Schelling

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

Schelling
Nacque nel 1775. Fu allievo di Fichte a Jena e in seguito ne prese il posto (questo è il suo periodo più fertile). Conobbe Hegel per poi più tardi litigare per assistere impotente al declino della propria filosofia in favore di quella del suo avversario. Si trasferì a Berlino e capitanò, in qualche modo, il movimento antihegeliano. Morì nel 1854. Al contrario di Fichte, Schelling (la cui filosofia è quasi meno logica, ma convince di più) nutre un maggior senso di appartenenza alla natura e un interesse al mondo dell’arte.
Parte dalla filosofia di Fichte e gli dà un carattere più naturalistico – estetico. A Fichte contesta il fatto che non si può chiamarlo Io (pura coscienza) perché non è cosciente. Bisogna chiamarlo Assoluto, unità di finito ed infinito, oggettività e soggettività. Infatti Schelling nota che con il semplice soggettivismo (l’Io di Fichte) non si può spiegare l’esistenza della natura (che per Fichte è semplice specchio dell’Io, mentre secondo Schelling ha vita, razionalità e quindi valore in sé stessa), mentre con il semplice oggettivismo (la sostanza di Spinoza) non si spiega l’Io. Nella sua unità è impossibile studiare l’Assoluto, quindi per comodità Schelling lo scinde è scrive una filosofia della natura che mostra come la natura si risolve nello spirito, una trascendentale che mostra come lo spirito si risolve nella natura e una terza che analizza l’Assoluto nella sua pienezza.
1) Schelling si oppone sia al meccanicismo (che non può spiegare gli organismi viventi) sia il finalismo che compromette l’autonomia dei processi naturali. Ad essi contrappone l’organicismo finalistico e immanentistico: la Natura è composta da organi in relazione fra di loro, le cui forze meccaniche hanno una finalità superiore, che non deriva dall’esterno, ma è interno alla Natura stessa. Essendo organizzata, la Natura è un’entità spirituale inconscia (Schelling chiama la forza organizzatrice “Anima del mondo”: ogni cosa nella natura è viva) ed essendo spirito, la Natura presenta gli stessi caratteri dell’Io fichtiano. E’ infatti attività spontanea e creatrice: si autocrea inconsciamente, polarizzandosi (come in Fichte lo spirito si dualizzava in Io e non io) in due forze tra loro opposte (attrazione e repulsione). La natura agisce attraverso la lotta di queste due forze. Tale lotta si concretizza in tre manifestazioni della Natura (magnetismo, che esprime coesione; elettricità, che esprime la polarità dialettica; il chimismo, incessante metamorfosi dei corpi), alle quali corrispondono tre manifestazioni nel mondo organico (sensibilità, irritabilità, riproduzione). La natura è la “preistoria” dello spirito: io pietrificato e quindi analizzabile. A seconda della quantità di positività e di negatività (negativo: spirito addormentato; positivo: spirito sveglio) si differenziano gli oggetti (tale teoria non ebbe successo in un epoca, nella quale la divisione qualitativa della natura non poteva più essere ammessa). Via via che le cose hanno più positività, lo spirito comincia a svegliarsi fino all’uomo in cui lo spirito è completamente sveglio. Schelling chiama la sua fisica, fisica speculativa o a priori (non nel senso che la natura prescinde dall’esperienza, bensì che ogni fenomeno fa parte di una totalità organica da cui necessariamente deriva ed entro cui necessariamente si colloca), che divide la natura in regni, secondo una caratteristica non deducibile dal regno precedente (es.: la razionalità non deriva dall’animalità). La sua filosofia verrà un po’ rivalutata più avanti. La natura così prodotta (quasi autocreatasi) è tutta spirito, ma pietrificato.
2) Nell’assoluto lo spirito, ormai sveglio, ripercorre (logicamente, non cronologicamente) la natura per conoscersi: come in Fichte assistiamo all’autocoscienza dell’io, in tre epoche (che corrispo ndono a tre periodi nella storia), e vediamo un attività reale (io teoretico: l’Io subisce il non io, che lo limita) e una ideale (io pratico: l’Io supera i limiti del non io, quindi lo domina e agisce su di esso). La conoscenza del non io da parte dell’Io è un idealismo trascendentale. Il soggetto di questa conoscenza è l’uomo (io empirico). Vi sono diverse epoche dell’io, che nella realtà sono i periodi della storia.
