Cartesianesimo

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia

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Testo

L’ETA’ CARTESIANA
Cartesio è il filosofo assoluto del 600, è lo spartiacque della filosofia. Tutti gli altri filosofi di questo periodo sono pro o contro rispetto a lui. Sono contro di lui sia i cattolici, sia gli empiristi, ma lui in ogni modo rimane al centro dei loro pensieri, tutti si rapportano a lui, sia nell’aspetto generale, sia nel pensiero filosofico. Nella seconda metà del 600, a partire dagli anni 40, inizia l’“Età cartesiana”.
OCCASIONALISMO
Uno dei più vistosi problemi lasciati da Cartesio irrisolti era il problema del rapporto tra res cogitans e res extensa che rinvia al problema della sostanza e della causalità.
MALEBRANCHE
Francese, gnostico, è il filosofo principale. Accentua il suo interesse sul problema del dualismo, ponendo addirittura inesistente l’inattendibilità poiché afferma che non solo non esiste una connessione, un legame tra anima e corpo attraverso la ghiandola pineale ma arriva anche ad affermare che in natura non esiste nessuna causa diretta e quindi esclude il principio di causa-effetto. E allora come si spiega il tutto? Egli risponde che ci sono “cause apparenti”, tutto ciò che avviene, avviene per una sola causa: Dio. Facciamo un esempio pratico: abbiamo una palla da biliardo che viene colpita e quindi viene mossa da quella bianca, chi è che permette il movimento? E’ Dio che, in occasione dell’incontro di due corpi fa sì che una palla si fermi e l’altra si muova, quindi è lui che agisce direttamente. Questa è una posizione certamente contraria alla chiesa, la quale afferma che Dio agisce per cause secondarie (quindi non come forma di predestinazione totale). Quindi secondo Malebranche Dio può fare sia il bene sia il male e perciò è un filosofo certamente gnostico.
PIER GASSENDI’
Tra gli empiristi, feroce e critico nemico di Cartesio. E’ una sorte di Democrito o Epicuro del 700. Materialista, atomista, scettico, ateo, fa le critiche più profonde a Cartesio, paradossalmente da sinistra lo distrugge a destra. Arriva a parlare del cogito, del solipsismo, e fra le sue idee, vi è anche quella Dio. Si pone il quesito: “Chi ha mai detto che Dio non è frutto della nostra immaginazione?” E cioè che una sostanza ontologicamente più piccola generi una più grande? Partendo dal finto, dal falso, arrivando all’infinito si può giungere a Dio, fantasia infinita, frutto della mia immaginazione. Fa anche un’altra accusa pesante a Cartesio: da Dio si arriva al cogito e da questo a Dio. Ma chi è che arriva prima? Prima io come cogito e poi Dio che mi ha creato oppure prima Dio che è causa del mio cogito? Gassendì vuole distruggere tutto il metodo sia metafisico sia scientifico di Cartesio, ritenendo valida solamente la teoria dell’atomismo di Epicuro. Per quanto riguarda Dio in sé non afferma che non esiste, ma che non si può dimostrare razionalmente la sua esistenza (scetticismo).
GIUSNATURALISMO
Con questo termine si intende la dottrina del diritto naturale. E’ la dottrina che prevede che in natura esistano delle leggi fondate sulla natura stessa. In concreto niente di nuovo, è già stato detto in precedenza, le leggi sono “dentro” di noi sin dalla nascita. Oggi c’è una forma laica di questa corrente, la quale non ammette l’esistenza di Dio. I maggiori esponenti sono: Hugo Grozio, Thomasius e Pufendorf. Grozio nel 1625 scrive “De iure belli ac pacis”. Egli dice che esiste il diritto naturale che lega tutti gli uomini e che non potrà mai mutare, così come le leggi della scienza che neanche Dio potrebbe mutare. In teoria il diritto naturale esisterebbe anche se Dio non esistesse (l’empia ipotesi che porterà all’ateismo del 700). Si tratta di andare oltre il pensiero cristiano. Le regole sulle quali si basa il diritto naturale riguardo questa opera sono:
• Mantenere i patti da cui deriva il rispetto della proprietà privata;
• L’obbligo di mantenere le promesse;
• Il potere di essere soggetto a pene tra uomini.
Da queste leggi si nota subito la “mentalità borghese”. L’uomo è costretto a queste leggi da per sé, non perché gliele ha date Dio (sfondo laicista). E questo sarà il processo che in seguito porterà alla Rivoluzione Francese.
Quindi come abbiamo già detto il giusnaturalismo consiste nell’ammettere l’esistenza di uno ius naturae, un diritto inscritto nella natura stessa delle cose, contrapposto allo ius positum (diritto positivo, nel senso di posto, stabilito dai singoli Stati): Thomasius, sulle orme del latino Cicerone (vedi il De officiis) distingue tra tre valori fondamentali: l'honestum, lo iustum e il decorum, cui corrispondono le tre attività umane della morale, del diritto e della politica. L'honestum, il cui principio é "fa' a te stesso ciò che vuoi che gli altri facciano a se stessi", si risolve nell’ambito della coscienza interiore; lo iustum, "non fare agli altri ciò che non vuoi che altri facciano a te", riguarda invece i rapporti tra gli individui e prevede una serie di obblighi e divieti cui ciascuno é costretto ad ubbidire da una legge coercitiva; il decorum, "fa' agli altri quello che vuoi che altri facciano a te", concerne ancora le relazioni esteriori tra gli individui, ma prescrive comportamenti non già imposti dalla legge, ma dettati solo dalla convenienza. I tre principi obbediscono tuttavia a un’unica finalità, che é insieme la destinazione dell’uomo: quella di vivere il più lungamente e il più felicemente possibile.
BLAISE PASCAL
Nasce a Clermont (in Francia) nel 1623 e muore nel 1662. La madre morì quando lui aveva tre anni (1626); ebbe due sorelle: Gilberte e Jacqueline. Il padre lo educò tenendolo dapprima lontano dalla matematica, per fargli prima ben apprendere le lettere classiche, ma si rivelò capace di leggere Euclide di nascosto e di capirlo da solo, costringendo il padre ad arrendersi all'evidenza di una vocazione più scientifica che umanistica del figlio. Personaggio particolare, genio matematico ancor più di Cartesio, considerato il nuovo Euclide, da giovane fece scoperte importanti per l’Europa, infatti creò la prima macchina calcolatrice. Vivendo in pieno 600 apparteneva alla corrente scettica-laicista, filo-atea, ribelle alla chiesa: libertina (dal punto di vista intellettuale). Questi libertini erano già presenti durante il protestantesimo e furono anche i precursori del 900. Uno dei maggiori esponenti insieme a Pascal fu Voltaire.
Questo è anche il periodo della polemica tra antichi e moderni (destra e sinistra, simile a quella che abbiamo oggi).
• Gli antichi affermavano che non si doveva rompere con il passato (Platone, Aristotele) e tra questi vi erano i cattolici che elogiavano Tommaso. Essi erano convinti di andare avanti con la prospettiva del passato e con il principio di autorità (Ipse dixit).
