Prospetto analitico di una tassonomia filosofica

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Testo

Prospetto analitico di una tassonomia filosofica
Roberto Di Molfetta
Premessa
Può essere doveroso affermare come determinante l'importanza, strategica epistemologicamente, di una terminologia delle scienze sociali adeguata, la quale permetta di formulare nuove considerazioni sulle stesse scienze, in special modo per ciò che riguarda la ricerca empirica. In particolare, considerando la sociologia come scienza della storia sociale, consideriamo il "discorso" storico umano, cioè il dispiegarsi dei fatti scaturiti dall'agire degli uomini rispetto agli uomini e alle cose, come conoscibile attraverso la considerazione dei rapporti sociali come autentiche chiavi interpretative per comprendere l'agire individuale; quest'ultimo, senza scienze sociali, non avrebbe percezione oggettiva, registrabile, comunicabile, verificabile del proprio stesso dispiegarsi a livello macrosociale.
Ognuno di noi è considerabile appartente a sistemi, stabili o temporanei, come le nazioni, i gruppi familiari, di lavoro (aziendale o interaziendale), parentali piuttosto che di amici; contemporaneamente, il medesimo discorso riguarda anche sistemi economici e psicologici, come una folla, laddove la psiche gruppale non è uguale alla somma delle diverse personalità ma nasce, appunto, dalle interazioni di tutti gli individui che ne creano una "sociale". Questi sistemi sociali assumono variabili diverse nei tempi e nei luoghi. Gli scribi, la classe operaia, la parentela sono categorie classificatorie oggettive, cui nessuno rinuncerebbe per comprendere la storia umana e se stesso. Esse, come da molte altre, sono una serie di idee-guida per capire una società altrimenti proteiforme, caleidoscopica, difficilmente conoscibile, in maniera certa o altamente probabile, a livello pubblico.
La categoria "genitori", ad esempio, è cangiante sul piano concreto, empirico, in quanto varia per gli attributi che assume per gli egiziani e per gli statunitensi, ad esempio, distinguendosi entrambe le popolazioni per cultura e storia diverse. Eppure la categoria "genitori", naturale e sociale al contempo (basti pensare al diritto familiare, questione non meramente biologica), permette di essere oggettivi nel registrare ciò che una struttura sociale comporta, in qualunque luogo categorie logiche e oggettive, come quella genitoriale, acquistano significati scientificamente rilevanti.
È possibile perciò creare una tassonomia minimale scientifica che, prima ancora di considerare propriamente sociologica, si occupi di "categorie logiche" suscettibili di essere sociologiche, comunicative, politiche e via discorrendo; è possibile, cioè, creare idee che non siano astratte ma bensì adeguabili correttamente alla ricerca scientifica. Come i numeri, usati per misurare il reale matematicamente, così le "categorie logiche" possono essere usate nelle scienze sociali come linee teoriche da adattare ai problemi studiati empiricamente. Gli approcci sono stati già molteplici ma la matrice filosofica degli stessi, tendente a mio avviso alla oggettivazione del pensiero più che all'oggettivazione dei fatti, ne ha ostacolato l'adeguamento teorico degli studi sociali.
Quando, infatti, la teoria scientifica "influenza" uno scienziato, piuttosto che guidarlo rigorosamente nella soluzione di problemi pratici della ricerca, vi è la certezza che la creatività, il sincretismo teorico subentrano, laddove dovrebbe esserci piuttosto la capacità personale di adeguare una valida teoria a contingenti ed imprevedibili questioni metodologiche.
Un maggiore rigore teorico scaturisce da un riformulare, ontologicamente, i termini con cui la determinazione filosofica nel conoscere il mondo ha tentato di spiegarlo. Affinché lo si possa osservare, si possano ricercare costanti e variabili con cui registrarne i fatti, sia possibile dedurne leggi da parte di osservatori teoricamente e metodologicamente più preparati. Il termine tassonomia è stato stato volutamente considerato, mutuato dalle scienze naturali, come etimologicamente adeguato a definire un ordine classificatorio il giorno in cui il risultato di questa attività definitoria dovesse essere raggiunto pienamente.

