Il platonismo

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

PLATONISMO

In senso proprio, s'intende per platonismo la dottrina filosofica di Platone, la quale non si può racchiudere in una formula, ma, avendo avuto un suo sviluppo attraverso molti anni e in opere differenti l'una dall'altra, è caratterizzata da una complessità di motivi che hanno influito in maniera varia e molteplice sui pensatori delle diverse epoche della storia. Tuttavia da tale dottrina sono stati estrapolati alcuni elementi, che vengono considerati come caratteristici di ogni filosofia che suole definirsi come “platonica”. Anzitutto vi è la svalutazione della conoscenza sensibile che, fondandosi su ciò che è mutevole e molteplice, non può dare il vero sapere, anzi impedisce l'acquisizione della verità: onde, da un lato, si afferma che la verità è insita nella stessa mente umana (innatismo delle idee); d'altro lato, si postula un sapere assoluto. Sul piano metafisico, a tale sapere assoluto corrisponde un mondo intelligibile costituito da enti e valori che hanno una loro realtà oggettiva — sono anzi la sola realtà —, al di fuori e al di là del mondo empirico, che è solo apparenza e continuo divenire (idealismo oggettivo). Ma questi elementi non esauriscono il pensiero originale di Platone, né sono i soli che sono stati sviluppati dai successivi filosofi. Nell'età antica, i più diretti continuatori di Platone avrebbero dovuto essere gli scolarchi dell'Accademia; però alcuni di questi (per es. Carneade) insegnarono dottrine di cui difficilmente si riescono a trovare i germi nell'autentico platonismo. Al contrario, la presenza di temi e motivi platonici si avverte anche in altre correnti filosofiche: Aristotele, ad es., fu nello stesso tempo il più grande discepolo e il più grande avversario di Platone. La concezione della natura come un tutto organico e la dottrina dell'anima del mondo ritornano nello stoicismo. Nella storia del platonismo un posto importante occupa l'ebreo Filone Alessandrino, il quale per primo fuse la tradizione religiosa ebraica e la cosmologia del Timeo: egli identificò il demiurgo platonico con il Dio della Bibbia e considerò il mondo intelligibile non distinto dall'essere divino, ma come suo Logos o Verbo. Questa interpretazione ebbe i più ampi sviluppi sia nel pensiero degli autori cristiani sia nel neoplatonismo. Per i cristiani, il Logos o Verbo di Dio, che comprende i modelli eterni o archetipi del reale, venne identificato con la seconda persona della Trinità (Vangelo di san Giovanni); talora il mondo ideale e perfetto venne concepito come la creazione eterna di Dio, mentre il mondo materiale e corruttibile ne sarebbe solo la degradazione e la caduta, determinata dal peccato originale del primo uomo (Gregorio di Nissa); il problema del passaggio dall'uno al molteplice, dal principio unico (Dio o il Bene assoluto) alla molteplicità del reale, fu risolto mediante il concetto biblico- cristiano di creazione, con cui si giustifica la trascendenza assoluta di Dio e, nello stesso tempo, la partecipazione di tutte le cose alla natura puramente intelligibile di Dio (pseudo-Dionigi l'Areopagita). Al contrario, gli ultimi rappresentanti del platonismo pagano, non accettando l'idea di creazione, intesero il passaggio dall'uno al molteplice come emanazione (Plotino): in questo fluire e degradare di tutte le cose dal principio unico ineffabile, gli enti intermedi, ossia i modelli o archetipi del reale, vennero identificati con le divinità del politeismo pagano (Proclo). In tal modo, sia il platonismo dei padri della Chiesa sia il neoplatonismo pagano accentuarono gli aspetti mistico-religiosi della filosofia di Platone, trascurando l'analisi scientifica, pur presente nella sua opera, delle strutture razionali del reale. Il medioevo conobbe Platone in massima parte solo indirettamente, soprattutto attraverso Agostino, Boezio e lo pseudo-Dionigi l'Areopagita. Da Agostino vennero accolti i temi platonici dell'interiorità della verità, della conoscenza come illuminazione e non come procedimento astrattivo dalla conoscenza sensibile e la dottrina dell'esemplarismo (i modelli eterni come idee della mente divina). Sulla base dei testi logici di Boezio, venne definita come platonica la concezione realistica degli universali, contrapposta al concettualismo aristotelico e al nominalismo. Dallo pseudo-Dionigi l'Areopagita fu accolta la concezione del mondo come teofania (Giovanni Scoto Eriugena). L'unico testo originale di Platone che si conosceva era il Timeo, sicché più specificamente si riteneva per platonismo una concezione “fisica” sull'origine del mondo e dell'uomo, una cosmologia fondata principalmente sulla dottrina dell'“anima del mondo” (scuola di Chartres, Guglielmo di Conches). Invece la cultura bizantina conobbe direttamente le opere di Platone; ma, mentre Fozio nel IX sec. si dichiarava antiplatonico, Psello e Giovanni Italo nell'XI sec. si lasciarono influenzare maggiormente dai tardi epigoni del neoplatonismo, soprattutto da Proclo. Perciò, quando nel XV sec. i dotti bizantini (in particolare Giorgio Gemisto Pletone) portarono in Italia le opere di Platone, essi diffusero una concezione del platonismo più vicina alle dottrine religiose ellenistiche che a quelle dell'autentico pensiero platonico, e in nome di essa si contrapposero alla scolastica cristiana imbevuta di aristotelismo. A tali tendenze si ispirarono gli umanisti italiani (Marsilio Ficino) e, più tardi, i filosofi inglesi della scuola di Cambridge (XVII sec.), che si opposero al materialismo di Hobbes riprendendo i motivi della tradizione religiosa neoplatonica.
Accanto a questo tipo di platonismo, nell'età moderna e contemporanea furono sviluppati altri temi d'origine platonica, soprattutto la convinzione che esista una struttura razionale del reale, di tipo logico-matematico, onde derivarono l'innatismo cartesiano e l'idealismo oggettivo di Leibniz. Nei secc. XIX -XX, al soggettivismo e all'immanentismo dei filosofi dell'età romantica si contrappose la tendenza a dare un contenuto oggettivo alla conoscenza, a postulare un sapere puro: nella scuola neokantiana di Marburgo, nella filosofia dei valori, nella fenomenologia di Husserl. Onde si vede che la vitalità del platonismo non si è ancora esaurita: esso rappresenta un dato fondamentale della nostra cultura.

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