• I moderni erano tutti per l’innovazione, per il progresso. Essi si schierano contro la chiesa, i dogmi e tutti i tipi di superstizione religiosa. Possedevano una grande fiducia nelle possibilità della ragione umana. Pascal si schiera con questi.
Anche Pascal, come fu per Cartesio, ebbe una notte tremenda. Nel 53-54, a 30 anni comincia ad interessarsi di religione prendendo in esame l’aspetto scettico (questo è il periodo della guerra dei 30 anni, guerre di religione), poi in seguito, ne fu sempre più coinvolto a tal punto che la notte del 23 novembre del 1654, Pascal decise “l’abbandono del mondo e di tutto eccetto Dio”. Per sua natura, la vita lo porterà ad essere agostiniano dal punto di vista filosofico. Riguardo il suo avvicinamento a Dio è “sfortunato”, giacché frequenta “Port Royal”: convento, abbazia nella quale si diffusero le idee giansenistiche (fine 500, inizio 600) divulgate da Cornelius Jansen, vescovo olandese, a contatto con i protestanti, che si schiera dalla loro parte ma vuole rimanere vicino alla chiesa cattolica. Jansen scrive l’Augustinus dove cominciò a portare la fede cattolica nella religione protestante. Condanna i gesuiti dicendo che sono la feccia del mondo e che con loro tutti i preti hanno tradito Gesu’ Cristo; afferma che esagerano in tutti i campi pensando solamente a loro stessi. Secondo i suoi precetti, in antitesi con i gesuiti, occorrono la penitenza, la mortificazione e l’interiorità. Quindi attacca la chiesa cattolica in modo furbo, incolpandola di essere troppo corrotta, ma in realtà è tutta una trappola. Rifacendosi ad Agostino, quello che ci salva è in primo luogo la grazia e in secondo momento le opere, avvicinandosi moltissimo a Martin Lutero. Il giansenismo è stato un movimento che criticava il clero, è stato l’inizio del tumore interno della chiesa e non poté essere debellato poiché la Santa Inquisizione in quel periodo aveva perso profondamente la sua autorità. Uno dei più grandi giansenisti fu, senza dubbio, Pascal. Questo dopo essersi convertito scriverà “Il memoriale” nel quale racconta la sua conversione introducendo Gesu’ Cristo nella propria vita ma notiamo che in tutte le sue opere non è mai nominata la madonna; ciò ci da la certezza della sua natura giansenista. La sua opera più famosa è certamente “I pensieri” che ci ricorda le confessioni, tentativo maldestro di imitare sant’Agostino, comunque opera positiva e leggibile. Poi per non smentirsi scrive un’opera contro i gesuiti (“I provinciali”) nella quale afferma che la vera fede consiste nell’avere rapporti interiori con Dio (si trova al limite, quasi eretico-gnostico).
Generalmente nelle sue opere dice che l’uomo ha la peculiarità di avere il PENSIERO, la RAGIONE che ci rende responsabili. Ma questo fatto è la causa della nostra grandezza e, contemporaneamente, della nostra miseria. Ogni uomo, preso non collettivamente, ha un potere fondamentale: con tutto ciò che fa si gioca o la felicità eterna o la miseria eterna, non esistendo una via di mezzo. Nel pensiero consiste la nostra miseria o grandezza, perché noi siamo gli unici esseri che possediamo la COSCIENZA di MORIRE. Utilizzando il nostro pensiero, capiamo come comportarci:
1) con umiltà, lode e quindi dignità nei confronti di Dio avremo la salvezza;
2) con orgoglio, ribellione, superbia nei confronti di Dio avremo la dannazione.
Celebre la frase di Pascal: “L’uomo in natura è niente riguardo ad un infinito, un infinito riguardo a niente e un mezzo tra l’infinito e il niente.”
Gli scienziati di oggi, libertini, hanno rinnegato Dio e ci hanno portato tutti alla rovina.
LA POLEMICA ANTI-CARTESIANA
Pascal afferma che Cartesio ha utilizzato Dio solo per iniziare a spiegare il mondo dal suo punto di vista, poi dopo aver raggiunto il suo scopo, l’ha dimenticato completamente. Poi ritiene che l’uomo ha uno “spirito”, una predisposizione naturale (dalla quale dipende il nostro modo di ragionare e agire); che può essere di due tipi:
1) “Esprit de Geometrie” (spirito della geometria): è tipico dell’uomo che vive razionalisticamente, che nei suoi ragionamenti è sempre consequenziale da un punto di vista logico. E’ l’uomo che trova la verità ragionando, sperimentando, analizzando. Pascal dichiara che Cartesio ha certamente questa predisposizione (scientifica, matematica).
2) “Esprit de Finesse” (spirito della finezza, dell’intuito): è tipico dell’uomo che trova la verità nel cuore, dentro di sé, intuitivamente. E’ l’uomo che utilizza l’intuito, è istintivo ma comunque razionale (istinto intuitivo). Pascal dice di ritrovarsi in questo “spirito”.
LE PARI’ DE PASCAL (LA SCOMMESSA DI PASCAL)
Pascal in seguito da una consiglio valido a chi non ha fede (cioè per l’ateo) e dice che se Dio non c’è e noi crediamo, ci siamo solamente persi qualche piacere della vita, se invece Dio esiste e noi non crediamo, andiamo tutti all’inferno. Quindi, sostanzialmente, conviene credere per non rischiare = esempio chiave di “Esprit de Geometrie”. Si tratta di un gioco, nel quale bisogna considerare da un lato la posta, dall’altro la perdita o la vincita eventuale. Pascal dice che non é importante dimostrare che Dio esista, ma é fondamentale dire se valga o no la pena puntare sull’esistenza di Dio. Quando uno ha le carte in mano, non potrà mai sapere se vincerà o perderà , può solo sapere se ha un grado di probabilità di vittoria alto o basso e può sapere se vale la pena giocare con quelle carte o no. Magari in termini di probabilità non mi converrà giocare, tuttavia non é impossibile che io vinca (anche se improbabile); sono poi spinto a giocare dal fatto che il premio in palio é così grande che, se vinco, mi cambia la vita; c' é un rapporto infinito tra quello che possiedo e quello che posso possedere vincendo: é proprio questo che mi fa venir voglia di giocare.
Ciascuno di noi, a seconda che creda o no, é capace a portare argomentazioni pro o contro Dio; ma si tratta sempre solo di argomentazioni e non di prove conclusive: il credente dirà che il mondo presenta un ordine che deriva da Dio, l’ateo dirà che se c' é il male come può esserci Dio, e così via. Non possiamo dire se Dio esista o se non esista, come non possiamo neanche dire che sia più probabile che esista o che non esista, ma una cosa la possiamo dire con certezza: il rapporto tra le probabilità che esista e quelle che non esista sarà sempre un rapporto finito: se sia di 5 a 50, di 70 a 30, di 1 a 99, di 1 a un miliardo; in assenza di una prova il rapporto é sempre finito. Se fosse un rapporto infinito allora sarebbe come avere la certezza che Dio esista o non esista: se dico che il rapporto tra esistenza e non esistenza é di 1 ad infinito, é come se avessi la certezza che non esiste.
Riassumendo:
SCOMMETTENDO SU DIO:
• se Dio esiste si guadagna l’infinito;
• se Dio non esiste si perde il finito.
