Nietzsche e la filosofia irrazionale

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Testo

NIETZSCHE E LA FILOSOFIA IRRAZIONALE
Poeta o filosofo, creatore di immagini o creatore di pensieri, profeta o visionario, o tutto insieme in un unico uomo che, forse per questo, ha affascinato e continua ad affascinare non solo gli animi solitamente inclini alla trasgressione anarchica, ma anche quelli che più spesso preferiscono sopportare i condizionamenti esterni e interni
E’ stato necessario fare questa distinzione poiché se la filosofia di Nietzsche è stata originale lo è stata proprio perché era un puro invito alla vita, una completa "fedeltà alla terra", dice lui.
Infatti in "Così parlò Zarathustra", il profeta Zarathustra, dopo aver a lungo meditato, sentendosi, infine, "sazio del proprio miele" e desideroso di elargire i frutti del suo meditare, era sceso dalla montagna per andare in città, fra gli uomini, fra quegli uomini presso i quali voleva portare la notizia del Superuomo.
Infatti Nietzsche è convinto che l’uomo sia "una corda tesa fra l’animale ed il superuomo", che sia "un ponte, non una meta", che sia cioè uno stato di transizione che dovrebbe andare volontariamente in rovina per preparare il superuomo, chiamando il suo anelito a questa meta "la speranza più alta" che secondo lui suggerisce "l’uomo è qualcosa che deve essere superato". Questi uomini dunque dovranno tendere continuamente alla propria rovina, dovranno provare forti passioni, dovranno giurare fedeltà alla terra, dovranno infine lottare con tutte le proprie forze per raggiungere quello stadio di superuomo che riderà poi dell’uomo, come questo aveva riso della scimmia. Non ci si può risparmiare affatto in questa lotta per piantare il seme del superuomo, persino il matrimonio e la procreazione ne sono finalizzati, e d’altra parte Nietzsche aveva detto "Il tuo amore alla vita sia amore alla più alta speranza e la tua più alta speranza sia il più alto ideale alla vita."
Il percorso però è lungo e faticoso, perché innanzi tutto gli uomini dovranno rovinare se stessi, dovranno volere la propria morte, poi, dovrà esserci la metamorfosi: da cammello che pazientemente accetta il "tu devi", al leone, che facendo una rapina dice "un sacrosanto no a tutte le obbligazioni", per arrivare infine al fanciullo, l’unico con il gioco di creatività che rende possibile l’irrazionale: in breve, auspica il ritorno allo spirito dionisiaco. Nietzsche, grande studioso della classicità, aveva individuato due tipi di predisposizione d’animo: lo spirito dionisiaco e lo spirito apollineo.
Il primo rappresenta la forza creativa, lo spirito inquieto e inappagato che consente l’adesione entusiastica ed appassionata all’essenza della realtà che è irrazionalità e dolore, il secondo si manifesta come serena armonia, proporzione equilibrata, quiete olimpica, sogno ed illusione che nascono ed allontanano il senso tragico della vita.
Poiché Nietzsche riteneva che con l’avvento dei sofisti fosse stato ucciso lo spirito dionisiaco, postulava un ritorno a questo, per il raggiungimento del superuomo.
Secondo passo fondamentale, per superare questo "ponte", è la trasmutazione dei valori. In questo Nietzsche aveva visto il suo vero compito e subito imposta questi differenti valori polemizzando con la morale cristiana, che, a suo dire, era la morale dell’ascetismo e della rinuncia. Infatti egli riteneva che gli schiavi, cui questa morale era destinata, rinunciassero a combattere sulla terra, dimenticando la propria materialità, e si aspettassero una sorta di rivincita in un altro mondo, che però non esisteva. In tale ottica, dunque, la morale cristiana nasce dal risentimento di quelle classi che, sfruttate e senza possibilità di ribellione, pur anelando a liberarsi da questo stato, sono impossibilitate a farlo e, perciò, immaginano una giustizia altrove. Per ottenere questa giustizia, però le classi povere devono rispettare determinati valori e determinate leggi: devono disprezzare il proprio corpo e rivolgersi solo al trascendente dimenticando il resto, devono provare la compassione, l’ascetismo, l’abnegazione, devono sacrificarsi e usare la sofferenza come mezzo di espiazione: insomma devono dimenticare di essere pura materia ed ancorarsi a qualche cosa che non esiste.
Naturalmente Nietzsche ritiene che ciò abbia reso gli uomini vili, deboli, fiacchi rinunciatari, tutto l’opposto di quello che dovrebbero essere: fieri, coraggiosi, combattivi, guerrieri. Eccole le virtù nicciane, tutte quelle virtù che dicono sì alla vita che ci ancorano al nostro essere corporeo, che ci fanno rispettare il nostro giuramento di fedeltà alla terra.