Tassonomia minimale delle categorie logico-scientifiche
Formulazione originaria dei termini di
Francesca Brezzi
« Dizionario dei termini e dei concetti filosofici »
Nota Bene - Disposizione dei termini in ordine di stesura
Accidente (da cui il termine 'accidentale'): ciò che è in una cosa ma può mancare senza che l'idea della cosa stessa venga meno. Ad esempio, in riferimento non alla filosofia aristotelica, ma alla epistemologia scientifica, che ovviamente più ci interessa in questa sede, abbiamo una domanda esemplare come: cosa è essenziale nella democrazia e cosa è invece accidentale ? Filosoficamente la questione viene risolta attraverso interminabili disquisizioni sul termine democrazia, e la validità del risultato lascia spesso insoddisfatto chi non ammette che il problema venga risolto tramite le arti retoriche, i cui tecnicismi posso essere utili a convincere ma non a dimostrare. L'obiettivo scientifico rimane dimostrare; al di là delle mode, dei tempi, delle paure ataviche o storiche, della psicologia delle masse, del carisma personale, delle opinioni generiche. Nessun riferimento diretto ai fatti del nostro tempo: è questo parlare da scienziati, separando etica e scienza, per ricongiungerle nel giudicare non appena si conosce ciò che deve essere giudicato.
Quando un discorso filosofico lascia insoddisfatte alcune prospettive storiche, subito un filosofo se ne appropria per demolirlo, dimostrando, come notava Hegel, che la dialettica storica è inevitabile sul piano delle idee. Al contempo, il fatto che esistano così tante filosofie contrastanti su cose essenziali come l'essere od il divenire rende la filosofia una questione di idee sui fatti, di opinioni sui discorsi, cose e persone. Di prospettive complesse e derivate ne abbiamo virtualmente una per persona pensante e comunicante; ma le leggi scientifiche devono necessariamente essere univoche, come quella di gravità, che determina il peso di un corpo terrestre al di là delle opinioni personali. Per rendere univoche le leggi, il modo migliore è definire i termini con i quali ci riferiamo ai protagonisti assoluti della ricerca: i fatti. Definire per esempio accidentale o essenziale qualcosa che forma una democrazia è in realtà delimitare i confini entro i quali uno stato o una pluralità di stati sono democratici.
Appurando, cioè, la presenza di cose accidentali abbiamo, in primo luogo, la determinazione degli interessi scientifici nel ricercare quali valori assumono le variabili considerate importanti sia, in secondo luogo, la conoscenza pubblica di quelle variazioni o distorsioni sociosistemiche che possono dare ad una democrazia caratteri unici o particolari nei casi giudicati positivi piuttosto che registrabili, non democratici o antidemocratici nei casi negativi; una democrazia studiata la quale può sconfinare, nei casi aberranti estremi, in patologie politicamente rilevanti, risolvibili internamente ed in modo storicamente ineccepibile soltanto in sede pubblica e avendo a disposizioni informazioni chiare ed oggettive sullo status quo. Significativamente, reperire ciò che è accidentale in un oggetto sottoposto ad indagine, rispetto ad un altro, è il miglior modo di rendere ogni classificazione dei ricercatori scevra da confusione tra ciò che si cerca empiricamente e ciò che si incontra per pura presenza contingente, anche reperito al di là delle attese ma che, comunque, deve essere analizzato, compreso, ricondotto a componente assimilabile nel risultato generale.

