Il Potere, da Platone a Weber

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Testo

POTERE
Koselleke, Brunner, Conze sono i tre autori che hanno inaugurato una nuova corrente negli studi sociologici e storici:
BEGRIFFSGESCHICHTE – STORIA CONCETTUALE
Inziano a rivedere alcuni concetti dell’ambito pratico (quindi politico) dando inizio ad una corrente prima storica e poi sociologica.
È una corrente nata in Germania dagli anni 1980, affermatasi con questi autori, la quale rivede in un’ottica nuova i concetti fondamentali dell’ambito politico (fanno la storia di diversi concetti).
Alcuni di questi concetti sono politica, stato, democrazia e potere.
perchè a partire da Rosseau (e con Hobbes) si era ritenuto necessario esercitare il potere per fare politica (l’esercizio del potere era la condizione di possibilità per fare politica).
Hobbes sentiva le necessità di legittimarlo. In seguito, soprattutto con Weber, non ci sarà più la necessità. Egli elencherà (classificherà) le diverse forme di potere, non riteneva necessario dimostrare perchè servono queste dinamiche. I diversi tipi di potere è come se fossero realtà oggettive esistenti in sé.
Succede che questi tre autori, riflettendo su questi concetti, mettono in discussione che l’esercizio del potere fosse condizione di possibilità perchè vi fosse politica.
Analizzando giungono alla conclusione che non serve l’esercizio del potere perchè vi sia politica.
Il presupposto da cui partono è che parole identiche (termini linguistici identici) possono comunicare realtà (contenuti)
profondamente diversi. Uno stesso termine, seppur uguale nella storia, ha vincolato contenuti estremamente diversi.
Es. democrazia = il modo in cui i greci intendevano la democrazia è diverso dal modo in cui la intendiamo noi.
Il termine potere può indicare una realtà che, o non esiste più, o riguarda diversi ambiti.
La storia concettuale cerca di dimostrare che i concetti non hanno storia.
Non hanno un’evoluzione nel tempo che vede saldo e compatto un nucleo originario e costante, ma subisce tali cambiamenti e rivoluzioni che no si può parlare di evoluzione, storia di un concetto, ma di spaccature, ovvero rivoluzioni concettuali per quanto riguarda il contenuto del termine.
riferimenti alle riflessioni teoriche degli antichi per comprendere meglio tutto ciò, un percorso storico di alcuni termini.
Si dimostrerà che in altre società ci sono state forme politiche che non si servivano del potere.
Per riflettere sul concetto di politica per gli antichi e vedere il legame con il potere, si farà riferimento a Platone e Aristotele.
PLATONE
“La Repubblica”
Considera la Polis un governo della vita tra gli uomini.
Approfondisce perchè si ricerca e che cosa sia la FELCITÀ, e quale sia l’uomo più felice (quello giusto o ingiusto).
Per rispondere chi partecipa al dialogo dice sia inevitabile anelizzare il comportamento tra gli uomini (ossia l’ambito politico o pratico).
SOCRATE ingaggia una discussione con TRASIMACO
colui che non sa e attende da Trasimaco di sapere era un tracotante che pensava di sapere cosa fossero
cosa sia la giustizia verità e giustizia
un giovane che vendeva il proprio sapere e insegnava ad altri giovani come fare politica (maestro politico = insegna come comportarsi con altri uomini)
Socrate ricorda con i suoi amici (Glaucone) uno scontro verbale con Trasimaco:
T = dà la definizione di giustizia, ovvero che giusto è ciò che è tale per il più forte
S = per mostrare la ridicolezza lo cala nella realtà concreta (con l’esempio del puglie).
Importante perchè mostra due caratteri diversi:
T = dà sfoggio del suo sapere
S = è disponibile ad apprendere
Questo è fondamentale per capire il modo in cui Platone e Aristotele intendono la politica.
SOCRATE con IPPIA
Discepolo di Gorgia che insegna cosa sia la politica.
Incontra Socrate e lo insulta perchè dice di non sapere quale sia la cosa più importante, la giustizia o la felicità. Ippia presupponeva di saperlo: per lui realmente giusto è saper usare bene il discorso (convincere, persuadere) per portare vittorie nei luoghi pubblici (tribunali e assemblee politiche)
Ippia offende Socrate dicendogli che i suoi discorsi sono acefali, senza capo nè coda, quindi di fare raschiature di discorso.
Inoltre afferma di sapere cosa sia giusto fare e quindi cosa rende felici, e che il rapporto con gli altri si esaurisca nell’abilità di fare buoni discorsi.
Un giorno Socrate sente Ippia fare una bella orazione dove canta le lodi di Achille e disprezza la doppiezza di Ulisse, giudicato debole in quanto mente per vincere sugli altri.
Socrate dice ad Ippia che è problematico lodare chi è sincero e disprezzare chi mente, perchè chi mente conosce sempre la verità, e per questo è libero di mentire. Chi dice la verità può anche dirla per caso.
Es. 700x3 : se so quanto fa posso mentire sul risultato, se non so nulla posso dire per caso 2100
Si tratta di scegliere se mentire o no.
Es. chi ha virtù nella corsa e chi no.
Chi corre più veloce può scegliere di andar piano per far vincere l’amico, chi è da lodare è chi non ha dimostrato le sue qualità.
Es. sono malato, decido se andare da un medico di cui non si parla o da uno bravo ma che è capace, proprio per questo, di uccidermi senza che io me ne accorga (senza farsi scoprire).
Chi possiede la virtù (sa fare qualcosa)
• Può utilizzarla bene o male
• Può agire ricercando un fine opposto a quello per cui quell’arte sembra naturalmente orientata
SOCRATE incontra GORGIA
Sofista, ma in realtà un sempliciotto.
È convinto che la retorica sia la migliore delle arti, quindi che la possiede è felice, perchè consente l’esercizio di tutti gli altri saperi.
Se uno possiede un sapere particolare, se non ha le capacità retoriche, non convince nessuno della bontà del suo sapere.
Emerge nel dialogo: Gorgia teso si rende conto che la retorica, proprio perchè potente ed efficace, può essere l’arma più pericolosa, perchè c’è il rischio che venga usata come il cattivo pugile usa la sua forza (per picchiare senza colpire).
la Giustizia non soffre dell’ambivalenza
la Giustizia non ha dynamis degli opposti Socrate
è la virtù politica per eccellenza (il politico è l’uomo giusto).
Chi possiede la giustizia non può scegliere, cioè non ha arbitrio di poter fare la cosa giusta o ingiusta, perchè se fa la cosa ingiusta non sarebbe giusto.
La giustizia precede ed orienta la nostra scelta. Si è orientati dal principio a fare la cosa giusta.
Chi è l’uomo giusto??
Socrate fa un’analisi dell’anima:
per lui giusti è chi è felice, ovvero chi è pienamente realizzato. (cioè esprime al meglio le sue capacità)
REALIZZARSI = -prendersi cura della propria anima
-vivere bene
Chi si realizza è chi esprime al meglio la parte migliore di sè.
