La filosofia durante la seconda rivoluzione industriale

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L'ETÀ DELLA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Tra il 1873 e il 1896 l'economia industriale capitalistica attraversa un lungo periodo di crisi: si tratta della cosiddetta "Grande Depressione". C'è una nuova organizzazione della produzione e del mercato: la concentrazione industriale e finanziaria con la creazione di grandi monopoli e oligopoli; l'assunzione di un nuovo ruolo dello Stato nell'economia, con l'adozione di politiche protezionistiche.
La ristrutturazione del sistema capitalistico e la società di massa.
Si ha una razionalizzazione sia a livello della produzione e dei mercati (con l'accordo fra potere economico monopolistico e potere politico), sia a livello delle strutture produttive. Sul piano sociale possiamo parlare dell'emergere della società di massa. Grandi fenomeni sociali di massa sono, tra Ottocento e Novecento, la crescita demografica, l'urbanizzazione, le migrazioni intercontinentali. Assistiamo anche ad una nuova dislocazione e ridefinizione delle classi sociale: assottigliamento delle popolazioni contadine; nuova forma di borghesia imprenditoriale; ampliamento dei ceti medi.
Una nuova opinione pubblica e i partiti politici.
Nella società civile si ha la crescita della scolarizzazione, lo sviluppo dei mezzi di comunicazione tradizionali (epoca del liberty), la diffusione della fotografia, l'apparire della radio, del cinematografo e del fonografo, la diffusione del telegrafo e del telefono. Dinanzi al complesso di tali fenomeni, il modello di rappresentanza politica elaborato dalla borghesia liberale ottocentesca si rivela inadeguato: il partito tradizionale era nato in una situazione di suffragio elettorale ristretto. Uno dei grandi eventi è il sorgere del partito moderno di massa caratterizzato da un'ottica di intervento nazionale, da un consenso su larga scala. Con l'emergere del moderno partito politico le masse entrano come protagoniste nella vita non è dunque solo la forma organizzativa, ma l'intero modello liberale dell'economia, della società e della politica che entra in una profonda crisi: "falsificato" in uno dei suoi dogmi fondamentali, la separazione fra stato ed economia; attaccato da movimenti negatori dell'individualismo, come il nazionalismo, e dai partiti socialisti.
La crisi del positivismo.
La formula "crisi del positivismo" usata sovente per caratterizzare la cultura europea tra Ottocento e Novecento, può essere utile come orientamento, ma occorre verificarne la pertinenza nelle articolazioni della vita culturale: nella letteratura e nell'arte, con la reazione antinaturalistica espressa dal simbolismo, dal decadentismo e poi dalle avanguardie artistiche europee; nel dibattito politico e ideologico, che deve affrontare la crisi del modello istituzionale e teorico liberale; nelle discipline scientifiche, investite da un'ampia revisione epistemologica e metodologica; nella filosofia, che dal rapporto con le scienze è sollecitata in questa fase a ridefinire il proprio ruolo e la propria funzione. L'idea di un progresso unilaterale e cumulativo dell'evoluzione di Spencer inizia a subire una critica radicale sia da Nietzsche, sia nel campo delle scienze sociali e storiche, che contestano la fondatezza di una concezione filosofica della storia.
Nuovi modelli della realtà fisica.
La fisica è interessata da una rivoluzione teoretica che ha come oggetto il modello della meccanica classica elaborato da Newton e Laplace. Quest'ultimo si fondava sull'assolutezza delle coordinate spazio-temporali, sul presupposto "ontologico" dell'esistenza di un ordine naturale determinabile attraverso rapporti di causa-effetto e sulla distinzione e indipendenza tra soggetto conoscente e oggetto indagato, tra osservatore e osservato. La crisi del meccanicismo si ha nei primi decenni del nuovo secolo. Nel 1905, la teoria della relatività mostra come spazio e tempo non siano entità assolute, ma dipendano dagli strumenti di osservazione e dai sistemi di riferimento. Successivamente verrà messo in discussione con la meccanica quantistica di Bohr (1913), il principio della continuità dei fenomeni naturali, e la discussione intorno alla natura della luce che condurrà ancora Bohr (1927) ad ammettere la complementarietà di due teorie alternative, la corpuscolare e l'ondulatoria, per spiegare uno stesso fenomeno. Contemporaneamente, il principio di indeterminazione formulato da Heisenberg fa vacillare il caposaldo del determinismo, ovvero la possibilità di predire con certezza gli stati futuri di un sistema fisico conoscendo le condizioni di partenza, e rivela come ogni osservazione interferisca inevitabilmente con il sistema osservato.