Analisi: si può intendere, in una solida ed antica tradizione, comune a tutte le scienze, il composto scisso in elementi componenti oppure l'effetto che permette di determinare la causa o, ancora, il principio reperito tramite casi concreti. Tipico del procedimento induttivo, analizzare qualcosa, come il diritto amministrativo dal punto di vista sociologico o un programma televisivo dal punto di vista di un massmediologo piuttosto che la composizione chimica dei componenti della crosta terrestre ha permesso agli esseri umani sia di evitare un flusso eccessivo di informazioni contemporaneo sia, insieme, di raggiungere un maggior numero di dati su oggetti complessi suddividendoli in parti componenti. Da Fourier per la fisica ad Austin per il linguaggio la tendenza culturale, ineccepibile, ad utilizzare il metodo analitico per raggiungere risultati e leggi inoppugnabili non sempre ha visto gli studiosi delle scienze sociali come protagonisti nell'affidarsi, empiricamente, al procedimento analitico.
Ciò è dovuto ad un sostanziale tentativo di spiegare la società e i fenomeni intrasociali attraverso voli pindarici filosofici (le ere di Comte, le cose sociali di Durkheim, la società sempre determinata esclusivamente dalle classi sociali create dai rapporti di produzione economici) che, utilissimi per conoscere il mondo, non sempre reggono l'urto con la tradizione filosofica: chiunque può notare che mancando l'uso di procedimenti, categorie e approcci empirici scientifici la sociologia, tra le scienze sociali, non è altro che un filosofia specializzata sulla società nel suo complesso. Quasi una ridondanza culturale della filosofia. Necessario perciò, che le scienze sociali tutte acquisiscano, laddove lacunoso, un procedimento analitico utile a conoscere non discorsi ma fatti macrosociali partendo dai fatti microsociali, sistemi sociali partendo dalle azioni sociali che li hanno generati, leggi scientifiche generalmente valide partendo dai singoli casi concreti che ne sono determinati.

Analogia: per la dr.ssa Isabella D’Amore chi, mentre parla, non trova una parola precisa la sostituisce per analogia logica con una parola che pure rappresenta qualcos’altro ma, contemporaneamente, è un simbolo di ciò che egli vuole comunicare (Langer). L'umanità utilizza intuitivamente e continuamente rapporti analogici sia ad una fase deduttiva ("se il veicolo di Tizio percorre i 12 chilometri con un litro di carburante, anche il mio può raggiungere il medesimo livello") sia a livello comunicativo intraindividuale e gruppale tramite insiemi di segni dotati di significati come il linguaggio. Ovvio che la scienza rappresenti il SUPERAMENTO delle conoscenze meramente analogiche sui rapporti tra cose e persone. È il cervello umano che tende a ricostruire fatti e opinioni altrui attraverso un procedimento analogico, con processi mentali molto simili a quelli che iscrivono pensiero dentro le poesie di ogni tempo e cultura. Ma se nell'esperienza pratica le persone hanno poco tempo per agire, dovendo calibrare l'azione sociale con composite e complesse visioni d'insieme, le quali non permettono che di ricostruire per analogia una situazione complessa partendo da quelle già vissute (esperienza comune), è altrettanto vero che le scienze sociali non hanno il compito di vivere la vita al posto delle persone ma, bensì, di conoscere i fatti sociali che dalle interazioni degli individui scaturiscono.
Ciò comporta, in primo luogo, la rinuncia ad individuare, per le scienze sociali, verità ricostruendole parzialmente: non bastano alcune variabili importanti per conoscere, analogicamente, il perché dei flussi economici, del mutamento delle abitudini occidentali nel secolo '900 piuttosto che i motivi psicologici che permettono o meno la pervasività mediatica in modi simili per strutture sociali eventualmente simili. All'interno dell'universo studiato, è necessario metodologicamente individuare TUTTE le variabili determinanti per il risultato positivo della ricerca scientifica, evitando di ricostruire mentalmente, senza riscontro oggettivo, una verità immaginabile ma non osservata né analizzata. Costituisce impresa impossibile conoscere ogni particolare di ciò che si studia, quando questo oggetto indagato è ricchissimo di dettagli, come una nazione; ma è altresì doveroso affrontare metodologicamente tutte quelle componenti, considerate dalla prospettiva teorica seguita, che non sono affatto ininfluenti nel determinarlo.