A questo punto quando l’uomo, si sarà liberato da tutti quei pregiudizi che lo hanno limitato da duemila anni, quando, infine, avrà accantonato la morale della rinuncia, del nichilismo, allora Dio sarà morto.
La morte di Dio è ancora un’altra tappa fondamentale, perché significa che l’uomo è pronto per avere un mare di possibilità, senza alcuna limitazione di sorta determinata dalla presenza di leggi che non sono adeguate per la sua materialità.
In questo mondo in cui domina la formula "io voglio", in cui è stato ripristinato lo spirito dionisiaco, in cui infine Dio è morto ed è stata operata la trasmutazione dei valori, in questo mondo potrà vivere il Superuomo, l’oltre uomo, conscio della propria materialità e perciò fedele alla terra.
Fedeltà alla terra significa ritorno alle proprie radici originali e abbandono della metafisica, ma certo l’esaltazione della terra o della bellezza, non significa che spariranno le brutture. Nietzsche è convinto che il bene si mescoli con il male, che la gioia è mista al dolore e che quindi non esiste una terra che è, come diremmo noi, un paradiso, e tuttavia egli accetta completamente questo tipo di esistenza, rifiuta il pessimismo e l’ascetismo, come aveva invece fatto il suo ex "maestro" Schopenhauer, il quale aveva compreso gli assurdi della storia, e ne attribuiva la causa ad una volontà cieca, alla quale non si poteva rispondere se non con la compassione, la giustizia, l’arte e soprattutto con l’ascetismo, il completo disinteresse, la nolontà.
Per quanto fin qui affermato, non mi stupisce che Nietzsche, pur avendo in gioventù studiato e apprezzato la filosofia di Shopenhauer, finisse per rinnegarla e combatterla strenuamente.
Il suo superuomo combatte, lotta, è un guerriero che ha dentro di se la morte di Dio e davanti a sé il mare illimitato delle possibilità, grazie anche alla sua volontà di potenza.
Si noti quanto facile sia travisare questo pensiero: quando Nietzsche scrive "Già la mia felicità dovrebbe da sola bastare a giustificare la mia esistenza", mi pare evidente che, seppure a torto, qualcuno pensi che egli sia edonista; e ancora, quando si parla di Superuomo, dopo che Hegel aveva sostenuto la superiorità del popolo tedesco, appare persino ovvio pensare ad uno splendido esemplare di un popolo eletto e, infine, il concetto di volontà di potenza, se non lo si considera, come è in realtà, forza per trasmutare i valori, sembra proprio una velleità imperialista.
Fuori da ogni pre-giudizio ideologico o culturale o, peggio, da logiche propagandistiche di oscuri e pericolosi disegni di menti folli, che tolgono "significato" al termine "umanità", quando si sente affermare che fra i valori nicciani c'è anche l'esaltazione della guerra, credo che si commetta un errore intellettuale perché, invece, metaforicamente, com'è da intendere, la guerra per Nietzsche non implica morti o atrocità, ma è la battaglia impari soprattutto intrapsichica, per decidere di annullarsi e dar vita all'oltre uomo.
Ebbene, solitamente si studia che dopo il crollo del positivismo, con l'affermarsi di teorie come quelle di Bergson o di Nietzsche si ha un nuovo movimento letterario che viene definito decadentismo.
E' facile capire il perché: le i nuovi strumenti conoscitivi del decadentismo, prendono proprio le mosse dell'intuizionismo di Bergson, l'irrazionale di Nietzsche, è elevato a fonte creatrice e il fanciullo che ha il "gioco di creazione", sembra proprio riportarci alla percezione sconnessa della vita, o, ancor più alla poetica del fanciullino di Pascoli.

Nietzsche

Nietzsche, l'uomo del superuomo, ossessionato dall'idea del superamento di se stesso, afferma: "Non gettar via l'eroe che hai nella tua anima e sacra sia per te la tua più alta speranza … che dice l'uomo è qualcosa che deve essere superato!".

Già questa frase mi ha affascinato oltre-misura e quindi documentandomi ne ho trovate tante altre degne di essere citate: "Quando mi abbandonerà la mia saggezza che il mio orgoglio possa ancora volare insieme alla mia follia".
E ancora: "Per me io crederei solo in un dio che sapesse danzare";
"Amo l'ordine perché in quanto esiste mi permette di infrangerlo";
"Bisogna avere dentro di sé il caos per generare una stella danzante".

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