La crisi dell'ideale positivistico di scienza.
Questi sviluppi teorici inducono una profonda revisione delle procedure e del fondamento del sapere scientifico, condotta sia da scienziati che da filosofi. È lo stesso "ideale di scienza" positivistico a venire messo in questione: qual è il concetto di verità formulabile entro i linguaggi delle scienze naturali e sociali? E quali sono i suoi strumenti? Vi è unità tra "scienze della natura" e "scienze dello spirito"? ora si affacciano orientamenti di pensiero che ripropongono alcuni dei compiti tradizionali del sapere filosofico. Una delle soluzioni fornite alla tesidell'ideale positivistico di scienza consiste nell'accentuare il carattere pratico, operativo, strumentale del sapere scientifico, portando in primo piano la soggettività del ricercatore rispetto all'oggettività dei fatti, la natura convenzionale delle proposizioni scientifiche rispetto alla loro pretesa di fornire una descrizione vera del mondo. Si tratta di una tendenza rinvenibile in diverse posizioni filosofiche elaborate da scienziati (Jules-Henri Poincaré, Pierre Duhem), da critici della scienza (Ernst Mach e Richard Avenarius). In Mach e Avenarius una visione radicalmente empirista della conoscenza conduce a interpretare la scienza come produzione di schemi teorici convenzionali rispondenti a principi di economia e funzionali al rapporto adattativo fra uomo e ambiente. In Francia, Poincaré e Duhem propongono una concezione della scienza come costruzione "operativa" metodologicamente fondata, ma limitata dal carattere "convenzionale" dei propri principi e delle proprie proposizioni.
Scienze della natura e scienze dello spirito.
Nell'area tedesca, oltre alla figura isolata di Nietzsche, troviamo diversi pensatori che sottopongono a critica l'epistemologia del positivismo, la sua pretesa di trasformare le teorie scientifiche in visioni globali del mondo. Queste istanze critiche si intrecciano con la discussione circa lo statuto delle scienze umane e sociali che proprio in questa fase vengono assumendo la configurazione di scienze autonome, cioè dotate di specifici programmi di ricerca. Significativo è innanzitutto il neokantismo, che raggruppa diversi pensatori e indirizzi filosofici sotto la parola d'ordine del "ritorno di Kant", inteso come alternativa sia all'idealismo sia al positivismo: contro ogni assolutizzazione metafisica e contro il culto positivistico del fatto, i neokantiani affermano una concezione critica della filosofia (Cohen, Natorp, Windelband, Rickert, Wilhelm Dilthey), che è rivolta a fondare rigorosamente quel concetto di comprensione come modalità specifica di conoscenza del mondo storico-umano. L'esigenza di una fondazione delle scienze sociali ispira anche l'opera di Max Weber, la cui sociologia si propone di indagare la realtà sociale come complesso dinamico di norme, istituzioni, organizzazioni, comportamenti dotati di senso.
La svolta psicanalitica.
Nel 1900 muore, a Weimar, Friedrich Nietzsche, mentre a Vienna Sigmund Freud pubblica l'Interpretazione dei sogni. Scompare il pensatore che aveva fornito l'interpretazione più radicale della crisi della civiltà ottocentesca e si pubblica l'opera che inaugura non solo un filone di ricerca, ma una nuova prospettiva interpretativa. In un breve scritto del 1916, Una difficoltà della psicoanalisi, Freud riconduce le resistenze che la sua dottrina incontra nell'essere accettata alla nuova «ferita narcisistica» che essa ha inferto «all'amor proprio dell'umanità». Il soggetto umano vede ora messa in dubbio dalla psicanalisi l'assoluta padronanza dei propri contenuti concettuali e della propria volontà. «L'io non è più padrone in casa propria» nel momento in cui viene mostrato come pensieri, volontà, comportamenti siano il risultato di una dinamica complessa in cui le istanze razionali dell'Io interagiscono con le forze istintuali profonde dell'Es e i comandi sociali del Super-io. Partito dall'esigenza di elaborare un modello di spiegazione dei fenomeni psichici e di ricondurre anche l'inconscio nell'orizzonte dell'indagine scientifica, Freud giunge a proporre un approccio interpretativo che mette in discussione le demarcazioni fra verità e falsità, razionalità e irrazionalità, normalità e devianza, mostrando che la condotta dell'uomo è il risultato dinamico di forze solo in parte consapevoli e conosciute. Nel lavoro psicoanalitico la conoscenza è ineliminabilmente connessa con la terapia.
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