Atto: l'azione sociale, protagonista delle ricerche di illustri sociologi, non è significato a cui si fa riferimento. Atto è considerato, con il termine e il significato mutuati ed adattati alle scienze sociali dalla tradizione filosofica aristotelica, quella verità potenziale che si è realizzata come fatto osservabile. S'intende per verità in potenza quella spinta interna alla società o pluralità di società che, non ancora realizzatasi, può concretizzarsi e dare vita a fenomeni sociali rilevanti; laddove abbiamo la possibilità predittivamente considerata da leggi che un fatto simile accada, ed esso è latente come possibilità futura dello stesso suo verificarsi, l'indagine scientifica può non essere sufficiente a conoscerlo esattamente in anticipo. Si dispongono, in questo caso, gli opportuni correttivi alla ricerca dello scienziato, che non può mancare neanche nelle fasi di turbolenza storica, a prezzo di un vuoto conoscitivo notevole; correttivi che rappresentano tentativi programmatici, non antiscientifici ma prescientifici, di indagare il fenomeno sociale in nuce attraverso analisi, opinioni e riflessioni guidate dai precedenti risultati nel settore considerato, con il punto di vista auspicabile di chi, aspettandosi l'imponderabile, può evitare il caos delle conoscenze o, come spesso avviene in simili periodi storici, un rifugiarsi in teorie storicamente obsolete.
Caso: a livello antropologico, le diverse culture trasformano l'interdipendenza esistente tra i fatti in mistero oppure in superstizione o magia. Secondo la legge empirica, valida in ambito scientifico, le probabilità che si verifichi un caso ipotizzato non si discostano dalla realtà dei fatti quando vengono determinate a livello teorico, specialmente su di un grande numero di casi. Ciò, ovvio, quando l'universo o settore o disciplina studiati sono matematicamente osservabili e misurabili. Quando, cioé, il caso non è nient'altro che una serie di probabilità conoscibili; la storia umana e l'individuo hanno notevoli difficoltà nel determinare, a livello di grandi movimenti sociali, tutte le possibilità concrete, ognuno dei possibili singoli risultati di una pur ben determinata concatenazione, a livello temporale, e disposizione, a livello causale, di fatti sociali. Tutto questo costituisce l'impossibilità di ridurre la storia a fatto statistico tout-court. Le possibilità e fattualità umane non sono solo 6, come lanciando un dado.
Il problema teorico è individuare le quantità da misurare, poiché individuare variabili e costanti sociali è già creare una teoria, un'ipotesi teorica. Categorizzare in modo valido il mondo degli uomini è già conoscerlo come sistema. Sostanzialmente, quindi, il caso è l'ignoranza umana nel conoscere una grande moltitudine di eventi non facilmente analizzabili ed esprimibili sinteticamente da teorie; deve essere sempre presente di fronte al ricercatore come evenienza possibile, in quanto nessuna ipotesi è immune dallo scontrarsi con dati empirici che ne vadano a smentire non la validità ma la possibile applicazione del suo impianto generale.
Applicare una teoria vuol dire trovarsi di fronte indici conoscitivi adeguati a riproporre la medesima, senza dubitare che parametri casuali o parti mancanti di essa nel reale dispiegarsi dei fatti la rendano inutile a spiegare ciò che, appunto, senza teorie scientifiche può essere considerato addirittura fortuito. Tutto ciò non significa abbandonare la ricerca scientifica, gli studi sociali, temendo incompatibilità stridenti tra le ipotesi scientifiche delle scienze sociali e quelle di altre scienze, come quelle fisiche, per l'impossibilità di adeguare teorie valide ad eterogenee e sempre nuove realtà sociali, cercando in determinati periodi storici personalismi che ne sostituiscano l'imprenscindibile ruolo di conoscenza oggettiva, libera da (immediati e diretti) tornaconti personali; significa bensì anteporre la necessaria validità metodologica di ogni pertinenza della ricerca sociale ad una chimerica ricerca di formule assolute, con le quali prevedere anche il più minuto dei dettagli sociostorici senza il necessario appoggio di studi mirati e, nel caso di grandi sistemi, inglobanti quelle teorie della casualità che considerino implicito il caso come mancanza di riferimento teorico ad un fatto reale e non, come è accaduto e può accadere anche a benemeriti studiosi, forzino la verità ad erronea validazione post-facto di teorie pur ottime ed utili.

