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Testo
HEGEL
Introduzione a Hegel
Filosofo paradossale, fa riflessioni lontane dal senso comune. Sul letto di morte disse “nessuno mi ha compreso, tranne uno, e anche lui mi ha frainteso”. Nasce nel 1770 a Stoccarda, muore a Berlino nel 1831.
L’alfa e l’omega (principio e fine) della sua filosofia è il tema dell’unità finito-infinito. Il finito non è niente in se, se è qualcosa lo è solo in quanto portatore del’infinito, dall’assoluto. Questo tema è stato anche chiamato TEMA DELLA MORTE DEL FINITO, teoria panteistica.
Uno dei termini con cui Hegel chiama l’infinito, è RAGIONE, allora possiamo dire che la filosofia di Hegel è PANLOGISMO, teoria secondo la quale tutto ciò che è, è razionale, espressione della ragione infinita. Nei suoi scritti giovanili il tema dell’unità finito-infinito viene riconosciuto e celebrato dalla religione e solo nella religione di Cristo si giunge a riconoscere l’unità finito-infinito. Negli scritti della maturità lo stesso tema è celebrato dalla filosofia, l’unica in grado di riconoscere il tema in maniera adeguata.
• SCRITTI GIOVANILI (1793-1800) tra questi spiccano:
1. “LA vita di Gesù”
2. “Lo spirito del cristianesimo e il suo destino”
• FASE DI JENA (1801-1808) fase della piena maturazione del pensiero hegeliano
1. “Fede e sapere” (1802-1803)
2. La fenomenologia dello spirito” (1807) che segna il distacco della filosofia di Hegel da quella di Schelling
• FASE SISTEMATICA (1808-1818) dove costruisce il suo grande sistema filosofico:
1. “La scienza della logica”
2. “La enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio”
• FASE BERLINESE (1818-morte) dove Hegel è stato chiamato ad insegnare a Berlino ed è diventato filosofo ufficiale dello stato prussiano.
1. “Lineamenti di filosofia del diritto” (1821)
Dopo la morte vengono pubblicate dai suoi studenti le sue lezioni “L’estetica”, “La filosofia della storia”, “Storia della filosofia”.
Egli mostra entusiasmo per i giacobini della rivoluzione francesine e per la religione. Secondo Hegel l’età presente è un’età di crisi. Hegel mostra affinità con Shiller e contrappone il mondo moderno al mondo antico, Greco. Anche per Hegel l’uomo greco è l’uomo integrale: un uomo capace di equilibrare sensibilità e religione, a differenza di ciò che accade nel presente.
L’età moderna è caratterizzata da profonde infelicità da scissioni, lacerazioni che rendono l’uomo insoddisfatto e privo di equilibrio: divaricazione tra intelletto e sensibilità cioè tra fisicità e spontaneità del vivere e dall’altra celebralità, l’età presente ha attribuito grande importanza agli atteggiamenti intellettualistici. L’uomo è diventato un essere che mortifica la sensibilità e che si trova quindi infelice al suo interno (messaggio contro Kant);
separazione tra finito e infinito, umano e divino; la modernità pensa l’assoluto come realtà irraggiungibile, inconoscibile, trascendente, lontana dall’uomo (messaggio contro Kant);
lacerazione tra stato e società civile (ripreso più tardi da Marx). L’individuo in quanto cittadino (membro dello stato) ritiene che la legge sia uguale per tutti, lo stato infatti garantisce a tutti l’uguaglianza giuridica. Tuttavia lo stesso individuo in quanto borghese (membro della società civile: insieme dei rapporti tra economici e privati) capisce che non esiste alcuna eguaglianza fra gli uomini e che alcuni, i più poveri, sono derisi e sfruttati da altri, nonostante le leggi.
Il giovane Hegel è convinto della necessità di rinnovare la società umana, ma è anche convinto che questa PALINGENESI (rinnovamento totale) possa avvenire ritornando al messaggio di Gesù Cristo. La modernità con le sue scissioni è il frutto di un processo millenario iniziatosi con l’irruzione nel presente del pensiero ebraico, la cui mentalità è DUALISTICA ed è responsabile della fine dell’equilibrio greco.
Per i greci l’umanità integrale, gli dei, vivevano vicino agli uomini su un monte e ci si poteva anche imbattere in loro, non castigavano gli uomini, ma anzi vivevano come gli uomini. I greci avevano saputo sviluppare la dimensione intellettuale e fisica. Nelle democrazie greche le esigenze degli individui si amalgamavano con le esigenze della società. Con l’arrivo degli ebrei è stato insegnato all’occidente che Dio vive in una trascendenza inarrivabile ed è signore e padrone degli eserciti, un essere dinnanzi al quale gli uomini si inginocchiano tremanti. Nel contempo si è insegnato agli uomini a mortificare se stessi (carne) nella speranza di adeguarsi alle richieste di questo Dio lontano. Bisogna, dice Hegel, tornare alla religione di Cristo: religione dell’amore. L’amore è quella forza capace di combattere l’egoismo e le diseguaglianze, individualismo della società moderna, sanare la divaricazione tra cittadini e borghesi. Il sentimento dell’amore è capace di curare l’ipertrofia intellettuale, ed in oltre è in grado di superare la paura nei confronti di Dio. Gesù è forza vitale che tiene unite tutte le cose. Purtroppo però il suo messaggio è stato frainteso dagli ebrei per cui il cristianesimo storico ha perpetrato la divaricazione tra finito e infinito.