Qual è la nostra parte migliore??
L’anima, non il corpo, e di essa la parte migliore è un discorso politico perchè
giusto = felice = realizzarsi = anima
la riflessione sull’anima è un discorso politico e non metafisico.
es. tiranno: pensare che sia il più felice del mondo perchè può fare tutto. In realtà, anche se potente, vive nel pericolo di
essere ucciso. Anche chi sembra più potente non è il più felice perchè agisce in modo ingiusto.
Roba uomo giusto!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Perchè Platone all’interno di un discorso sulla politica va a parlare dell’anima??
Perchè per lui la politica individua l’azione che governa l’ambito pratico (dell’agire) e lo rende possibile. Quindi una riflessione sulle politica deve comprendere l’anima.
La politica ha a che fare con l’ambito pratico, e poiché ogni tipo di azione è resa possibile dell’animo (forza vitale) allora per far politica bene bisogna conoscere la propria anima.
Conoscere la propria anima = prendersi cura della propria anima = armonizzare le sue parti (fare in modo che la parte razionale governi le altre due).
Se la razionale governa l’appetitiva e l’ardimentosa allora è in armonia, si crea amicizia tra le parti (mysiké )
Il buon politico è l’uomo giusto in quanto è saggio.
Ad una città che capitasse di essere molto ricca, di avere un forte esercito esattamente come ad un uomo capitasse di essere molto ricco e molto forte, ma non fosse guidata (gocernata) giustamente, meglio sarebbe stato per quelle città essere povera e debole.
Non vi sono beni in sé.
( es. sono molto ricco, investo nella guerra ma non sono preparato
es. sono molto ricco e penso alla difesa)
In questa visione per cui ci sono uomini migliori e uomini peggiori risulta naturale che il migliore comandi sul peggiore,
se quest’ultimo non riuscirà a trarre giovamento dalla paideia (educazione).
Però, se colui che è virtuoso trae giovamento dalla paideia, allora costui non sarà comandato, ma governato.
Non ci sarà bisogno di esercitare nessun potere perchè colui che è governato capisce che è il suo bene che sia così.
es. un buon soldato sa di dover essere governato da un buon generale ed è contento di questo.
Così i cittadini che hanno la virtù saranno contenti di essere guidati da un uomo giusto, perchè grazie a questa guida radicheranno in loro la virtù per eccellenza, cioè la GIUSTIZIA.
Il grande problema è che nessuno possiede in modo completo la giustizia.
Coloro che crederanno di possedere l’idea di giustizia penseranno di essere i migliori politici, quando in realtà sono i meno adatti.
Coloro che invece sanno di non possederla pienamente saranno sempre alla ricerca di che cosa sia la giustizia, quindi sono i più adatti.
In quanto uomini e non dei, la tendenza alla giustizia comporta sofferenza
cfr.il mito del carro alato di Platone.
Il divino è la bellezza e la giustizia.
Il compito di ogni dio è essere divino, e questo coincide con il circolare attorno all’idea di bene.
Sebbene perfetti, gli dei non coincidono con la perfezione assoluta che è il bene (vi ruotano attorno).
In Platone non vi è una concezione personalistica di dio.
La fatica (a volte l’incapacità) di guidare nella giusta direzione l’anima dipende il più delle volte dalla giusta educazione. La nostra parte razionale con meno fatica dovrebbe guidarci verso la giustizia.
Persino i poeti non riusciranno mai ad esprimere adeguatamente l’iperuranio.
L’anima ruota attorno all’idea di bene, compie un circolo, quindi torna allo stesso punto all’infinito.
Gli dei non hanno difficoltà.
Le altre anime con più fatica, stanno dietro agli dei.
Altre anime, solo ogni tanto volgono lo sguardo all’iperuranio (scorgono ad intermittenza l’idea di bene, non costantemente) e non seguono quelle che stanno dietro agli dei, non hanno coraggio o forza di seguire il moto di rotazione, quindi rallentano, creano tumulto, inciampano e cadono.
Quindi ci sono - delle anime che cadono senza aver mai visto l’idea del bene, quindi non animeranno esseri viventi;
- altre andranno a degli animali
- quelle che hanno contemplato ad intermittenza o comunque hanno visto un pò di bene, andranno in corpi umani.
A seconda dell’intensità con cui si è contemplata l’idea di bene, si cade in corpi diversi.
Problema: una volta che si è caduti, cosa rende possibile ricordare ciò che si è visto?
Reminescenza: il ricordo dell’idea contemplata a partire da una molteplicità di sensazioni che vengono raccolte in un pensiero. Quindi significa che senza sensazioni fisiche non si potrà mai accedere all’idea di bene (quindi ricordare).
Pazzia: il pazzo è colui che ha preso la mania di sapere, colui che partendo dalle sensazioni non si sofferma solo su di esse.
È a partire dalla bellezza fisica che uno viene richiamato (trascinato) alla bellezza che aveva ammirato nell’iperuranio (in particolare i corpi). La differenza è che alcuni uomini si fermano al piacere fisico dei corpi, altri ricordano il piacere che avevano provato contemplando il bene.
“Il ricordarsi degli esseri, procedendo dalle cose di quaggiù, non è cosa facile per tutte le anime”
Si ribadisce la differenza qualitativa per tra gli uomini.
Se riuscissimo a vedere la bellezza in sè saremmo così colpiti da non riuscire ad agire.
Politico può essere solo l’uomo capace di prendersi cura di sé, perchè deve essere giusto, e la giustizia è qualcosa di così perfetto da risultare assai difficile da raggiungere, quindi poichè solo pochi sono disposti a questa fatica, solo pochi potranno essere politici.
Questo fatto coincide con il prendersi cura di sé ( perchè ci si avvicinerà all’idea di bene, e contemplare l’idea di bene è quanto di divino ci concesso).
contemplare l’idea di bene e giustizia = conoscere sé stessi = ERGON
si imputa a Platone:
1. di aver creato un regime tirannico (chi governa decide della vita di altri uomini)
2. altri sostengono che ciò che scrive sia utopico
Noi dobbiamo considerare quello che dice Platone come una PROPOSTA. Egli è perfettamente consapevole che la giustizia figge qualora si voglia imbrigliarla. Quindi ogni disegno politico sarà sempre discutibile, poiché non coincidente con l’idea di giustizia.
La “Repubblica” non può essere considerata un progetto di dittatura perchè:
1. è una proposta con la consapevolezza che la giustizia sfugge
2. si nega una distinzione classista, perchè il politico è in grado di cogliere nell’anima di ognuno le sue capacità
3. non si può considerare un disegno utopico perchè ciò che descrive non è mai esistito. Bisogna valutare la coerenza e
le capacità argomentative presenti in quest’opera al di là che storicamente non si sia realizzato il disegno platonico.
