Materie: | Riassunto |
Categoria: | Filosofia |
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Data: | 05.05.2009 |
Numero di pagine: | 4 |
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LUDWIG WITTGENSTEIN
Il Tractatus logico-philosophicus è l’opera principale di Wittgenstein, soprattutto per il fatto che è stata l’unica pubblicata dall’autore in vita. È un’opera breve ma densa, e lo stesso Wittgenstein afferma che, per comprenderla, bisogna aver già pensato i concetti al suo interno. La sua struttura è particolare, infatti, dai sette enunciati fondamentali derivano, da ognuna a parte l’ultima, 519 proposizioni che le commentano e sviluppano, numerate con criterio decimale. I 7 enunciati sono:
1. il mondo è tutto ciò che accade
2. ciò che accade, il fatto, è il sussistere di stati di cose
3. l’immagine logica dei fatti è il pensiero
4. il pensiero è la proposizione munita di senso
5. la proposizione è una funzione di verità delle proposizioni elementari
6. esiste la funzione generale di verità
7. su ciò di cui non si può parlare si deve tacere
L’opera si può dividere fondamentalmente in tre parti:
I. le prime due proposizioni delineano una prima parte definita ontologica, che riguarda la realtà, inoltre il primo punto implica il fatto che il mondo esiste;
II. la parte dalla 3 alla 6 è chiamata logica e prevede il passaggio dai fatti reali all’immagine che l’uomo si fa di questi, dal concreto all’astratto e il tema principale è il rapporto tra la realtà e il linguaggio:
III. infine la terza ed ultima parte, che non possiede proposizioni derivanti, è la conclusione filosofica specificatamente etica.
Lo scopo dell’opera è quello di mostrare che i problemi filosofici si fondano sul fraintendimento della logica del linguaggio. Per capire il Tractatus è necessario comprendere la teoria del linguaggio significante: le caratteristiche superficiali del linguaggio quotidiano hanno, in sé, una struttura logica che è l’oggetto proprio della filosofia.
Un altro obiettivo di Wittgenstein è fare un disegno logico del mondo (cioè la totalità dei fatti e del linguaggio che li descrive) in grado di determinare l’intero campo dei possibili fatti e delle loro possibili descrizioni e di mostrare le linee essenziali della struttura dei fatti e delle proposizioni, determinandone i limiti logici.
La raffigurazione è ciò che collega la proposizione allo stato di cose che essa descrive ( la proposizione è il quadro di un fatto possibile). Noi siamo in grado di parlare della realtà perché i nomi corrispondono a qualcosa e perché questi, i nomi, possono combinarsi nella proposizione come gli oggetti si combinano negli stati di cose.
Le proposizioni sensate corrispondono a un fatto possibile, le proposizioni vere corrispondono a un fatto reale.
Ogni immagine per essere raffigurata deve avere in comune con la realtà la forma logica (o la forma della realtà), che è la base del funzionamento del linguaggio. Il linguaggio è quel tipo di rappresentazione che si basa solo sulla forma logica. Wittgenstein distingue la proposizioni elementari, che non sono ulteriormente scomponibili o analizzabili, che permettono di costruire tutte le altre proposizioni, come quelle che si utilizzano nel linguaggio comune, che sono complesse e difficili da analizzare. Il significato delle proposizioni è identificato con le loro condizioni di verità, cioè capire che cosa accade se la proposizione è vera.
Wittgenstein identifica due estreme condizioni di verità:
• tautologia – è sempre vera, in qualsiasi modo le proposizioni vengano scomposte in elementari (vera in qualsiasi circostanza, ad esempio il principio del terzo escluso “p o non-p”);
• contraddizione – falsa per tutte le esemplificazioni delle proposizioni elementari che la compongono (il contrario del principio del terzo escluso “p e non-p”).
Queste condizioni non dicono nulla del mondo, non ne danno informazioni, ma hanno un’utilità: esprimono la forma logica delle proposizioni.
Le proposizioni possiedono dei limiti, uno dei quali è l’autoriferimento, cioè nessuna proposizione può enunciare qualcosa sopra se stessa e secondo Wittgenstein molti paradossi derivano dal tentativo di violare questo limite, perciò i paradossi non sussistono perché il limite è insuperabile e nessuna proposizione può contenere se stessa.
Un altro elemento per comprendere il Tractatus è la contrapposizione tra dire e mostrare, che per il filosofo è all’origine dei problemi filosofici (la filosofia infatti pretende di dire ciò che non è un fatto e può essere solo mostrato). Per Wittgenstein la filosofia ha il preciso compito di chiarire le proposizioni oscure e indicare le proposizioni prive di senso, distinguendosi in questo modo dalla scienza che deve descrivere i fatti. Wittgenstein arriva a pensare che molte risposte alle domande che davvero contano sono ineffabili (inesprimibili), anzi che le domande stesse non possono essere poste all’interno del nostro linguaggio, ma soprattutto che i problemi dell’etica e dell’estetica non sono formulabili in domande dotate di senso di un linguaggio logicamente corretto ( quello della scienza, che descrive i fatti ). Wittgenstein arriverà ad affermare, anni dopo, che il vero fine della sua opera è di definire la natura delle questioni che riguardano i valori; per egli la parte importante del Tractatus è la parte inespressa.
Le tesi di Wittgenstein vengono accolte e utilizzate dai neopositivisti del Circolo di Vienna, soprattutto il principio di verificazione che identifica il significato di un enunciato con una serie di operazioni pratiche che consentono di constatare verità o falsità. Il Tractatus ebbe una profonda influenza sul neopositivismo. Nascono dei contrasti quando Witgenstein chiarisce la sua posizione riguardo i valori: i positivisti sostenevano che sono questioni prive di senso mentre egli sostiene che le proposizioni valutative sono reali, ma non sono esprimibili compiutamente.
Negli anni successivi Wittgenstein cambia la sua concezione del linguaggio, basandolo sull’uso: il linguaggio è uno strumento usato per vivere nel mondo, una collezione di strumenti, e il significato di una parola corrisponde al modo in cui essa viene utilizzata e non alla sua definizione.
In questa sua nuova concezione il linguaggio viene paragonato ad un gioco: perché il linguaggio significhi qualcosa è dunque necessario che il suo uso segua determinate regole.
Inoltre il problema del linguaggio si è ora ridotto a problemi di corrispondenza tra prassi linguistica e regole grammaticali. Il significato di ogni parte del discorso dipende dal suo uso. Le regole grammaticali sono tutte dello stesso tipo, sostiene Wittgenstein, ma non si commette lo stesso tipo di errore quando si infrange l’una o l’altra.