La fenomenologia dello spirito di Hegel

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Testo

Hegel e la Fenomenologia dello spirito
Il processo di formazione ha questo sviluppo triatico, triatico perché c’è sempre la dialettica, lo sviluppo dialettico, in cui la sintesi è un’affermazione del positivo mediante una negazione del negativo secondo quel modello del vero e l’intero, del mantenere e superare.
Che cos’è la coscienza? Non è nulla in se stesso, deve diventare qualcosa. Per diventare qualcosa si deve rapportare agli oggetti del mondo esterno e si deve rapportare ad altre coscienze.
Il primo momento di formazione di questa coscienza, che è nulla in se stessa e deve diventare qualcosa, è proprio determinato dal rapporto con l’oggetto esterno. Il rapporto con l’oggetto esterno mi fa capire che c’è un io intelletto, una ragione, una coscienza, che è lei che stabilisce questi rapporti, perché dalla certezza sensibile riesco a cogliere l’oggetto, però non mi dice niente di questo oggetto, ma mi dice che io posso porre l’oggetto perché sono io che lo pongo… Hegel rimanda tutto ad una coscienza che coglie l’oggetto. (I gradino)
Se vado ad un livello superiore, quello della percezione, che va ad unificare le sensazioni, mi rendo conto che anche il processo di percezione è relativo all’unificazione delle sensazioni perché c’è un io,un intelletto, una ragione, una coscienza che è lei che pone questi rapporti.
Quindi la coscienza è la consapevolezza di sé, che si acquisisce nel rapporto con l’oggetto, con il mondo esterno e anche con l’altro… questa consapevolezza di sé mi dà nel processo di formazione la certezza che sono io, ragione, coscienza, capace di fare dei rapporti, capace di fare delle sintesi.
La coscienza si forma dal rapporto con l’oggetto ma anche dal rapporto con altre coscienze (II gradino): allora la coscienza diventa consapevolezza di sé, autocoscienza, perché si è rapportata alle altre coscienze, sotto un profilo pratico e sotto un profilo etico.
In questo rapporto tra le varie coscienze, che si attua non solo su un piano teoretico ma anche su un piano pratico (pratico nel senso morale), la mia coscienza si deve confrontare con le altre coscienze.
In che modo si rapporta con le altre coscienze? E’ molto bella la figura di signoria e servitù:
la mia coscienza, che si è appena formata, è gettata nel mondo e stabilisce dei rapporti con le altre coscienze: ha paura, perché è gettata nel mondo, allora comincia a stabilire dei rapporti di dipendenza con le altre coscienze, di modo che per la paura della morte, del disorientamento, affida se stesso all’altro, all’altro che ritiene più forte.
Ma la figura servo-padrone, rappresenta il primo gradino attraverso il quale le varie coscienze, che hanno raggiunto la consapevolezza di sé, si rapportano con le altre coscienze, a loro volta autocoscienze. In questo rapporto, quella più forte diventa padrona, signora, e l’altra è serva.
Ma in virtù della dialettica servo/padrone, si invertono i rapporti di dipendenza: il servo è servo, il padrone è padrone, ma il servo sa usare gli strumenti di produzione, cosa che il padrone è incapace a fare.
In virtù della dialettica hegelliana quindi si invertano i rapporti di dipendenza grazie al lavoro (=processo di autonomia, di sviluppo, di libertà…).
La dialettica servo/padrone è destinata al suo rovesciamento.
La formazione delle varie autocoscienze non si forma più su un piano pratico, ma su un piano che torna ad essere teoretico, attraverso le figure dello stoicismo, lo scetticismo e la coscienza infelice medievale.

Nell’autocoscienza troviamo le figure dello stoicismo, dello scetticismo e la coscienza infelice propria della mentalità medievale.
Lo stoicismo è quella filosofia che pone come fondamento l’idea del dovere.
Ma in questo modo, la coscienza, liberata dalla dialettica servo/padrone, non può nello stoicismo trovare la libertà, perché nello stoicismo, per obbedire al dovere devi annullare te stesso, arrivando all’imperturbabilità dell’anima, senza farti coinvolgere dalle emozioni.
Anche lo scetticismo è importante: lo scettico sospende il giudizio… bisogna annullare le passioni, sospendere l’assenso… gli scettici avevano un esito nichilista (Socrate almeno qualcosa sa… sa di non sapere!)…
Hegel pone anche la figura della coscienza infelice: la coscienza che cerca la propria libertà, propria della religione ebraica perché ricerca la propria libertà nel proprio essere ma vive il processo di alienazione perché vuole ricercare di definire la propria libertà nella propria finitudine invece vive lo scarto verso l’infinito.
Nella coscienza infelice ci sono due elementi:
un elemento positivo: la tendenza verso l’infinito
un elemento negativo: il rimanere nel finito, l’espressione della propria finitudine
Questi elementi portano all’alienazione:
La coscienza infelice divide lo scarto tra umano e divino, l’uomo è la coscienza lacerata e scissa, che cerca se stessa e la propria libertà ma senza trovarla, vive all’ennesima potenza il suo dolore, vive all’ennesima potenza dio che è totalmente altro.
La coscienza vive quindi fortemente l’alienazione, l’uomo esce da se stesso e affida ad un essere superiore le sue speranze, le sue paure…ed è proprio un concetto della religiosità medioevale, la quale, con l’alienazione è uscita fuori dalla sua finitudine affidandosi a dio che è totalmente altro.
Affidandosi a totalmente altro, la coscienza ha raggiunto la consapevolezza che riconducendosi con dio, lei è tutta la realtà.
Il processo di formazione passa attraverso la ragione osservativa, la ragione attiva e la ragione etica.
La ragione osservativa è la ragione del naturalismo rinascimentale, dalla ragione osservativa (che è limitativa perché legata al determinismo e al meccanicismo) si passa alla ragione attiva, che è di tre tipi:
1 Faustismo
2 Legge del cuore
3 Virtù al corso del mondo
Con il faustismo la ragione cerca la conoscenza, cerca un obiettivo esterno all’uomo.
La legge del cuore è quella di Rousseau e dei Romantici, che cercano una soluzione idilliaca con la natura.
La virtù al corso del mondo è quella virtù così rigida come quella del giacobinismo, o come quella dell’eroe romantico.
Dopo questo si passa alla ragione etica, che ha due grosse anime: la ragione kantiana, che è la ragione del dovere, il dovere per il dovere, secondo un formalismo, indipendentemente dal contenuto, che però è visto astrattamente da Hegel, e la ragione etica… la vera ragione, che è quella che si deve incarnare nello spirito di un popolo, negli usi, nei costumi, nella razionalità di un popolo stesso… e la coscienza deve incarnarsi, quella coscienza si deve realizzare nella ragione etica, che è lo spirito del popolo.. usi,costumi,tradizioni,valori,dimensioni interiori… la coscienza arriva a completare il suo percorso incarnandosi nello spirito del popolo.

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