Platone e dominio
Che cosa fa il politico?
prende delle decisioni in modo che la loro anima sia realizzata.
Quindi l’agire politico coincide con l’educazione ( la paideia). Educati a compiere azioni virtuose.
L’azione politica è educazione, e l’educazione richiede governo.
Dominio (o potere) esercitato da uno su un altro non coincide con la politica perchè non esercita la paideia.
Se uno esercita il dominio non è politica.
Paradosso: il politico dev’essere giusto (per fare paideia), ma dall’altra la giustizia non si può possedere (eccede ogni nostra conoscenza)
Il politico, proprio perchè sa di non possedere la giustizia, va continuamente alla ricerca.
Si avverte la necessità di dialogare perchè ciò che si ricerca sono sempre idee che vanno oltre ogni loro rappresentazione, quindi vanno sempre ricercate, attraverso il DIALOGO
DIA = indica lo scontro (anche forte) che mira ad un accordo finale
LOGOS, da LEG = è presente nei verbi che hanno a che fare con il raccogliere, l’unire.
Quindi, dialogo è uno scontro in cui però vi è una raccolta, un armonizzazione delle posizioni iniziali che le supera qualitativamente.

ARISTOTELE
Anche lui è convinto che gli uomini non siano tutti uguali.
Testi in cui tratta dell’ambito pratico (quindi dell’agire, quindi politico) sono:
“Etica Nicomachea”
“Politica”
Ogni cosa, ed ogni azione, la si fa per raggiungere un determinato fine. Questo lo chiamiamo BENE.
Tanti saranno gli obbiettivi, poichè li abbiamo chiamati beni, esistono diversi beni.
Aristotele si chiede quale sia il bene migliore per cui tutti gli altri beni sono raggiunti. Il bene ultimo è il bene sommo in quanto realizza tutti i beni precedenti.
Siccome lo si raggiunge alla fine, è stato quello che ha mosso tutti gli altri. È causa efficiente e causa finale.
Questo sommo bene lo si può chiamare FELICITÀ
Se si è tutti d’accordo nel chiamare il sommo bene felicità, non si è d’accordo su come definire la felicità, questo perchè abbiamo disposizioni dell’anima differenti. La massa ritiene che la felicità coincida con il piacere.
Uomini liberi = schiavi cercano la felicità = piacere ( godimento)
Raffinati cercano onori = vita politica
Pochissimi = filosofi cercano contemplazione
Anche per Aristotele la politica non ha bisogno dell’esercizio del potere, anzi, quando si esercita il potere non si sta facendo politica.
sophia / sapienza = filosofo
razionale possiede le regole
phronesis / saggezza = politico
ANIMA sensitiva virtù dell’anima razionale
No felicità
Vegetativa
Per Aristotele il bene sommo deve realizzare l’ergon dell’uomo.
Il filosofo è colui che riesce ad esprimere per tutta la sua vita phronesis e sophia.
Il buon politico si distingue dagli altri uomini perchè possiede la phronesis. Solo lui la potrà valutare.
Secondo Aristotele solo l’anima razionale possiede le regole, riesce ad individuare un ordine e costruirlo, è quelle parte che esprime il lògos.
Le altre parti non possiedono nessuna regola.
La parte sensitiva segue i comandi della parte razionale.
La virtù etiche esprimono il corretto funzionamento della parte sensitiva.
Fronesis: capacità d’individuare i giusti mezzi per raggiungere i propri fini. Talvolta gli uomini hanno dei fini cattivi che sono posti da un desiderio perverso.
Questo dipende dalla natura e dall’educazione.
Possono esserci persone nate con un desiderio così perverso da non poter essere educate.
L’anima sensitiva se bendisposta possiede le virtù etiche che sono disposizioni attraverso le quali il nostro desiderio pone fini buoni.
es. coraggio. Chi possiede questa virtù etica avrà dei desideri che hanno a che fare con azioni coraggiose.
La più importante delle virtù etiche è la GIUSTIZIA.
Chi possiede la fronesis riuscirà a perseguire in modo corretto i giusti mezzi.
Politico: fini buoni e giusti mezzi = uomo TEMPERANTE
All’interno della concettualità antica vi è una distinzione tra uomini migliori e peggiori, questa non è una divisione razzista, ma discriminante, tanto che anche i barbari possono diventare filosofi.
Questo vuol dire che il ruolo che uno ricopre all’interno della polis non dipende dai suoi natali, ma dalle sue peculiarità.
p.1 Per alcuni uomini ( edonisti) la felicità è il piacere, e questo è proprio delle anime inferiori.
Oi polloi sono i più, che ricercano una vita di piacere.
Sillogismo pratico: ragionamento che riguarda l’azione buona.
corretto ragionamento pratico che porta ad agire bene (diverso da quello scientifico che no riguarda l’azione ma la dimostrazione di un teorema. Siccome siamo nell’ambito pratico che è così complesso, non possono avere quella certezza che si ha nell’ambito scientifico).
Vi sono degli elementi le cui presenza è condizione per il sillogismo pratico:
1. Conoscenza di ciò che è bene. La conoscenza ci è data dagli esperti, da coloro che sanno ( perchè hanno conoscenza). Questa è sufficiente ed indispensabile, ma servono altri elementi.
2. un desiderio ben orientato (orexis). Chi ha un’orexis ben orientata desidererà ciò che è bene. L’acquisizione di un desiderio ben orientato è dato dalle virtù etiche.
3. corretta percezione
Ovvero:
- PREMESSA MAGGIORE
Conoscenza degli uomini saggi. Sapere cos’è meglio fare, grazie a saggi ed esperti. Tutto questo deve essere
(es. dicono che fumare fa male) accompagnato da un
desiderio ben orientato e
- PREMESSA MINORE dalle virtù etiche.
Coincide con una sensazione corretta
(questa è una sigaretta)
- CONCLUSIONE
Azione buona
(non fumo)
Colui che possiede tutti questi elementi sarà il TEMPERANTE, che è il più felice tra gli uomini perchè fa ciò che desidera e ciò che desidera è buono. Agisce in modo virtuoso ed è felice di farlo (desiderio conforme a virtù). Proprio perchè possiede le virtù etiche potrà essere politico (tanto più che il politico possiede la fronesis).
INTEMPERANTE: una persona, pur avendo un desiderio ben orientato non sa cosa fare (no possiede la premessa maggiore)
CONTINENTE: ha desideri mal riposti, possiede la premessa maggiore. Va contro i suoi desideri. Ovviamente, non assecondando i suoi desideri, non sarà felice.
INCONTINENTE: ha la premessa maggiore ma non agisce in conformità ad essa assecondando il suo desiderio.
Solo il temperante può essere un buon politico. La capacità di produrre sillogismi pratici è rara, ce l’hanno solo gli uomini più virtuosi ( differenza qualitativa).
