Per la pace perpetua, I. Kant

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Testo

Relazione de “PER LA PACE PERPETUA”
di Staroccia Serena
classe VH

Il saggio di Immanuel Kant “Per la pace perpetua” si colloca nel quadro generale delle teorie pacifiste del 1700, età dei “lumi della ragione”, nella quale fiorivano le più vive istanze razionalistiche; il suo ideale politico, che ritroviamo espresso chiaramente in questo suo scritto, era una costituzione repubblicana “fondata sul principio di libertà dei membri di una società, come uomini; sul principio d’indipendenza di tutti, come sudditi; sulla legge dell’eguaglianza, come cittadini”.
Lo stato, visto come la riunione di un certo numero di uomini che obbediscono a leggi giuridiche e soprattutto, alla legge morale, doveva essere garante della libertà, dell’uguaglianza e dell’indipendenza degli individui che lo costituivano.
Proprio la legge morale, fondamento dell’agire e comportamento per raggiungere la felicità, rappresenta uno dei cardini della filosofia kantiana tanto che, l’epitaffio sulla sua tomba recita: il cielo stellato sopra di me, la legge morale in me.
Dopo aver enunciato quale sia la forma di governo per eccellenza, Kant chiarisce che questa è anche l’unica che possa portare alla pace perpetua: se sono infatti i cittadini a decidere l’entrata in guerra del proprio paese, essi rifletteranno ed agiranno senza dubbio con particolare prudenza prima di prendere tale decisione.
Prima di Kant molti filosofi si erano interessati alla “costituzione ideale”, e più specificatamente alla forma repubblicana: già Platone, nel De Repubblica, aveva individuato l’importanza di tale forma di governo, fondata sul concetto di idea. Aveva teorizzato uno stato ideale, dove la giustizia (DIKE), compie il suo dovere quando ogni cittadino si ritrova nella classe (lavoratori, guerrieri, governanti) che più gli si addice.
Anche Machiavelli (primo autore ad usare il termine Stato nel suo significato moderno) riconobbe l’importanza della repubblica (nei “Discorsi sulla prima Deca di Tito Livio”) controllata e “ridimensionata” però dalla compartecipazione al potere pubblico degli ottimati e soprattutto del Principe, l’unico in grado di governare la Fortuna tramite la Virtù.
Contro la costituzione repubblicana operò invece Campanella, che, nella Città del Sole, sostiene che lo Stato idealmente perfetto (utopico) è quello “oligarchico”, governato da un principe sacerdote assistito da tre principi collaterali.
Eventi storici come la Rivoluzione Francese (1789) e l’indipendenza Americana (1776) diedero un’accelerazione fondamentale all’idea repubblicana, influenzata dalla crescente spinta popolare causata dalla Rivoluzione Industriale, che aveva di fatto creato una nuova classe sociale, il proletariato, capace e desiderosa di governare.
La tesi kantiana dello stretto rapporto tra repubblica e pace è confermata dalla Storia: pur non essendo vero che ovunque esista una costituzione repubblicana regni la pace, è invece sicuro che le più grandi tragedie accadono proprio dove non esiste democrazia, dalla Germania Hitleriana alla Russia di Stalin, fino all’Iraq dei giorni nostri, dove è stata confermata la teoria del filosofo tedesco: sia il popolo Americano che quello Irakeno avrebbero evitato questo conflitto. Purtroppo la decisione delle guerre è tutt’oggi poco democratica, ed il risultato è sotto gli occhi di tutti: decine di morti al giorno, cittadini comuni, naturalmente.

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