Per Hegel la rivoluzione francese in particolare il movimento Giacobino sembrava poter inverare (render vero) il messaggio di Cristo come religione dell’amore, infatti gli ideali dei francesi di liberta e fratellanza altro non erano che la trasposizione dalla dottrina cristiana dell’amore. Col passare degli anni l’importanza che Hegel attribuisce alla religione viene diminuendo, così come Hegel abbandona completamente le simpatie rivoluzionarie, Hegel diventa sostenitore di una visione conservatrice statolatrica.
LA FASE DI JENA
La fase di jena culmina con la pubblicazione della “Fenomenologia dello spirito”. La prefazione è importantissima per tre ragioni:
1. Nella prefazione si trova la polemica di Hegel nei confronti delle filosofie contemporanee;
2. La nuova concezione dell’assoluto;
3. Il tema della dialettica Hegeliana.
1. Qui Hegel si scaglia contro: contro le filosofie intellettualistiche, contro le filosofie fideistiche o anche sentimentalistiche, contro la filosofia di Schelling.Per Hegel le tre filosofie sopracitate sono tutte forme di CATTIVO INFINITO. L’espressione “cattivo infinito” viene usata da Hegel solo più tardi nell’opera “Scienza della logica” tuttavia il concetto è già presente nella prefazione di quest’altra opera. Per Hegel cattivo infinito è in primo luogo ogni dottrina che mantenga e anzi irrigidisca la separazione tra finito e infinito, in questo primo senso cattivo infinito sono le filosofie intellettualistiche, tra queste quella di Kant perché Kant oppone fenomeni, il mondo dell’esperienza a noumeno, inconoscibile, assoluto. In questo primo significato cattivo infinito possono anche essere il cristianesimo storico e le religioni tradizionali. Cattivo infinito è anche ogni e qualunque teoria che voglia parlare dell’assoluto in modo non concettuale ritenendo che l’assoluto possa essere colto per via dell’intuizione, del sentimento, della fede, anche queste teorie sono cattivo infinito e queste sono le teorie del romanticismo del sentimento, le filosofie sentimentalistiche, Hegel se la prende con Jacobi, infatti per Hegel il sentimento, la fede, cerca di parlare dell’assoluto ma lo fa in modo insufficiente perché si limita ad un balbettio mistico, i discorsi di tipo fideistico esprimono l’assoluto in modo vago, soggettivo, mistico, incomunicabile, mentre Hegel vuole fare una scienza dell’assoluto. In terzo luogo cattivo infinito è anche ogni teoria cattivo infinito è anche ogni teoria che non riesce a spiegare come l’unità di tutte la cose implichi comunque la presenza di innumerevoli differenze, per Hegel tutte le cose sono aspetti di una sola realtà, l’assoluto e in questo senso tutto è uno, in senso panlogistico, però è pero anche che ogni singola cosa è diversa dall’altra, niente è separato, tutto è diverso, in questo terzo senso cattivo infinito è la filosofia di Schelling, come dirà Hegel la filosofia secondo la quale l’assoluto è come “Una notte in cui tutte le vacche sono nere”.
Le filosofie intellettualistiche sono cattivo infinito perché mantengono la separazione tra finito e infinito, per queste filosofie l’infinito è inteso come posto accanto o posto al disopra del finito ma l’infinito non è mai pensato come coincidente con il finito.
Secondo le filosofie intellettualistiche l’intelletto deve occuparsi solo del finito, in questo modo però l’assoluto viene tralasciato o anche, viene confinato al di fuori della scienza, invece il romanticismo del sentimento, le filosofie sentimentalistiche e fideistiche, si appellano all’assoluto, vogliono conoscerlo, ma insistendo sulla valenza conoscitiva del sentimento della fede, dell’intuizione, cadono inevitabilmente in discorsi vaghi e indeterminati, soggettivi e in ciò sta il loro limite, però in questo modo a causa di questo dualismo (fede-intelletto) ecco che emerge il terribile mondo moderno che, sa tutto di pesi forze, velocità, ma ritiene impossibile e assurdo discutere in modo razionale dell’assoluto e di conseguenza del senso della vita e dei valori ai quali l’uomo si deve ispirare, la crisi della modernità è proprio imputabile a questa opposizione dualistica; quindi per Hegel bisognerà superare l’opposizione fede-intelletto facendo ricorso ad un'altra facoltà “LA RAGIONE”, la quale si appellerà all’assoluto ma cercherà di esprimerlo in maniera concettuale.