SICCOME GLI UOMINI SONO QUALITATIVAMENTE DIVERSI, NON BISOGNA LEGITTIMARE IL POTERE O CHE QUALCUNO COMANDI SU UN ALTRO.
È naturale che ci siano differenze che stanno alla base del comando.
L’azione politica (governo) coincide con la paideia, perchè il buon politico è colui che guida i concittadini ben disposti a compiere azioni virtuose in modo tale che maturino appieno le virtù etiche.
Anche in Aristotele viene tolto l’esercizio del potere all’interno della sfera politica.
1. nell’antichità non era necessario giustificare il potere di un uomo su un altro uomo
2. la politica è un’azione che non necessita il potere
L’unico regime politico dove si può ammettere il potere è la tirannide, perchè tutti hanno una natura da schiavi quindi è meglio che siano dominati.
Democrazia: tutti hanno una natura simile, a turno si governerà (caso particolarissimo)
Aristocrazia: caso più naturale dove i migliori governano sui loro concittadini che possono diventare virtuosi.
Politica = paideia
VIRTÙ- MEDIETÀ: in ogni azione c’è un difetto e un eccesso. Alcune sono già cattive in sé, che il giusto mezzo non è
mai giunto. La medietà dell’azione dev’essere in rapporto a noi, alle nostre azioni. Quindi non si può dire in senso assoluto cosa sia meglio in un’azione, perchè è sempre relativa alla persona che agisce. L’unica virtù che non ha medietà è la GIUSTIZIA.
Aristotele critica Socrate e Platone accusandoli di intellettualismo. Per loro basta sapere qualcosa (che cosa sia bene fare) per farlo. Secondo Socrate si sbaglia solo per ignoranza. Aristotele afferma che questa posizione è insostenibile, perchè ci possono essere uomini che hanno premessa maggiore ma non fanno quello che è meglio fare.
In realtà quando Socrate e Platone parlano di conoscenze, vuol dire che questa è autentica quando fa tutt’uno con l’agire.
Conosci te stesso: agisci in modo conforme alla tua natura = espressione dell’anima razionale
Perchè si parla di amicizia?
Perchè può aiutare ad acquisire l’abito della virtù e quindi diventare amici.
Ergon = proprio carattere peculiare, natura dell’uomo. Giusto è colui che si prende cura di sé, ovvero della parte
Razionale (nous) dell’anima.
Con l’amicizia di una persona bendisposta con persone bendisposte permette l’habitus della virtù.
Forma più alta in cui si esprime la politica: spingere i ragazzi a compiere azioni buone affinchè con la pratica acquisiscano l’habitus delle virtù etiche che li porterà a compiere azioni politiche.
La rivoluzione concettuale del cristianesimo non comporta una spaccatura, non intacca l’idea generale di politica. Resta ancora l’idea che l’azione politica consista nel governo di funzioni (esercitate dagli individui) che vanno a costituire la comunità.
Anche autori del 1600 sostengono che l’uomo sia un animale politico, cioè si realizzi in comunità.
Questo cambierà con Hobbes e Rosseau.
Il fatto che qualcuno poteva vantare il potere divino non era una legittimazione. Non era messo in dubio che dovesse esistere un capo (sovrano). Ma egli non accentrava in sé tutti i poteri, ma coordinava altri poteri (es. papa dei vescovi, re dei duchi). Vi è una gerarchia in cui sono presenti diverse forze, diversi poteri e diversi interessi. Il compito del sovrano è di coordinarli.
SUMMA POTESTAS: è al di sopra delle altre. Non vi è la gestione monopolizzante del potere, indica il possesso di un potere più grande, al di sopra degli altri poteri. Nel Medioevo si poteva vantare più o meno potere inteso come capacità di ordinare. Di fronte al re, che è una potestas, tutti sono uguali, cioè sudditi. Ma tra di loro questi individui hanno differenze di potere che sono proporzionali al possesso della virtù.
HOBBES
Contesto storico-culturale
Vive in un periodo storico drammatico. Sono gli anni successivi alle lotte di religione. Alla morte di Elisabetta I Tudor (che regnò per circa 50 anni donando stabilità, economica e politica, al suo regno), nel 1603, poiché era senza figli, vi furono lotte per il potere, e salì al trono Giacomo I di Scozia.
In Scozia si era affermata la religione puritana che non si conciliava con l’anglicanesimo (da Enrico VIII). Sotto il regno di Giacomo scoppiarono delle forti tensioni fra scozzesi e inglesi (puritani e anglicani). Per sistemare il re alzò le tasse senza il consenso del Parlamento:
- guerra anglicani-puritani
- guerra politica con il Parlamento
- guerra con l’Irlanda (aumento tasse)
Carlo I si trova ad affrontare tutti questi problemi e Hobbes sente l’esigenza di ricercare un sistema politico che garantisca la pace alla sua nazione.
Pensiero
Si può creare un sistema politico che garantisca la pace evitando di fare riferimento ai teorici precedenti. Senza essere dipendenti dalle riflessioni di carattere politico antecedenti ad Hobbes. E neanche dalle sacre scritture.
Hobbes sente l’esigenza di dimostrare RAZIONALMENTE la necessità di un certo sistema politico.
A partire da pochi presupposti, con un rigore geometrico, dimostra un certo teorema politico.
Compito dello scienziato politico è quello di fondare razionalmente un modello politico.
Presupposti: - gli uomini sono tutti uguali
- nessun uomo deve dominare su un altro uomo (scardinando i tratti caratteristici della riflessione in ambito pratico degli autori precedenti) che non avevano portato a niente di buono, come dimostra la situazione attuale.
Si deve comprendere la natura dell’azione umana per fondare razionalmente un sistema politico.
(studia gli elementi che compongono l’agire, ma in Aristotele non viene spiegato con rigore scientifico, certezza assoluta, l’ambito della prassi, l’azione.
Azione
Gli elementi fondamentali dell’azione sono soggetto ed oggetto (che è più importante).
L’azione è innanzitutto mossa dall’oggetto, dal mondo esterno.
1- Perchè la realtà esterna s’impone al soggetto mandando degli stimoli che poi saranno elaborati.
2- La mente si costruisce un concetto (idea) della realtà esterna.
3- Gli stimoli raccolti dagli organi di senso vengono raccolti passivamente.
4- Di fronte all’idea che si forma proviamo attrazione o repulsione.
5.1- Se saremo attratti quella cosa susciterà piacere e sarà bene.
5.2- Se invece proviamo repulsione proveremo dolore e sarà male.
Conclusione- Quindi non esistono beni o mali in sé. La stessa cosa sarà bene o male per persone diverse, addirittura sarà bene o male in momenti diversi per la stessa persona.
Questo giudizio dipende dalla disposizione corporea di ciascuno.
Una volta dopo aver giudicato una cosa come un bene o un male si calcola se respingerla o ottenerla, procurando o un valore assoluto, un male o un bene maggiore.