SCOMMETENDO VS DIO:
• se Dio esiste si perde l’infinito;
• se Dio non esiste si guadagna il finito.
Ricordiamoci che questa di Pascal é solo una prova: non mi dimostra né che Dio esista né che non esista, mi dice solo che vale la pena credere che esista.
“IL DIVERTISSEMENT E LO STORDIMENTO DI SE’”
Pascal ritiene che l’atteggiamento della mentalità comune nei confronti dei problemi esistenziali sia quello del “divertissement”. Questo termine – che viene comunemente tradotto con “distrazione”, “diversione” o “divertimento” – non ha il significato volgare di “sollazzo”, bensì quello filosofico di oblio e stordimento di sé nella molteplicità delle occupazioni quotidiane e degli intrattenimenti sociali. Ma da cosa fugge l’uomo? Pascal risponde: “Gli uomini, no avendo potuto guarire la morte, la miseria, l’ignoranza, hanno creduto meglio, per essere felici, di non pensarci”.
THOMAS HOBBES
Nasce nel 1588 e muore nel 1679 in Inghilterra, si fa sostanzialmente tutto il 1600.
Possiamo dire che in qualche modo egli continua la tradizione inglese ed esporta questo pensiero in ambito internazionale. E’ considerato meno peggio degli altri, riprende l’empirismo di Bacone e Francis Bacon e dirige la sua corrente filosofica contro Cartesio. Lui è il filosofo del “Materialismo meccanicistico”: Tutto ciò che esiste è materia e si muove meccanicamente. Tutta la natura si basa su due principi:
1) il “corpo”
2) il “moto”
Proprio da questi due principi nasce il concetto di “spazio”e di “tempo”.
Il moto è la causa del divenire delle cose e ogni causa avviene per causa del moto e della materia (ogni cosa può derivare solo da un’altra cosa). Gli stessi processi spirituali sono materiali, fisico-naturali. La conoscenza avviene tramite i sensi (conoscenza sensibile: conosco attraverso i sensi e tutto quello che percepisco lo catalogo in base al colore, l’odore, ecc., poi i concetti che ho appreso tramite i sensi arrivano al cervello e l’insieme di queste conoscenze catalogate formano i miei ricordi → memoria). Il cervello forma l’immagine “fantasma” di ciò che vedo, e la visione continua delle stesse cose genera la memoria; così come l'uomo vedendo le nuvole prevede che pioverà, anche il cane, vedendo il padrone col bastone in mano, prevede il dolore o se vede l'osso in mano al padrone prevede il piacere. Per passare da questo tipo inferiore di conoscenza al ragionamento discorsivo vero e proprio (tipico solo degli uomini) occorre invece l’intervento del linguaggio. Egli nega l’esistenza degli universali e siccome tutto deve esse spiegato meccanicisticamente anche il linguaggio è un’invenzione umana, in quanto gli uomini vedono, sentono i corpi e gli attribuiscono dei suoni specifici, imponendo dei nomi (quindi non è Dio che ci ha donato il linguaggio). Per esempio: dopo aver dimostrato che gli angoli di una figura composta da tre lati sono uguali a 180 gradi, é sufficiente imporre a quella figura il nome di triangolo per ricordarsi di questa proprietà ogni volta che ci si trova di fronte ad una figura simile, senza dover ripetere di nuovo, da principio, la dimostrazione. Ma secondo Hobbes si sarebbe potuto dare al triangolo un qualsiasi altro nome convenzionale, in quanto a suo parere l'imposizione dei nomi é totalmente arbitraria e non sono le cose stesse a suggerirci il nome da attribuire loro (Platone, invece, nel Cratilo, faceva notare come i nomi fossero in parte suggeriti dalla cosa stessa cui bisogna dare il nome e in parte elaborati dall'uomo: in altre parole, per Platone é la natura stessa della cosa che chiamiamo zanzara a suggerirci il nome da darle).
Per spiegare il meccanismo del linguaggio Hobbes afferma che il concetto di uomo è dato da 3 idee semplici che sono:
1) “corpo” = ciò che appare;
2) “animato” = ciò che appare e si muove;
3) “razionale” = ciò che appare, si muove e ragiona.
Quando togliamo il “razionale” intendiamo “l’animato”, quando togliamo il “razionale” e l’“animato” intendiamo il “corpo” fino ad arrivare, sostanzialmente, a togliere tutto.
Questo è un esempio che ribadisce chiaramente che il linguaggio è una nostra invenzione. Non dice che Dio non esiste, ma afferma che di lui non si può sapere nulla (es.di scetticismo).
LA MORALE E LA POLITICA
In questa ottica meccanicistica la morale studia le passioni, non esiste un bene o un male rivelato. “Bene” è tutto ciò che ci procura piacere mentre il “Male” è tutto ciò che ostacola il piacere e ci procura dolore, sofferenza, malattia (riprende Democrito ed Epicuro). Il tutto consiste nella situazione fisica e cio’che ci procura veramente il piacere personale è la circolazione del sangue.
CONSEGUENZE
Poi Hobbes comincia a parlare dello stato di natura dove dice che l’uomo è profondamente infelice; il pensiero è il contrario di quello di Russeau. Infatti lui afferma che l’uomo, in realtà, è fondamentalmente cattivo (riprendendo Machiavelli). Celebre la frase: “Homo homini lupus” = L’uomo è lupo all’uomo, ognuno è ostile nei confronti del prossimo e tutti combattiamo duramente per ottenere quello che bramiamo. Proprio perché noi dobbiamo soddisfare la circolazione del sangue (il nostro piacere personale) si deve necessariamente provocare male (dis-piacere) all’altro, c’è scontro. Quindi nello stato di natura l’uomo è fondamentalmente egoista. Da qui deriva la frase: “Bellum omnium contra omnes” = La guerra di tutti contro tutti. Gli uomini più forti, infelici, per uscire da queste difficoltà decidono di unirsi e darsi delle regole, stabilendo “ciò che è giusto o sbagliato”: questo è il “Pactum Unionis” (patto d’unione). Ricordiamo che S. Tommaso, seguendo Aristotele, aveva detto: “L’uomo è un’animale politico”; quindi lo stato ci sarebbe stato anche senza il peccato originale, in quanto “l’uomo vivrà sempre nello stato”.
L’uomo si dà delle leggi → concezione laico-giusnaturalista dello stato contro Tommaso ed Aristotele.
I più forti però continuano a non rispettare le leggi andando a discapito degli uomini uniti nel primo patto, quindi questi ultimi decidono di riunirsi di nuovo per organizzarsi in un governo più ferreo che faccia rispettare la legge a tutti quanti, anche a chi si ribella (se necessario perfino con la forza).
Si giunge dunque al “ Pactum Subiectionis” (patto di soggezione): tutti i cittadini trasmetto tutti i loro diritti ad un re che gestisce un potere universale e decide perfino la religione (forma di vero e proprio totalitarismo). Gli unici diritti di cui il Re assoluto non si può avvalere sono:
• l’abolizione della proprietà privata;
• l’uccisione di una persona innocente.