Hegel dice che Schelling “rifiuta la conoscenza differenziante”. La filosofia di Schelling p anche chiamata filosofia dell’IDENTITA’ nel senso che, per Schelling, l’assoluto pensato in termini panteistici è una forza, una struttura che si ripete sempre identica a se stessa in tutte le cose, era stato Schelling a dire che “tutto è santo, la cosa più piccola è santa quanto la cosa più grande” in questo senso l’assoluto finisce per negare o non riconoscere adeguatamente le differenze, innumerevoli, tra i vari aspetti della realtà.
2. I caratteri della nuova concezione dell’assoluto; l’assoluto Hegeliano viene concepita in termini MONISTICI, PANLOGISTICI, DINAMICO-PROCESSUALI, TELEOLOGICI e DIALETTICI.
Hegel nella prefazione dice “il vero è il tutto”, vuol dire che c’è una sola realtà e questa realtà è tutto ciò che è, niente esiste al di fuori dell’assoluto, ognuno di noi è solo una manifestazione di questa forza infinita che è l’unica realtà e tiene tutto unito.
Siccome il termine Ragione è uno dei termini a cui più spesso Hegel ricorre per parlare dell’assoluto, allora è chiaro che in quest’ottica tutto sarà espressione della Ragione. L'assoluto è inteso da Hegel non come una sostanza immobile e pietrificata, ma come SOGGETTO VIVENTE (DAS SELBST) questo vuol dire che l’assoluto è dotato di un movimento, è un movimento, l’assoluto è un divenire-se-stesso è un movimento che “solo alla fine è ciò che è”, l’assoluto è una totalità processuale, è la realtà che diviene.
Il movimento dell’assoluto non è un movimento casuale o arbitrario, il movimento avviene in vista di un fine, di un TELOS chiamato da Hegel AUTOCOSIENZA ASSOLUTA, SAPERE ASSOLUTO, SAPERE SPECULATIVO, questo fine viene raggiunto solo nell’uomo e più precisamente nella filosofia; finalmente nella filosofia di Hegel, l’assoluto giunge al pieno sapere di se, giunge a capire che tutto è uno, che tutto è assoluto, o è nell’assoluto, che la morte è solo trasformazione dell’energia vitale, e non scomparsa, che il dolore è parte della vita, che le separazioni definitive non esistono, nella filosofia l’assoluto giunge a riconoscere “La rosa della ragione nella croce del presente” e quindi l’animo si placa, l’espressione si trova in “Lineamenti di filosofia del diritto” e Hegel dice che “compito della filosofia è intendere ciò che è e quindi mantenersi in pace con la realtà” in questo modo, la filosofia insegna a combattere il “delirio della presunzione” proprio di chi vuole cambiare il corso del mondo.
3. Il tema della dialettica in Hegel: il movimento che costituisce l’assoluto è la dialettica, [la dialettica Hegeliana non ha nulla a che vedere con quella di Platone e neanche con quella intesa in senso Kantiano, per Platone la dialettica è la suprema arte filosofica, è la scienza delle idee iperuraniche, è quella operazione intellettuale che permette al filosofo di salire dalla constatazione di una molteplicità di cose alla idea iperuranica che è modello delle cose sensibili; in Kant invece il termine dialettica assume un significato negativo, è l’arte di dare alla propria ignoranza la tinta della verità, comunque sia, per tutti e due la dialettica è una operazione intellettuale, propria del pensiero finito dell’essere umano]. Per Hegel la dialettica è la legge che guida la realtà tutta, che guida il movimento della’assoluto.
Secondò la dialettica la realtà si sviluppa mediante ritmi TRIADICI, costituiti da tre momenti: 1) TESI 2)ANTITESI 3)SINTESI o MOMENTO SPECULATIVO.
La dialettica afferma che la realtà procede, si sviluppa individuando dapprima un aspetto, la tesi, (es. maschio), per poi mostrare subito che questo aspetto non è autosufficiente, la tesi per poter essere rinvia necessariamente a ciò che è altro da se, la antitesi, (mondo femminile), è la negazione, alienazione, ma in sostanza la dialettica quindi sottolinea che tesi e antitesi non possono sussistere se non rimandando l’una all’altra. Tra tesi e antitesi dunque si evidenzia una CONTRADDIZIONE (WIDERSPRUCH) una OPPOSIZIONE CONTRADDITTORIA, vuol dire che c’è opposizione tra tesi e antitesi, ma l’opposizione è in se contraddittoria, cioè tale che necessariamente deve essere superata in un momento successivo, quello della sintesi, (l’amore), la sintesi toglie la contraddizione, ma nel contempo conserva in una unità più alta gli aspetti positivi della tesi e dell’antitesi, a sua volta la sintesi diventerà tesi di una nuova scansione triadrica.
Risultato netto: la realtà è una totalità processuale costituita da una fitta rete di relazioni dialettiche, relazioni che connettono tra di loro ogni aspetto della realtà.
