosofia della natura- Schelling fornisce una soluzione che già prelude alla tesi esposte
nel Sistema dell'Idealismo trascendentale del 18000.Mondo della natura e mondo dello
spirito sono qui visti nella loro derivazione da un'unica intelligenza,la quale opera però
in due modi diversi.Essa può creare inconsapevolmente, avendo come risultato il mondo
naturale,oppure con consapevolezza,dando origine alle creazioni dello spirito. Compito
della filosofia sarà quello di dimostrare il carattere apparente dell'opposizione tra
spirito e natura,rivelandone invece la sostanziale identità.
L'IDEALISMO TRASCENDENTALE

Negli scritti di filosofia della natura Schelling si proponeva di ritrovare il soggetto
nell'oggetto,lo spirito nella natura.Nel sistema dell'Idealismo trascendentale del 1800
egli compie invece l'operazione opposta,consistente nel cercare l'oggetto nel
soggetto,la natura nello spirito.Se la filosofia naturale mostrava come il carattere
organico della natura indichi la presenza in essa di una costituzione analoga a quella
dello spirito,il Sistema afferma che l'Io trascendentale non è soltanto espressione di
soggettività assoluta(come riteneva Fichte),ma è anche il fondamento della realtà e
dell'oggettività del mondo naturale.In questo modo,gli scritti di filosofia della natura e
il Sistema appaiono complementari, dal momento che in essi la tesi dell'unità tra
natura e spirito viene dimostrata nel primo caso partendo dalla natura per giungere
allo spirito ,nel secondo caso invece partendo dallo spirito per arrivare alla natura. La
filosofia dello spirito (detta anche filosofia dell'Io o filosofia dell'intelligenza)
,descritta nel Sistema dell'idealismo trascendentale,è fondata sulla nozione di
autocoscienza o di IO. A differenza di Fiche,l'autocoscienza non è qui intesa come
soggettività pura, alla quale si contrappone un Non-io che esiste soltanto come
posizione e momento interno dell'Io assoluto.Per Schelling,l'autocoscienza è sintesi di
due attività dialetticamente opposte. Da un lato essa contiene un'attività limitata che
produce l'oggetto, ponendolo fichtianamente come limite ,come qualcosa di opposto al
soggetto.Infatti,tale attività opera inconsciamente, in modo che l'oggetto appaia al
soggetto come qualcosa di datoesternamente.D'altro lato, nell'autocoscienza è
contenuta anche un'attività illimitata e limitante,la quale consapevolmente va oltre il
limite dell'oggetto,riconoscendo in quest'ultimo un prodotto inconsapevole
dell'Io.Queste due attività fondamentali sono anche dette rispettivamente da Schelling
attività reale,in quanto produce la realtà dell'oggetto,e attività ideale, visto che
oltrepassa il limite rappresentato dall'oggetto ricomprendendolo in sé come produzione
dell'Io.L'attività ideale e quella reale,tuttavia,non sono separate,bensi' costituiscono i
due aspetti diversi di un0unica attività dell'autocoscienza che è sintesi assoluta di
entrambe.Tale sintesi non è statica,ma dinamica continuamente l'attività reale produce
l'oggetto e continuamente l'attività ideale lo oltrepassa riconducendolo a sé.Ciò dà
luogo a un infinito processo dialettico tra la produzione inconscia dell'oggetto da parte
dell'attività reale e la riconduzione di quest'ultimo alla coscienza dell'attività ideale.In
questa sintesi delle due attività consiste l'intuizione intellettuale che l'Io ha di sé
stesso come insieme ideale e reale.L'Io è,quindi,unità indissolubile di soggetto e
oggetto,di spirito e di natura,di attività consapevole e di attività inconscia.In questo
modo gli stessi meccanismi dell'idealismo trascendentale fichtiano venivano piegati alla
dimostrazione della tesi(sostanzialmente anti-fichtiani) che nell'autocoscienza l'oggetto
entra allo stesso titolo del soggetto e che,quindi,il vero idealismo non può che essere