Il sovrano viene chiamato “LEVIATHANO” (sua opera principale e nome che deriva dalla tradizione gnostica secondo la quale Leviathan era un demonio maligno rappresentato come un serpente d’acqua).
CRITICA
Thomas Hobbes si propone di affrontare e risolvere il difficile problema sul rapporto tra spiritualità e materialità lasciato in eredità da Cartesio; la soluzione che egli prospetta è molto semplice e, per molti versi, drastica: essa consiste nell'eliminazione di una delle due res. E Hobbes non si fa scrupoli a dire che ad esistere è solo la materialità, eliminando così la res cogitans, la spiritualità: essa viene da lui intesa come una manifestazione secondaria (epifenomeno) della materialità stessa. Tuttavia, la soluzione avanzata da Hobbes finisce per generare nuovi problemi irrisolvibili: tutto ciò che esiste é materia, dice Hobbes, e le sensazioni stesse sono una forma di movimento microscopico. L'errore di Hobbes sta nel fatto che per lui le sensazioni non sono prodotte da movimento, bensì sono movimento, il che é davvero assurdo. La sensazione é sensazione, non é un movimento, ce ne accorgiamo tutti bene o male! Hobbes dice che esiste solo ciò che può fare o subire un'azione, quindi esiste solo la res extensa (la materia); la nostra stessa coscienza é riconducibile a materia, a corpo e a movimento: movimenti che dal centro (cuore o cervello) vanno verso la periferia e viceversa. E' evidente come Hobbes, per risolvere le aporie cartesiane, ne abbia create di nuove.
BARUCH SPINOZA
Baruch de Spinoza è certamente il filosofo del panteismo e del materialismo ed è il legame tra Marx e Freud. Nasce ad Amsterdam il 24 novembre del 1632, da un’agiata famiglia di commercianti ebrei originari del Portogallo. I genitori lo educarono al Talmud che rappresenterebbe il continuo del vecchio testamento (il quale si conclude con i Maccabei, loro non hanno un nuovo testamento come quello cristiano-cattolico). Questo Talmud rappresenta il vero cabalismo nel mondo giudaico, dove si legge chiaramente anche di uccidere i cristiani. Spinoza è il più grande cabalista e gnostico. Studia anche la filosofia occidentale e poiché si fa fautore del libero pensiero verrà espulso dalla comunità ebraica, scomunicato dai rabbini. Girerà l’Europa e le sue 2 opere più importanti sono:
1) “Etica morae (ordine) geometrico demonstrata”: l’etica dimostrata secondo costumi geometrici;
2) “Tractatus teologico politicus”: trattato teologico-politico.
Muore all’Aia, il 21 febbraio del 1677 a soli 44 anni.
ETICA: la sostanza.
Spinoza e Cartesio sono sicuramente i capi di tutto il 600. Spinoza in un primo tempo prende spunto da Cartesio anche se poi se ne distanzia, nonostante sia razionalista, ma anche gnostico e cabalista.
Si rifà alla tradizione platonica, giudaica, euclidea e cartesiana. Muove dai concetti di sostanza e causa. Sostanza è “ciò che è in sé e viene concepito per sé”, cioè il cui concetto e la cui conoscenza non ha bisogno del concetto o della conoscenza di un’altra cosa. Tale sostanza non ha bisogno di altro per esistere cioè è “causa sui”, la sua essenza implica necessariamente l’esistenza (riprende l’argomento ontologico). Proprio perché esiste necessariamente essa è infinita, unica, indivisibile; è UNA. La molteplicità esiste solo nella sostanza ma non fuori la sostanza (questo è logicamente Dio, il quale è “causa sui”). Da qui la sua frase: “DEUS SIVE NATURA”: Dio ossia la natura = panteismo e materialismo assoluto. E’ il primo filosofo che dichiara apertamente il suo panteismo e materialismo, come faranno Marx e Freud. Dicendo che Dio è natura, finisce il rapporto causa-effetto: Dio non produce nulla al di fuori di sé perché infinito, egli produce tutto dentro di sé, quindi causa e effetto sono ambedue la stessa cosa. Quindi viene annullata la visione trascendentale del mondo, Dio è materia e non crea ma emana. Egli con questa teoria ha anche risolto il dualismo cartesiano: corpo e spirito coincidono e di conseguenza sono la stessa cosa.
GLI ATTRIBUTI
La sostanza-Dio-natura sono ora la stessa cosa. Questa è infinita ed è costituita da infiniti (come numero) attributi infiniti (per sé stessi), Spinoza dice: “Intendo per attributo ciò che l’Intelletto percepisce della sostanza come costituente la sua essenza”. Gli attributi sono infiniti e il complesso di questi è uguale a Dio; essi non derivano dalla sostanza ma sono la sostanza. Fra tutti gli attributi ne conosciamo due:
1) Pensiero = “res cogitans”;
2) Estensione = “res estensa”.
Dio (la sostanza) si presenta a noi sotto forma sia di pensiero sia di estensione, ma questi sono solo 2 semplici attributi infiniti di Dio. Esse non sono distinte ma coincidono con Dio.
I MODI
Ciascun attributo si esprime in “modi” considerati affezioni della sostanza.
• Attributo = estensione, al quale appartiene l’eternità;
• Modo = movimento che avviene nell’estensione, al quale appartiene la durata del tempo.
Senza l’estensione non potrebbe esserci il movimento. L’uomo è quindi un modo in quanto esiste ma non è necessario, se non ci fossimo stati noi il mondo non sarebbe cambiato per nulla. Tutti i modi del mondo sono inerenti o all’attributo estensione o a quello pensiero.
IL PANTEISMO
Con Spinoza nascono i concetti di natura naturans e natura naturata che sono ambedue identici e coincidono con Dio (gnosi). Quindi Dio e natura sono la stessa cosa.
1) Dio = è tutto ciò che è concepito in sé per sé (l’insieme degli attributi, la sostanza);
2) Natura = è tutto quanto ciò che segue dalla necessità della natura di Dio e degli attributi (modi), in quanto senza sostanza questi non potrebbero esistere.
Però è un’illusione credere che noi siamo una cosa diversa da Dio; con una visione veramente approfondita vediamo che tutto è Dio, tutto è un’unica sostanza: Monismo (unione unica del mondo, opposto al dualismo). Proprio perché Dio opera per necessità della propria natura, nella sua opera è esclusa ogni tipo di finalità, di scopo, se Dio avesse un fine gli mancherebbe qualcosa e sarebbe imperfetto e poiché Dio è uguale al mondo, anch’esso non ha un fine (teoria esattamente opposta a quella cristiana: solo il mondo ha un fine, Dio no.
Da qui bisogna dedurre delle conseguenze: gli uomini si illudono di essere liberi invece non lo sono, perché in quanto modi, rientrano nell’ordine eterno della realtà e sono già necessitati in Dio; tutto è perfetto, immutabile, predestinato: l’uomo esiste per necessità di Dio (= natura). La realtà è meccanicistica, non c’è libertà: Determinismo.