La consapevolezza di saper ottenere o respingere un bene o fuggire un male crea le PASSIONI.
Questa consapevolezza nasce dalla conoscenza delle azioni passate.
Sintesi
Oggetto
Soggetto
Sensazioni
Elaborazione mentale
Attrazione/repulsione
Calcolo mentale
Consapevolezza del passato
Non si sceglie se agire o no, non c’è oggetto di scelta, libero arbitrio. L’azione coincide con il nostro ultimo calcolo.
Lettura
Tutti siamo uguali.
Hobbes non vuole considerare la realtà dai fatti, perchè è piena di conflitti e lotte.
Costruisce da zero una situazione che non esiste realmente, parte da un presupposto che non coincide con i dati di fatto.
PG. 4 il calcolo della ragione. Non parla di libero arbitrio, ma di una volontà che non è libera perchè patisce l’influenza dell’oggetto. Patisce l’attrazione o la repulsione.
STATO DI NATURA: condizione naturale in cui l’uomo appare libero d’agire.
La MORALE è quella disciplina che individua il bene ed il male assoluto, e fa una gerarchia della azioni più o meno buone, a seconda che si avvicinino o allontanino al bene assoluto.
Quindi la morale indica dei VALORI
Idee che indicano cosa sia bene o male
Per individuare dei valori eterni, assoluti, si fa riferimento alle Sacre Scritture, perchè manifestano la volontà divina, il bene per eccellenza.
Ma poiché il rimando alle sacre scritture genera interpretazioni diverse e quindi valori diversi, emerge che ciascuno di noi individuerà beni o mali relativi a lui, quindi la sua morale.
Bene e male è ciò che favorisce o contrasta la legge di conservazione.
Se lo Stato di Natura è la condizione in cui l’uomo è libero, allora ciascun individuo sarà portato a seguire i propri beni e distruggere i propri mali.
Conseguenza
Poiché spesso il peggior nemico (male) di un uomo è un altro uomo, lo stato sarà caratterizzato dalla guerra di tutti contro tutti (homo homines lupum).
È giusto che un uomo ne uccida un altro per affermare sé stesso.
Soluzione: tutti dovrebbero mettersi d’accordo per evitare di uccidere il proprio simile, in modo che vi sia un tornaconto (ovvero che nessuno mi uccida).
È un CALCOLO quello che porta l’uomo ad essere un essere comunitario, non lo è per natura (vs Polany)
L’uomo è libero, ma tale libertà apporterebbe danni maggiori rispetto ai beni che assicura.
Quindi basta mettersi d’accordo per limitare la propria libertà (dopo aver fatto il calcolo)
I DOTTI: cloro che hanno compreso il meccanismo dell’agire, i suoi drammatici risvolti, quindi decidono di limitare la propria libertà. Però basta che solo uno non se ne renda cono che i dotti rischiano sempre di essere uccisi.
Siccome è molto difficile che ciascuno maturi la consapevolezza di limitare la propria libertà, è necessario costruire un potere infinito che costringe tutti gli individui a limitare la propria libertà.
Questo potere nasce grazie al PATTO SOCIALE. (patto sociale = si costituisce il Leviatano)
Ciascun individuo rinuncia alla sua libertà e alla sua forza che va ad accentrarsi in quell’istituzione che è il LEVIATANO. (generalmente una persona singola, ogni tanto anche più persone, un’aristocrazia)
Hobbes usa le parole della Bibbia con cui il profeta descriveva il mostro biblico per descrivere il Leviatano.
Individui che si uccidono accordo tramite il Patto Sociale rinuncia delle loro forze per
tra di loro per darle al Leviatano
ognuno si annulla perdendo tutte le forze. Quindi tutto si
riconduce al Leviatano. È lo Stato ed il Popolo. Egli ha tutto il
potere e tutta la libertà, quindi è tutto. Prima del patto sociale
non esisteva nessun popolo, solo degli individui che lottavano tra
di loro per affermare sé stessi
Il Leviatano, se da una parte raccoglie tutte le forze e tutto il potere fino ad annullarli, non è altro che un attore che mette in scena un copione scritto da altri.
Egli, dunque, dà forma al popolo, gli dà corpo, una voce e una possibilità d’azioni (le azioni e la volontà del Leviatano sono le azione e la volontà del popolo), esattamente come l’attore dà forma, dà voce nel palco del teatro all’opera scritta dall’autore.
AUTORE=POPOLO che non esisterebbe se non fosse incarnato dal
LEVIATANO=ATTORE che comprende tutte le forze e rende il popolo capace d’azione
È comunque meglio vivere nel terrore del Leviatano che nel rischio di essere uccisi in ogni momento.
I non dotti vivono nel terrore di essere schiacciati dal Leviatano, ed è giusto, perchè così non fanno del male.
I Dotti paradossalmente non hanno bisogno di essere limitati perchè lo capiscono già per la loro sopravvivenza.
Funzione del Leviatano: garantire la pace grazie all’uso della forza e del comando che nelle rilfessioni antiche era propria dell’ambito domestico.
La politica è esercitata dal potere (rapporto di comando-obbedienza)
- Vi è il problema che il Leviatano possa gestire in modo tirannico il potere
- comunque si riconosce la presenza di una società civile. Però alcuni (i borghesi) usano lo stato per fare interessi comuni. Singoli uomin che con limitata libertà gestiscono i propri interessi.
Liberisti: stato dai poteri limitati che lascia liberi i privati.
Non c’è libertà tra gli individui se non è elargita dal Leviatano. Lo spazio di libertà concesso dal Levitano consente ai sudditi di perseguire fini personali.
Stato liberale xkè, anche con la presenza del Leviatano gli individui sono liberi.
Socialdemocratico xkè lo Stato ha il potere che gestisce in modo assoluto
ROSSEAU
Antichità: potere nell’ambiente domestico verso esseri considerati inferiori. Azione politica = governo senza esercizio
del potere
Medioevo: Hobbes Leviatano. Teorico scientifico della Monarchia
800 (con Polaniy): l’ipostazione muta, perchè ad un potere statale molto limitato si affianca una sfera privata, ovvero la
società CIVILE. L’ambito in cui ciascun individuo persegue i propri fini, interessi.
Rosseau: teorico delle Democrazia.
Era perfettamente consapevole dei limiti della concezione di Hobbes, in quanto il Leviatano, in quanto persona fisica, poteva perseguire i suoi fini personali diventando tiranno. Usa in modo arbitrario il potere che possiede, andando contro l’interesse dei singoli individui.
Allora Rosseau pensa un altro sistema politico.
In realtà i concetti espressi da Rosseau non sono così contrastanti da quelli di Hobbes.
Rosseau vuole basare il suo sistema politico partendo da una condizione astratta chiamata Stato di Natura.
Individua una condizione astorica, ovvero non storicamente esistita (=H).
Però individua nello stato di natura la situazione da cui si parte per fondare il sistema politico, dei caratteri diversi da quelli di Hobbes.