Il concetto fondamentale della dialettica Hegeliana è il concetto di CONTRADDIZIONE o CONDIZIONE CONTRADDITTORIA, secondo Hegel l’opposizione tra tesi e antitesi in quanto è contraddittoria viene necessariamente superata, invece l’intelletto “comune” ci induce, falsamente, a pensare che nella realtà esistano solo GEGENSATZ, “opposizioni semplici”, l’intelletto ci induce a pensare che i vari aspetti della realtà siano separati tra di loro, infatti sull’intelletto si basano sia la logica tradizionale sia le scienze empiriche, dalla fisica alla chimica, e dunque proprio perché intellettualistiche, cioè, dice Hegel, fondate sul principio di NON CONTRADDIZIONE (il principio per cui A non è B), queste scienze non riescono a cogliere il carattere profondo della realtà, una realtà che è FLUSSO UNITARIO, che presenta differenze ma non separazioni.
Le scienze positive sono pensiero di superficie, non colgono la realtà profonda perché vedono opposizioni semplici.
Tutte le innumerevoli triadi dialettiche che costituiscono la realtà sono inserite all’interno di una cornice dialettica generale, la grande triade dialettica dell’assoluto. Questa triade è costituita da:l’IDEA (o idea in se), la NATURA, (l’idea fuori di se), lo SPIRITO (l’idea che ritorna a se), lo spirito si realizza nell’umanità, che è sintesi di idea e natura.
Questi sono i tre momenti della vita dell’assoluto:
l’idea è l’assoluto nel suo stadio iniziale, nel suo stadio metafisico, non percepibile empiricamente, Hegel dice anche che l’idea è “Dio prima della creazione” ciò vuol dire che l’idea è l’assoluto in veste metafisica, non visibile. L’idea mira a conoscere se stesso cioè a saggiare le sue potenzialità e dunque l’assoluto diviene natura.
La natura, dice Hegel, è “L’idea nella forma dell’esser-altro”, la natura è l’assoluto stesso che è diventato altro rispetto lo stadio iniziale e dunque si è reso visibile, l’assoluto in forma visibile, si è SOMATIZZATO (da soma = corpo), infine nell’uomo che costituisce il culmine della natura, l’assoluto diventa spirito.
Spirito cioè sintesi di pensiero e natura stessa e nell’uomo l’assoluto ritorna a se, cioè giunge finalmente a comprendersi, giunge a capire di essere tutta la realtà.
La suddetta cornice dialettica dell’assoluto ha generato innumerevoli perplessità e già ai tempi di Hegel, un autore come SCHOPENHAUER disse che Hegel era un ciarlatano, e che “La sua filosofia è una buffonata che ricorda il delirio dei pazzi”; nel ‘900 ad esempio Karl Popper ebbe a dire che “Hegel è come un prestigiatore che estrae un coniglio fisico da un cappello metafisico”, Hegel fa derivare la natura dall’idea;
Popper dice che tutta questa struttura concettuale è stata costruita soltanto per giungere a celebrare il potere assoluto dello Stato, la STATOLATRIA, infatti la tesi hegeliana per cui tutto ciò che è reale è razionale, induce ad accettare il sistema politico vigente, dunque ad accettare lo stato, che Hegel chiama “Dio che fa il suo ingresso nel mondo”, questo modo di pensare, che nega i diritti degli individui, ha contribuito al sorgere dei regimi totalitari del ‘900 e dunque dice Popper; Hegel è un nemico della “Società aperta”.
L’idea è studiata dalla logica e la logica hegeliana è esposta in due opere “La scienza della logica” e la prima parte dell’opera “Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio”, la natura è studiata dalla fisica o filosofia della natura ed è esposta nella seconda parte dell’”enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio”; il momento finale dello spirito è studiato dalla filosofia dello spirito ed è esposta nella terza parte dell’enciclopedia, nell’opera “Lineamenti di filosofia del diritto” e nei corsi universitari pubblicati dagli studenti di Hegel.
La filosofia dello spirito
Il momento in cui l’assoluto giunge al sapere di se.
Hegel articola la vita dello spirito in una triade dialettica, 1.SPIRITO SOGGETTIVO; 2. SPPIRITO OGGETTIVO; 3. SPIRITO ASSOLUTO.
Le parti più sviluppate del sistema Hegeliano sono quelle relative allo spirito oggettivo e spirito assoluto.
1. Quando Hegel parla dello spirito soggettivo in sostanza non fa altro che riproporre i contenuti dell’opera “Fenomenologia dello spirito”. In generale la vita dello spirito soggettivo è la storia del percorso difficile, tortuoso che l’assoluto compie nella singola coscienza umana per giungere a conoscersi, attraverso mille errori, per diventare Ragione, “LA RAGIONE è LA CERTEZZA DI ESSERE OGNI REALTà”.
Si passa dallo coscienza più bruta,la coscienza sensibile tipica degli uomini comuni ce pensano che ciò che sta loro di fronte sia del tutto esterno alla loro mente, sino al momento in cui in alcune soggettività l’assoluto giunge a capire di essere tutta la realtà.