Sintesi: correlabile al termine analisi, storicamente e rispettando la logica che reciprocamente li determina, rappresenta una unificazione logica del sapere. Non paragonabile ad una analisi superficiale, che altro non è che un modo per evitare di fornire analisi dettagliate o sintesi illuminanti, la sintesi permette di creare leggi matematiche dirette ed applicabili da tutti in luogo di speciose argomentazioni linguistiche e/o filosofiche. Il discorso filosofico kantiano vede l'immaginare umano come attività utile, in un potente ma naturalissimo processo conoscitivo umano, a visualizzare verità sintetiche su complessi insiemi di dati empirici. Un esempio di sintesi comunicativa si può avere nel caso un chimico esperto volesse conoscere una bevanda come tecnico e consumatore: come esperto sarebbe in grado di analizzare il prodotto, considerandone varie qualità e quantità chimiche; ma in veste di consumatore, lo stesso tecnico, dovendo informare chi non ha cognizione di chimica, affermerebbe, conscio dei risultati e di un pratico assaggio: "Non vale nulla."
Al di là dell'importanza della sintesi per la comunicazione umana, laddove è protagonista come forma espressiva, dal punto di vista del metodo scientifico la sintesi è irrinunciabile per creare ordine conoscitivo al posto di una serie finita ma difficilmente trattabile di elementi singoli non coordinati. Un'ottimo esempio sociologico, idealtipico e non rigidamente vincolante per la ricerca, è la dicotomia comunità vs. società, peraltro già qui trattata, proposta dal sociologo Ferdinand Tönnies.

Sistema: termine che, concettualmente, rende le scienze sociali degne di essere su di un piano cognitivo paritario a quelle matematiche e naturali; la considerazione dei fatti storici non può prescindere dal concepire gli stessi come interdipendenza esistente tra cose ed esseri viventi, in modo tale che, ai fini conoscitivi, si possono studiare gruppi umani come insiemi organici, come, appunto, se l'interdipendenza le trasformasse in parti componenti di un sistema il quale:
- non esisterebbe qualitativamente identico senza identici rapporti;
- è determinato concettualmente e ai fini conoscitivi come un sistema unitario ma, a livello ontologico, esiste soltanto nel pensare e nell'agire, nel prodotto dell'agire individuali, determinati, cioé, dai singoli individui e dalla rete di rapporti del sistema stesso.
Non esiste nessuna società come oggetto di studio se non per chi vede la stessa come un insieme di rapporti tra esseri viventi e cose. Quell'insieme è, perciò, la società o sistema sociale. Un sistema sociale è la constatazione che quei rapporti sono così importanti che l'agire individuale non può prescindere da essi per essere determinato, né volontariamente né incosciamente, né attivamente né passivamente; nel caso di un mutamento dei rapporti sociali, presenti concretamente nei pensieri, usi, costumi, panorama storico-architettonico, diritto, discorsi tecnici ed espressivi, possiamo avere o una sanzione (giuridica o meramente sociale) da parte di componenti del sistema, volta a ristabilire l'equilibrio sistemico, oppure l'accettazione, da parte dei componenti, del mutamento stesso, anche in maniera involontaria e giuridicamente non completamente ufficializzata (ad esempio i costumi sessuali italiani nel dopoguerra in relazione al divorzio e all'aborto).
Il sistema è in realtà un concetto imprescindibile, autentico postulato creatore del discorso sulle scienze sociali. È il sistema che rende certi rapporti rilevanti per la scienza interessata: il consumatore, pur essendo concretamente un individuo, viene studiato dall'economista o dallo statista come dipendente DAL e parte DEL sistema economico; il politico è considerato dal giornalista o dallo storico come dipendente DAL e parte DEL sistema politico. La responsabilità dello studioso è sempre quella di comprendere degli individui quando si riferisce alle scienze sociali; ma è il sistema sociale ovvero comunicativo, economico, politico, antropologico che dimostra, ed altrimenti non potrebbe essere, tutta la centralità epistemologica possibile ai fini di ricerca, studio, interesse informativo.