Per Rosseau vi è la pace totale, e non la guerra di tutti contro tutti.
Ma anche in Rosseau gli uomini sono intesi come INDIVIDUI, si perde la concezione millenaria secondo la quale l’uomo è animale sociale (condizione perfetta dello stato di natura = solitudine). L’uomo è isolato quindi non può fare la guerra.
Perchè l’uomo è solo?
Perchè non può fare altrimenti.
È caratterizzato dalla tendenza ad autoconservarsi, cercare il suo benessere e la natura è così benigna da assecondare tutte le esigenze dell’individuo, allora l’uomo non ha bisogno di interagire con altri.
Isolamento perfetto e assoluto, nel senso che esprime la raggiunta felicità.
E poiché l’uomo nel modo più conforme per la propria conservazione agisce, allora è buono.
È buono in quanto ricerca sempre in modo meccanico il suo benessere, ciò che gli serve ad autoconservarsi.
Può capitare che per brevi momenti l’uomo interrompa il suo isolamento, quando incontra qualcun’altro. Se sono già felici, autorealizzati, non hanno neanche bisogno del linguaggio.
Può capitare che s’incontri uno che sta soffrendo: poiché l’uomo è sempre buono allo stato di natura ed è per lui facile raggiungere la condizione perfetta, avrà energia disponibile per aiutare l’altro.
La tendenza ad aiutare l’altro allo stato di natura c’è perchè si è già felici e si ha energia sovrabbondante che si chiama PIETÀ.
Vuol dire che l’uomo buono e felice può essere pietoso. Non è un atto frutto della libera scelta, l’uomo che ha troppa energia e ha già raggiunto il suo benessere, può donare la sua energia ad un altro.
L’uomo non è qualitativamente superiore alla natura, ma il suo comportamento è meccanico.
§3 pag. 13
Ciò che è bene per l’uomo è fonte di attrazione ed è respinto ciò che nuoce. Questo è un istinto cieco, non è una scelta.
Buono allo stato di natura: amore di sé (tendenza ad affermare sé stessi), ricerca perfetta del proprio benessere.
H = bene più grande per l’uomo è l’esistenza dell’autorità del Leviatano che garantisce loro la vita
Rosseau = vs, perchè limita la libertà e quindi la possibilità di affermare sé stessi, quindi porta all’infelicità. Per questo Rosseau cercherà di far convivere pacificamente gli uomini senza far ricorso ad un potere esterno che li limiti.
Se l’ambiente esterno asseconda sempre, non vi è alcun bisogno di affinare le facoltà.
Se la natura diventa meno benigna, bisognerà affinarle.
Tale affinamento delle capacità è meccanico, in quanto è risposta e non scelta, della ricerca del benessere.
Quindi l’acculturamento è sempre una manifestazione di bisogno. È l’infelicità che spinge ad esso, a migliorare. È dovuto al fatto che in una determinata situazione siamo infelici e quindi intenzionati ad eliminare questa infelicità. L’affinamento delle facoltà mentali porterà fuori definitivamente da una situazione estremamente critica, quindi ad acquistare definitivamente la felicità.
Nel vedere l’altro che soffre si prova piacere ,perchè ci rende manifesto che noi no stiamo soffrendo.
Il gruppo umano non è proprio dello stato di natura, serve all’uomo per raggiungere la sopravvivenza, il suo benessere.
Questi gruppi, una volta raggiunto il loro obbiettivo, non hanno motivo di stare insieme, e si disgregano, finchè non si creeranno altri bisogni per i quali stare insieme.
La natura diventa così poco benigna che è necessario stare sempre aggregati con altri uomini.
Così notano che:
1. hanno qualità diverse, che qualcuno è più forte, altri più deboli. Vengono percepite le differenze tra gli uomini.
2. si accorgono che le attività possono essere divise (prima divisione uomo-donna). Questo consente di affinarsi moltissimo nella tecnica che viene esercitata costantemente, quindi
A. si produce più di quello che serve
B. ciascuno disimparerà le attività che non esercita più. Quindi ciascun componente diventa DIPENDENTE dal resto del gruppo.
È in questa condizione che nasce il VIZIO, nel desiderare ciò che non si può possedere e che non è indispensabile alla sopravvivenza.
Inoltre nascono i primi asti, gelosie, e quindi le prime vendette tra gli uomini, proprio perchè l’uomo si scopre diverso dagli altri.
“E tutto comincia a cambiare aspetto”
La differenze si sottolineano sempre di più. In particolare coloro che sono più forti di altri diventeranno sempre più ricchi e potenti, i meno forti sempre meno ricchi e meno potenti (e anche i loro discendenti), così si creeranno due ceti distinti.
Il problema è che il padrone avrà bisogno del servo per continuare ad essere padrone, ed il servo del padrone per vivere.
Il servo avrà bisogno di trarre beneficio dal proprio padrone, ed il padrone di
Guerra (lotta) tra padroni e servi = guerra di tutti contro tutti.
Questa non è la condizione naturale, ma l’espressione della fine dello stato di natura.
Per annullare questo stato di guerra si cerca di regolamentare l’agire tra gli uomini attraverso delle leggi.
Saranno proposte dai più ricchi e potenti che tentano di salvaguardare le loro ricchezze.
I più poveri accettano queste leggi perchè consentiranno di conservare il bene più grande che è la loro vita.
Solo ora che ci sono delle leggi nasce la SOCIETÀ CIVILE.
Il grave problema è che queste leggi fanno aumentare la differenza tra i potenti ed i poveri, quindi lo scontro si fa più forte. Alla fine solo pochi avranno un potere immenso contro una massa di poveri. Tra i potenti emergerà un TIRANNO che ostacolerà tutti nella ricerca del proprio interesse (benessere) ovvero limitando la libertà.
L’amore di sé è degenerato in amor proprio. È la tendenza a ricercare solo il proprio interesse al di là della semplice sopravvivenza limitando la libertà ai propri simili.
Il tiranno non è più cattivo di altri, vive in una condizione in cui è libero di fare ciò che vuole. Comunque vive continuamente nel rischio di morire (colpo di stato)
Soluzioni:
1. tutti si rendono conto dello stato delle cose (diventano sapienti) e iniziano a limitare la loro libertà.
Impossibile perchè perversione e vizio dilagano, quindi non c’è motivo per cui tutti siano illuminati.
2. il tiranno dovrebbe ascoltare i consigli di un sapiente (filosofo) che gli fa capire che fa del male a sé stesso (perchè vive sempre nel terrore di essere ucciso)
Ma poiché il tiranno e vizioso, non c’è nessuna speranza che ascolti i consigli di un saggio
3. necessaria- razionale. La ragione non più arma per affermare sé stessi a discapito di un altro, ma strumento che illumina sullo stato di cose e la via da percorrere. Rosseau ritiene necessario un contratto sociale con il quale tutti gli individui abbandonano la loro libertà e forza, ma invece di darla a qualcuno, andranno a costruire una volontà enorme che è la volontà generale che non coinciderà con un singolo individuo, ma è IMPERSONALE. Dunque tutti sono detentori da una parte, ma nessuno la può gestire.