contemporaneamente autentico realismo.Il sistema schellinghiano appare,cosi',come,un
'ideal-realismo' e,in senso analogo,esso sarà definito da Hegel idealismo oggettivo.La
sintesi assoluta è ulteriormente illustrata da Schelling attraverso la descrizione dei tre
gradi,detti epoche,che descrivono il processo evolutivo della filosofia teoretica.La
prima epoca riguarda il passaggio dalla sensazione all'intuizione produttiva. Nella
sensazione sembra che il soggetto trovi di fronte a sé un oggetto esterno,rispetto al
quale esso appare completamento passivo. Nell'intuizione produttiva, viceversa, l'Io,
determinando l'oggetto come un proprio prodotto, risolve la sensazione in un momento
passivo-per cui l'oggetto è 'sentito' -e in un momento attivo-per cui il soggetto
appare come 'senziente' .In quanto si intuisce come senziente,l'Io si configura come
'intelligenza' ,mentre il suo prodotto-ciò che viene sentito come oggetto -sarà la
'materia' .La seconda epoca va dall'intuizione alla riflessione,mediante la quale
l'intelligenza diventa consapevole della corrispondenza tra la propria cosituzione e
quella del proprio prodotto (cioè della natura)e si riconosce quindi come organismo
umano, come vertice estremo dell'organizzazione naturale.La terza epoca va dalla
riflessione alla volontà.Per mezzo di un atto di 'astrazione assoluta',l'intelligenza
giunge, infatti, alla consapevolezza che la propria attività è pure forma,distinta da
ogni materia.Ma l'autodeterminazione dell'intelligenza,che si libera da ogni oggetto
materiale e si riconosce come pure forma.,è appunto la volontà. Con la volontà si passa
dal primo livello della cita dello spirito,che è l'attività teoretica,al secondo
grado,rappresentato dalla filosofia pratica.La volontà,punto di partenza di ogni attività
pratica ,risultato dall'astrazione del soggetto da qualsiasi condizione materiale, è
espressione di libertà.Ma il singolo soggetto libero trova di fronte a sé altre volontà
individuali altrettanto libere.Si pone quindi il problema dell'armonizzazione di queste
volontà in un sistema che,facendo salva la libertà individuale,garantisca tuttavia la
compatibilità tra le diverse libertà.Questo sistema è il diritto.Ma il diritto non può
nascere dalla semplice libertà,poiché esso comporta la limitazione coattiva della libertà
dell'uno per garantire quella di tutti gli altri .Il diritto implica,quindi,un' unione di
libertà e necessità.che è il corrispettivo pratico dell'unità tra soggetto e oggetto,tra
conscio e inconscio.Ma come si può realizzare tale unione di libertà e necessità?Essa si
attua nella storia,la quale può essere considerata-secondo una suggestiva metafore
shellinghiana-come un dramma in cui c'e l'identità tra l'autore,che ha disegnato il
piano generale dell'azione,e i singoli attori,che recitano ciascuno una parte precisa del
copione.Cosi' ognuno è libero,perché obbedendo all'autore non obbedisce che a se
stesso; e nello stesso tempo é necessitato, dato che egli persegue un disegno razionale
che fa della sua azione uno strumento del tutto. Fuori di metafora, sulla scena storica
i singoli uomini agiscono liberamente in vista dei propri scopi; ma, in realtà, la loro
azione obbedisce a un piano provvidenziale e razionale che sovrasta ogni intenzione
individuale. Così la storia appare come il dominio dell' Assoluto , inteso come unità di
libertà e di necessità, di spirito e di natura, di soggetto e di oggetto, di attività
ideale e di attività inconsapevole. Se nella storia tale unità trova la propria concreta
realizzazione, essa può tuttavia essere colta solo dalla terza e più elevata attività
dello spirito, che é l' arte . L'arte é il solo 'organo' che consenta all'uomo di
penetrare l'Assoluto: solamente attraverso l'intuizione artistica infatti l'uomo può
cogliere quell'unità di spirito e natura, soggetto e oggetto, conscio e inconscio, che la