Certezza: una percezione soggettiva dei fatti come realmente accaduti o conoscenze percepite soggettivamente come esatte costituiscono un'opinione, la quale è importantissimo considerare in tutti gli studi sociali; gli uomini agiscono tutti volontariamente solo in base alle loro opinioni, anche se talvolta le stesse divergono terribilmente dalla realtà dei fatti (ad esempio l'opinione degli abitanti di Hiroshima, nel giorno in cui fu sganciata l'atomica americana, che "un solo aereo non rappresentava un vera minaccia per la città"). I flussi delle azioni umane, continui, periodici od isolati che siano, non giungono a compimento, a livello macrosociale, che con una notevole dose di correttivi quali il mutamento delle opinioni, la correzione della recezione e del modo in cui recepire gli accadimenti esterni all'individuo, l'adeguamento delle opinioni a quelle altrui.
Non sono insicure necessariamente le scienze sociali nel determinare caratteristiche di simili evenienze, ma in realtà impossibilitate a recepire come verità nel lungo periodo quelle che sostanzialmente sono opinioni, o l'Opinione Pubblica, mutevoli come tempestose superfici marine. Le scienze sociali non dovrebbero, cioé, uniformarsi nel vedere il mondo come non conoscibile poiché mutevole l'agire sociale e, ancor più, l'opinione sugli avvenimenti sociali. Sono le persone che hanno il diritto, nell'avvenire prossimo o lontano, di mutare opinione, sempre non contravvenendo alle reciproche libertà; le scienze sociali devono continuativamente avere leggi e teorie atte a spiegare quei funzionamenti dell'ordine ed agire sociale, legando a strutture e dinamiche sociali i comportamenti individuali come risultanti e non solamente cause. Vi deve essere, in ogni momento, distinzione tra le umane certezze assunte dai protagonisti del fenomeno studiato ed evidenze acquisite dalla ricerca stessa nel convalidare o confutare teorie dell'azione sociale.

Deduzione: procedimento. Permette di raggiungere un risultato logicamente valido attraverso un ragionamento. Le idee costituiscono materia prima, prodotto intermedio e finito di ogni ragionamento il quale, prima che il pensiero interagisca con il mondo esterno all'individuo, è il principale metodo di intuizione, sistemazione, classificazione e rielaborazione dei fatti reali e del modo con cui l'essere umano può conoscere le leggi che li determinano. Il rapporto tra idee è il sistema dei significati attribuiti dagli uomini, indipendentemente dalla realtà esterna a loro: con la deduzione abbiamo la generazione del pensiero individuale (non lontano dalla realtà ma autonomo); con la verifica empirica, oppure l'esperimento piuttosto che la semplice esperienza sensibile abbiamo la possibile genesi di conoscenze oggettive, cioé che più interessa ogni scienza.
Non sempre gli esseri umani desiderano realmente "vedere", pur partecipanti, il reale dispiegarsi dei fatti: può darsi che distorsioni ideali, ideologiche o psicologiche impediscano loro di confrontare le loro deduzioni mentali con ciò che è materiale, oggettivo. Compito dello scienziato sociale è distinguere procedimenti deduttivi come ragionamenti individuali, virtualmente liberi, rispetto a quelli ammissibili nelle sue ricerche. Questo affinché
- non vengano confusi, data la complessità dei dati, opinioni e discorsi personali, apparentemente plausibili ma slegati da una reale osservazione dei fatti, con analisi e sintesi scientificamente possibili;
- non si mischino arbitrariamente idee in fase propositiva, anche vaghe, con deduzioni precise dello studioso o del gruppo di studiosi operanti in 'equipe', volte all'applicazione dei risultati sia come determinate conclusioni della ricerca sia come possibili modifiche correttive, in senso evolutivo, della stessa.
Compito dello scienziato sociale, quando è impegnato nella ricerca, è anche quello di distinguere i diversi procedimenti individuali con cui gli appartenenti ai sistemi sociali decidono di interagire, affinché i procedimenti deduttivi con cui si inquadrano fatti e periodi temporali che li racchiudono, da parte del ricercatore, non si sovrappongano, cancellandoli, con i reali procedimenti deduttivi dell'agire degli individui, dei gruppi, delle singole unità categoriali umane studiate (consumatori, gruppi comunicativi, audiences, elettori per fascie d'età e così via discorrendo).

Definizione: definire un concetto nelle scienze sociali può significare anche creare un'ipotesi teorica di ricerca che, implicitamente, è rappresentata da ogni termine-chiave con cui si delimitano pertinenze scientifiche; inoltre la relativa equivocità comunicativa di parole pur importanti, come libertà e ricchezza ad esempio, in contesti sociostorici diversi e per diversi gruppi sociali non permette di considerare il comune discorso che inadeguato a definire chiaramente la dimensione prospettica e paradigmatica del settore (o insieme di settori) interessato dalla ricerca sociale.
Creare variabili e costanti precise, oltretutto, a cui riferirsi matematicamente e statisticamente, non può portare ad evitare un'attenta attività definitoria delle stesse nella fase iniziale, trincerando ogni discorso dietro il timore reverenziale storico che le scienze sociali hanno per quelle matematiche; per la ricerca scientifica sociale rifugiarsi nel discorso quantitativo come modo per ottemperare, attraverso l'uso di complessi metodi statistici, ad ogni empiricità fattuale potrebbe essere un semplice escamotage per svicolare teorie sistemiche, storicamente più analitiche, le quali possono inizialmente definire, esattamente, ambiti e settori da indagare, attribuendo a concetti, fatti, categorie i giusti confini di interesse, il giusto modo di essere considerati, caratteristiche appropriate e, una volta giunti a questo punto, essere adeguatamente misurati con metodi di calcolo quantitativo precisi e puntuali.