Superamento dell’autoritarismo di Hobbes con la Volontà Generale: perchè essa esprime ciò che ogni singolo vorrebbe se fosse virtuoso (“costringe ad essere liberi”). Ognuno riconosce nella volontà generale la propria volontà, mentre in Hobbes l’individuo l’aveva abbandonata e riconosceva quella del Leviatano.
La volontà generale è diversa dalla volontà del singolo.
Essa è virtuosa, sempre buona, perchè ispirata da un legislatore, che però non la possiede. Non è la volontà del legislatore, è la volontà che si esprime attraverso il legislatore.
Essa deve essere seguita da tutti, quindi la volontà generale ingloba ogni cittadino che continua a riconoscersi in essa.
La volontà generale va ad esprimere, grazie alla neutralità, in modo più pieno gli interessi di tutti gli individui.
La volontà generale non deve essere di nessuno in particolare (impersonale) e deve seguire i consigli di un legislatore il quale è saggio, ma non vanta nessun possesso sulle volontà generale. Ispirerà i rappresentanti del popolo a votare delle leggi che perseguono il bene pubblico.
RUOLO DELLA RELIGIONE: serve per suscitare il terrore. Porta a considerare le leggi come dogmi religiosi, quindi a rispettarle. Il dio di Rosseau è lo stato, e porta a considerare la volontà generale dio.

MARX
Contesto storico-culturale
Marx vive ed opera dopo la Rivoluzione Francese, nella quale si verifica un processo contraddittorio: il terzo stato che compone la società si identifica con la nazione, quindi il popolo è Sovrano (ciò che Rosseau aveva teorizzato come necessario). Ed è proprio il terzo stato a redigere la Costituzione.
Al contempo però, la sfera sociale si SPOLITICIZZA e diventa SFERA AUTONOMA rispetto alla politica. Vale a dire che non coglie nella sfera politica la dimensione in cui si realizza.
SPACCATURA TRA SOCIETÀ CIVILE E STATO
Per Marx la società civile è costituita da PRIVATI CITTADINI (bourgeois). Essi mirano al loro interesse personale
Lo Stato invece è costituito da CITTADINI (citoyens) che dovrebbero perseguire i loro interessi personali, mirando sempre al bene pubblico.
La sfera pubblica/statale mira sempre all’interesse generale.
Nelle corti costituzionali si ammette l’esistenza dello Stato o comunità dei cittadini, tuttavia per Marx questa è una presenza solo formale e che ,concretamente, non esiste lo Stato nella realtà storica: LO STATO È UNA REALTÀ ASTRATTA .
Hegel aveva cercato di superare questa spaccatura attraverso il ruolo dei ceti che costituivano il legame tra società civile e stato (i rappresentanti dei ceti dovevano essere considerati da stato). Questa costruzione storica di Hegel è valida per Marx perchè coglie il limite delle riflessioni precedenti che facevano da spaccatura (sebbene sia una visione del tutto teorica).
Per Marx c’è una spaccatura: società civile e stato sono in mano ai privati cittadini (capitalisti che hanno i mezzi di produzione e che usano il potere dello stato solo per i loro interessi). Secondo Marx la sfera pubblica è uno strumento dei borghesi per realizzare i loro interessi.
Si deve quindi dare democraticità al sistema politico ma non con la sovranità popolare in quanto situazione di dominio di uno sull’altro ( cfr. Rosseau) e non lasciando lo status quo che è ancora una forma di dominio: quello che prima subiva lo schiavo ora lo subisce la persona che non ha i mezzi di produzione, con l’aggravante che si vive in una società nella quale tutti sono uguali e liberi (prima era scontato che uno dominasse sull’altro.
La proposta di Marx non è sostituire la classe egemone perchè si avrebbe solo un cambio del dominatore (stessa logica con le stesse contraddizioni), ma si devono ANNULLARE TUTTE LE CLASSI per arrivare ad una società COMUNISTA, senza classi, che risponda alle istanze democratiche necessarie per Marx.
Egli attacca anche i teorici liberali per i quali lo stato deve limitarsi ad intervenire nella sfera privata solo per garantire le libertà e i diritti individuali fondamentali.
Lo stato deve essere indipendente dalla società civile poiché così diventerebbe uno Stato neutrale e riuscirebbe a perseguire il bene pubblico.
Il problema per Marx è che i rapporti privati hanno sempre rilevanza pubblica e dunque le decisioni pubbliche dipendono dalle istanze private. In particolare la società civile è caratterizzata dal sistema capitalistico e dunque ha bisogno di – proprietà privata
- lavoro salariato
Problema: questi presupposti di interazione economica tra gli uomini sono legittimati da leggi pubbliche- statali (validi dall’intervento del potere pubblico)
La sfera sociale, per esistere, ha bisogno della sfera pubblica e le dinamiche della sfera sociale hanno peso nella dimensione pubblica.
Dunque, dato che le lotte sindacali (tra privati) hanno rilevanza pubblica, le interconnessioni SFERA PUBBLICA/SFERA PRIVATA sono innegabili. Perciò bisogna abbandonare la pretesa liberista.
La questione si risolve eliminando le classi (comunismo) = condizione necessaria e non solo auspicabile.
WEBER
Per comprendere il concetto di potere in Weber dobbiamo fare riferimento alla sua riflessione epistemologica (scientificità di una disciplina).
Egli si interroga sulle scientificità delle scienze sociali di cui fa parte anche l’idea di politica: si inserisce all’interno dei dibattiti ottocenteschi nei quali ci si interroga su cosa garantisca la scientificità di una disciplina.
Scientificità delle scienze (epistemologia) = disciplina che s’interroga sulle caratteristiche di un discorso perchè sia scientifico.
Riflessione sull’epistemologia importante perchè:
1- il potere è un fenomeno, una realtà, e quindi sfugge ad ogni descrizione che sarà sempre parziale e mossa dagli interessi particolari del ricercatore.
2- siccome le scienze sociali non devono valutare la bontà di un’azione, ma descrivere nel modo più neutrale l’adeguatezza di un mezzo per raggiungere un fine, il potere non dovrà essere legittimato dalle scienze sociali ma descritto.
Potere = strumento (mezzo) per raggiungere determinati fini
Secondo Weber le scienze sociali devono abbandonare la pretesa di fondare scientificamente un sistema politico che garantisca la pace. Le teoria politica deve fare un atto di modestia e non pretendere di poter indicare cosa sia buono e cosa sia giusto.