conoscenza riflessiva ha necessariamente diviso. L'arte, cioè il momento intuitivo che,
esprimendosi nel 'genio' , ricongiunge ciò che la riflessione speculativa ha diviso, é la
vera conoscenza e la vera filosofia. Aderendo pienamente ai canoni romantici, Schelling
identifica completamente il filosofo con l'artista. L'opera d'arte, quindi, nella quale si
concreta l'attività del genio, avrà una infinità di significati, come infinito é l'Assoluto
che essa manifesta. In parte tali significati saranno consapevoli, liberamente voluti
dall'artista; in parte saranno inconsci, perchè provenienti dall'Assoluto stesso che
guida la mano del genio. Alcuni filosofi del Settecento tedesco, come Baumgarten,
Lessing e soprattutto Kant, avevano già difeso l'autonomia dell'arte contro più
tradizionali concezioni filosofiche che consideravano l'espressione artistica inferiore
alla conoscenza filosofica e scientifica. Con il suo idealismo trascendentale, Schelling si
spinge a identificare l'arte con la conoscenza assoluta, subordinando ad essa ogni
forma di sapere raziocinante e discorsivo. In questo senso il suo sistema può essere
considerato una forma di 'idealismo estetico'.

LA FILOSOFIA DELL'IDENTITA'

Il periodo dell'attività schellinghiana che va dal 1801 al 1805 é solitamente indicato
come 'filosofia dell'identità' . In realtà, non si tratta di una fase completamente
nuova nello sviluppo del suo pensiero, quanto piuttosto l'esplicitazione di un punto di
vista implicitamente già insito nel suo pensiero precedente. Il tema fondamentale della
filosofia di Schelling era sempre stato quello dell'unità tra natura e spirito. Fino al
1801 però a questa unità egli tentava di giungere partendo dai due termini opposti,
che dovevano essere congiunti: così gli scritti tra il 1797 e il 1800 (relativi alla
filosofia della natura) partivano dal mondo naturale per reperire in esso la struttura
dello spirito, mentre il Sistema dell'idealismo trascendentale del 1800 partiva dal
soggetto per giungere all'oggetto. Con la filosofia dell'identità, il cui 'manifesto' é l'
Esposizione del mio sistema filosofico del 1801, Schelling intende invece ' partire
direttamente dall'unità assoluta per derivare da essa l'opposizione '. La filosofia della
natura e l'idealismo trascendentale appaiono come due prospettive unilaterali, che
vanno riconsiderate dal punto di vista della totalità e restituite alla loro giusta
collocazione all'interno del sistema. Il fondamento dell'intera realtà é ora ricercato
nell' Assoluto , concepito come identità indifferenziata (o anche 'uni-totalità') di
soggetto e oggetto, di spirito e natura, di conscio e inconscio. L'Assoluto non é nessuno
di questi termini opposti, ma é la radice comune che precede la loro successiva
separazione. La scissione degli opposti e la conseguente distinzione dell'uni-totalità in
una pluralità di manifestazioni specifiche, non appartiene al piano della realtà e del
sapere assoluti, ma solamente a quello dell' apparenza. E' questa concezione dell'
Assoluto come indifferenza (cioè assenza di differenziazione) che Hegel criticherà
nella Prefazione alla Fenomenologia dello spirito del 1807 con la celebre immagine della
' notte in cui tutte le vacche sono nere ' : secondo l'ex-compagno di Tubinga il
concetto schellinghiano di unità assoluta, eliminando ogni differenziazione sostanziale
tra gli opposti, esclude la possibilità di interpretazione dialettica e impedisce di
caratterizzare la specificità delle diverse realtà all'interno del sistema. Anche se la
filosofia dell'identità non presenta soluzioni di continuità rispetto al precedente
pensiero di Schelling, i problemi che essa pone sono diversi. La difficoltà fondamentale
non é più quella di rinvenire lo spirito nella natura o, viceversa, l'oggetto nel soggetto.