2. LO SPIRITO OGGETTIVO, l’assoluto si rivela a se stesso non soltanto nell’interiorità dei filosofi, ma anche nelle istituzioni storiche dei vari popoli, lo spirito oggettivo infatti, non è altro che l’insieme degli usi, dei costumi, delle forme di governo, delle forme di stato, dei sistemi sociali prodotti dai vari popoli.
I caratteri dello spirito oggettivo sono due: la STORICITA’ e SOVRAINDIVIDUALITA’.
Il primo è l’insieme delle produzioni dei popoli.
Quando Hegel parla della sovra individualità introduce il tema della “Astuzia della Ragione”, in sostanza Hegel afferma che le singole volontà degli individui sono già convogliate e incanalate dall’assoluto verso la realizzazione del suo telos, i singoli individui credono di realizzare i loro scopi personali agendo nella storia, ma in realtà gli individui e i popoli sono solo strumenti, mezzi di cui si serve l’assoluto per manifestarsi a se stesso, per comprendersi.
Quindi individui e popoli sono ETERODIRETTI, diretti non da se ma dall’assoluto, l’assoluto in quanto è astuto si serve delle passioni di popoli e di individui, a questo riguardo ci troviamo dinnanzi a una teoria per taluni aspetti vicina a quella di S. Agostino, una concezione PROVVIDENZIALISTICA della storia, tuttavia la differenza che separa l’hegelismo dal cristianesimo è che l’assoluto è pensato come un principio immanente e non trascendente.
Il professor DE RUGGIERO afferma che nella filosofia di Hegel la libertà di cui godono gli individui è paragonabile alla libertà di un FANTOCCIO, nell’ottica di De Ruggiero gli individui sono fantocci dell’assoluto.
LA TRIADE DIALETTICA DELLO SPIRITO OGGETTIVO. Si articola in una triade dialettica costituita da: 1. DIRITTO; 2.MORALITA’; 3.ETICITA’:
lo spirito oggettivo si manifesta come libertà, dice Hegel, lo spirito oggettivo è l’assoluto, ciò che è sciolto da ogni limite, nella sfera dei rapporti umani il bene è la libertà, ma come è possibile garantire la libertà delle persone?
Il diritto è la dimensione della vita nella quale il bene è realizzato in modo insufficiente perché il diritto è l’insieme delle norme che garantiscono il rispetto reciproco soltanto in quanto prescrivono delle punizioni, delle sanzioni. Qui Hegel riprende il concetto kantiano di Legalità.
Nella sfera del diritto il bene, il rispetto della libertà, è affidato alla presenza della coercizione fisica, cioè alla presenza di punizioni, in mancanza di costrizioni esterne le norme che costituiscono il diritto tendono ad essere violata, quindi nasce il torto e dunque la necessità della pena, della punizione, il bene è realizzato solo in modo parziale, ma ecco allora sorgere l’antitesi, il momento della moralità, intesa in senso strettamente kantiano, la moralità costituisce l’antitesi del diritto perché è l’atteggiamento di colui che ha interiorizzato le norme e dunque si sforza di fare il bene anche in assenza di costrizione esterna, di minaccia di pene, quindi la moralità è l’atteggiamento di chi agisce per semplice imperativo categorico, tuttavia l’uomo morale finisce per vivere in maniera frustrante, infatti egli si sforza di attuare il bene, di combattere l’egoismo, si sforza di correggere “il corso del mondo”, ma l’egoismo, che sempre riemerge, genera un sentimento di frustrazione, di insoddisfazione, il limite della moralità consiste nel voler contrapporre all’essere, il mondo, un dover essere, il bene, che in realtà non riesce mai a venire realizzato, ad esempio l’ideale della santità non può essere attuato, Hegel dice che la moralità è “La sfera del bene puramente vagheggiato” è per questo che secondo Hegel la filosofia di Kant è l’espressione concettuale della moralità, invece Don Chisciotte è la figurazione letteraria della moralità, e Robespierre ne è la figurazione storica, in sostanza la moralità è l’atteggiamento illuministico di chi vuole riformare il mondo e finisce per cadere nel “Delirio della presunzione” non avendo capito che tutto va come deve andare.
L’eticità è “la sfera del bene pienamente realizzato” in parole semplici è l’atteggiamento di colui che ha finalmente capito che tutto ciò che reale è razionale, tutto va come deve, e il bene è già presente ed è presente in maniera evidente nello stato, che è il bene realizzato.
Triade dialettica dell’eticità
Secondo Hegel anche l’eticità si articola in una triade costituita da:1. Famiglia, 2. Società civile, 3. Stato.
1. La famiglia è già un primo momento nel quale si realizza un comportamento SOVRAINDIVIDUALE, nel senso che nella famiglia, esiste un atteggiamento di solidarietà organica di collaborazione non egoistica tra gli individui che la compongono. La famiglia è una UNITA’ ORGANICA fondata sulla solidarietà.