Per Weber - da una parte la scienza può produrre un discorso scientifico (oggettivo);
- dall’altra questo discorso non potrà mai comprendere tutta le realtà che sfugge a chiunque: lo scienziato si
relaziona solo con una parte di realtà che viene riconosciuta in virtù dei suoi interessi:
questo significa che la realtà è complessa (cfr noumeno Kant) e ne comprendiamo solo una parte (degli elementi) che chiamiamo CULTURA.
La cultura risponde a certi interessi. Il modo di vivere la realtà è condizionato dagli interessi.
Con Weber si abbandona la pretesa che la teoria politica indichi se i fini siano giusti o sbagliati: lo scienziato sociale si deve limitare a valutare l’opportunità di determinati mezzi per raggiungere determinati fini che non devono essere giudicati (si valutano i mezzi ma non i fini).
Il teorico delle scienze sociali, per Weber, può al massimo spiegare al politico perchè vuole ottenere quel fine, a quale sistema di valori s’ispira nell’individuare quel fine e cosa il politico perde o guadagna perseguendolo.
Non deve dunque giudicare poiché i VALORI SONO SOGGETTIVI quindi non sono oggetto di giudizio ma di analisi.
Le scienze sociali sono o non sono avalutative se si considera l’avalutatività come il carattere costitutivo delle scienze esatte?
Lo sono e non lo sono
- Sono valutative nella misura in cui valutano l’opportunità di certi mezzi (ci dicono se sono adeguati o meno)
- sono avalutative perchè la valutazione dei mezzi non dovrebbe dipendere dai valori soggettivi che ispirano lo scienziato sociale.
Le scienze sociali sono AVALUTATIVE e fanno una descrizione dell’azione perchè legata al modello mezzo-fine, ma in parte l’avalutatività è limitata perchè la descrizione dipenderà sempre dagli interessi dello scienziato.
Comunque Weber sa bene che anche lo scienziato si ispira a valori soggettivi e che quindi la sua ricerca sarà condizionata; tuttavia, poiché in una determinata cultura i valori sono condivisi, danno luogo a letture della società molto simili. In un’epoca gli interessi sono condivisi da più uomini.
Ciò che consente che ci sia una comprensione della realtà è l’INTERESSE che coglie elementi e relazioni in quel caos senza senso qual è la realtà, e la organizza.
QUESTA PARTE DI REALTÀ ESTRAPOLATA DAL CAOS, SI CHIAMA CULTURA
“La CULTURA è una sensazione finita dell’infinità priva di senso del divenire del mondo, alla quale è attribuito senso e significato dal punto di vista dell’uomo”
Essa è parte della realtà che cambia alla quale l’uomo dà significato.
Per Weber, l’indagine sociologica, che si incentra sull’azione, usa per comprenderla lo schema MEZZO – SCOPO o CAUSA – EFFETTO.
Lo scienziato usa questo schema per indagare sulla realtà: esso è scientifico ed è una modalità adeguata di comprensione della realtà in quanto il nostro agire è un mezzo per capirla.
La civiltà occidentale è una civiltà che pensa ed agisce in modo sempre più consapevole e strumentale per raggiungere determinati scopi.
Siccome anche l’agire politico è un’azione e quindi sottoposta allo stesso schema (mezzo – scopo), può essere compreso da un’indagine che utilizza l’immagine mezzo - scopo.
La descrizione scientifica utilizzerà in modo puro-perfetto-razionale lo schema mezzo – scopo mentre nell’agire concreto questo schema non è mai perfettamente utilizzato, poiché intervengono altri elementi che rendono impossibile utilizzarlo al meglio.
A questo proposito lo scienziato individua un’azione ideale per raggiungere uno scopo, che Weber chiama IDEALTIPO: l’azione più vicina all’idealtipo sarà quella che si avvicinerà di più al raggiungimento dello scopo ( l’idealtipo è una costruzione razionale che individua i giusti mezzi per un dato scopo).
Come si fa a sapere che si sta agendo bene?
Il politico deve chiedere allo scienziato, è comunque libero di fare quello che vuole, ma, dopo la richiesta, lo farà in modo più consapevole.
WEBER NON VUOLE LEGITTIMARE IL POTERE, SI LIMITA A DESCRIVERLO.
Per Weber la scientificità delle scienze sociali è data da:
- avalutabilità : neutrale rispetto alle posizioni iniziali di chi le formula anche se tutta la posizione finale è un giudizio
- valutabilità : la modalità attraverso cui l’azione viene svolta è la stessa attraverso cui l’azione viene descritta
si utilizza il modello mezzo-scopo perchè si agisce ricorrendo sempre a questo modello e dunque il tentativo di descrizione dell’azione sarà sempre corretto; i mezzi devono sempre essere consapevoli.
Poiché ogni azione politica è azione, anch’essa potrà essere studiata dagli scienziati sociali.
La consapevolezza da parte di tutti, almeno in Occidente, che è necessario avere la consapevolezza dei giusti mezzi per i nostri scopi è la RAZIONALITÀ FORMALE.
La differenza di quest’ultima (la nostra) con lo scienziato è che la sua è pura e senza elementi spuri (non pertinenti e non efficaci per lo scopo): è la descrizione di un’azione perfetta, per raggiungere nel modo più efficace l’azione e cioè l’idealtipo.
Secondo Weber con l’ASCETISMO CRISTIANO si inizia a perdere la politicità:
prima l’uomo si relazionava con Dio e quando ha cominciato a non crederci più, ha cominciato a sentirsi solo; cioè l’asceta si isola dagli uomini per stare con dio e, quando perderà dio, assumerà un ruolo centrale e carico di responsabilità.
Inizialmente la scelta avveniva all’interno di una comunità di uomini e si inseriva all’interno di un disegno più vasto (disegno provvidenziale): secondo Weber la scelta era deresponsabilizzata perchè veniva caricata di senso non solo dall’individuo. Quando viene spezzato il legame con la comunità e non si crede neanche più in dio, l’individuo è completamente solo e dunque, essendo il solo responsabile, deve avere piena consapevolezza di ciò che fa.
Per Weber, come per Nietzsche, la storia dell’Occidente è storia di progressiva individualità cioè di sempre maggiore solitudine (il vertice di questa condizione è l’ateismo)
INDIVIDUALISMO: per Weber è disperazione che però è fertile poichè produce ricerca di senso:
per Nietzsche invece, totale solitudine è amata-ricercata e può essere sopportata solo
dall’uomo nobile.
Nella contemporaneità lo Stato ha il monopolio del potere, ma il politico che gestisce lo stato dovrebbe avere il monopolio del potere, quindi dovrebbe usarlo come uno strumento nelle sue mani per raggiungere i suoi scopi.
Ma oggi, sempre più, la società civile influenza la gestione del potere. Il Parlamento non fa altro che ratificare decisioni provenienti dall’esterno. Deve sempre tener conto delle istanze provenienti dal popolo.

Esempio



  


  1. natale

    platone, il potere dato da un'arma

  2. natale

    il potere dato da un'arma - platone