Essa consiste, piuttosto, nello spiegare come la 'differenza' possa nascere dall'
'indifferenza'. Se la realtà é essenzialmente uni-totalità, priva di differenziazioni
interne, come si può arrivare alla distinzione di una molteplicità di esseri? Come si
passa dall'Assoluto all'opposizione tra soggetto e oggetto, spirito e natura, conscio e
inconscio? Non certo tramite un passaggio graduale, di tipo emanativo, dal momento
che Schelling insiste sul fatto che tra l'Assoluto e il finito non c'é forma alcuna di
omogeneità: se quello é l'essere, questo é non-essere, irrealtà, nulla. Per rispondere
a questa domanda, nello scritto Filosofia e religione del 1804 Schelling introduce il
concetto di 'salto' o anche, in termini più religiosi, di 'caduta'. Ma questa nozione
segna lo spostamento del suo pensiero dall'ambito dell'idealismo speculativo a quello di
una filosofia a sfondo religioso, in cui hanno sempre più peso suggestioni mistiche e
irrazionalistiche attinte specialmente dalla lettura di Jacob Bohme, cui Schiller é
indirizzato da Franz Baader.

LA FILOSOFIA DELLA LIBERTA'

La svolta in senso religioso del pensiero schellinghiano, già annunciata in Filosofia e
religione del 1804, trova espressione compiuta nelle Ricerche filosofiche sull'essenza
della libertà umana , del 1809. Quest'opera infatti appartiene alla fase del pensiero
schellinghiano che é comunemente detta 'filosofia della libertà'. Alla base di essa vi é
una ripresa, in termini filosofici, del teismo . Nè il panteismo spinoziano, che risolve
Dio nella natura, nè la teologia morale di Fichte (e, prima di lui, Kant), che esaurisce
l'essenza divina nell'ordine morale del mondo, costituiscono adeguate rappresentazioni
della divinità. Il vero Dio é vita e persona , al pari dell'uomo che é fatto a sua
immagine e somiglianza. Come l'uomo, dunque, anche Dio é soggetto al divenire, per
quanto assurda possa sembrare quest'affermazione a chi astrattamente lo concepisce
come 'atto purissimo', come perfezione compiuta e immota. Se Dio diviene, é possibile
distinguere in lui un momento attuale, in cui egli arriva all'esistenza, e un momento
potenziale, che rappresenta il fondamento della sua esistenza. Il fondamento é
illustrato da Schelling come una radice oscura, connotata di volta in volta da termini
come 'inconscio', 'tenebra', 'egoismo', 'ipseità', 'collera'. In un'altra metafora
schellinghiana esso é descritto come ' il desiderio che prova l'eterno Uno di generare
se stesso '. Ma, soprattutto, esso indica la presenza della natura in Dio stesso.
Viceversa, il polo dell'esistenza, espresso coi termini di 'conscio', 'luce', 'amore',
rappresenta il conseguimento dello spirito. Le cose create non sono in Dio stesso, ma
dipendono dal fondamento. La creazione consiste proprio nel progressivo passaggio
dall'oscurità originaria alla luce, ovvero nell'esplicazione e nell'attuazione di ciò che nel
fondamento é potenziale e nascosto. Tra tutte le creature l' uomo é la sola in cui
questo processo avviene completamente, in modo che la tenebra primordiale
dell'inconscio si traduca nella luminosità dell'intelletto. Dunque l'uomo partecipa dei
due princìpi al pari di Dio . Ma in Dio questi due princìpi sono indisgiungibili e
costituiscono un'unità assoluta, per cui il fondamento non può mai essere indipendente
dall'esistenza, il principio oscuro non può mai tradursi in quello della luce. Nell'uomo,
invece, questi due princìpi risultano separabili. Il principio oscuro, che nell'uomo si
estrinseca come volontà individuale ed egoistica, può opporsi al principio positivo, alla
volontà illuminata dell'intelletto e diventata, perciò, volontà universale . Nella
possibilità dell'indipendenza del principio negativo da quello positivo, della prevalenza
della volontà egoistica su quella universale, risiede la possibilità del male .