Spinoza afferma che noi abbiamo tre forme di conoscenza:
1. Immaginazione = conoscenza passiva, sensibile;
2. Ragione = che coglie i nessi causali tra le cose singole e la necessaria legge del mondo (niente è libero, tutto è predestinato);
3. Conoscenza intuitiva = che coglie il tutto nella sua unità.
La vita dell’uomo consiste nel vivere razionalmente, nel liberarsi dalle passioni, fino ad arrivare a vedere l’essenza delle cose: “Sub specie eternitatis” (da un punto di vista di Dio). Sant’Agostino è riuscito a vedere Dio tramite la sub specie eternitatis. Spinoza poi aggiunge che con la conoscenza intuitiva si può arrivare all’amore intellettuale e tramite questo si giunge alla definitiva visione e al definitivo amore di Dio: una sorte di ascesi intellettuale con la quale ci si identifica con Dio.
LA MORALE
Spinoza, come abbiamo già detto, dice che Dio è natura. Nella natura ogni cosa si sforza di perseverare nel suo essere (conatus). Esso si chiama:
• Volontà: quando è riferito alla mente;
• Appetito: quando è riferito al corpo.
Il “bene” è tutto ciò che favorisce l’Appetito, il perseverare nella nostra condizione, quella di essere uomini. Questo è ciò che ci ostacola; la prospettiva è molto simile a quella di Hobbes.
Il criterio della morale è l’Utile, l’Istinto di Conservazione. Come si soddisfa il corpo, con lo studio si soddisfa anche la mente, quindi l’uomo felice è sostanzialmente il filosofo (in quanto egli vive nella meditatio vitae, razionalmente).
LA POLITICA
La conseguenza della frase “Deus sive natura” è che se la natura è in Dio, in essa esiste la stessa potenza di Dio e lo stesso diritto di natura coincide con ciò che Dio può e opera. Il diritto di natura si estende quanto può la natura, coincide con la potenza della natura stessa. Per cui il diritto di natura coincide perfettamente con la volontà divina, con la capacità di Dio. In sostanza il diritto coincide con la capacità di fare (e quindi tutto è determinato e necessitato). Siccome gli uomini sono dominati dalle passioni, è logico che nello stato di natura ci sia lo scontro. Per evitare ciò, questa totale infelicità, gli uomini devono regolarsi tramite delle leggi, devono unirsi per formare una societas. Grazie a tutto ciò nasce la “civitas” (lo stato). Nello stato di natura non ha senso dire che esiste un bene o un male: è con le leggi che stabiliamo il bene e il male = “morale laica”, non esistono leggi assolute, esse sono stabilite dagli uomini che possono modificarle a loro piacimento = Relativismo assoluto. Poi Spinoza critica Hobbes dicendo che egli ha creato un mostro: il leviathano o leviathan (il sovrano assoluto) e aggiunge che il fine ultimo della società è la libertà dello stato e quella individuale. Lo Stato, per lui, può intervenire quando è messo in gioco il bene comune.
HOBBES
MONARCHIA ASSOLUTA LAICA
SPINOZA
LIBERALISMO, SOCIETA’ DEMOCRATICA, MONARCHIA COSTITUZIONALE
FILOSOFIA E TEOLOGIA
Riprendendo Il “De pace fidei” di Cusano, Spinoza dice che coerentemente alla libertà politica deve esserci anche una tolleranza religiosa (tutte le religioni possono venire in pace senza contrasti) e per aver detto ciò egli sarà condannato dagli ebrei. Lui è un altro filosofo della doppia verità (riprende Averroè): solo i filosofi capiscono il significato allegorico della Bibbia che unisce tutti gli uomini aldilà della Bibbia stessa; cioè solo i filosofi intendono il messaggio che vale per tutte le religioni: solo chi conosce si salva (gnosticismo); gli altri sono tutti ignoranti. Per lui non vi è contrasto tra filosofia e teologia.
CRITICA
L'errore o, meglio, la contraddizione in cui scivola Spinoza è la tipica contraddizione in cui sono scivolati tutti quei pensatori che, dagli Stoici in poi, hanno negato l'esistenza della libertà a favore della necessità: Spinoza dice che tutto, per definizione, va come deve andare, razionalmente, necessariamente e quindi giustamente e, anche ciò che ai singoli uomini sembra sbagliato o ingiusto, se visto dal punto di vista del tutto (sub specie aeternitatis) è positivo. E' dunque assurdo il pentimento, poiché non ha senso alcuno provare dispiacere per aver fatto o per non aver fatto una determinata cosa: non poteva andare diversamente, poiché tutto avviene secondo necessità. Fin qua il discorso di Spinoza ha una sua logica: tuttavia, la contraddizione in cui egli incappa sta nel fatto che, dopo aver proclamato che non vi è libertà e che tutto avviene in modo rigorosamente deterministico, egli impartisce degli insegnamenti etici. In altri termini, come é possibile che mi si dica come comportarmi, quando tutto procede secondo necessità e non vi é libertà alcuna? L’etica di Spinoza é accettabile fin tanto che il pensatore ebreo si limita a descrivere il comportamento necessario dell'uomo, ma diventa autocontradditoria nel momento in cui dà indicazioni sulle modalità di comportamento da seguire, quando cioè invita l'uomo a porsi dal punto di vista della res divina per poter così guardare le cose sub specie aeternitatis. La contraddizione, banalizzando un pò il discorso, sta nel fatto che Spinoza indichi come comportarsi, come se si avesse la libertà di scegliere.
L’INFLUENZA DELLA CABALA
L’attenzione di Spinoza per il tema degli infiniti attributi che formano Dio presenta delle origini complesse, riconducibili ad un tipo piuttosto particolare di esoterismo, noto negli ambienti mistici ebraici come Qabbalah. Infatti questa è fondata su una prospettiva panteistica, nella quale gli attributi di Dio (sephirot) coincidono con la totalità delle cose. L’integrazione tra i vari aspetti interni ad ogni sephirot genera le infinite infiorescenze e ramificazioni della realtà. I cabalisti della scuola di Safed, di tendenze panteistiche, individuano 10 sephirot: Corona Eccelsa, Sapienza, Intelligenza, Amore, Giustizia, Pietà, Eternità, Maestà, Fondamento, Regno.
GOTTFRIED WILHELM LEIBNIZ
Personaggio strano, possiamo considerarlo innatista contro gli empiristi, infatti egli vive nel passaggio tra razionalismo e empirismo. Nasce a Lipsia il 1 luglio del 1646 e muore nel 1716 ad Hannover (sostanzialmente vive nella seconda metà del secolo). Compie studi di stampo laicista–filosofico–scientifico, approfondisce i personaggi del Rinascimento: Bacone, Campanella, Galilei, Keplero e dopo Cartesio e Hobbes. Nel 1666 pubblica il trattato “De Arte Combinatoria” (gnostico-esoterico). Fa carriera, diventa consigliere del re di Prussia e partecipa all’attività politica del tempo (la crociata “politica” contro i Turchi che nel 1683 arrivano a Vienna). Approfondisce teologia e fa una missione diplomatica per Luigi XIV. Poi conosce Newton, e tra i due nasce un contrasto fra chi avesse scoperto il “Calcolo infinitesimale”. Diviene accademico di Berlino e conosce anche Spinoza. Nella sua vita costruì molte accademie e fu grande amante della cultura.