Tuttavia la famiglia è una unità organica limitata nello spazio e nel tempo, nel senso che una famiglia vive a fianco ad altre famiglie, ci sono più famiglie, e la solidarietà vale solo all’interno del nucleo famigliare, inoltre inevitabilmente la solidarietà famigliare è destinata a finire con la morte dei genitori e\o con l’uscita dei figli dal seno famigliare, quindi questa unità organica è molto limitata; al contrario la società civile.
2. La società civile è per Hegel essenzialmente l’insieme dei rapporti economici che si estendono ad una intera collettività, la società civile è del tutto priva della organicità e della solidarietà che caratterizza la famiglia, infatti per Hegel nella società civile emergono fortissime pulsioni egoistiche di carattere economico, la società civile è il regno della lotta economica di tutti contro tutti, le relazioni tra le persone che vivono nella società civile sono fredde relazioni economiche, quindi proprio per questo Hegel dice che la società civile è una “Connessione di estremi indipendenti”, nella società civile ognuno si sente indifferente agli altri e ha rapporti con gli altri di mero interesse, Hegel dice anche che la società civile è “il sistema dell’atomistica”, potremmo dire che la società civile è una connessione disorganica ed estesa nel tempo e nello spazio. Hegel del resto nell’opera del 1807 “La fenomenologia dello spirito” aveva già parlato della società umana come luogo di conflitto e antagonismo, infatti Hegel aveva parlato della società nei termini di un rapporto tra SERVO PADRONE, nei rapporti sociali c’è chi padroneggia e chi serve, diceva che le singole AUTOCOSCENZE hanno tra di loro relazioni conflittuali, lottano per imporre se stessi, ma nella lotta per la vita alcune autocoscienze riescono ad imporsi sulle altre, le autocoscienze vinte per aver salva la vita, accettano di diventare serve dei nuovi padroni, tuttavia pian piano i padroni perdono il loro potere, disimparano tutto perché affidano la produzione dei beni ai servi, mentre attraverso il lavoro, i servi acquistano coscienza di se e del loro potere, questo punto ripreso da Marx, il lavoro è il mezzo attraverso il quale gli esseri umani acquistano dignità, già Hegel sottolineava l’importanza decisiva del lavoro per la formazione delle persone.
3. L stato è l’unione del principio della famiglia e dal principio della società civile, infatti lo stato è unità organica, collaborazione, però estesa ad una intera collettività il che significa che lo stato in quanto sintesi, toglie la contraddizione tra famiglia e società civile e conserva gli aspetti positivi della tesi e dell’antitesi in una più alta unità; secondo Hegel lo stato promuove tra i cittadini un comportamento oggettivo, imparziale, collaborativo esteso alla totalità dei suoi membri, qui emerge la CONCEZIONE ETICA DELLO STATO, l’idea secondo la quale lo stato è sempre SUPER PARTES, imparziale, non è mai strumentale, cioè strumento nelle mani di qualche individuo.
Concezione Hegeliana dello stato e della politica
1. In Hegel compare una concezione etica dello Stato, cioè una concezione organicistica e non strumentale dello Stato. Questa è una concezione dello Stato di tipo greca.
2. Ci troviamo innanzi a una concezione chiaramente anti-illuministica dello Stato: anti-moderna dello Stato.
3. La concezione politica di Hegel, centrata sul concetto di Stato etico è una filosofia anti-contrattualistica e in questo senso anche anti-giusnaturalistica.
4. Si tratta di una filosofia politica anti-liberale.
5. È anche una concezione anti-democratica che quindi condanna in blocco l’illuminismo.
1) concezione organicistica e non strumentale di stato:
Hegel dice che lo Stato è “l’ingresso di Dio nel mondo” (statolatria hegeliana), inoltre dice che lo Stato è un “Dio reale”. Lo Stato è il luogo della piena realizzazione della libertà umana. Lo Stato è in questo senso etico: il bene realizzato. Per Hegel lo Stato, in quanto etico, promuove, sviluppa e realizza comportamenti collaborativi tra i cittadini, annienta gli egoismi e mostra in piano la sua imparzialità e oggettività. In questo senso lo Stato etico non è mai strumento, per Hegel, di alcuna classe sociale. Su questo Marx non potrà che dissentire totalmente: per Marx infatti lo Stato è sempre strumento della classe sociale egemone.
Ci troviamo innanzi a una concezione organicistica dello Stato: esso è una totalità i cui membri vivono in stretta dipendenza organica tra loro. A questo punto è chiaro che Hegel riprende la concezione che gli antichi greci avevano della libertà. Hegel nelle sue opere, quando parla della libertà dell’uomo fa esplicito riferimento ad Aristotele e all’idea pre-moderna, se non addirittura anti-moderna, secondo cui si è liberi solo all’interno dello Stato e nel rispetto delle sue leggi. Al di fuori di esso c’è solo il caos.