Quest'ultimo non é dunque una semplice privazione di essere, una non-realtà, come
voleva la tradizione del 'male metafisico' che va da Agostino di Ippona a Leibniz; di
sicuro il male rappresenta una distorsione o, come Schelling stesso si esprime
risentendo dell'influenza di Baader, una ' malattia ' , nella quale si fa un abuso della
volontà individuale, anteposta patologicamente alla volontà universale. Ma questa
malattia é reale, dato che il male affonda la sua radice se non in Dio, nel fondamento
stesso di Dio, sebbene solo l'uomo sia pienamente responsabile di esso. E la libertà
consiste proprio nella facoltà di scegliere tra il bene e il male; questo non vuol dire
che Schelling accolga la tesi deterministica che ammette il libero arbitrio, lasciando la
decisione al caso: così come, in modo analogo, egli aborre la soluzione deterministica
che sottrae l'uomo a qualsiasi responsabilità. Come in Dio, anche nell'uomo la libertà
coincide con la necessità . Ma in Dio tale coincidenza significa che la necessità con cui
Dio procede dal fondamento all'esistenza (in lui princìpi indisgiungibili) é insieme un
atto di assoluta libertà. Nell'uomo, invece, la convergenza tra libertà e necessità
trova espressione nella natura individuale, in base alla quale ciascuno sceglie tra bene
e male. Per un verso infatti l'uomo é necessitato dalla sua stessa natura, ma per un
altro verso quest'ultima é stata 'decisa' nel momento in cui, con la creazione, egli é
emerso dal fondamento di Dio. Ognuno opera in base a ciò che é; ma é ciò che ha
deciso di essere quando é uscito dalla natura di Dio. Questa duplicità emerge bene in
chi, per giustificarsi di un'azione malvagia dice 'sono fatto così': in ciò si esprime,
allo stesso tempo, l'impossibilità di agire diversamente e la consapevolezza di essere
fatto in quel modo per colpa propria. Le Ricerche filosofiche sull'essenza della libertà
umana , la più chiara esposizione della filosofia della libertà, rappresentano pertanto
un netto distacco dalla filosofia dell'identità, sebbene in esse riaffiori spesso
l'armamentario concettuale e terminologico proprio di quel periodo. La filosofia
dell'identità era fondata sulla risoluzione del finito, considerato pura apparenza,
nell'infinito, il quale soltanto esprime la realtà assoluta. La filosofia della libertà '
restituisce invece al finito, al mondo e all'uomo una realtà propria '. Altrettanta
realtà viene riconosciuta al male e alla libertà individuale, che nella prospettiva
dell'identità assoluta svanivano anch'essi, al pari di tutti gli altri aspetti finiti, come
pure apparenze di fronte alla perfezione e alla necessità dell'Assoluto. Questo
implica, di conseguenza, anche il recupero di una dimensione tragica della vita : a
fronte della quietistica concezione dell'identità assoluta, in cui si dissolvono tutte le
divergenze, i contrasti e le opposizioni, la filosofia della libertà descrive la realtà
come un immenso dramma cosmoteandrico, in cui la lotta e la tensione non sono soltanto
date dall'unione-separazione tra Dio e l'uomo, ma anche dalla polarità interna,
oltrechè a tutte le creature, al loro stesso creatore.