Dialettica: Hegel considerava affermazione dialettica il superare, comprendendoli concettualmente e storicamente, gli opposti dualismi, i quali possono consistere in tre momenti legati tra loro:
- Affermazione di un concetto astratto e limitato;
- Negazione del medesimo attraverso l'affermazione di un concetto opposto;
- Unificazione dei precedenti volta a creare una sintesi comprensiva di entrambi.
È chiaro che l'immagine filosofica hegeliana non è soddisfacente, affinché sia valida come immagine scientifica, a spiegare i flussi sociali attraverso l'ipotesi dialettica, ipotesi che pure genera, plasma e delimita la storia umana reale, attraverso il modellamento dei conflitti verso un senso scaturito, appunto, dialetticamente.
È necessario, alle scienze sociali, introdurre il punto di vista degli individui come motore primo dell'agire sociale: è da tale punto di vista, utile considerare sia biologico sia psicosociale sia, inevitabilmente, culturale e personale, che si dovrebbe considerare dialettico il momento di acquisizione di una unità informativa dall'ambiente esterno da parte dell'individuo o gruppo piuttosto che nazione, la percezione e collocazione della stessa unità informativa nel panorama cognitivo individuale o gruppale o nazionale ed il modo in qui codesta informazione ristruttura il pensiero e l'azione dell'individuo rispetto alla stessa. Dialetticamente, i flussi di azione sociale sono generati dal reciproco influenzarsi di fatti e decisioni individuali o gruppali o nazionali e nessun essere umano, gruppo di individui, nazione può assumersi il ruolo di unica variabile attiva nel determinare la storia, neanche nel decidere le sorti di ciò che rientra nella sfera di interessi diretti.
La reazione ad una campagna di stampa, mirata ad ottenere un effetto informativo, può avere esiti totalmente previsti, parzialmente imprevisti o completamente imprevisti: certo è che l'effetto è storicamente considerabile come dialettico tra l'azione o idee o serie di informazioni, l'insieme dei destinatari e nel modo in cui tutte le possibili reazioni individuali, gruppali, nazionali (ed influenze internazionali) contribuiscono a determinare l'opinione finale generatasi, attraverso le diverse vie comunicative possibili (intraindividuale, con la riflessione, interindividuale, con lo scambio di informazioni ed il dialogo tra persone), al di là delle intenzioni iniziali dei proponenti e delle tipologie sociali destinatarie delle informazioni proposte.

Divenire: il mutamento sociale è considerato dalle persone comuni come qualcosa di ovvio. Ma conoscerlo e registrarlo nei dettagli è per una scienza positiva molto più arduo, soprattutto quando si evita di eludere risposte precise laddove, intuitivamente, si hanno certezze vaghe dovute all'esperienza comune della società, quando il cambiamento, se non addirittura le epoche rivoluzionarie (la II seconda guerra mondiale, ad esempio) rendono lapalissiano considerare i sistemi sociali e i loro componenti stessi mutati sia morfologicamente che ontologicamente. Difficile determinare esattamente il divenire di un oggetto di studio sociale poiché è sicuramente un notevole problema definire una volta per tutte il suo stesso essere in un preciso momento. Ma è inevitabile, trattando di fenomeni sociali, in primo luogo distinguere, nell'analisi sistematica sociale, ciò che, nel tempo, subisce mutamento da ciò che rimane identico.
Considerare un sistema sociale come mutato richiede l'attenzione dei processi, nel loro dispiegarsi storico, che permettono ed insieme sono causa che origina il mutamento. Nel verificare leggi sulla società, dovremmo quindi verificare leggi su tre fasi del suo essere, concettualmente semplici:
- Conoscere gli oggetti sistemici sociali sottoposti ad indagine scientifica in un momento dato; inquadrare teoricamente la conoscenza a priori e a risultati ottenuti.
- Determinare come certe eventuali variazioni qualitative e quantitative; collegare teoricamente, a priori e a posteriori, le eventuali variazioni a leggi scientifiche che le possano spiegare.
- Collegare il divenire sociale a fattori che lo possono aver determinato e, concretamente, lo hanno determinato nei sistemi sociali prima osservati.