LA LOGICA
Leibniz vuole costruire un “Novum Organum”, però diverso da quello di Bacone. Infatti riprende un certo Raimondo Lullo il quale nel 300 fu fatto beato dalla chiesa anche se gnostico. Spagnolo, “sente” la crociata contro i Turchi, anche se inizialmente era a favore dell’ecumenismo, infatti aveva tutta una sua teoria: Ars combinatoria = modo di ragionare attraverso simboli matematici al posto di parole (numerologia e cabalismo); una sorte di lingua universale accessibile a tutti. Insomma grazie a questa tecnica ebbe la capacità di unire i simboli matematici a miliardi di concetti. Poi per manifestare la sua fede diede 3 prove dell’esistenza della Trinità e per diffondere la religione cristiana-cattolica si recò in Marocco, in Algeria, ancora in Africa, finché non lo presero, lo inchiodarono ad una croce e lo scorticarono vivo. Tutto questo perché i sapienti musulmani avevano paura in quanto si erano accorti che Lullo diceva veramente la verità. Fu fatto beato perché testimoniò sempre la sua fede. In seguito scrisse un trattato nel quale invitava a fare le crociate.
Diciamo che Leibniz vuole riprendere il discorso sull’Ars combinatoria (quindi gnostico). Quindi grazie all’algebra dei simboli che collega tutti i popoli si stabiliscono i concetti base per ragionare = lingua e ragionamento universali. Ottenuto il risultato bisogna:
o costruire accademie nel mondo affinché gli scienziati possano avanzare ricerche;
o creare una pubblicazione enorme che raccolga il sapere umano per voci: l’Enciclopedia.
La sua logica si basa su due principi:
1) quello di non-contraddizione;
2) quello di ragion sufficiente, a cui corrisponde la distinzione tra:
• Verità di ragione = necessarie, il predicato è compreso nel soggetto, il contrario è sempre falso (impossibile), innate, a priori, sono tutte le verità scientifiche.
• Verità di fatto = contingenti, il predicato aggiunge qualcosa all’oggetto, sono da dimostrare, il contrario è possibile.
Nelle verità consiste la nostra libertà.
Poi Leibniz affronta il problema più importante: quello di Dio. Infatti egli dice che se Dio sa tutto a priori, dovrebbe esserci la predestinazione, non esiste la distinzione delle verità, e quindi non esiste nemmeno la libertà umana. Leibniz è quindi protestante. Egli fece l’esempio di Alessandro Magno che sconfigge Dario: prima dello scontro non si sa chi vince, dopo il vincitore è Alessandro. Dio questo lo sapeva da sempre, ma in teoria avrebbe potuto vincere anche Dario. Quindi Dio sa a priori ciò che liberamente ci accadrà.
LA MONADE
Leibniz è famoso perché ha inventato questo concetto. La monade è una sostanza individuale (monos = uno). Egli vuole affrontare il problema della sostanza, non accetta il dualismo e dice che la materia è composta da monadi, le quali non sono atomi bensì dei “punti metafisici”. Con questa affermazione egli esclude l’atomismo in quanto qualsiasi parte della materia è divisibile all’infinito.
Quindi la monade è un punto senza materia, è sostanza semplice, completa, assestante, indivisibile e indistruttibile: “anima o forma sostanziale sull’esempio di ciò che si suole chiamare Io”. Leibniz utilizza il monadismo per costruire tutta la sua visione del mondo. Egli afferma che le monadi sono state create da Dio e che solo lui può distruggerle. In quanto spirituali le monadi sono attività e forza. Ogni monade è assolutamente chiusa al resto del mondo e contiene già in sé tutte le nozioni che gli ha dato Dio → Innatismo assoluto e predestinazione. Ogni monade non potrà mai conoscere altre cose al di fuori delle sue nozioni → Empirismo. Leibniz può essere considerato un conservatore, in quanto gli innatisti erano considerati platonici. Egli poi dice che i miliardi di monadi sono indipendenti le une dalle altre e in quanto non si possono collegare con le altre, esse “non hanno finestre” e hanno insite in loro tutta la loro storia. Ogni monade è come se fosse un universo in sé, un mondo a parte, indipendente da tutto, tranne che da Dio. Non esistono 2 monadi identiche perché altrimenti sarebbero una sola monade (principio degli indiscernibili). Secondo Leibniz esiste un ordine gerarchico delle monadi, dalla più perfetta alla meno perfetta. La monade suprema è Dio stesso che contiene in sé tutte le altre monadi. Nell’anima le monadi sono astratte, ma nella materia? Leibniz afferma che esiste una forza, un principio unificatore (entelechia di Aristotele) che fa sì che le monadi si raggruppino dando la vita e si dividano dando morte. La maggior parte delle monadi hanno una certa zona oscura. L’entelechia tramite queste unisce altre migliaia di monadi e in questo modo si forma la materia. Le monadi senza zona oscura (la prima fra tutte Dio) formeranno gli angeli e le anime.
ARMONIA PRESTABILITA
Leibniz si pone il problema del dualismo: l’anima e il corpo hanno interessato tanti personaggi, ci sono state tante tesi. Ma Leibniz dice che l’anima e il corpo sono come due orologi distinti che vanno sempre perfettamente identici. Egli dice che ci sono 3 spiegazioni fondamentali:
1. Mutua influenza di uno sull’altro attraverso la ghiandola pineale → Cartesio = da scartare.
2. Immaginare che esista un orologiaio che fa sì che i due orologi vadano alla pari perfettamente, non esistono cause secondarie interviene solo la causa prima (Dio) → Malebranche = da scartare.
3. Gli orologi sono stati creati esatti, sin da principio: Dio ha creato a priori anima e corpo predisposti ad influenzarsi a vicenda → Questa è la teoria che Leibniz ritiene valida: è l’Accordo prestabilito o Armonia prestabilita.
Quindi tutto è prestabilito; anche la conoscenza (riprende Platone - Innatismo).
PER QUANTO RIGUARDA LE IDEE …
Secondo Leibniz un’idea è chiara quando permette di riconoscere la cosa rappresentata, mentre è oscura quando la nozione non basta a questo scopo. Per esempio, abbiamo una conoscenza oscura quando ci ricordiamo di un fiore che abbiamo visto, ma non siamo in grado di riconoscerlo. Un’idea chiara si divide a sua volta in distinta e confusa. E’ distinta quando ci consente di enumerare le caratteristiche sufficienti a distinguere la cosa rappresentata da altre cose simili, e confusa quando, pur permettendoci di riconoscere la cosa rappresentata dalle altre, non ci rende in grado di stabilire in che consistano le sue differenze o proprietà. Ad esempio, abbiamo idee chiare, ma confuse, dei sapori, degli odori e dei colori, perché, pur riconoscendoli chiaramente, non ne sappiamo enumerare i tratti costitutivi. Invece la cognizione che un chimico ha dell’oro è una conoscenza distinta, perché costui riesce ad elencarne le caratteristiche. Leibniz, inoltre, pensa che il criterio di verità proposto da Descartes sia sì esatto, ma incompleto, e non sufficientemente dettagliato e preciso per giungere alla verità assoluta, infatti Leibniz fa un’ulteriore distinzione fra i diversi tipi di idee. La conoscenza distinta ha dunque dei gradi: un’idea distinta può essere "adeguata" o "inadeguata". E’ adeguata quando ci permette di conoscere distintamente anche ciascuna nota che entra nella sua definizione, ed è inadeguata se ciò non accade. Infine, se è possibile pensare contemporaneamente tutte le caratteristiche concettuali che entrano in una certa nozione, cioè se si intuisce direttamente il contenuto ideale di una nozione, l’idea è "intuitiva". Al contrario, se si analizzano dei concetti complessi e si deve necessariamente ricorrere a dei segni (simboli, lettere) che semplificano l’analisi -segni di cui spesso per brevità viene tralasciata la spiegazione, credendola come già conosciuta- si ha un’idea "simbolica" o "suppositiva".