LA FILOSOFIA POSITIVA

Dopo il 1809, anno della pubblicazione delle Ricerche filosofiche sull'essenza della
libertà umana , Schelling rimase a lungo in silenzio. La cultura tedesca stava
assistendo al trionfo filosofico del grande Hegel, il suo antico compagno e amico, ora
suo avversario. Nulla era ormai più lontano dalle posizioni di Schelling
dell'identificazione hegeliana della realtà con la ragione e della conseguente pretesa di
potere spiegare tutto e di giustificare per mezzo del pensiero dialettico. Conseguenza
di questa sua avversione è la nozione di filosofia negativa , alla quale è riconducibile la
stessa filosofia dell'identità che Schelling aveva elaborato nel 1801. La ragione può
solamente cogliere l'essenza (il quid sit ) delle cose, non la loro esistenza (il quod sit )
. Ogni filosofia puramente speculativa e fondata su argomentazioni a priori può
determinare solo il lato negativo della conoscenza, ciò senza di cui la conoscenza non è
possibile, e non il lato positivo, ciò da cui essa sorge . Il pensiero razionale definisce
soltanto le condizioni negative della conoscenza , quelle senza le quali le cose non
possono essere pensate, ma lascia impregiudicato il problema della loro esistenza. Alla
filosofia negativa occorre, quindi, opporre una di filosofia positiva , che schelling
elabora nelle opere più tarde: Filosofia della mitologia e Filosofia della rivelazione ,
frutto dei corsi universitari tenuti a Monaco e a Berlino. Il punto di partenza del
pensiero positivo non può più essere il semplice a priori speculativo, ma deve consistere
in un dato di esperienza (da qui l'espressione di 'empirismo filosofico' con cui Schelling
denota quest'ultima fase del suo pensiero) anche se l'esperienza non va qui intesa
come semplice conoscenza sensibile, bensì come esperienza metafisica ed
extra-storica. La filosofia positiva non è una semplice forma di conoscenza teoretica,
ma è un sapere che si traduce in attività pratica, in fede, in una vera e propria
religione filosofica. La filosofia positiva si divide in filosofia della mitologia e filosofia
della rivelazione. La filosofia della mitologia ha per oggetto la religione naturale,
intesa come il manifestarsi di Dio nella natura attraverso le determinazioni di una
coscienza umana archetipa e originaria. Le diverse rappresentazioni della divinità che
caratterizzano il politeismo antico non sono il frutto di fantasie individuali o fenomeni
culturali fortuiti, ma il risultato del processo necessario attraverso il quale l'uomo,
considerato come entità metastorica, ha naturalmente sviluppato la propria coscienza
del divino in assenza di una rivelazione positiva. Le concezioni mitologiche non devono
dunque essere interpretate come 'allegorie' di un significato concettuale (cioè
'negativo') ma come 'tautegorie' in cui il senso emerge necessariamente (e
'positivamente') dal suo stesso sviluppo all'interno della coscienza umana. La di
filosofia della rivelazione invece si riferisce alla manifestazione diretta di Dio, che si
autorivela all'uom' con un atto di libertà assoluta. Solo attraverso questa via l'uom'
potè pervenire alla conoscenza di Dio come persona vivente, che si incarna nel Figlio.
Se la filosofia della mitologia spiega lo sviluppo delle religioni pagane e politeistiche, la
filosofia della rivelazione ha per oggetto la religione rivelata ed il proprio fulcro nel
cristianesimo . Oltre alla filosofia della rivelazione, Schelling presagisce, tuttavia,
l'avvento di una terza fase della filosofia positiva (corrispondente a quella dello Spirito
Santo, invocata da Gioacchino da Fiore e ripresa nel '700 da Lessing) nella quale la
religione filosofica supera sia la religione naturale del Padre sia quella rivelata del
Figlio. Del resto, lo sviluppo triadico della filosofia positiva era già stato anticipato in
quelle Lezioni di Stoccarda del 1810 che avrebbero dovuto costituire il nucleo di
un'opera progettata, ma mai conclusa, sulle Età del mondo . La totalità del tempo
viene divisa in di 3 epoche (passata, presente e futura) che scandivano nello stesso
tempo la storia del mondo e quella della manifestazione di Dio. L'andamento di questo
processo rivela una radice nettamente neoplatonica (come gnostico è il termine eone
usato per indicare ciascuna delle 3 epoche). L'epoca passata rappresenta il momento
del fondamento da cui Dio oscuramente scaturisce; l'età presente l'esplicazione di Dio
nel mondo; l'età futura il ritorno necessario del mondo a Dio.

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