Falsificabilità: nel pensiero popperiano, la falsificazione rappresenta ciò che, permettendo di confutare teorie scientifiche, ne permette indirettamente la verifica, consentendo inoltre di convalidare come certe le teorie scientifiche. Ovvio che si dovrebbe acquisire come principio trasversale a tutte le scienze positive, unendo empiricità critica delle scienze sociali al necessario, continuo controllo delle stesse con ogni forma logica, esperienza comune ovvero storiografica o sperimentale che, opponendosi a quelle criticamente, seriamente e dialetticamente, rispettando procedure anch'esse verificate e verificabili, permetta l'acquisizione da parte del mondo scientifico di un discorso sulla società che non sia un oratio principi, imposto d'autorità e d'autorità trasmesso, ma risulti bensì controllato come consolidati siano, nel tempo e grazie al medesimo assunto, i risultati ottenuti dallo stesso discorso.
Nel caso si dimostri, con opportuni controlli, l'inapplicabilità di teorie storico-sociali non flessibili, ciò è possibile solo nel caso queste possano essere controllate come falsificabili; mancando la possibilità di verifica, le medesime teorie potrebbero altrimenti dover essere accettate a causa della loro metafisica inafferrabilità storica e quindi essere inverificabili, non smentibili, dogmatiche. Quando una legge scientifica è falsificabile, essa può sempre essere sostituita o andare incontro ad una futura revisione od integrazione, in ogni contesto storico in cui si ottengano dati sociali che dimostrino contraddittorio l'impianto teorico rispetto alle risultanze del reale, al di là delle concrete scelte umane, politiche ed etiche, che dalla legge scientifica stessa sono scaturite.
La società umana, fatto empirico par excellence, non può essere che un sistema reale; quando si vuole il sistema stesso, c'è da aggiungere, spiegato non cronologicamente, con il dispiegarsi dei fatti, ma si desidera desumere dallo stesso sistema leggi volte a spiegare medesimi fatti prodotti da verità fattuali correlate, in rapporto causale, e le esperienze a sostegno sono prodotte in laboratori o campi di ricerche materialmente o semanticamente delimitati in modo accettabile, la falsificabilità è facilmente controllabile come criterio inverso di validazione. Infatti, a livello qualitativo, in un settore indagato ristretto, è diretta la serie di possibili alternative e, quindi, immediata la reperibilità di possibili ipotesi che possano falsificare, perciò indirettamente confermare o meno, la teoria trattata in sede sperimentale.
Nel caso invece di teorie operanti su vasti campi di ricerca, è ostico il lavoro di reperibilità dei criteri di falsificazione delle teorie stesse; si può dire, altrimenti, che in ambito scientifico la validazione dei riscontri oggettivi, rispetto a leggi scientifiche che li prevedano come interni a progetti di comprensione teorica delle diverse realtà sociali, è tanto più facilmente prevedibile quanto ridotto l'insieme delle variabili sociali implicate nella ricerca teorica e nella eventuale verifica empirica. Teorie estremamente generali, omnicomprensive, difficilmente offrono tutti i criteri possibili con cui poter essere falsificate e, perciò, come si è potuto comprendere sin qui, confermate dai fatti.
Maggiormente utile quel lavoro scientifico che si preoccupi di vedere inglobato, intrinsecamente, in ogni momento logico-procedurale, nel piano di lavoro teorico e di validazione, il principio dal quale scaturisce la verità scientifica: sino a prova contraria (possibile se è presente la falsificabilità), la dimostrazione oggettiva di fatti oggettivi studiati dalle scienze sociali, partendo da una teoria scientifica o da parti di essa, permette di vedere la stessa teoria utile a comprendere i fatti sociali, al di là delle opinioni e delle emozioni ad essi correlate.

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