Dunque, secondo Leibniz, un’idea per essere vera non deve essere soltanto chiara e distinta, come invece riteneva Cartesio in base alla regola dell’evidenza, ma deve necessariamente essere chiara, distinta, adeguata e intuitiva; solo così si potrà avere una conoscenza perfetta di tutti i concetti che entrano nella definizione dell’idea, in modo che si possa assolutamente escludere in essa la presenza di termini contraddittori. Infatti per Leibniz la verità di un’idea non sta nella sua evidenza psicologica (che può essere soggettiva ed erronea), ma in un principio logico, e precisamente nel principio di non contraddizione. Un’idea è vera quando è possibile, cioè non contraddittoria Solo una "definizione reale" ci mostra la non contraddittorietà di ciò che viene definito, cioè dimostra la possibilità della cosa. Leibniz fa un’ulteriore distinzione tra le definizioni reali, che possono essere "a posteriori", "causali" o "essenziali". Una definizione è a posteriori quando la possibilità si prova con l’esperienza, cioè quando si sa che la cosa esiste attualmente, in actu, poiché ciò che esiste attualmente o è esistito è certamente possibile. Invece è causale se si definisce un oggetto mostrando come può essere generato. Infine, quando la definizione comporta un’analisi condotta sino alla fine di tutti i concetti che entrano nell’idea della cosa, in modo che si possa assolutamente escludere la presenza in essa di termini contraddittori, la definizione è essenziale o perfetta.
OTTIMISMO DI LEIBNIZ
In tutto il pensiero di Leibniz Dio è sempre presente, infatti senza di lui non si può spiegare nulla: “Dio è la ragione prima delle cose”; Dio è necessariamente eterno e infinito perché solo così può rendere la ragione del mondo. Tutto ciò che esiste era (ed è) un’idea nella mente di Dio e non può essere diversa da ciò che è (né migliore, né peggiore); infatti Leibniz dice che questo è il migliore dei mondi possibili (materiali) → Ottimismo. Dio sembra obbligato a fare ciò, ma può scegliere di creare o non creare, ma creando qualcosa, la fa nel miglior modo possibile. Ma perché esiste il male? Il male è mancanza, poiché noi siamo limitati, finiti, non abbiamo la pienezza dell’essere: questo è il “male metafisico”. Quando Dio crea una sostanza, deve farla finita, limitata; dal male metafisico deriva quello morale (i nostri peccati).
MALE METAFISICO (mancanza di essere, non è colpa né di Dio né dell’uomo);
MALE MORALE (mali del mondo, causati dall’uomo).
JOHN LOCKE
Padre dell’empirismo, del razionalismo moderno, del laicismo. Punto di passaggio tra il razionalismo e l’illuminismo. Locke è sicuramente anti-cartesiano. Teorico della monarchia costituzionale nasce a Bristol nel 1632 e muore nell’Essex nel 1704. Scrive:
➢ “Il Saggio sulla tolleranza”;
➢ “Il Saggio sull’intelletto umano”;
➢ “La ragionevolezza del Cristianesimo”.
Si collega al filone sperimentale di Bacone e Hobbes e si prende l’incarico di vagliare i limiti dell’intelletto umano: vale a dire stabilire ciò che possiamo comprendere e non. Critica l’Innatismo (Platone, Agostino, Cartesio), poiché dice che ci sono idee che alcuni hanno e che altri no.La fonte di ogni conoscenza è l’esperienza (empirismo).
Esistono due tipi di esperienza:
• Esterna = ci fa conoscere l’oggetto;
• Interna = ci fa riflettere e capire l’oggetto.
Da qui nascono tre tipi di idee: quelle semplici (idee chiare e distinte, elementi primi del pensiero), poi la mente operando su queste idee compone quelle complesse da cui derivano quelle astratte.
Le idee complesse possono essere:
1) Modi = spazio e tempo (ci muoviamo, guardiamo e abbiamo una conoscenza del prima e del dopo);
2) Sostanze = fondamento ultimo delle realtà, cui l’intelletto arriva facendo connessioni tra idee semplici (dall’idea di tutte le sostanze fino a quella suprema di Dio);
3) Relazioni = rapporto causa – effetto.
Le idee astratte sono invece gli universali: io vedo molti alberi, nel mio cervello si forma l’idea di albero e per riconoscerlo gli do un suono; così nasce il linguaggio (invenzione dell’uomo e non di Dio). Senza l’esperienza l’intelletto è tabula rasa. Quanti sono gli atti con cui l’intelletto costruisce?
Sono tre:
1) Sintesi: quando più idee semplici si combinano in una sola;
2) Analisi: quando un’idea viene separata dal contesto delle altre.
3) Comparazione: quando si riferisce un’idea a sé stessa o ad altro.
Secondo Leibniz l’idea di sostanza è un’idea complessa, infatti essa nasce grazie un processo di astrazione: noi conosciamo solo le qualità o proprietà di un oggetto e non la sostanza sottostante. Della sostanza abbiamo quindi una nozione indeterminata, simile alla nozione che potrebbe formarsi di un orologio un incompetente, il quale vede muovere le lancette, sente pulsare il congegno, ma non sa come tutto questo avvenga. Dio, invece, della sostanza ha una nozione perfetta, facilmente paragonabile a quella che un orologiaio ha dell’orologio costruito da lui stesso. L’idea di sostanza dovrebbe rappresentare il “quid”, il “substratum” che rimane uno, immutabile rispetto alla molteplicità. L’idea di sostanza è quindi inconoscibile ed ogni metafisica, articolata nei tre problemi fondamentali, è impossibile:
• Teologia: in quanto si fonda sull’idea di sostanza divina
• Psicologia: in quanto si fonda sull’idea di sostanza spirituale;
• Cosmologia: in quanto si fonda sull’idea di sostanza materiale.
La nostra conoscenza si limita alle qualità degli oggetti, non arriva a conoscere la sostanza, che da Locke viene definita: “l’ignota apportatrice di una serie di qualità e attività”. In conclusione: la realtà esiste ma è inconoscibile del tutto.
