Giovanni Cassiano e semipelagianismo

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Testo

(San) Giovanni Cassiano (ca. 360-ca. 435) e semipelagianismo e massiliani
La dottrina del semipelagianismo
C. venne considerato il fondatore dell'eresia (condannata, per la verità, in maniera definitiva quasi 100 anni dopo la sua morte) conosciuta come semipelagianismo, tentativo ingegnoso di mediare le posizioni del Pelagianismo e quelle espresse da Sant'Agostino.
Se i pelagiani affermavano che, con la propria volontà (liberum arbitrium) e per mezzo di preghiere ed opere buone, l'uomo poteva, senza l'intervento della Grazia divina, evitare il peccato e giungere alla salvezza eterna, ed gli agostiniani affermavano che, al contrario, senza l'intervento della Grazia divina, l'uomo non poteva salvarsi; C. predicò che l'uomo non poteva salvarsi senza la Grazia divina, tuttavia doveva decidere di vivere in maniera virtuosa, prima che Dio concedesse la Sua Grazia.
In questa maniera, secondo C., sia la volontà dell'uomo che la Grazia divina erano importanti per la salvezza, tuttavia la predestinazione eterna era più legata alla volontà umana, fondamentale per l'ottenimento successivo della Grazia.

Il semipelagianismo e i massiliani
Le dottrine di Giovanni Cassiano furono propagandate dai monaci di San Vittore in Marsiglia, che dal nome latino della città furono denominati massiliani.
Essi, partendo da una iniziale posizione neutrale verso Sant'Agostino, diventarono man mano suoi avversari. Agostino impiegò gli ultimi anni della sua vita per confutare le loro tesi, tuttavia, nel 430, durante l'assedio di Ippona da parte dei Vandali, egli morì. La lotta contro i massiliani fu ereditata dal suo discepolo Prospero di Aquitania senza particolare fortuna, visto che per tutto il V secolo, il semipelagianismo rimase la dottrina più diffusa in tutta la Gallia.
Di questo periodo l'esponente più autorevole fu Fausto, vescovo di Riez.
Nel VI secolo, tuttavia, una nuova confutazione fu elaborata da San Fulgenzio, vescovo di Ruspe (in Nord Africa), il “novello Sant'Agostino”, che, esiliato in Sardegna dal re ariano dei Vandali, Trasmundo, scrisse una confutazione delle tesi di Fausto, accelerando la fine della dottrina semipelagianista.
Questa era difesa all'epoca da Cesario, vescovo di Arles, il quale fu attaccato dapprima nel sinodo di Valence del 528, ma soprattutto nel secondo sinodo di Orange del 529.
Quest'ultima congregazione condannò il semipelagianismo, oltre al pelagianismo, come eresia e le sue conclusioni furono ratificate nel 530 da Papa Bonifacio II (530-532).

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