Mentre da un lato la modernità ritiene che la libertà sia da intendersi come libertà dallo Stato e dalle ingerenze statali, dall’altro gli antichi, e quindi anche Hegel, pensano che la libertà esiste solo nello stato. Dunque mentre i moderni pensano che lo Stato sia al servizio dei bisogni degli individui, nell’antichità e nella filosofia politica di Hegel vale l’opposto: gli individui esistono e sono liberi solo in quanto servono lo Stato. Tema del primato del pubblico sul privato. Molti, come Popper, vedono per questo motivo in Hegel l’anticipatore teorico del totalitarismo.
2) concezione anti-illuministica:
Si tratta di una teoria politica anti-illuministica in tutte le sue componenti, infatti è una teoria anti-contrattualistica, anti-liberale, anti-democratica.
3) concezione anti-contrattualistica dello Stato:
Perché Hegel rifiuta il giusnaturalismo? Per i giusnaturalisti, sostenitori dell’idea del contratto sociale, lo Stato nasce dall’accordo di libere volontà individuali le quali si accordano per tutelare il diritto alla vita, pensato come diritto naturale (su questo punto tutti i giusnaturalisti, da Locke a Hobbes, sono d’accordo su questo punto), inoltre si accordano per tutelare il diritto alla libertà individuale e alla proprietà privata (come Locke).
Il contrattualismo viene però respinto da Hegel per una ragione già implicita in quanto detto: perché il contrattualismo è una concezione privatistica dello Stato. La tradizione giusnaturalista antepone l’interesse dei privati all’interesse della collettività, e ciò per Hegel è follia. La concezione contrattualista ritiene che la vita sia un diritto irrinunciabile del privato cittadino. Per Hegel invece, dice Norberto Bobbio, “lo Stato può pretendere dai suoi cittadini il sacrificio del maggior bene, la vita”.
4) concezione politica anti-liberale:
Il pensiero politico liberale, da Locke fino a Montesquieau, ha sempre affermato come concetto base il principio della separazione dei poteri. Secondo i liberali per garantire le libertà dei cittadini il potere esecutivo, legislativo e giudiziario, cioè i tre poteri fondamentali dello Stato, vanno mantenuti separati. Se essi vengono accorpati nelle mani di uno solo la libertà muore.
Hegel ritiene invece che la forma più razionale di governo sia la monarchia, cioè un sistema in cui il re, in quanto rappresentante dell’unità dello Stato, deve avere nelle sue mani tutti i poteri: fare le leggi, farle rispettare, giudicare in base ad esse.
Questa non è tuttavia una monarchia di tipo assoluto, ma costituzionale.
La prima fase è quella del mondo orientale, la seconda fase o momento della storia del mondo è quella greco-romana, la terza è quella del mondo germanico. Queste diverse tappe storiche sono caratterizzate dalla progressiva espansione, diffusione della libertà.
1. Nel mondo orientale uno solo è libero, il despota. Tutti gli altri sono schiavi.
Hegel riprende questo tema, il mondo orientale come regno della paura e del dispotismo, dalla filosofia politica di Montesquieau. Ma la cosa interessante è che questa equazione verrà ripresa nel secondo novecento all’epoca della guerra fredda, quando per condannare l’unione sovietica e la Cina popolare di Mao, si arriverà da parte occidentale a ribadire il medesimo concetto: i paesi dell’est sono i paesi del dispotismo. A parole esiste l’uguaglianza sociale, di fatto il segretario del partito comunista è un nuovo Zar, un nuovo imperatore cinese che domina su una popolazione di schiavi terrorizzati. Questo è ciò che dice il prof. Wittfogel in un libro del 1957 dal titolo “Oriental dispotism”.
2. La seconda fase è quella in cui alcuni sono liberi; gli altri restano schiavi.
3. Nell’ultima fase storica, l’epoca del Volk tedesco, tutti sono liberi perché tutti sono servi della legge dello stato.
Hegel arriva a sostenere che la Prussia è lo stato guida del mondo e che questa epoca è l’epoca del dominio tedesco. In qualche modo anche Hegel come Fichte, sottolinea il primato del popolo tedesco. Queste teorie di per sé innocenti hanno favorito in Germania la diffusione di quella mentalità bellicista che ha portato al nazismo.
Lo spirito assoluto
Ovviamente anche la vita dello spirito assoluto si articola in una triade dialettica costituita da: arte, religione, filosofia.
Alle varie istituzioni storiche, alle varie forme di stato, di governo dei vari popoli corrispondono determinate forme di arte, religione e filosofia. In queste tre discipline finalmente l’assoluto raggiunge la piena coscienza di sé. Questo implica due cose:
• anche l’arte e la religione sono forme di conoscenza. Arte e religione non sono pure espressioni di sentimenti personali.
• Arte, religione e filosofia hanno il medesimo contenuto, nel senso che tutte e tre cercano di esprimere l’assoluto. Hegel dice che hanno il mediamo contenuto universale spirituale.
Però le tre discipline si distinguono per la forma che utilizzano nell’esprimere il medesimo contenuto. L’unica forma veramente adeguata per esprimere l’assoluto è la filosofia.