RELIGIONE RAZIONALE E TOLLERANZA
Tutto è esperienza e ragione. Anche la religione stessa deve essere razionale: egli afferma che bisogna depurare il cristianesimo da ogni aspetto fideistico, in pratica bisogna eliminare tutti gli elementi non razionali (a partire da principi, come i dogmi, arrivando fino alle cose pratiche: santi, rosari, processioni) → Razionalismo illuminato. Ciò che conta veramente è avere fede in Dio e credere nell’immortalità dell’anima. Per cui occorre che con la ragione (“lampada di Dio”) dobbiamo vagliare, riga per riga, le sacre scritture ed eliminare ciò che non è razionale: deismo illuminista. Proprio perché la ragione ci impone la tolleranza religiosa, dobbiamo essere tolleranti verso le altre religioni, ma solo verso chi è tollerante, escludendo cioè musulmani, atei e cattolici.
LA POLITICA
Filosofo della seconda rivoluzione inglese e del liberalismo (Whigs e Tory) prende le distanze da Hobbes (teorizzatore, invece, del sudismo) e riprende la teoria del diritto naturale o giusnaturalismo con il Contratto Sociale: a differenza di Hobbes lui non vuole a capo un leviatano (un sovrano, un mostro) bensì una rappresentatività, una monarchia costituzionale. Il governo deve fondarsi sulla maggioranza e ha il compito di garantire: la vita, la proprietà privata (in senso borghese), l’onore e la libertà. I cittadini devono avere il diritto di riunirsi, di associarsi, tranne che per fare violenza.
IL DEISMO
Dopo la ragionevolezza di Leibniz viene pubblicato un nuovo libro: “Il cristianesimo senza misteri”, scritto da Tholland nel 1696. Secondo lui i dogmi e i misteri della religione sono solo invenzioni dei teologi e nel vangelo non deve esserci niente che contrasti la ragione umana. A lui segue Antony Collins che afferma di abolire ciò che è irrazionale e sostiene la libertà di pensiero. Un altro da ricordare è Mattiew Tindal che scrive “Il Cristianesimo antico quanto la creazione” (1730); opera definita la “bibbia del deismo”, dove si ripetono sempre i concetti dei filosofi sopra citati: bisogna credere solo in ciò che è razionale, abolire le religioni (fedi) storiche → fanatismo (a un passo dall’illuminismo).
GEORGE BERKELEY
Filosofo inglese, la sua opera più importante è “Il trattato sui principi della conoscenza umana”. Strano, da un lato è un apologeta del cristianesimo (in contrasto con gli scettici e gli atei), dall’altro si inventa che la materia non esiste: tutti i corpi che esistono non sono altro che idee, che esistono però, solo nella nostra mente. Dio non ha bisogno di creare la materia perché sarebbe una fatica inutile, basta che la faccia agire nelle nostri menti → Spiritualismo assoluto = eresia e gnosi, all’inizio furono i Catari a dire che la materia rappresenta il male, poi Sant’Agostino affermò esattamente il contrario. Berkeley poi afferma che i nostri sensi ci danno l’idea che gli oggetti esistono veramente nella nostra mente, e di conseguenza il nostro errore consiste nel dire che la materia esiste al di fuori di noi (i sensi possono sempre ingannarci - Cartesio) = Immaterialismo Berkeleliano”. Legato alla materia esiste solo lo spirito; questo è composto da intelletto e volontà. Gli spiriti sono stati creati da Dio ed egli stesso è la causa delle idee, quindi è garante di verità in quanto garantisce l’esistenza delle idee (riprende Cartesio). Essendo gnostico diceva che Gesù Cristo era un eone.
DAVID HUME
Scozzese, di Edimburgo (1711 - 1776). La sua opera più famosa è “Il trattato sulla natura umana”. Ciò che Newton e Locke hanno fatto per la natura, lui lo applicherà all’uomo. Se Locke è empirista, egli lo è al massimo. Egli afferma che tutto ciò che conosciamo deriva dalle nostre impressioni che possono essere:
1) Sensazioni;
2) Passioni;
3) Emozioni.
Da queste bisogna distinguere le idee che sono immagini “illanguidite” delle impressioni. La facoltà delle idee è l’immaginazione. Egli nega che vi siano idee generali: ci sono solo idee particolari. Per lui ciò in cui crediamo, ciò che facciamo, nasce dall’abitudine. Egli nega il rapporto causa – effetto e in seguito anche la dimostrazione razionale di Dio, infatti dice: “Il fatto che esista una successione non implica una connessione, un rapporto causa – effetto”. Per esempio: se metto una mano sul fuoco mi brucio, ma non è detto che io mi debba bruciare sempre. Anche nei rapporti umani noi agiamo secondo abitudine, ma in realtà, di ciò, non ne siamo completamente sicuri.
Nel suo periodo ebbe molto successo perché veniva ritenuto un tizio moderno mentre l’illuminismo comincia a diffondersi per moda.
IL NOSTRO “IO”
“Il nostro io è un susseguirsi di percezioni che creano una credenza”. L’uomo deve farsi guidare dalla simpatia (sin = insieme, pathos = sentimento: sentire insieme, condividere). Entra in polemica con il giusnaturalismo e il contratto sociale, e riguardo la politica parla di un consenso, un sentimento generale che non è sempre “sicuro”: un gruppo di persone possono pensare una certa cosa, ma il loro pensiero può sempre cambiare → Relativismo e Scetticismo. Poi dice che lo stato non è un valore ma un mezzo per arrivare all’utile comune. L’unica vero valore è la proprietà privata. Per quanto riguarda Dio e l’immortalità dell’anima in sé non afferma che non esistono, ma che non si possono dimostrare razionalmente (scetticismo) → critica allo stesso Deismo. Egli parla solamente di un sentimento di Dio, di un’idea che noi abbiamo di Dio. La religione nasce dalle paure che abbiamo dell’aldilà, ma ciò non vuol dire che non bisogna essere religiosi: critica solo i modi di credere e non chi crede → scetticismo assoluto contro tutti (atei, credenti, deisti, ecc.).
LA NEGAZIONE DELLE CAUSE E DEGLI EFFETTI
La relazione causale viene da Hume trattata e discussa presentando ricorso all'esempio delle palle da biliardo, già usato un secolo prima dall'occasionalista Malebranche. Nel linguaggio comune siamo soliti dire che lanciando la palla A contro la palla B, la prima, colpendo la seconda, ne causa il movimento e lo spostamento. Ma, se ci atteniamo esclusivamente alle impressioni forniteci dall’esperienza, abbiamo ragioni sufficienti per dire che A causa lo spostamento di B? In realtà l'esperienza ci testimonia soltanto le tre cose che seguono: 1) lo spostamento di B ha luogo solo quando si verifica un rapporto di contiguità spaziale tra le due palle: solo quando A é a contatto con B , B si mette in moto; 2) tra il moto di A e quello di B sussiste un rapporto di successione temporale : prima si muove A , poi si muove B; 3) fino a questo momento tra A e B c'é sempre stata una connessione costante fino ad ora si é sempre verificato che, quando A viene a contatto con B, allora B si mette in moto. Queste tre osservazioni, accreditate dall'esperienza, non sono tuttavia sufficienti a giustificare l'azione causale di A su B. Anche in presenza dei fenomeni della contiguità spaziale e della successione temporale non é contraddittorio asserire che il movimento B non é causato da A: esso potrebbe essere privo di causa: ecco allora che Hume nega il principio perciò ogni cosa dovrebbe avere una causa, principio che poteva annoverare tra i suoi difensori Thomas Hobbes.
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