3) L’identità tra finito e infinito è solo postulata e noi possiamo “intuirla” solo nell’arte, composta da un momento inconscio e spontaneo (l’ispirazione) e da uno conscio e meditato (l’esecuzione cosciente). L’arte è quindi un simbolo dell’Assoluto, viene quindi vista in senso pienamente romantico.
Per spiegare il passaggio da un unico Assoluto infinito alla molteplicità del finito, Schelling ammette che il finito è già in Dio, sotto forma di idee. Tuttavia non specifica come avvenga il passaggio dalle idee divine alle cose terrene (tra l’altro Schelling non crede alla teoria creazionistica cristiana). Questa serie di interrogativi metafisici portano Schelling ad una svolta religiosa del suo pensiero, coincidente, come in Fichte, con il trasferimento a Berlino.
In questa nuova fase (teofania: analisi di dio), Schelling spiega il passaggio tra infinito e finito come rottura: l’uomo, operando il male, provoca un distacco tra finito e Assoluto per proseguire un procedimento di redenzione. Però, così Schelling giustifica il finito presupponendolo. Quindi da dove derivano il finito, il male e la libertà? Secondo Schelling di fronte a queste domande sono inutilizzabili il teismo creazionista (dio personale e creatore; come può un dio statico e perfetto creare un molteplice imperfetto? Come si spiega il grande spessore del male, inteso come non essere, e la libertà dell’uomo nello sceglierlo?), l’emanazione neoplatonica (dio emanatore dell’universo; stessi problemi del creazionismo) e il panteismo tradizionale (dio – mondo; non si spiega il salto tra infinito e finito e l’esistenza del male, inteso come apparenza). Schelling, allora, imbocca una terza via: cambiare radicalmente il concetto dell’Assoluto, interpretando Dio come una realtà in divenire e come sede di una contrapposizione dialettica degli opposti (egoismo e amore, necessità e libertà, irrazionalità e razionalità). E’ dunque un dio che non è, bensì diviene. Il mondo è teatro del processo dialettico che tende ad un progressivo trionfo del positivo sul negativo. La possibilità del male dipende solo dall’individuo, che spesso turba l’ordine per poi tentare di redimersi cercando di far prevalere il positivo.
Quando la filosofia della razionalità assoluta di Hegel si fa strada, Schelling si chiude in se stesso e per 40 anni non scrive più niente. Alla morte di Hegel, Schelling, richiamato alla cattedra come successore di Hegel, ritorna in scena con una fase filosofica detta “positiva” (che concerne l’esistenza effettiva delle cose), in contrapposizione alla filosofia hegeliana, detta “negativa” (che tiene conto solo della pensabilità logica del reale). Schelling, criticando Hegel, dice che l’esistenza non può derivare dall’essenza automaticamente, ma attraverso l’intervento imprevedibile di dio (il filosofo deve limitarsi a constatare e interpretare la rivelazione che Dio fa nel mondo). Dio si manifesta prima nella natura (religione basata sui miti) poi in toto (filosofia positiva o della rivelazione)].
Schelling fu un “genio” precoce e da giovane oscurò la gloria del proprio maestro. Ben presto però fu superato in fama da Hegel. Poi nel tempo si cercò di scindere Schelling, riconoscendogli meriti nel suo primo periodo. Venne comunque considerato solo come ponte tra Fichte ed Hegel. Una rinascenza schellingiana si ebbe con l’esistenzialismo del Novecento, che riportò il dibattito tra idealismo e cristianesimo (in senso negativo per gli esistenzialisti atei, in senso positivo per quelli cristiani). Qualche traccia di Schelling la vedremo anche nei marxisti, anche se Lukacs lo considerò il padre dell’irrazionalismo e l’operatore di un ritorno al medioevo. Oggi la sua immagine è stata un po’ rivalutata (compresa la sua fisica speculativa).
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Copyleft by Marco Carnazzo. Schelling –
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Altrimenti verrà perseguito a mezzo mascate e scoccicoddu ☺.

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