L’arte intuisce l’assoluto, la religione rappresenta l’assoluto, la filosofia invece ragiona sull’assoluto servendosi di concetti puri.
Arte: l’artista intuisce l’assoluto, cioè sente in maniera non concettuale la verità sull’assoluto e poi cerca di esprimere questa sua intuizione per mezzo di materiali sensibili. Qual è il limite dell’arte? L’arte resta ferma alla soggettività dell’artista, è un’espressione individuale, poco comunicabile con l’assoluto. Anche l’arte ha una sua storia e anche in questo caso Hegel individua tre grandi periodi della storia dell’arte: l’epoca dell’arte simbolica, dell’arte classica (greco-romana) e l’epoca dell’arte cristiana e romantica.
In linea di massima la storia dell’arte è la storia della progressiva rarefazione o spiritualizzazione dei mezzi espressivi di cui si serve l’artista: da grandi blocchi granitici sino alla sottile eterea parola poetica.
• L’arte simbolica è un’arte bambina, infantile; essa pretende di esprimere la propria intuizione dell’assoluto con quantità enormi di materia, senza rendersi conto che nessuna quantità di materia potrà mai esprimere compiutamente l’infinito. Così l’artista simbolico fa violenza alla materia e costruisce le piramidi d’Egitto, le zigurath babilonesi.
• L’arte classica trova invece nella figura umana la via privilegiata per esprimere l’assoluto. Se l’arte simbolica è il trionfo dell’architettura, l’arte classica è il trionfo della scultura. Quindi è chiaro che la quantità di materia qui utilizzata è molto più ridotta.
• L’arte cristiana e romantica: il gran merito del cristianesimo è nell’aver intuito la spiritualità dell’assoluto ed infatti l’arte cristiana, come in quella romantica, si serve di materiali espressivi sottili e rarefatti, tenui. Infatti l’epoca cristiana segna il trionfo della pittura, della musica e poesia. Per Hegel la poesia è la forma suprema di arte legata alla parola, un semplice flatus vocis. Comunque Hegel ritiene che i bei giorni dell’arte siano definitivamente tramontati. Hegel dice: “L’arte è e rimane per noi una cosa del passato. Essa ha perduto per noi la sua propria verità e vitalità” (dall’Estetica di Hegel).
Religione: La rappresentazione nel lessico di Hegel è una forma di sapere intermedio tra l’intuizione artistica e il ragionamento filosofico. La rappresentazione in sostanza è il concetto dell’intelletto e per Hegel l’intelletto tende a separare, dividere; la religione si basa sugli schemi dell’intelletto, che pone dio, cioè l’assoluto, come trascendenza, quell’intelletto che separa l’aldiquà dall’aldilà.
La religione non può essere ridotta a puro e semplice sentimento di dio; la religione è innanzitutto coscienza intellettuale dell’assoluto. Proprio per questo che la religione è una forma inadeguata di espressione, proprio perché separa Dio dall’uomo, finito e infinito.
Hegel già nell’opera tante volte citata “La Fenomenologia dello spirito” aveva parlato della religione cristiana medievale, affermando che la religione genera “coscienza infelice”; coloro che credono, sono coscienze infelici che hanno bisogno di dio, ma sentono dio, che è la forza della vita, come trascendente e lontano, come un signore misterioso, potente e incomprensibile.
L’uomo religioso è is qui luget, colui che piange. Il cristianesimo contiene tutta la verità sull’assoluto, semplicemente esprime la verità in modo insufficiente. Però le religioni sono pensate da Hegel come dei depositi di simboli che possono anche essere utilizzati in via secondaria per illustrare il discorso filosofico. Ad esempio la dottrina cristiana della Santissima trinità per Hegel non è altro che una espressione simbolica della grande verità filosofica.
La filosofia invece servendosi dei concetti puri della ragione giunge infine a cogliere in modo adeguato l’assoluto. La filosofia di Hegel è poi la filosofia assoluta, il punto d’arrivo di due millenni e mezzo di serissimi conati dello spirito. Con la filosofia di Hegel l’assoluto raggiunge la certezza di essere ogni realtà. Ecco che compare un’immagine famosa: la filosofia è “la nottola di Minerva che inizia il suo volo sul far del crepuscolo”. La filosofia è la civetta della dea della sapienza che inizia a volare quando tutto si è compiuto. Ciò vuol dire che la filosofia è la sapienza ultima, che giunge quando ormai la realtà e compiuta, si è pienamente attuata.
Ci troviamo dinanzi ad un’immagine della filosofia anti-illuministica. Hegel con questa immagine vuole dirci che la filosofia non ha più niente da proporre, non ha più da indicarci nuove albe, non intende più elaborare nuovi progetti per cambiare il corso del mondo. la filosofia giunge quando è sera. Il carattere serotino della filosofia sta proprio a sottolineare che il compito della filosofia è semplicemente quello di “intendere ciò che è e mantenersi in pace con la realtà”. L’immagine della nottola si trova in “Lineamenti di filosofia del diritto” del 1821.